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All’Auxilium di Roma un corso sulle identità di genere: a colloquio con la preside Ruffinato
‘Identità di genere: sfide e prospettive per gli educatori’ è il tema del corso interdisciplinare 2024-2025 proposto dalla Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione ‘Auxilium’ di Roma, che mira ad esplorare le principali espressioni del concetto di gender attraverso un approccio multidisciplinare. Infatti, mediante un confronto costruttivo, si propone di individuare percorsi pedagogici ed educativi che favoriscano, soprattutto nelle nuove generazioni, il processo di crescita nell’identità e promuovano atteggiamenti rispettosi di accoglienza e inclusione:
“La realtà odierna, caratterizzata da fluidità e complessità, solleva questioni radicali sulla struttura relazionale della persona. Individualismo, solitudine e isolamento contrastano con un forte bisogno di incontro e relazioni profonde. Le nuove generazioni sono particolarmente vulnerabili al condizionamento mediatico, che trasmette opinioni ambigue e contraddittorie riguardo all’identità e alla struttura relazionale della persona, nonché al paradigma antropologico fondamentale uomo-donna. Anche i significati della genitorialità rischiano di essere banalizzati, entrando in un vortice di significati contraddittori.
È quindi urgente avviare una riflessione antropologica di fondo per individuare le coordinate fondamentali che sostengono la relazionalità umana nelle sue forme strutturali costitutive e, di conseguenza, nelle sue molteplici altre forme”.
Tale percorso propone di comprendere il fenomeno nelle sue coordinate fondamentali dal punto di vista della ricerca scientifica; conoscere le ideologie dominanti che maggiormente influenzano il pensiero sociale e il concetto di gender, nonché l’auto-progettazione delle nuove generazioni; affrontare la dimensione educativa, dove la relazione è fondamentale, poiché non esiste educazione senza relazione; identificare percorsi educativi efficaci per affrontare le questioni di genere con adolescenti e giovani.
L’analisi del fenomeno da parte di esperti nei campi dell’antropologia, del diritto, della psicologia e della pedagogia fornirà le coordinate concettuali e culturali necessarie per affrontare l’argomento con maggiore competenza. Nei due incontri, interverranno Susy Zanardo (Università Europea di Roma), Sergio Cicatelli (Docente di discipline pedagogiche e giuridiche), Assunta Morresi (Università degli Studi di Perugia), Mariolina Ceriotti Migliarese (medico, neuropsichiatra infantile e psicoterapeuta) e Emanuele Fusi (consulente pedagogico e formatore).
Il tema è approfondito sabato 23 novembre dalle ore 9.00 alle ore 12.30 e sabato 30 novembre 2024 dalle ore 10:15 alle ore 12:30 in presenza presso l’aula magna ‘Giovanni Paolo II’ della stessa facoltà ed in diretta streaming sul canale Youtube. Per coloro che partecipano in presenza e non sono studenti/studentesse iscritti alla Facoltà né Insegnanti di Religione della Diocesi di Porto-Santa Rufina è richiesta l’iscrizione.
Per approfondire questo corso interdisciplinare abbiamo chiesto alla preside della Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione ‘Auxilium’, prof.ssa Piera Silvia Ruffinato, docente di Metodologia pedagogica, abbiamo chiesto di raccontare il motivo, per cui è stato istituito un corso interdisciplinare sull’identità di genere:
“Come Facoltà di Scienze dell’Educazione Pontificia, abbiamo sentito la necessità di affrontare questa complessa tematica che intreccia studi e ricerche con la pratica educativa, ponendo molteplici sfide a chi opera nel campo della formazione. Il contesto odierno, caratterizzato da fluidità e complessità, solleva questioni radicali sulla struttura relazionale della persona. Queste vanno affrontate in un’ottica pedagogica per individuare le coordinate fondamentali che sostengono la relazionalità umana nelle sue forme strutturali costitutive e nelle sue molteplici altre forme, con attenzione e spirito critico”.
