Papa Francesco: la sequela di Gesù implica ‘coraggio evangelico’

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Giovedì scorso papa Francesco ha ricevuto in udienza la comunità del Pontificio Collegio Nepomuceno, intitolato al martire boemo che nel 1300 fu annegato nella Moldava per non aver violato il segreto confessionale, invitando a lavorare con fermezza evangelica e pregare perché nasca la riconciliazione e fermare la guerra in Ucraina nella memoria di san Giovanni Nepomuceno:

“Sempre colpisce il fatto che egli fu ucciso perché volle rimanere fedele al segreto della Confessione. Questo è toccante. Disse ‘no’ al re per confermare il suo ‘sì’ a Cristo e alla Chiesa. E questo fa pensare a ciò che hanno dovuto subire tanti preti, tanti vescovi nel corso della storia sotto vari regimi autoritari o totalitari. Voi ne avete esperienza nella vostra storia”.

Per molti componenti di questa comunità il martirio a questa fedeltà è ancora un ricordo vivido: “Per il vostro Collegio ciò è avvenuto durante i quarant’anni seguiti alla seconda guerra mondiale. E oggi rendo omaggio con voi alla memoria di tanti sacerdoti e vescovi, consacrate e consacrati, e anche tanti laici, che, con la grazia di Dio, hanno avuto il coraggio di dire ‘no’ al regime per rimanere fedeli alla loro vocazione e missione. Questa moltitudine di martiri nascosti, che noi non conosciamo. Dietro alla vostra vita, alla vostra storia ci sono dei martiri”.

Tale coraggio evangelico deve essere linfa vitale: “Questa radice di coraggio e di fermezza evangelica, che risale al vostro santo Patrono, non deve mai diventare per voi come una lapide da mettere sul muro, come un oggetto da museo, come un’immaginetta, no, deve rimanere una radice viva, perché anche oggi c’è bisogno della sua linfa!”

Ed ha sottolineato che occorre badare a non cadere nella ‘mondanità spirituale’: “Anche oggi, in Europa e in ogni parte del mondo, essere cristiani, e in particolare essere ministri della Chiesa, consacrate e consacrati, richiede di dire dei ‘no’ ai poteri di questo mondo per confermare il ‘sì’ al Vangelo.

A volte si tratta di poteri politici, a volte invece sono ideologici e culturali e il loro condizionamento è più sottile, passa attraverso i mezzi di comunicazione, che possono esercitare pressione, gettare discredito, ricattare, isolare e così via, o, peggio ancora, portarvi a vivere nella mondanità. State attenti alla mondanità spirituale, che è il peggio che può accadere alla Chiesa, il peggio che può accadere a un uomo, a una donna consacrati. State attenti al vivere mondanamente, con criteri mondani”.

La testimonianza offerta da san Giovanni Nepomuceno riguarda la coscienza: “La testimonianza di San Giovanni Nepomuceno ci ricorda, oggi più che mai, il primato della coscienza su qualunque potere mondano; il primato della persona umana, la sua dignità inalienabile, che ha il suo centro proprio nella coscienza, intesa non in senso meramente psicologico, ma nella sua pienezza, come apertura al trascendente”.

Ricordando p. Spidlik ha invitato a testimoniare la libertà: “Auspico che il Collegio Pontificio che porta il nome del grande sacerdote e martire boemo sia sempre casa e scuola di libertà, libertà interiore, fondata sulla relazione con Cristo e con lo Spirito Santo.

Una libertà che si manifesta anche nel senso dell’umorismo, come dimostrava ad esempio il padre Spidlik, che ho conosciuto tanto bene, l’ho conosciuto da vicino, che per tanti anni ha svolto il suo ministero nel vostro Collegio, con quel senso dell’umorismo che era capace di ridere in ogni situazione, e anche di sé stesso”.

Inoltre san Giovanni Nepomuceno è protettore dei ponti, in quanto fu gettato nella Moldava dal Ponte Carlo di Praga, rivolgendosi anche alle donne: “Un modo appropriato di onorare la sua memoria è allora quello di cercare, nella vita concreta, di gettare ponti là dove ci sono divisioni, distanze, incomprensioni.

Anzi, di essere noi stessi dei ponti, strumenti umili e coraggiosi di incontro, di dialogo tra persone e gruppi diversi e contrapposti. Questo è un tratto che appartiene all’identità del ministro di Cristo, come dimostrano le biografie di tanti santi preti e vescovi, che in situazioni di conflitto sono stati operatori di pace e di riconciliazione.

Ma questo lo fanno anche meglio le donne: fare dei ponti, perché una donna sa meglio di noi maschi come fare dei ponti. E voi (alle donne presenti), insegnate loro come si fanno i ponti!”

Infine il papa ha ricordato che Gesù è il ‘pontefice’: “E’ Lui la nostra pace, è Lui che ha abbattuto e abbatte i muri dell’inimicizia. Ed è a Lui che noi dobbiamo sempre orientare e attirare le persone, le famiglie, le comunità. E’ quello che facciamo nel momento centrale di ogni nostra giornata, quando celebriamo la Messa. Non possiamo e non dobbiamo essere noi al centro, ma Lui! Fuggiamo la tentazione del protagonismo mondano”.

Mentre ai partecipanti al corso per rettori e formatori dei seminari latinoamericani, papa Francesco ha sottolineato che le motivazioni vocazionali autentiche: “E’  necessario rinunciare a inerzie e protagonismi e cominciare a sognare insieme, non rimpiangendo il passato, non da soli, ma uniti e aperti a ciò che il Signore oggi desidera come formazione per le prossime generazioni dei presbiteri ispirati dagli attuali orientamenti della Chiesa”.

Un’altra sfida proposta riguarda la formazione: “Un’altra sfida è quella di formare ‘co-discepoli’ degli altri fedeli cristiani, che condividendo ‘gli stessi bisogni umani e spirituali’ sono soggetti ‘alle stesse fragilità, limiti ed errori’. E’ necessario fare attenzione, poiché la vostra missione non è di formare ‘superuomini’, che pretendano di sapere e di controllare tutto ed essere autosufficienti; al contrario, è di formare uomini che con umiltà seguano il processo scelto dal Figlio di Dio, che è il cammino dell’incarnazione”.

Inoltre La dimensione umana della formazione sacerdotale “implica anche e soprattutto una maturazione integrale della persona potenziata dalla grazia di Dio che, pur tenendo conto dei condizionamenti biologici, psicologici e sociali di ognuno, è capace di trasformarli ed elevarli, specialmente quando la persona e le comunità si sforzano di collaborare con essa in modo trasparente e veritiero. In definitiva, le motivazioni vocazionali autentiche, ossia la sequela del Signore e l’’instaurazione del Regno di Dio, sono alla base di un processo che è al tempo stesso umano e spirituale”.

(Foto: Vatican News)

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