Tag Archives: Storia

OIKONOMIA: il festival di Economia e Spiritualità

Dal Festival di Economia e Spiritualità nasce una nuova gemma: Si chiama Oikonomia. E nasce da un’urgenza: trovare un linguaggio capace di unire spiritualità, economia e comunità. Si chiama Oikonomia: una parola antica, che parla di cura, ricchezze interiori, e scelte etiche e si svolge al 7 al 9 novembre a Prato e dal 14 al 16 novembre a Castelnuovo di Garfagnana, Eremo di Calomini, Capannori (LU) e Lucca.

Oikonomia è un progetto promosso da Ricostruire la Vita, su intuizione di Luigino Bruni e p. Guidalberto Bormolini, per rispondere a un’urgenza culturale e spirituale: ritrovare un modo di abitare il mondo in cui economia e interiorità non siano in conflitto, ma si sostengano reciprocamente. La direzione generale è affidata a Roberta Rocelli, già direttrice del Festival Biblico.

Il progetto nasce come naturale evoluzione del Festival di Economia e Spiritualità, ideato da p. Guidalberto Bormolini, monaco e antropologo e Francesco Poggi, economista, realtà nella Regione Toscana dal 2016. Il gruppo di lavoro, che si è rafforzato ed armonizzato in questi anni ha deciso, nel decennale del percorso, di rinnovarsi, e di aprirsi a uno spettro di possibilità e di proposte di creatività ancora più larghe di quanto realizzato fino ad ora. Ha deciso pertanto di abbandonare la denominazione unica di ‘festival’, per potersi espandere in tante altre direzioni sotto un’unica sigla, sempre legata al percorso di economia e spiritualità.

Francesco Poggi ha preferito mantenere la denominazione e la tipologia originaria, e l’intero gruppo di lavoro accoglie consensualmente la sua richiesta di utilizzare autonomamente la denominazione ‘Festival di Economia e Spiritualità’, come ha sottolineato p. Guidalberto Bormolini: “La storia costruita in questi dieci anni si espande nella direzione di Oikonomia, mantenendo rapporti fraterni. Il proliferare di creatività a partire da questo germe originale fa parte della nostra storia”.

Il nuovo progetto si fonda sul desiderio di ‘entrare in profondità nella realtà per togliere l’attrito’ tra economia e spiritualità. Nelle sue tre formule (festival, simposio e scuola) vuole sostare nei punti ciechi, nell’asprezza delle monoculture, per rivedere e comprendere meglio, schiarire. E’ un richiamo a scelte interiori e uno spazio che comprende ‘riserve, domande da porre’ a cui ciascuno è invitato in maniera estesa. Oikonomia è anche un richiamo a una diversa amministrazione delle risorse, secondo logiche interiori ed etiche, capace di rispondere al bisogno umano in tutta la sua complessità.

Il tema di questa edizione del festival verte su ‘i capitali spirituali’ e si articola in due fine settimana e in due territori, ciascuno con una sfumatura tematica specifica: A Prato (7-8–9 novembre) si parlerà di capitali spirituali come risorse da riconoscere, coltivare e misurare: beni invisibili ma fondamentali per la vita individuale e collettiva, oggi sempre più rari, perché logorati dall’iperproduttività, dall’analfabetismo spirituale e da metriche che escludono ciò che davvero conta.

A Castelnuovo di Garfagnana, Eremo di Calomini, Capannori e Lucca (14-15–16 novembre) l’attenzione si sposterà sulle capitali spirituali come luoghi: città, territori, comunità resilienti capaci di conservare e rigenerare capitale spirituale. Aree interne e interiorità si incontrano, dando forma a un’economia più umana, più sobria, più profonda.

Papa Leone XIV: la Pasqua supera il male

“Fratelli e sorelle, vi invito ad unirvi alla mia preghiera per quanti sono provati dai conflitti armati in diverse parti del mondo; penso in particolare al Myanmar ed esorto la Comunità Internazionale a non dimenticare la popolazione birmana e a fornire la necessaria assistenza umanitaria”: con queste  brevi parole al termine dell’udienza generale papa Leone XIV ha invitato a pregare per la pace nel Myanmar, che è lacerato da una crisi generale dopo anni di conflitto, dal terremoto e dal collasso economico.

Mentre ieri sera da Castel Gandolfo aveva parlato con i giornalisti delle tensioni internazionali. Sul Medio Oriente il Pontefice ha osservato “che almeno la prima parte dell’accordo di pace ancora va avanti. È molto fragile, bisogna cercare di capire come passare alla seconda parte, come si possono garantire i diritti di tutti. Il tema della Cisgiordania e dei coloni è complesso. Vogliamo cercare di lavorare insieme, per la giustizia per tutti i popoli”.

Infine sul lavoro aveva sottolineato la dignità del lavoro: “La voce della Chiesa è che sui diritti e sulla necessità del lavoro bisogna veramente lavorare tutti insieme. E’ un diritto dell’essere umano avere un lavoro dignitoso, dove si può guadagnare per il bene della famiglia. Siamo tutti preoccupati per questo tema, non solo in Italia. Però la Chiesa può fare più di tanto. La celebrazione del Giubileo è anche per dare speranza e cercare di unire le forze per trovare soluzioni, non solo commentare i problemi”.

E nella catechesi dell’udienza generale il papa ha parlato della ‘Risurrezione di Cristo e le sfide del mondo attuale. La Pasqua dà speranza alla vita quotidiana’: “La Pasqua di Gesù è un evento che non appartiene a un lontano passato, ormai sedimentato nella tradizione come tanti altri episodi della storia umana. La Chiesa ci insegna a fare memoria attualizzante della Risurrezione ogni anno nella domenica di Pasqua e ogni giorno nella celebrazione eucaristica, durante la quale si realizza nel modo più pieno la promessa del Signore risorto”.

Ma in quale modo rendere la Pasqua un evento quotidiano è stato spiegato dal papa: “Per questo il mistero pasquale costituisce il cardine della vita del cristiano, attorno a cui ruotano tutti gli altri eventi. Possiamo dire allora, senza alcun irenismo o sentimentalismo, che ogni giorno è Pasqua. In che modo?

Una grande filosofa del Novecento, santa Teresa Benedetta della Croce, al secolo Edith Stein, che ha tanto scavato nel mistero della persona umana, ci ricorda questo dinamismo di costante ricerca del compimento… Siamo immersi nel limite, ma siamo anche protesi a superarlo”.

E la Pasqua riesce a superare il ‘limite’ della morte: “L’annuncio pasquale è la notizia più bella, gioiosa e sconvolgente che sia mai risuonata nel corso della storia. Essa è il ‘Vangelo’ per eccellenza, che attesta la vittoria dell’amore sul peccato e della vita sulla morte, e per questo è l’unica in grado di saziare la domanda di senso che inquieta la nostra mente e il nostro cuore. L’essere umano è animato da un movimento interiore, proteso verso un oltre che costantemente lo attrae. Nessuna realtà contingente lo soddisfa. Tendiamo all’infinito e all’eterno. Ciò contrasta con l’esperienza della morte, anticipata dalle sofferenze, dalle perdite, dai fallimenti”.