A quali sfide sono chiamati gli educatori?
“La prima sfida è legata alla formazione ed all’aggiornamento costante sui temi del genere, cercando di affrancare l’argomento dalle strumentalizzazioni ideologiche per comprendere le esperienze delle persone di diverse identità di genere, combattendo disinformazione e pregiudizi. Gli educatori devono essere preparati ad offrire ascolto e sostegno, ed ad indirizzare le persone verso risorse appropriate quando necessario, coinvolgendo sempre le famiglie nel dialogo sulle questioni di genere. In chiave preventiva, è importante offrire ai preadolescenti ed agli adolescenti un’educazione affettiva e sessuale che li aiuti a comprendere se stessi, attraverso un accompagnamento che offra modelli comportamentali e valori tradotti in percorsi educativi”.
Quali sono gli obiettivi del corso?
“Il Corso Interdisciplinare si propone di offrire ai partecipanti gli strumenti per comprendere il fenomeno del gender nelle sue coordinate fondamentali, riconoscendone le manifestazioni e valutandolo criticamente; analizzare l’impatto della pressione sociale sulla crescita relazionale delle nuove generazioni, identificando come essa alimenti stereotipi e pregiudizi; identificare percorsi educativi efficaci per affrontare le questioni di genere con adolescenti e giovani”.
Quali sono le coordinate per poter affrontare l’identità di genere?
“L’approccio interdisciplinare è il più adatto per esplorare le principali espressioni del concetto di gender. La tematica verrà affrontata dal punto di vista antropologico, del diritto, medico, psico-pedagogico e attraverso la lente della comunicazione digitale. Il confronto costruttivo potrà portare a individuare percorsi educativi che favoriscano il processo di crescita nell’identità di preadolescenti e adolescenti, promuovendo atteggiamenti rispettosi di accoglienza e inclusione”.
Quale formazione può fornire il corso?
“Il corso può aiutare a pervenire a una visione più ampia e scientificamente fondata sul gender, alla base della quale sia posta una antropologica integrata, descritta dal card. Giuseppe Versaldi, prefetto emerito della Congregazione per l’educazione cattolica, come uno studio, cioè, che integrando la propria visione della persona umana in chiave cristiana con i risultati delle scienze naturali ed umane ‘compia un’operazione di vero dialogo ed integrazione con esse…, che sia, cioè, il risultato di un dialogo non ideologico tra tutte le scienze che studiano la sessualità umana’, come ha affermato nell’intervista a Luciano Moia pubblicata in Avvenire lo scorso 21 aprile”.
Papa Francesco invita a ricucire lo strappo delle disuguaglianze di Roma
‘Ricucire lo strappo: oltre le disuguaglianze’: è stato il titolo dell’Assemblea della Diocesi di Roma che si è svolta oggi pomeriggio nella basilica di san Giovanni in Laterano, a due mesi dall’avvio del Giubileo, alla presenza di papa Francesco, richiamando il convegno svoltosi cinquanta anni fa sui ‘mali’ di Roma, in cui la Chiesa si è messa in ascolto della città:
“Si è trattato di un evento che ha segnato il cammino ecclesiale e sociale della Città e, in quell’occasione, la Chiesa di Roma si è messa in ascolto delle tante sofferenze che la segnavano, invitando tutti a riflettere sulle responsabilità dei cristiani di fronte ai mali della Chiesa, ai mali della Città, entrando in dialogo con essa e scuotendo la coscienza civile, politica e cristiana di tanti”.
Il papa ha seguito le tappe, che hanno condotto a questo evento conclusivo, in cui è stata esposta la situazione, in cui si trova la capitale: “Se da una parte tutto questo ci addolora, dall’altra ci fa comprendere quanto sia ancora lunga la strada da percorrere. Sapere che ci sono persone che vivono per strada, giovani che non riescono a trovare un lavoro o una casa, ammalati e anziani che non hanno accesso alle cure, ragazzi che sprofondano nelle dipendenze dalle droghe e in molte altre dipendenze ‘moderne”’ persone segnate da sofferenze mentali che vivono in stato di abbandono o disperazione”.
