Da Bari l’appello per una tregua di pace a Natale
Nella basilica di san Nicola da Bari, invocato dai cristiani di oriente e di occidente, ponte tra quelli che Giovanni Paolo II chiamava i due polmoni dell’Europa e del mondo, si è pregato per la pace in Ucraina con i vescovi di Puglia, le autorità, il popolo ed i rappresentanti delle Chiese ortodosse e cattoliche del Paese martoriato dalla guerra, tra cui mons. Irynej Bilyk, delegato di Sua Beatitudine Svjatoslav Shevchuk della Chiesa greco-cattolica in Ucraina, don Anatolii Rusin, delegato della Conferenza Episcopale di rito latino in Ucraina; p. Teodosio Hren, vicario generale dell’Esarcato apostolico per i fedeli cattolici ucraini di rito bizantino residenti in Italia, senza i fratelli del Patriarcato di Mosca.
Nel salutare i partecipanti l’arcivescovo di Bari-Bitonto, mons. Giuseppe Satriano, ha ricordato che san Nicola era un intrepido cercatore di giustizia e costruttore di pace: “L’intercessione di san Nicola, pastore del dialogo, ci è preziosa nell’ottenere per tutti la grazia della conversione del cuore. Questa nostra Europa e il mondo intero necessitano di cammini improntati all’unità, alla riconciliazione e alla pace.
Il 22 febbraio scorso l’Europa si è svegliata riscoprendosi fragile, impotente dinanzi a una guerra che da tempo era accovacciata alla porta. Oggi desideriamo, come cristiani, fare nostre le lacrime e le angosce di tante sorelle e fratelli ucraini e russi che, a causa del conflitto, vivono la lacerazione del cuore. Oggi desideriamo fare nostre le lacrime di papa Francesco che, nella gremita piazza di Spagna, lo scorso 8 dicembre, ancora una volta, ha invocato la pace”.
Il presidente della Cei, card. Matteo Zuppi, che ha presieduto la veglia della pace, ha sottolineato che la pace è data dall’amore di Dio: “L’amore di Dio non rimane un’entità senza forma ma presenza, un bambino figlio di Dio, perché l’amore non sia un’indicazione generica e facile per maestri che dispensano verità prive di amore.
Lo capiamo in questo luogo privilegiato insieme a San Nicola, che tanta devozione raccoglie in Ucraina e Russia. Il nostro Dio è ‘molto geloso di Sion’, perché è amore, amore vero, non elisir di benessere per individualisti che riducono tutto alla propria personale convenienza.
Gesù piange guardando Gerusalemme della quale ne vede la distruzione. Gesù non condanna, non si compiace di avere ragione: piange e affronta il male perché il male non sia l’ultima parola e perché in ogni croce gli uomini vedano il suo amore”.
La protezione della vita è il ‘sogno’ di Dio: “Vecchi e giovani, la vita protetta dall’inizio alla fine. Per realizzare questo sogno che è suo e nostro, Dio ci dona e ci affida ‘il seme della pace’. Gesù è questo seme, pagato a caro prezzo, tutt’altro che un richiamo senza volto e senza corpo, entità generica e falsamente rassicurante, ridotta a cura del nostro benessere individuale. Dio è felicità, ma ci chiede di amare, cioè di donare non di possedere”.
Pace significa amare: “Amarsi senza amare rovina la nostra vita! La pace è un seme di amore, irriducibile, perché non c’è vita senza pace. E’ affidato a noi. Dipende da noi: non prediamocela con Dio! Lui la pace l’ha pagata a caro prezzo. Adesso dipende solo da noi. E’ un seme: contiene già tutta la pace, ma deve crescere. Cristo, principe della pace, vieni! Vieni ad illuminare chi vive nelle tenebre”.
Ed i cristiani hanno pregato a Bari, perché la pace non è un ‘sogno’: “L’ansia della pace è il nostro grido che diventa preghiera: vieni Gesù, porta il Natale della pace in Ucraina! Il seme della pace possa crescere nelle crepe di cuori induriti e che il Signore possa toccarli con la forza della sua grazia.
Che possano vedere presto i piedi ‘del messaggero che annuncia la pace’. E’ un sogno? No. Una guerra tra cristiani umilia e scandalizza, offende il nostro unico e comune maestro che la spada ordina di rimetterla nel fodero, ricordando che chi di spada ferisce di spada perisce e che la violenza segna la vita della vittima e dell’assassino, sempre”.
Per la pace c’è sempre occasione per trovare le condizioni: “San Nicola non vuole la violenza e ordina la pace! Non si dica che non ci sono le condizioni! Quelle si trovano! Smettiamo combattimenti che portano solo alla distruzione! La pace non è un sogno è l’unica via per vivere! E’ la scelta, non una scelta.
E la pace diventa preghiera, sofferta, per certi versi drammatica invocazione. Ma la pace è solidarietà, scelta concreta di aiutare chi è colpito, perché la guerra vergognosamente e senza nessuna pietà distrugge tutto, perfino gli ospedali, le scuole e la guerra uccide di freddo, di malattie non curate, di disperazione. Non smettiamo di aiutare, accogliere, mandare di sognare che le spade si trasformino in vomeri”.
Nella città di san Nicola il presidente della Cei ha ricordato la profezia della visione di pace di don Tonino Bello: “Facciamo nostra la sua preoccupazione, che supera il tempo e ci aiuta a vivere nel nostro, perché ciascuno di noi non si stanchi mai di coltivare, come può, ma sempre con la forza dell’amore, sogni di speranza e di pace.
Senza visione di pace non la si cerca e non la troviamo. Certo, un seme sembra piccolo, inutile. In esso è nascosta, però, tutta la pace. Ed è affidato a noi. Se lo teniamo per noi non serve a nulla. Possa ciascuno di noi, artigiano com’è di pace, gettare il seme della pace con il perdono, con la conoscenza, praticando la solidarietà e l’attenzione a ciascuno. Tutti possiamo fare tanto. E’ la famosa goccia che riempie l’oceano. E noi vogliamo esserci e non fare mancare la nostra”.
Infine ha rinnovato l’appello per un Natale di pace: “Rinnoviamo l’appello perché nei giorni di Natale non si compiano azioni militari attive, sia permesso ai cristiani di onorare il Dio della pace, non si profani quel giorno distruggendo le tante Betlemme dove vuole nascere il Signore. San Nicola ispiri la saggezza e il coraggio di questa scelta.
Non ci abituiamo alla guerra e facciamo nostra la stessa trepida attesa del papa per commuoverci anche perché speriamo che ogni giorno sia l’ultimo di guerra e attendiamo con ansia, con la fretta di Maria, che venga il Natale della pace.
Che tutti noi, come Maria, senza chiederci se tocca o meno a lui, senza indugi, faccia crescere il seme della “pace”! La pace non è un ideale astratto o un dono che cade dal cielo: richiede fatica, tenacia, creatività. Lo facciamo perché non abbiamo pace senza la loro pace”.
(Foto: Arcidiocesi di Bari-Bitonto)