In questo senso la Pasqua ha cambiato la vita: “Tutto cambia grazie a quel mattino in cui le donne, recatesi al sepolcro per ungere il corpo del Signore, lo trovarono vuoto… Da quel mattino fino a oggi, ogni giorno, Gesù avrà anche questo titolo: il Vivente, come Lui stesso si presenta nell’Apocalisse.. E in Lui noi abbiamo la sicurezza di poter trovare sempre la stella polare verso cui indirizzare la nostra vita di apparente caos, segnata da fatti che spesso ci appaiono confusi, inaccettabili, incomprensibili: il male, nelle sue molteplici sfaccettature, la sofferenza, la morte, eventi che riguardano tutti e ciascuno. Meditando il mistero della Risurrezione, troviamo risposta alla nostra sete di significato”.

Infine il papa ha ribadito che la Pasqua offre la speranza oltre il male: “La Pasqua non elimina la croce, ma la vince nel duello prodigioso che ha cambiato la storia umana. Anche il nostro tempo, segnato da tante croci, invoca l’alba della speranza pasquale. La Risurrezione di Cristo non è un’idea, una teoria, ma l’Avvenimento che sta a fondamento della fede.

Egli, il Risorto, mediante lo Spirito Santo continua a ricordarcelo, perché possiamo essere suoi testimoni anche dove la storia umana non vede luce all’orizzonte. La speranza pasquale non delude. Credere veramente nella Pasqua attraverso il cammino quotidiano significa rivoluzionare la nostra vita, essere trasformati per trasformare il mondo con la forza mite e coraggiosa della speranza cristiana”.

(Foto: Santa Sede)

Come Ponti sul Mondo – Storie di Vita, Racconti di Missione

Sarà aperta al pubblico da venerdì 3 ottobre, presso la Sala della Quadreria del Complesso Santo Spirito in Sassia (Borgo Santo Spirito, 3) la mostra immersiva ‘Come Ponti sul Mondo – Storie di Vita, Racconti di Missione’. Il progetto è realizzato dalla Fondazione Museo nazionale dell’emigrazione italiana (MEI) e dalla Fondazione Migrantes, in occasione del Giubileo dei migranti e del mondo missionario (4 e 5 ottobre 2025), per ripercorrere la storia e dare voce anche all’attualità delle Missioni cattoliche italiane, volgendo lo sguardo all’intero universo missionario.

La presentazione avvenuta presso il Salone del Commendatore del Complesso Santo Spirito in Sassia ha visto l’introduzione e i saluti di: Paolo Masini, presidente Fondazione MEI, ideatore e coordinatore del progetto; Paola Casali, direttore UOC patrimonio e valorizzazione Complesso Monumentale Santo Spirito in Sassia; Civita Di Russo, vice capo Gabinetto presidente Rocca Regione Lazio. A intervenire inoltre: mons. Pierpaolo Felicolo, direttore generale Fondazione Migrantes; mons. Graziano Borgonovo, Sottosegretario Dicastero per l’Evangelizzazione – Sezione per le questioni fondamentali dell’evangelizzazione nel mondo; mons. Samuele Sangalli, Segretario Aggiunto per l’Amministrazione del Dicastero per l’Evangelizzazione – Sezione per la prima evangelizzazione e le nuove Chiese particolari.

“La mission del nostro museo – ha dichiarato Paolo Masini – è proprio quella di dare vita alla più grande narrazione popolare e collettiva del nostro paese. Il Giubileo ci dà la grande opportunità di raccontare quella magnifica pagina rappresentata dal mondo missionario italiano. Un mondo ‘un po’ Marta e un po’ Maria’ che in tutti continenti, da secoli, insieme alla parola di Dio, porta conforto e aiuti concreti”.

“Il tema del Giubileo è la speranza – ha ricordato nel suo intervento, mons. Pierpaolo Felicolo –. Essa nutre e sostenta il cammino di chi ha affrontato e affronta oggi la sfida della mobilità umana. Ha guidato nella migrazione anche i nostri connazionali che sono partiti e ha dato la forza ai missionari che sono stati al loro fianco. Li hanno fatti sentire a casa”.

A presentare l’allestimento immersivo è stata Marisa Fois (Fondazione Migrantes): “Siamo andati a scavare negli archivi e, insieme alle esperienze più note – da Pallotti e Scalabrini fino a Francesca Saverio Cabrini – ne abbiamo trovate altre meno conosciute. Piccole e grandi storie di emigrazione e di missione che, insieme, fanno la Storia”.

La mostra si sviluppa su due principali prospettive: una geografica, che abbraccia il mondo intero, evidenziando la presenza italiana in ogni continente – oggi più di 6.000.000 di italiani vivono all’estero, principalmente in Europa, ma anche in America, Africa, Asia e Oceania; e una storica, che parte dalla seconda metà del XIX secolo e arriva ai giorni nostri. Attraverso un linguaggio visivo e narrativo coinvolgente, la mostra racconta le storie di missioni, parrocchie, oratori, scuole e strutture che, dal Nord Europa al Sud America, hanno accolto gli emigranti italiani.

Entrando nella sala, i visitatori saranno accolti da un planisfero interattivo, che prende vita attraverso linee luminose, collegando l’Italia con altri Paesi del mondo. La narrazione, affidata alla voce di Massimo Wertmuller, guiderà il pubblico in un viaggio nel tempo e nello spazio, mettendo in risalto volti del passato e immagini contemporanee che si alternano per raccontare le partenze di ieri e gli incontri di oggi. Tra le testimonianze – documenti d’archivio, lettere, stralci di giornali e immagini di chiese, scuole e centri di aggregazione –, il pubblico potrà scoprire come questi “ponti sul mondo” siano stati luoghi di accoglienza, solidarietà e crescita.

Tra le figure centrali della mostra spiccano Vincenzo Pallotti, Geremia Bonomelli, Giovanni Battista Scalabrini, Luigi Guanella e Francesca Saverio Cabrini, protagonisti della storia della Chiesa e del movimento di solidarietà che ha accompagnato gli italiani all’estero. Le loro storie si intrecciano con quelle di tanti altri missionari e missionarie, sacerdoti e laici, che si sono dedicati, in tempi diversi, a stare accanto ai migranti. Il sottotitolo della mostra, ‘Scelte di vita, racconti di missione’, sottolinea come questo viaggio sia fatto di tanti tasselli, di tante persone, di scelte di vita, di storie, che insieme aiutano a scrivere una pagina di storia che sta continuando a essere scritta.

Non solo quindi Madre Cabrini, Patrona di tutti gli Emigranti, la prima italiana a diventare cittadina statunitense e poi canonizzata, ma anche numerosi sacerdoti che sono ricordati per il loro impegno attraverso giardini commemorativi e piazze, sia negli Stati Uniti che in Australia. La mostra racconta anche le richieste di assistenza arrivate da tutto il mondo: dalle miniere dell’India, dove il bisogno di un missionario che parlasse italiano era forte, alle terre del Nord Europa, come la Svezia degli anni Trenta. Si parlerà della costruzione di chiese nel Regno Unito e in Marocco, della fondazione di parrocchie e asili in Kenya, nonché della creazione di orfanotrofi in Brasile per accogliere i figli dei migranti rimasti orfani.

Saranno raccontati anche frammenti della vita quotidiana di quei missionari che, nel dopoguerra, offrivano una voce amica attraverso le radio in Belgio, o che, negli anni Cinquanta, sostenevano la stampa in lingua italiana in Germania; si parlerà dei corsi di lingua organizzati in Svizzera negli anni Sessanta, e dei recenti progetti di solidarietà in Russia, emersi nei primi anni Duemila. Un vero e proprio mosaico di iniziative, che racconta una realtà viva: quella delle missioni che accompagnano, curano e accolgono, in dialogo con la realtà delle migrazioni e degli italiani all’estero.