Tale situazione pone alcune domande fondamentali, su cui riflettere, partendo dalla necessità di portare ai poveri il lieto annuncio: “ I poveri saranno sempre con noi. I poveri sono la carne di Cristo e, come un sacramento, lo rendono visibile ai nostri occhi…
E la buona notizia da annunciare ai poveri è anzitutto dire loro che sono amati dal Signore e che agli occhi di Dio sono preziosi, che la loro dignità, spesso calpestata dal mondo, davanti a Dio è sacra. Ma tante volte, noi cristiani diciamo questo a parole, e poi non facciamo i gesti che lo rendono credibile”.
Per questo il papa ha sottolineato che il povero è ‘è carne della nostra carne’: “La Chiesa è chiamata ad assumere uno stile che mette al centro coloro che sono segnati dalle diverse povertà, i poveri di cibo e di speranza, gli affamati di giustizia, gli assetati del futuro, i bisognosi di legami veri per affrontare la vita. Rendiamoci presenti presso i poveri e diventiamo per loro segno della tenerezza di Dio! Dio è presente con tre atteggiamenti: la vicinanza, la compassione e la tenerezza. E un cristiano che non si fa vicino, che non è compassionevole e che non è tenero non è cristiano. Vicinanza, compassione e tenerezza. Così imitiamo Dio”.
Per questo occorre ricucire lo ‘strappo’ nella città: “Una città che assiste inerme a queste contraddizioni è una città lacerata, così come lo è l’intero nostro pianeta. Ecco che allora è necessario ricucire questo strappo impegnandoci a costruire delle alleanze che mettano al centro la persona umana, la sua dignità. Per fare questo occorre lavorare insieme, armonizzare le differenze, condividere ciascuno il dono e la missione che ha già ricevuto. E questo significa anche crescere nel dialogo: il dialogo con le istituzioni e le associazioni, il dialogo con la scuola e la famiglia, il dialogo tra le generazioni, il dialogo con tutti, anche con chi la pensa diversamente”.
E’ stato un invito ad uscire dall’indifferenza, che porta al disinteresse: “Per ricucire abbiamo bisogno innanzitutto di uscire dall’indifferenza e lasciarci coinvolgere in prima persona! Sarebbe bello se dall’incontro di stasera si uscisse con qualche impegno concreto, verificabile sulla linea di uno sforzo comune mirato ad azioni capaci di aiutarci a superare le disuguaglianze”.
Quindi il papa ha chiesto di non trascurare il pensiero sociale della Chiesa attraverso la formazione delle coscienze: “Ma, intanto, vorrei chiedervi questo: valorizzate di più, nella pastorale ordinaria e nella catechesi, il pensiero sociale della Chiesa. E’ importante infatti, formare le coscienze alla dottrina sociale della Chiesa, perché il Vangelo sia tradotto nelle diverse situazioni di oggi e ci renda testimoni di giustizia, di pace, di fraternità. E tessitori di una nuova rete sociale e solidale nella Città, per ricucire gli strappi che la lacerano”.
Questi due passaggi conduce alla semina della speranza, che non delude mai, ricordando mons. Di Liegro e molte altre persone: “Sorelle, fratelli, la speranza non delude! Non delude mai. Andiamo sulla strada della speranza. In questa Città hanno operato uomini e donne che davanti ai problemi non sono rimasti a guardare e nemmeno si sono limitati a dire o a scrivere tante cose.
Penso specialmente ad alcuni sacerdoti, veri uomini di speranza, come don Luigi Di Liegro; penso anche a tanti laici che si sono messi all’opera rispondendo al bisogno di gettare un seme di bene, di attivare processi nella speranza che qualcun altro si sarebbe preso cura di quel piccolo seme fino a farlo diventare un albero grande. Se oggi, ad esempio, è molto forte la spinta al volontariato è perché qualcuno ci ha creduto e ha iniziato con piccoli passi”.