Che si tratti di nuovi italiani che acquistano la cittadinanza italiana e lasciano il Paese, di italiani nati all’estero, o di italo discendenti, queste storie raccontano di legami indissolubili e di un impegno che non si è mai fermato. A completare la mostra immersiva “Come Ponti sul Mondo – Storie di Vita, Racconti di Missione” numerose immagini contemporanee per non dimenticare i tanti missionari italiani e le tante missionarie italiane che tuttora sono nel mondo per sostenere le comunità delle zone più disagiate e i numerosi ordini missionari per la parte legata all’attualità e alle missioni rivolte alle comunità locali.

La mostra è solo il primo passo di un progetto più ampio, frutto di una lunga ricerca di testimonianze storiche, che continuerà a scoprire nuove storie di impegno, di accoglienza e di speranza. “Come Ponti sul Mondo” non è solo una retrospettiva, ma un invito a riflettere sul presente e sul futuro della migrazione, mettendo in luce il ruolo fondamentale delle missioni nel supportare le comunità italiane e i migranti in ogni angolo del mondo.

Per offrire un’esperienza visiva ed emozionale unica, il Museo Nazionale dell’Emigrazione Italiana ha collaborato con Opera Laboratori, società leader nelle gestioni museali in Italia, che grazie ai suoi laboratori che ha curato la progettazione e la realizzazione della mostra immersiva. Grazie a tecnologie avanzate, i visitatori potranno “vivere” la storia, immergendosi nelle immagini, nei suoni e nelle testimonianze che compongono questo mosaico di esperienze di vita.

In contemporanea al MEI (Commenda di San Giovanni in Prè̀ Piazza della Commenda 1, Genova), a partire dal 3 ottobre e per tutta la durata della mostra, sarà visibile un video omaggio al mondo delle missioni e delle migrazioni. Sia a Genova sia a Roma è prevista una campagna promozionale all’interno delle principali linee metropolitane cittadine.

Il progetto è realizzato in collaborazione con Regione Lazio e ASL Roma 1, con il patrocinio di Comune di Roma, con la coprogettazione e realizzazione di Opera Laboratori. La mostra ‘Come Ponti sul Mondo – Storie di Vita, Racconti di Missione’ inaugurata presso il Salone del Commendatore, sarà visitabile da domani e fino al 16 novembre 2025 dalle 10 alle 18 a ingresso gratuito Sala della Grande Quadreria del Complesso Santo Spirito in Sassia (Borgo Santo Spirito, 3).

Ideazione e coordinamento scientifico: Paolo Masini Fondazione MEI e Delfina Licata Fondazione Migrantes, Ricerca storica ed elaborazione testi: Marisa Fois, Fondazione Migrantes, Consulenza storica: Raffaele Iaria, Consulenza museale: Giorgia Barzetti, Museo MEI, Co-progettazione e realizzazione: Opera Laboratori.

Hanno partecipato alla realizzazione dei contenuti: Dicastero per l’Evangelizzazione, Congregazione Missionari di San Carlo – Scalabrinani, Suore Missionarie del Sacro Cuore di Gesù – Cabriniane, Archivio Storico di Propaganda Fide (Dicastero per l’Evangelizzazione), Archivio della Fondazione Migrantes, Archivio Generale Scalabriniano, Istituto Storico Scalabriniano.

Papa Leone XIV: stare nella quotidianità della storia

“E’ per me un piacere darvi il benvenuto in Vaticano in occasione del vostro convegno sul tema ‘Rifugiati e migranti nella nostra casa comune’. Ringrazio coloro che hanno organizzato queste giornate di discussione, riflessione e collaborazione, nonché ciascuno di voi per la vostra presenza e per il contributo che apportate a questa iniziativa”: con queste parole papa Leone XIV ha accolto i partecipanti al convegno ‘Refugees and Migrants in our Common Home’, preparazione al giubileo di domenica prossima.

Riprendendo il discorso di papa Francesco pronunciato nel 2022, papa Leone XIV ha sottolineato la validità delle risposte alla migrazione: “Il vostro tempo insieme segna l’inizio di un progetto triennale con l’obiettivo di creare ‘piani d’azione’ incentrati su quattro pilastri fondamentali: insegnamento, ricerca, servizio e advocacy. In questo modo, state rispondendo all’appello di papa Francesco affinché le comunità accademiche contribuiscano a soddisfare i bisogni dei nostri fratelli e sorelle sfollati, concentrandosi sulle aree di vostra competenza”.

Ed ha auspicato che tali incontri possano sensibilizzare la gente per la dignità delle persone: “Questi pilastri fanno parte della stessa missione: riunire voci autorevoli in diverse discipline per rispondere alle attuali urgenti sfide poste dal crescente numero di persone, stimato in oltre 100.000.000, colpite da migrazioni e sfollamenti.

Prego affinché i vostri sforzi possano portare a nuove idee e approcci in questo senso, cercando sempre di porre la dignità di ogni persona umana al centro di ogni soluzione. Mentre proseguite il vostro incontro, vorrei suggerirvi due temi che potreste considerare di integrare nei vostri piani d’azione: riconciliazione e speranza”.

Sempre riprendendo il pensiero di papa Leone XIV è importante combattere l’indifferenza: “Uno degli ostacoli che spesso si incontrano quando si affrontano difficoltà di così grande portata è un atteggiamento di indifferenza da parte sia delle istituzioni che dei singoli individui. Il mio venerato predecessore parlava di ‘globalizzazione dell’indifferenza’, per cui ci abituiamo alle sofferenze altrui e non cerchiamo più di alleviarle. Questo può portare a quella che ho precedentemente definito una ‘globalizzazione dell’impotenza’, in cui rischiamo di diventare immobili, silenziosi, forse tristi, pensando che non si possa fare nulla di fronte a sofferenze innocenti”.

Per questo ha incoraggiato ad approfondire una cultura dell’incontro: “Proprio come papa Francesco ha parlato della cultura dell’incontro come antidoto alla globalizzazione dell’indifferenza, dobbiamo impegnarci per affrontare la globalizzazione dell’impotenza promuovendo una cultura della riconciliazione… Ciò richiede pazienza, disponibilità all’ascolto, capacità di immedesimarsi nel dolore altrui e il riconoscimento di condividere gli stessi sogni e le stesse speranze”.

Con un incoraggiamento: “Vi incoraggio, pertanto, a proporre modalità concrete per promuovere gesti e politiche di riconciliazione, in particolare in terre dove sono presenti ferite profonde dovute a conflitti di lunga data. Non è un compito facile, ma affinché gli sforzi per operare un cambiamento duraturo abbiano successo, devono includere modalità che tocchino i cuori e le menti”.

Riprendendo il messaggio per l’imminente giornata mondiale del rifugiato e del migrante papa Leone XIV ha ricordato che i migranti sono portatori di speranza: “Spesso mantengono la loro forza mentre cercano un futuro migliore, nonostante gli ostacoli che incontrano. Mentre ci prepariamo a celebrare i Giubilei dei Migranti e delle Missioni in questo santo anno giubilare, vi incoraggio a suscitare tali esempi di speranza nelle comunità di coloro che servite. In questo modo, possono essere di ispirazione per gli altri e aiutare a sviluppare modi per affrontare le sfide che hanno incontrato nella loro vita”.

Ugualmente ai membri della Confederazione Medica Latino-Iberoamericana e dei Caraibi (CONFEMEL), ha sottolineato che dialogo e presenza fisica sono fondamentali per la cura nel giorno della festa degli Angeli Custodi: “Questa memoria può aiutarci a riflettere sulla relazione medico-paziente, che si basa sul contatto personale e sulla cura della salute, si potrebbe dire, proprio come gli angeli che vegliano e ci proteggono nel cammino della vita. Questo tema mi ricorda anche alcune parole di sant’Agostino, in cui si riferiva a Cristo come a un medico e a una medicina. E’ medico perché è parola, e medicina perché è parola fatta carne”.

Nel ricordo del beato José Gregorio Hernández il papa ha sottolineato l’importanza del rapporto tra medico e paziente: “Alla luce di queste riflessioni, vi invito a continuare ad approfondire l’importanza della relazione medico-paziente. Una relazione tra due persone, con il loro corpo e la loro interiorità, con la loro storia. Questa convinzione ci aiuta anche a far luce sul posto dell’intelligenza artificiale in medicina: essa può e deve essere di grande aiuto per migliorare l’assistenza clinica, ma non potrà mai sostituirsi al medico, perché voi ‘siete, come ha detto papa Benedetto XVI, serbatoi di amore, che portano serenità e speranza a quanti soffrono’. Un algoritmo non potrà mai sostituire un gesto di vicinanza o una parola di conforto”.

Ad inizio giornata alle suore Figlie di San Paolo che hanno celebrato il loro Capitolo Generale e che hanno appena eletto la nuova Madre Generale, suor Mari Lucia Kim: il papa ha sottolineato la necessità di guardare ‘in alto’: “Guardare in alto, perché possiate essere spinte dallo Spirito Santo. La vostra vocazione e la vostra missione vengono dal Signore, non dimentichiamolo. Perciò, l’impegno personale, i carismi che mettiamo in circolo, lo zelo dell’apostolato e gli strumenti che utilizziamo non devono mai farci cadere nell’illusione e nella presunzione dell’autosufficienza”.

Da qui l’invito a stare nelle situazioni della vita quotidiana: “Il secondo atteggiamento che vi raccomando è quello di immergervi dentro, dentro le situazioni, perché lo sguardo rivolto verso l’alto non è una fuga ma, al contrario, ci deve aiutare ad avere la stessa condiscendenza di Cristo, che si è spogliato per noi, è disceso nella nostra carne, si è abbassato per entrare negli abissi dell’umanità ferita e portarvi l’amore del Padre”.

Essere nella vita significa ‘abitare la cultura’: “Così, spinte dallo Spirito, siete chiamate anche voi a immergervi nella storia, proprio in ascolto dell’umanità di oggi; si tratta di abitare la cultura attuale e incarnarvi nella vita reale delle persone che incontrate. La vostra presenza, l’annuncio della Parola, i mezzi che utilizzate (in particolare ricordare l’editoria che curate con tanta dedizione), tutto ciò deve essere un grembo ospitale per le sofferenze e le speranze delle donne e degli uomini a cui siete inviate”.

L’importante è non scoraggiarsi: “Ma non ci lasciamo scoraggiare! Perciò vi invito a riflettere su come mantenere vivo il carisma, anche se ciò dovesse richiedere scelte coraggiose e impegnative. C’è bisogno infatti di un attento discernimento sulle opere legate all’apostolato, su come vengono portate avanti e sulla necessità di rinnovarle con una visione equilibrata, che sappia tenere insieme la ricchezza della storia passata con le risorse e i doni attuali di ciascuna di voi, in una feconda alleanza tra le diverse generazioni”.

(Foto: Santa Sede)

Non ti scordar di me: storia e oblio del Genocidio Armeno

Il libro di Vittorio Robiati Bendaud Non ti scordar di me. Storia e oblio del Genocidio Armeno (Edizioni Liberilibri, Macerata 2025, Pagg. XXVIII-180 – € 18), preceduto da un Saggio introduttivo di Paolo Mieli (pp. I-XVIII), esce in occasione del 110° anniversario dell’eccidio che portò, da parte dell’impero Ottomano (Stato turco musulmano durato dal 1300 al 1922), all’assassinio di un milione e mezzo di innocenti. Una vicenda che, purtroppo, molti cercano ancora di nascondere o minimizzare e, pertanto, ben venga l’accurato racconto e la documentata analisi della storia e delle cause di questa colossale tragedia ad opera di Robiati Bendaud, che è saggista e filosofo oltre che Rabbino discendente di italiani e di ebrei di Libia.

L’Autore ha il merito in questo lavoro di mostrare la bruciante attualità del genocidio armeno che, infatti, come ribadisce Mieli nella sua prefazione, è «tuttora in essere» nonostante un «negazionismo, magistralmente perseguito e realizzato» soprattutto dall’attuale Presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdoğan. Un negazionismo che è «parte costitutiva, anzi “essenziale” del processo genocidario» aggiunge l’ex direttore del Corriere della sera (dal 1992 al 1997 e dal 2004 al 2009) e, oltretutto, che «ha permesso, ai nostri giorni, il riattivarsi di politiche belliche contro gli armeni».

Il Metz Yeghérn, o Grande Male, consumatosi fra il 1915 e il 1921 e finalizzato all’annientamento della popolazione armena, è stato definito il “peccato originale del Novecento”. Da allora fino ai nostri giorni, la Repubblica di Turchia, erede diretta dell’Impero ottomano, non è stata sanzionata né punita, come invece è accaduto alla Germania alla fine della Prima guerra mondiale, né tantomeno obbligata a fare i conti con il proprio crimine contro l’umanità, com’è avvenuto in seguito alla caduta del nazionalsocialismo.

Gli armeni sono tuttora sotto l’attacco di Ankara e di Baku (capitali della Turchia e Azerbaijan), vittime di pulizia etnica e di etnocidio nei territori dell’Artsakh (o Nagorno-Karabakh) nel silenzio quasi totale del “mondo libero”. Funzionale alle antiche e nuove politiche antiarmene è appunto l’inquietante e profondamente ingiusto negazionismo del Metz Yeghérn che dura incredibilmente da oltre un secolo. Tale negazionismo, “di Stato” in Turchia e in Azerbaijan, trova ora insidiosa sponda anche in Occidente grazie a politici, giornalisti e intellettuali compiacenti e a finanziamenti a dipartimenti accademici sui quali l’Autore accende finalmente una luce rischiaratrice.

L’uscita del libro ha costituito un’occasione preziosa di ritorno di approfondimento, da parte del mondo politico-istituzionale italiano, su questa pagina drammatica del Novecento, contribuendo a riportare al centro dell’attenzione la memoria del genocidio armeno. Un importante incontro-dibattito di presentazione del volume di Robiati Bendaud, infatti, si è tenuto il 7 maggio 2025 alla Camera dei deputati con la partecipazione, fra gli altri, del Presidente della Camera Lorenzo Fontana, del Ministro della Giustizia Carlo Nordio e dei deputati Chiara Gribaudo (Pd), Giulio Centemero (Lega) e Maurizio Lupi (Noi con l’Italia-USEI). All’evento ha preso parte anche l’ambasciatore armeno in Italia, Vladimir Karapetyan, il quale fra l’altro ha espresso profonda gratitudine per il sostegno italiano e per l’approvazione parlamentare, nel 2019, della mozione sul riconoscimento del genocidio del suo popolo. Il video integrale della presentazione è stato quindi pubblicato sul sito istituzionale della Camera dei deputabile ed è raggiungibile al link: https://webtv.camera.it/.