Quindi il bene va contagiato: “Quel bene ha contagiato tanti altri fino a diventare stile condiviso. Oggi dobbiamo avviare nuovi processi, nuovi processi di speranza: sognare la speranza e costruire la speranza attraverso il nostro impegno, che è un impegno responsabile e solidale! Osate!
Tutti voi osate nella carità, non abbiate paura di sognare imprese grandi anche se queste iniziano con impegni piccoli. Il poeta Charles Peguy afferma così, e, a questo proposito, concludo con quanto diceva sulla speranza: ‘La Fede è una Sposa fedele. La Carità è una Madre. La Speranza è una bambina da nulla. Eppure è questa bambina che attraverserà i mondi’. Andiamo avanti con la speranza”.
(Foto: Santa Sede)
Il Metodo Rondine: la sperimentazione arriva anche nelle scuole secondarie di primo grado
Oltre 500 persone a Rondine da tutta Italia e del mondo per l’Inaugurazione dei Percorsi Formativi a Rondine quest’anno per la prima volta nell’ambito della Giornata della Virtù Civile in Toscana promossa dall’Associazione Civile Giorgio Ambrosoli. Il Benvenuto delle community ai nuovi 15 studenti della World House, alla classe del Quarto Anno Rondine e alle 32 Sezioni Rondine attivate in tutta Italia.
A Rondine torna a suonare la campanella del primo giorno scuola in una giornata che ha dato avvio ad un nuovo anno di formazione. Tre i principali percorsi formativi in partenza, tutti uniti dal Metodo Rondine. Dal benvenuto alla nuova generazione degli studenti della World House provenienti da luoghi di guerra, all’avvio del nuovo anno scolastico nella Cittadella della Pace di Arezzo per i 31 studenti del Quarto Anno Rondine fino alla partenza delle nuove Sezioni Rondine nelle scuole di tutta Italia, che quest’anno per la prima volta è stata attivata anche nelle scuole medie o meglio secondarie di primo grado.
Una giornata che ha visto il borgo di Rondine animato dalla presenza di oltre 500 persone provenienti da tutta Italia tra studenti, docenti e dirigenti scolastici ma che ha visto anche la forte partecipazione di tanti partner e autorità che hanno permesso la crescita delle opportunità formative di Rondine rivolte alla trasformazione creativa del conflitto:
“E’ un grande piacere essere qui insieme oggi. Come sapete, questo appuntamento di fine settembre è un momento di festa. Rondine ha la forza di fare festa nonostante quello che succede, non perché dimentica, ma perché ha speranza. Grazie a voi, venendo a Rondine regalate un pezzettino di fiducia: la Cittadella prende questo patrimonio e cerca di riprodurlo”, ha affermato il presidente di Rondine, Franco Vaccari, che continua: “Stamani, forse qualcuno l’ha potuto leggere nell’editoriale di Avvenire. Ho voluto ribadire che sì, la tregua è importante, ma senza il riconoscimento non può esserci tregua. Come nelle nostre relazioni personali: se non c’è riconoscimento, se sento che l’altro vuole solo la mia eliminazione, come posso arrivare a una tregua? Il riconoscimento, come in tutte le nazioni, ha bisogno di un investimento di fiducia. Se Rondine ha una sua forza, è perché tutti noi stiamo mettendo in questo francobollo di terra e nella sua esperienza la fiducia”.