Vittorio Robiati Bendaud, studioso cresciuto alla scuola del rabbino e storico italiano Giuseppe Laras (1935-2017), è da anni impegnato a livello internazionale nel dialogo ebraico-cristiano. Autore del saggio La stella e la mezzaluna. Breve storia degli ebrei nei domini dell’Islam, con Nota introduttiva di Antonia Arslan (Guerini e Associati, Milano 2018), ha già scritto per Liberilibri il saggio Il viaggio e l’ardimento. Nove avventure di viaggio, fra le Marche e la Terrasanta, emblemi della diaspora ebraica (Introduzione di Vittorio Sgarbi, 2020) e l’Introduzione al volume I diritti dell’uomo contro il popolo di Jean-Louis Harouel (2019).

Presentazione a Monfalcone (Gorizia) del nuovo libro della senatrice Stefania Craxi ‘All’ombra della storia’

All’ombra della storia. La mia vita tra politica e affetti” (Edizioni Piemme, Milano 2024, pp. 192). È questo il titolo dell’ultimo libro di Stefania Craxi, figlia di Bettino Craxi (1934-2000), che sarà presentato giovedì 4 settembre, alle ore 18, presso la Sala conferenze della Biblioteca comunale di Monfalcone (via Ceriani 10, ingresso libero).

Si tratta del racconto intimo e appassionato di una figlia che, a distanza di anni, continua a custodire e onorare la memoria di un’eredità profonda: quella di un pensiero, di un ideale politico, di una figura paterna fuori dal comune. Nel volume la senatrice Stefania Craxi (Forza Italia) apre il cassetto dei ricordi e lascia che prendano voce momenti vissuti, riflessioni maturate nel tempo, episodi privati intrecciati alla grande storia. Non è solo il ritratto di Bettino Craxi, uomo politico visionario e divisivo, ma anche quello di un’Italia attraversata da passioni e contraddizioni, un viaggio tra memorie personali e collettive, affettuoso e talvolta amaro.

Il libro ripercorre la storia e gli avvenimenti che portarono alla distruzione della Prima Repubblica per via di quella che è stata definita la “Rivoluzione Giudiziaria del 1992-94” e alla morte in esilio di Bettino Craxi. Quella falsa rivoluzione politica che, in piena democrazia, spazzò via quasi intera la classe dirigente dell’Italia Repubblicana, ovvero quella formatasi nei partiti che per quasi 50 anni avevano promosso la ricostruzione economica e governato, tra alti e bassi ma con una stabilità di fondo il nostro Paese (DC- PSI- PRI- PSDI- PLI).

Una “Rivoluzione Giudiziaria” che, abbattendo l’allora consolidato sistema illegale di finanziamento dei partiti, salvò esclusivamente il PCI-PDS che, più che dagli imprenditori italiani, era in effetti sostenuto con i milioni di Rubli che arrivavano dal Comunismo Sovietico, ma che ebbe il merito, agli occhi del “pool” della Procura di Milano, di assecondare e sostenere l’azione giudiziaria con il retropensiero di divenirne il beneficiario, rimanendo il dominus della Seconda Repubblica.

La vittima eccellente, il capro espiatorio di questa pseudo rivoluzione mediatica-giudiziaria fu Bettino Craxi che, nei quattro anni da Presidente del Consiglio (terzo Governo più longevo della Repubblica Italiana), ebbe il torto – secondo i dirigenti del PCI-PDS – di assecondare l’anima “autonomista” (cioè anti-comunista) del PSI e di sostenere il dissenso anti-sovietico nell’Europa dell’Est.

Da ciò, l’esilio di Hammamet, in Tunisia, tutt’altro che “esilio dorato” come l’hanno definito i mistificatori della storia di Craxi, che infatti stava già male e, nei 6 anni lontano dalla sua patria, visse una pena per le profonde umiliazioni, sofferenze, ingratitudini e mancanze di garanzie processuali a causa delle quali (anche) si aggravò la serie di malattie che nel giro di poco tempo lo portarono alla morte.  Morì infatti il 19 gennaio del 2000 a soli 66 anni, a motivo probabilmente di patologie che in Italia potevano essere prima diagnosticata e quindi meglio curate, se gli avessero consentito di farlo.

«Ho visto mio padre morire tra le mie braccia», testimonia mestamente Stefania Craxi nel libro (nel momento della morte, infatti, padre e figlia erano soli, in casa ad Hammamet). E nell’Introduzione aggiunge in proposito: «A distanza di anni, resta viva in me l’indignazione per la sua sorte, l’epilogo di una vicenda che segna uno squarcio nella mia anima ma che al contempo costituisce una ferita, tutt’altro che rimarginata, nell’Italia di ieri e di oggi. Una ingiustizia che ha colpito Craxi e l’intera comunità socialista in primis, ma non solo, i cui effetti hanno avuto risvolti drammatici sulla vita di migliaia di persone ma, ancor più hanno prodotto distorsioni nell’assetto politico e istituzionale che ancora non sono rimarginate…».

Nella conclusione del libro, allo stesso tempo, Stefania Craxi ci lascia pensieri e parole meritevoli di riflessioni per meglio considerare il passato, il presente e il futuro del Paese. «Più passa il tempo – scrive infatti –, più Craxi riprende il posto che gli spetta nella storia positiva della Repubblica. Certo, l’ingiustizia non si può cancellare… Quando decisi di intraprendere la battaglia politica a difesa della verità, mi vennero in mente le sue parole: “Finché sono vivo mi difendo da solo, quando sarò morto chi mi difenderà?…». 

E da quel momento, l’impegno eroico della senatrice Craxi è continuato, promuovendo già nel 2000 la nascita a Roma della Fondazione Bettino Craxi (che oggi è uno dei più importanti centri storico-politico-culturale), e in tante iniziative per la difesa di quella grande storia del politico e statista Bettino Craxi, per molti aspetti ingiustamente mistificata e offesa.

Stefania Craxi attualmente è presidente della Commissione Affari Esteri e Difesa del Senato della Repubblica. Sottosegretario di Stato alla Farnesina dal 2008 al 2011 nel governo Berlusconi IV con delega all’Asia e al Mediterraneo, è stata deputato dal 2006 al 2013 e dal 2018 senatrice per Forza Italia. Nella sua “prima” vita ha lavorato come produttrice televisiva. Sposata con Marco Bassetti, è madre di Federico, Anita e Benedetta e nonna di Stella e Cesare.

Per ulteriori informazioni sulla presentazione del libro a Monfalcone si può scrivere all’indirizzo di posta elettronica biblioteca@comune.monfalcone.go.it o telefonare al numero 388/377.24.20.

Meeting di Rimini: alla scoperta degli spettacoli con Otello Cenci

Sono 17 gli spettacoli che fino a mercoledì 27 agosto animano le serate del Meeting dell’Amicizia tra i popoli a Rimini, che prende il titolo da una frase tratta da ‘I cori della Rocca’ di Eliot, ‘Nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi’, che al Teatro Galli di Rimini ha aperto venerdì 22 agosto con lo spettacolo, diretto dal regista statunitense Jared McNeill, ‘The Rock – Cori da La Rocca’ ed interpretato da Sergio Castellitto (già in sold out), questa 46^ edizione, a cui seguirà un ricco palinsesto di opere teatrali e musica.

Ispirato all’opera omonima di T.S. Eliot, lo spettacolo inaugurale è un omaggio, tra musica e recitazione, al poeta inglese, figura centrale della letteratura del XX secolo, ma è anche l’album di esordio dello stesso McNeill, realizzato in collaborazione con il compositore Claudio Scarabottini. Le musiche, che spaziano tra elettronica pop, gospel, blues e world music, si fondono con le voci intense degli interpreti, restituendo nuova forza ai versi di Eliot.

Sempre al Teatro Galli, domenica 24 agosto, è in programma ‘Joseph & Bros’, una raccolta di storie e frammenti di vita dal carcere che, in una cella dove la convivenza forzata tra tre uomini diventa occasione di confronto, mettono in discussione stereotipi, pregiudizi e distanze culturali.

Però, come ogni anno, gli spettacoli e i concerti del Meeting vanno in scena anche in Fiera: come ‘La fregatura di avere un’anima’ di e con Giacomo Poretti, che sabato 23 ha esplorato il mistero dell’essere genitori: uno spettacolo scritto e interpretato dall’attore milanese in occasione dei 50 anni di Tracce.

Mentre lunedì 25 agosto nell’Auditorium Isybank D3, si potrà ascoltare la ‘Serenata per archi’ di Dvořák, suonata dai giovani musicisti e professionisti dell’Orchestra Enzo Piccinini, un vero e proprio inno all’umano attraverso la musica classica; l’ensemble che dà vita a questo concerto porta il nome del medico scomparso nel 1999 al quale la storia del Meeting è legata tanto che l’anno scorso gli è stata dedicata una mostra.

Sempre in città, al Teatro Tarkovskij, gli studenti del liceo ‘Don Gnocchi’ di Carate Brianza (MB) portano in scena ‘La bottega dell’orefice’ (anche questo sold out) di Karol Wojtyla ed, alla Corte degli Agostiniani, il gruppo corale e strumentale ‘Ologramma’, fatto di musicisti, musicoterapeuti e ragazzi fragili, tutti accomunati dall’amore per la musica, propone ‘Peace rock: Step made of songs’, un viaggio sonoro ed umano, dove ogni brano diventa occasione per avvicinarsi e conoscersi. Al Teatro Galli si torna martedì 26 agosto per ascoltare brani da ‘Le Confessioni di sant’Agostino’ (altro sold out) con Alessandro Preziosi: un viaggio nel cuore dell’anima, grazie a un testo che è tra i più profondi e influenti della tradizione cristiana e della letteratura mondiale.

E poi ancora tanta musica dal vivo nelle Piscine della Fiera: da Zapotec di Francesco Picciano, ai The Sun, band rock con un’anima (e un seguito) incredibile, fino al concerto dei Rotattada, la band del CLU di Bologna, nata da una forte amicizia all’interno del movimento. Due eventi ricordano poi l’artista e l’uomo Lucio Dalla, la sua genialità e ironia: la lezione e spettacolo ‘Se io fossi un angelo’ di Cristiano Governa e la serata ‘Aspettiamo senza avere paura, domani’, tra racconto e canzone. Infine nella serata conclusiva un omaggio, con il concerto-tributo, a Claudio Chieffo nell’ottantesimo dalla nascita; e la quinta edizione del Meeting Music Contest, competizione musicale nata dalla sinergia con il Mei di Faenza, senza dimenticare la rassegna di spettacoli, ancora più ampia e varia degli anni scorsi, al Villaggio Ragazzi, serate comprese.

Per vedere meglio le opportunità ‘spettacolari’ offerte dal Meeting dell’Amicizia tra i popoli, abbiamo incontrato Otello Cenci, responsabile degli spettacoli: come è possibile costruire nei luoghi deserti con mattoni nuovi attraverso gli spettacoli?

“Il titolo, tratto dall’opera di T.S. Eliot del 1934, evoca la speranza di ricostruzione: là dove tutto sembra arido (relazioni, senso, comunità) la cultura e l’arte possono diventare ‘mattoni nuovi’. Gli spettacoli del Meeting non sono evasione, ma esperienze vive di incontro, bellezza e verità: momenti in cui l’arte riaccende lo sguardo, crea legami e restituisce memoria e fiducia”.

Infatti lo spettacolo inaugurale è stato ‘The Rock’: perché il Meeting ha accettato questa sfida?

“The Rock è uno spettacolo che intreccia musica, poesia e teatro, ispirato al celebre poema di Eliot ‘Choruses from The Rock’. Le musiche, che spaziano dall’elettronica al pop, dal gospel al blues e alla world music, sono firmate da Claudio Scarabottini, in collaborazione con l’artista statunitense Jared McNeill. E’ un progetto che unisce generazioni (giovani non professionisti e artisti di grande esperienza come Sergio Castellitto) per offrire al pubblico un’esperienza intensa e suggestiva, capace di far risuonare le domande provocatorie di quest’opera poetica”.

Inoltre il Meeting si chiude con un tributo a Claudio Chieffo: quanto ha costruito con mattoni nuovi in luoghi deserti?

“Claudio Chieffo ha costruito ovunque ‘mattoni nuovi’ con la vivacità di una vita piena di amicizia, gioia e condivisione. La sua arte, radicata nell’esperienza di fede nata in Comunione e Liberazione, si è espressa in decine di brani originali e profondi. La serata sarà una festa condotta dai figli Martino e Benedetto, che proporranno i pezzi più giocosi e divertenti del padre: un omaggio che celebra vita, libertà e amicizia autentica”.

In questo percorso il pubblico sarà aiutato da ‘Le Confessioni di sant’Agostino’ con Alessandro Preziosi: un testo che racconta che questa costruzione non è inutile?

“Le Confessioni sono un cammino di ricerca interiore, fragilità e grazia. Con la sensibilità di Alessandro Preziosi, il testo di Agostino diventa voce intensa di un’esperienza spirituale viva. Ci ricorda che ogni costruzione di verità e di bene, anche se silenziosa o nascosta, genera futuro e significato”.

In conclusione: una settimana piena di occasioni da non perdere?

“Assolutamente sì. Sarà una settimana ricca di appuntamenti, da scoprire sul sito del Meeting di Rimini, che coinvolgeranno l’intero territorio. Presso il Teatro Galli, oltre agli spettacoli già citati, andrà in scena il divertente e significativo ‘Joseph and Bros’, tratto dal testo di Ignazio De Francesco. Sul Palco delle Piscine della Fiera, tutte le sere, musica d’autore ed, in particolare, la serata finale della quinta edizione del Meeting Music Contest, organizzata in collaborazione con il MEI di Faenza, con centinaia di iscritti e sei finalisti che si esibiranno davanti a una giuria presieduta da Cristiano Godano, voce e leader dei Marlene Kuntz, e da Casadilego, vincitrice di X Factor 2020.

Nell’Auditorium della Fiera di Rimini si potrà assistere al capolavoro sinfonico di A. Dvořák, Serenata per archi op. 22, diretto dal maestro Emmanuele Lo Russo ed eseguito dall’Orchestra Piccinini, composta da giovani talenti provenienti da prestigiose formazioni italiane ed estere. Sempre in Auditorium, sarà proposto il monologo ‘semiserio’ di Giacomo Poretti ‘La fregatura di avere un’anima’. Un calendario ricco di appuntamenti per interrogarsi, divertirsi e iniziare a costruire con mattoni nuovi”.