Quest’anno inoltre, per la prima volta l’inaugurazione dei Percorsi formativi di Rondine, si è svolta nell’ambito della prima Giornata della Virtù Civile in Toscana promossa dall’Associazione Civile Giorgio Ambrosoli con Rondine nel comune impegno per il dialogo, la convivenza pacifica e la cittadinanza attiva: ““Per me, questo è come un gemellaggio di due sogni che condividono idee e valori, valori straordinariamente incarnati dall’avvocato Giorgio Ambrosoli”, ha affermato in apertura il Presidente dell’Associazione Civile Giorgio Ambrosoli, Roberto Notarbartolo di Villarosa consegnando l’attestato della borsa di studio alla studentessa della World House Elina, proveniente dall’Armenia: “So che tornerete ai vostri paesi con carichi importanti e grandissime responsabilità, soprattutto quella di essere voi stessi semi di pace. Questo, come è stato raccontato questa mattina. Grazie soprattutto al vostro coraggio e alla vostra determinazione, insieme all’appoggio delle vostre famiglie. A voi giovani, a voi ragazzi così preparati, è possibile affidare la parte migliore del futuro del mondo. Questo è il nostro sogno”.
A seguire il benvenuto di uno studente senior alla nuova generazione della World House di Rondine, composta dai 15 giovani kosovari, bosniaci, serbi, armeni, azeri, osseti, maliani, colombiani, che hanno accettato la sfida di incontrare il nemico e formarsi come leader di pace: “Qui, cammineremo insieme sul sentiero della pace, passando davanti alle nostre bandiere che non solo rappresentano i nostri paesi, ma anche noi stessi, con tutte le qualità che possediamo come esseri umani.
Impareremo ad accettare le differenze, abbracciare coloro che sono diversi, celebrare i compleanni degli altri come se fossero nostri e rallegrarci dei successi condivisi. Impareremo come creare la pace, e poi la riporteremo nei nostri paesi e, alla fine, nel mondo intero”, ha affermato Hamza, studente bosniaco dando il benvenuto ai nuovi compagni.
Grande novità di quest’anno l’attivazione della sperimentazione anche nelle scuole medie grazie all’adesione dell’Istituto Comprensivo Giovanni XXIII di Terranuova Bracciolini e dell’Istituto Comprensivo di Marciano e Lucignano: “Il metodo Rondine, come abbiamo capito questa mattina, offre ai nostri studenti e studentesse le competenze necessarie per affrontare le sfide del futuro e per imparare a stare al mondo. Per noi è veramente una grande opportunità poter iniziare con i ragazzini piccoli e dare loro la possibilità di imparare già da piccoli ad affrontare i conflitti e a sviluppare le competenze di educazione civica fondamentali. Grazie, grazie di cuore”, ha affermato Luisella Orsini dell’IC Giovanni XXIII.
Sezione Rondine avviata nel 2021 grazie alla collaborazione dell’Ufficio Scolastico Provinciale e Regionale e alle scuole della provincia di Arezzo che sono state pioniere della sperimentazione, da quest’anno vede 12 nuovi Istituti aderenti che hanno accolto l’opportunità di offrire ai propri studenti un percorso che mira a trasformare i conflitti in opportunità di crescita e apprendimento, a rafforzare le competenze relazionali e stimolare la cittadinanza attiva. Tutto questo grazie agli oltre 600 docenti certificati con il Metodo Rondine dai percorsi formativi di Rondine Academy.
Tra i pilastri dell’offerta formativa la nuova figura professionale del tutor di classe, che ha un ruolo fondamentale e innovativo per promuovere la coesione degli studenti e del gruppo classe. La formazione dei tutor è garantita dal Corso di Alta Formazione promosso da Rondine in collaborazione con il Centro di Ateneo Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. La quarta edizione del corso sarà a gennaio e a breve saranno aperte le iscrizioni.