(Foto: Meeting Amicizia tra i Popoli)

A Realmonte (Agrigento) il Premio Letterario ‘Scala dei Turchi – Dina Russiello’ 2025: un tributo al talento siciliano tra storia, poesia e cultura

Nella suggestiva cornice della Villa Romana di Durrueli a Realmonte, in provincia di Agrigento, si è tenuta venerdì scorso la quarta edizione del Premio Letterario ‘Scala dei Turchi – Dina Russiello’, una iniziativa intitolata alla figura di questa donna intellettuale, prematuramente scomparsa e profondamente radicata nel cuore del piccolo ma antico centro il cui nome deriva dal latino medievale ‘Mons Regalis’, che significa Montagna del Re.

Tra i nomi dei premiati la giovane promessa della narrativa siciliana (classe 2003) Beatrice Gucciardo, alla quale è stato conferito il Premio Emergenti per la sua opera prima ‘Una leggera, sottile illusione’, edita da VGS LIBRI. Un riconoscimento che celebra la capacità della scrittrice di restituire al lettore un paesaggio dell’anima in cui le emozioni si muovono con eleganza tra fragilità e introspezione.

Fra gli altri scrittori emergenti lo storico Marco Spada per il saggio ‘Fiumi d’inchiostro tra il Piave e l’Isonzo. I diari di guerra (1915-1918)’ edito da Armando Siciliano Editore.

«In questa curatela – ha spiegato Spada – fortemente voluta dalla splendida comunità di Castel di Lucio e, in primis, dalla docente Maria Rita Sacco, ho voluto mantenere l’originalità del testo trascritto, con fatica ardua, dai diari del fante Giuseppe Iacono arruolatosi nella brigata “Etna” durante la Grande guerra. È stata una sfida tra due giovani – ognuno nella sua rispettiva epoca – che hanno voluto raccontare e riportare ciò che è la guerra, senza fronzoli derivanti da qualsivoglia vezzo letterario. Quattro anni che – conclude lo storico – è stato difficilissimo riassumere in circa centoventi pagine dove trasuda fortemente lo spirito patriottico di un giovane che, fino ad allora, aveva conosciuto soltanto le dure fatiche della vita contadina».

Nella categoria Scrittori affermati l’insegnante siciliano Francesco Bellanti che, nel suo romanzo Il quadro di Stalin (Carello Edizioni, Catanzaro 2023, pp. 158), narra di un quadro raffigurante il dittatore georgiano che scompare in un paese della Sicilia Occidentale che lo scrittore chiama Almeda ma che somiglia molto al suo paese d’origine, cioè Palma di Montechiaro, in provincia di Agrigento.

L’incontro di Realmonte, presentato dalla giornalista e presentatrice televisiva Margherita Trupiano, ha visto la partecipazione di numerosi ospiti, rappresentanti di istituzioni e appassionati in generale di letteratura. Ideato dallo scrittore italo-francese Pascal Schembri, il Premio Scala dei Turchi – Dina Russiello, si conferma anche quest’anno un vero e proprio ‘faro’ sul talento letterario e saggistico siciliano nonché sulla centralità della cultura come forma di memoria, resistenza civile e rinascita.

«Anche quest’anno – ha dichiarato in proposito Schembri, principale patron dell’evento che a Realmonte, suo paese natio, ha fondato una ‘Casa del libro’ le cui profonde motivazioni sono raccontate in una delle sue ultime opere, ‘Figli adottivi’ – accendiamo un faro sulla cultura e sulla ineguagliabile bellezza della Scala dei Turchi, un modo per coniugare la magnificenza del sito con il talento dei siciliani, nel nome di Dina, la mia adorata moglie, che tanto amò questa terra».

E proprio la Villa Romana di Realmonte – affacciata sul mare, custode di mosaici raffinati e memorie antiche – ha fatto da perfetto sfondo a un premio che celebra l’incontro tra le civiltà del passato e i sogni della letteratura futura.

La giuria del Premio ha selezionato anche in questa edizione autori emergenti e scrittori affermati, senza tralasciare poeti, artisti e figure di rilievo nel mondo della cultura e dello spettacolo. Ecco quindi l’elenco completo dei premiati dell’edizione 2025:

‘Premio Emergenti’:

  • Beatrice Gucciardo – Una leggera, sottile illusione;
  • Marco Spada – Fiumi d’inchiostro tra il Piave e l’Isonzo.

‘Scrittori affermati’:

  • Francesco Bellanti – Il quadro di Stalin;
  • Gerlando Cilona – Girgenti-Agrigento. Ieri-Oggi, Capitale della Cultura 2025;
  • Federico Li Calzi – Il peso del dubbio;
  • Enzo Di Natali – Nanà e le luci di Racalmare;
  • Giuseppe Crapanzano – Antonio Vaccaro. Avvocato, Sindaco, Capitano;
  • Salvatore Parlagreco – Eschilo. L’enigma dell’aquila assassina.

‘Premio ai Poeti’:

  • Alberto Guarneri Cirami – I versi perduti;
  • Sebastiano Valfrè – Pagine di vita.

Premi Speciali e alla Carriera:

  • Giuseppe Iatì – Premio Speciale al Poeta;
  • Giuseppina Mira – Premio alla Carriera per ‘È ritornato Francesco’;
  • Diego Romeo – Premio alla Carriera per il film ‘La notte dei mandorli in fiore’;
  • Gaetano Aronica – Premio alla Carriera;
  • Francesco Sidoti – Premio alla Carriera.

‘Premio alla Memoria’: Enzo Alessi.

‘Premio d’Onore’: dott. Salvatore Caccamo, Prefetto di Agrigento.

Per non dimenticare Srebrenica

Durante la guerra del 1992-95, Srebrenica, cittadina situata nella Bosnia orientale, era un’enclave sotto il controllo dell’esercito bosniaco attorniata da città serbe, che ospitava migliaia di musulmani bosniaci. Nel 1993 divenne una zona demilitarizzata sotto la tutela della missione Unprofor delle Nazioni Unite. Tuttavia, nel luglio del 1995 le forze militari serbe invasero la città, uccidendo circa 7-8000 uomini ed espellendo sistematicamente donne, bambini e anziani.

Il Tribunale penale internazionale per la ex Iugoslavia (Icty), istituito nel 1993 dalle Nazioni Unite al fine di giudicare coloro che si fossero macchiati di crimini di guerra e contro l’umanità dopo il 1° gennaio 1991, ha incriminato 21 persone per i delitti commessi a Srebrenica. Tra questi, Radislav Krsti´c è stato il primo a essere giudicato colpevole, nel 2001. I processi contro Radovan Karadži´c, Zdravko Tolimir, Jovica Staniši´c, Franko Simatovi´c sono pendenti. Ratko Mladi´c, a capo dell’esercito dei Serbo-Bosniaci nel 1995, è stato arrestato nel maggio 2011 in Serbia.

Joshua Evangelista, responsabile della comunicazione di ‘Gariwo – Giardino dei Giusti’, ha scritto: “Quel genocidio fu l’apice di una campagna sistematica di pulizia etnica condotta dalle truppe di Ratko Mladić contro la popolazione musulmana bosniaca. In pochi giorni, vennero separati uomini e donne, i bambini strappati alle madri, le donne stuprate, le famiglie annientate. Eppure, mentre la storia ha fissato quei giorni tra i più oscuri dell’Europa contemporanea, la politica e il revisionismo lavorano ancora oggi per oscurarli di nuovo”.

Da questo sterminio iniziò il ‘fallimento’ dell’ONU e dell’Europa: “E in tutto questo, le Nazioni Unite c’erano, ma non agirono. Srebrenica era stata dichiarata safe area dell’ONU nel 1993. A proteggerla, un contingente olandese dell’UNPROFOR, male armato, privo di mandato offensivo, abbandonato dalla comunità internazionale. Quando, nel luglio 1995, le truppe di Mladić sfondarono le linee e iniziarono la separazione sistematica degli uomini dalle donne, i caschi blu non spararono un colpo.

Assistettero inermi. Non ci fu evacuazione, non ci fu intervento aereo, non ci fu resistenza. Fu un fallimento totale della diplomazia e del multilateralismo, che ha lasciato una macchia profonda sull’autorità morale delle Nazioni Unite. Una macchia che ancora oggi attende un’assunzione piena di responsabilità.

Ma non fu solo un fallimento delle Nazioni Unite. Fu anche una disfatta dell’Europa e dell’Occidente. Le richieste d’intervento aereo furono ignorate. I governi occidentali (francesi, britannici, statunitensi) avevano deciso che la neutralità era preferibile alla verità. Che l’equilibrio tra le parti contava più della vita delle persone. Così, il genocidio si consumò sotto gli occhi del mondo. E il mondo guardò altrove”.

Nel discorso alle Nazioni Unite il direttore del Memoriale di Srebrenica, Dott. Emir Suljagić, ha sottolineato il valore del ricordo: “Ricordare e onorare Srebrenica oggi, per noi, significa riconoscere un tempo in cui ci è stata negata l’umanità. Significa riconoscere l’arduo cammino che abbiamo dovuto intraprendere per affermare la nostra dignità umana e il nostro diritto al ricordo e al lutto. La nostra lotta continua ancora oggi. Stiamo ancora combattendo per il possesso della nostra narrazione, per assicurarci che Srebrenica non venga relegata ai margini della storia, ridotta a un evento minore in un’epoca altrimenti pacifica e prospera”.

Mentre nel sito dell’Osservatorio dei Balcani e Caucaso la giornalista Nicole Corritore ha parlato di una ferita ancora aperta: “Delle ufficiali 8372 vittime del genocidio di Srebrenica, mancano all’appello ancora un migliaio di persone. In caso di resti già identificati tramite l’analisi del DNA, alcuni familiari preferiscono aspettare per la tumulazione, nella speranza di ricostruire gli scheletri dei loro cari allora occultati in fosse comuni primarie, secondarie, terziarie… Mentre per altri o non si è trovato ancora alcun resto, oppure giacciono senza un nome nei centri di identificazione.

Accanto a Fata verranno tumulati due giovani di 19 anni, Senajid Avdić e Hariz Mujić, accanto a Hasib Omerović (34), Sejdalija Alić (47), Rifet Gabeljić (31) e Amir Mujčić (31). I resti di queste persone sono stati esumati negli anni passati in diverse fosse comuni nelle zone di Liplje, Baljkovica, Suljići, Kameničko brdo e nella maggior parte dei casi di loro verranno tumulate l’11 luglio solo poche ossa”.

E’ interessante che alcuni giorni del massacro di Srebenica Alex Langer scriveva che l’Europa sarebbe morta e rinata a Sarajevo: “Se la situazione attuale è il risultato delle politiche disordinate, rinunciatarie e contraddittorie dei nostri governi, l’Unione europea in quanto tale è rimasta muta, impotente, assente. Bisogna che l’Europa testimoni e agisca!

Bisogna che grazie all’Europa l’integrità del territorio bosniaco e la sicurezza delle sue frontiere siano finalmente garantite. Ma ciò non è, non è più sufficiente. Per recuperare un credito assai largamente consumato, l’Unione europea deve oggi dar prova di un coraggio e un’immaginazione politica senza precedenti nella sua storia. L’Europa può farlo, l’Europa deve farlo. Lo deve tanto ai bosniaci quanto a se stessa. Perché ciò è condizione della sua rinascita”.

(Foto: Memoriale di Srebenica)

Ecco l’ultimo numero di “Cultura & Identità. Rivista di studi conservatori”

Diretta dal ricercatore Oscar Sanguinetti, direttore dell’Istituto Storico dell’Insorgenza e per l’Identità Nazionale (ISIIN), questa rivista è nata nel 2009 da un gruppo di studiosi, letterati, professionisti dell’informazione convinti, come riportato nel “Chi siamo” del sito www.culturaeidentita.org, «che il futuro della nostra nazione, cioè del corpo storico dei popoli della Penisola, riposi su un saldo legame di continuità con un passato per molti versi pregevole, se non unico, che residua ancora nella memoria e nei desideri di molti italiani».

L’ultimo fascicolo (n. 48, anno XVII – nuova serie, Milano giugno 2025, pp. 37), appena inviato in formato digitale (pdf) agli abbonati, è aperto con l’editoriale del direttore, intitolato “Qualcosa cambia?” (pp. 1-2), nel quale ci si interroga sull’attuale «multiforme e turbolento» scenario geopolitico globale.

Fra le “Riflessioni”, il saggio del sociologo Pietro De Marco dal titolo “Gaza, il terrorismo e l’Occidente” (pp. 3-10) che fa il punto, in una prospettiva decisamente controcorrente, sulla guerra israeliana a Gaza e commenta, più in generale, la situazione dei conflitti odierni nell’area medio-orientale.

Segue l’articolo “Considerazioni sull’Umanesimo” (pp. 12-15) dello psicologo Ermanno Pavesi, che offre una lettura meno antagonistica del rapporto fra cultura degli umanisti e cattolicesimo.  

È quindi riportato un importante messaggio, inviato lo scorso anno da Papa Francesco (2013-2025) ai partecipanti al Laboratorio patrocinato dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali sul tema “L’ontologia sociale e il diritto naturale dell’Aquinate in prospettiva”, in occasione del 750° anniversario della morte del Doctor Angelicus. Nel testo, dal titolo “Nella legge naturale la via dell’autentico sviluppo umano” (pp. 17-19), Bergoglio si soffermava sulla nozione di legge naturale in san Tommaso d’Aquino, un concetto-chiave anche nella prospettiva conservatrice, che il nuovo Pontefice Leone XIV ha sottolineato nel suo recente discorso ai Parlamentari in occasione del Giubileo dei Governanti del 21 giugno 2025.

La rivista prosegue con la rubrica, a cura di Autori vari, “Portolano italiano. Appunti di un conservatore italiano sulla rotta verso il futuro” (pp. 20-24) e con due accurate recensioni di volumi appena usciti, “Ascesa e declino delle costituzioni” (Liberilibri) di Eugenio Capozzi, professore ordinario di storia contemporanea presso l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli e “Un mosaico di silenzi. Pio XII e la questione ebraica” (Mondadori) di Giovanni Coco, accreditato archivista all’Archivio Apostolico Vaticano.

Concludono il numero le consuete e sintetiche Schede bibliografiche dedicate ai più recenti libri italiani di saggistica storica e filosofica (pp. 32-35). Per ricevere il numero in distribuzione della rivista si può telefonare al numero 353.48.29.793 oppure scrivere una email a culturaeidentitanazionale@gmail.com.

151.11.48.50