A Rondine, in presenza, anche molti dirigenti scolastici e docenti delle scuole aderenti. Il primo passo fondamentale per l’avvio della sperimentazione infatti è stata proprio la formazione dei docenti al Metodo Rondine da parte di Rondine Academy, che ad oggi vede già 600 docenti certificati con il Metodo Rondine che oggi trasferiscono la metodologia per la trasformazione creativa dei conflitti nelle scuole. Non solo corso, ad ottobre il Corso al Metodo Rondine per la prima volta sarà disponibile non solo ai docenti ma per chiunque voglia cambiare il proprio approccio nelle relazioni e imparare a disinnescare i piccoli-grandi conflitti quotidiani. Per informazioni https://rondine.org/formazione-metodo-rondine/
Sezione Rondine è realizzato nell’ambito del protocollo d’Intesa sottoscritto con il Ministero dell’Istruzione e del Merito ‘Accordo di collaborazione per la diffusione della sperimentazione ‘Sezione Rondine’ (Atti del Ministro R.0000021 27-09-2023). In collaborazione con Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca direzione Regionale Toscana Ufficio Scolastico Provinciale di Arezzo. Il progetto è finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo AID 012618/04/0 – Sezione Rondine. Con il sostegno di Enel Cuore Onlus. Con il contributo di Fondazione KPMG; Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro; Federcasse BCC–Credito Cooperativo.
Infine sul palco anche i 31 studenti provenienti da tutta Italia del Quarto Anno Rondine che hanno scelto di frequentare un anno di scuola internazionale nella Cittadella della Pace per crescere nella relazione, imparare a trasformare i conflitti e progettare il proprio futuro a servizio del bene comune con il Metodo Rondine.
Il Ministero dell’Istruzione riconosce il progetto come percorso di sperimentazione per l’innovazione didattica. Il progetto è stato realizzato con il contributo di: Fondazione di Sardegna; Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo; Fondazione Cariplo; Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia; Fondazione Andrea Biondo Istituto di Cultura; Fondazione Cassa di Risparmio di Prato; Gecofin; Fondazione Cassa di Risparmio di Piacenza e Vigevano; Fondazione ONLUS Niccolò Galli; Banca del Valdarno Credito Cooperativo – ‘borsa di studio in memoria di Bani Giovanni’; Fondazione Compagnia di San Paolo; Fondazione Finanza Etica; Fondazione Friuli; Fondazione Vincenzo Casillo; Fondazione il Cuore si Scioglie; Fondo di solidarietà Quarto Anno, amici e sostenitori.
Tra le istituzioni, presenti all’evento mons. Andrea Migliavacca, vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro che ha voluto augurare un buon cammino di pace a tutti i giovani e agli intervenuti; l’assessore Simone Chierici, in rappresentanza del Comune di Arezzo; infine Lorenzo Pierazzi, Dirigente dell’Ufficio Scolastico Provinciale di Arezzo, e il precedente Provveditore Roberto Curtolo.
Infine non poteva mancare un saluto dei sostenitori della Cittadella della Pace intervenuti tra cui Marina Perotti e Carla Revello, Consigliere Generali della Cassa di Risparmio di Cuneo; Stefano Betti, Rappresentante della Fondazione Cassa Risparmio di Prato; Giuseppe Morandini, Presidente della Fondazione Friuli, Giovanni Galli, Consigliere della Fondazione Niccolò Galli, e Federica Ferrarese della Banca del Credito Cooperativo del Valdarno. Sarà presente anche Emiliano Maratea, Responsabile Affari Istituzionali Appenninica presso ENEL; Matteo Antonelli, Area Manager Retail Toscana Sud e Guido Guidarini del team Sviluppo territoriale Centro Nord di UniCredit.
Al Sinodo la cura delle relazioni
Oggi pomeriggio il relatore generale del Sinodo, card. Jean-Claude Hollerich, ha presentato il ‘Modulo 3’ dell’Instrumentum laboris dedicato alla ‘prospettiva dei Percorsi che sorreggono e alimentano nella concretezza il dinamismo delle relazioni’, sostenute dalla cura:
“La ricchezza della trama di relazioni che costituiscono la Chiesa, che abbiamo contemplato nei giorni scorsi, è al tempo stesso potente e fragile, è un grande dono che riceviamo, ma che ha bisogno di cura. Senza cura, le relazioni rapidamente avvizziscono e soprattutto diventano tossiche per le persone coinvolte, come ci mostrano i tanti casi di fallimenti relazionali nelle nostre società e anche nelle nostre comunità”.
Riflettendo sul valore del tessuto delle relazioni il card. Hollerich ha sostenuto che esse sono una ricchezza: “Le relazioni sono giustamente oggetto della nostra contemplazione e della nostra preghiera, così come dalla nostra riflessione ed elaborazione teologica e anche canonica. La dottrina della Chiesa ci offre a questo riguardo un tesoro inesauribile, per cui siamo grati. Questa ricchezza illumina la nostra mente e riscalda il nostro cuore: sappiamo bene come sono fatte le relazioni che ci fanno crescere!”
Esse predispongono alla concretezza: “Al tempo stesso, le relazioni sono qualcosa che si sperimenta in pratiche concrete, giorno dopo giorno. Queste pratiche hanno bisogno di essere coerenti con le nostre affermazioni, altrimenti le persone ascolteranno le nostre parole, ma crederanno alle nostre pratiche e questo renderà insignificante il nostro patrimonio e pian piano lo eroderà. I fatti sono più forti delle parole”.
Il relatore generale ha anche ricordato i quattro paragrafi della sezione ‘Percorsi’, che riflettono sulle relazioni: “Il paragrafo ‘Una formazione integrale e condivisa’ risponde a una delle esigenze emerse con più forza durante il processo, quella della formazione, allo scopo che ‘ci siano testimoni, uomini e donne capaci di assumere la missione della Chiesa in corresponsabilità e in cooperazione con la potenza dello Spirito’ (IL2, n. 55). In una Chiesa sinodale, la prima formazione deve essere quella all’ascolto (della Parola di Dio, dei fratelli e delle sorelle, del contesto in cui si svolge la missione e della voce dello Spirito Santo);
il paragrafo ‘Il discernimento ecclesiale per la missione’ aiuta a mettere a fuoco la profondità spirituale, teologica e pastorale di un autentico processo di discernimento, che lo rende diverso da qualsiasi tecnica o metodologia organizzativa o manageriale; sottolinea inoltre la pluralità di approcci e invita ad un fecondo dialogo tra di essi;
Il paragrafo ‘L’articolazione dei processi decisionali’ riflette sulla necessità che nella Chiesa sviluppiamo modalità partecipate di decisione, nella circolarità del dialogo tra tutti i membri del Popolo di Dio e nel rispetto dei diversi ruoli, in particolare quello peculiare di chi esercita un’autorità nel nome del Signore che è inalienabile, ma non incondizionata. Approfondisce inoltre il valore della consultazione, che non può essere svuotata a puro formalismo, né contrapposta alla deliberazione o trasformata in rivendicazione;
Il paragrafo ‘Trasparenza, rendiconto, valutazione’ ci invita a promuovere un cambiamento culturale e una conversione di atteggiamento, che in realtà sono profondamente radicati nelle prassi della Chiesa delle origini. Di particolare importanza è prendere consapevolezza che la valutazione regolare dell’operato di chi ricopre un ruolo di responsabilità è uno strumento per svolgerlo meglio, imparando dall’esperienza”.
Ed ha concluso l’intervento ribadendo la necessità di prendersi cura delle relazioni: “Stiamo crescendo in una relazione di amicizia nel Signore, stiamo imparando a essere Chiesa sinodale, siamo impegnati in un processo di discernimento e siamo un organo consultivo a servizio del Santo Padre e del suo ministero: questa sezione dell’Instrumentum laboris parla di noi, hic et nunc! Così preparare gli interventi in gruppo e in plenaria, rispettando i tempi e i temi, esprimerci con franchezza (la parresia a cui spesso ci richiama il Santo Padre), essere disponibili a nominare ed affrontare eventuali blocchi o paure e coltivare un atteggiamento di fiducia reciproca sono altrettanti modi per prenderci cura della relazione tra di noi, per il bene di tutta la Chiesa”.
Ai lavori del Sinodo di oggi hanno preso parte 342 membri: i Circoli, ha dichiarato Paolo Ruffini, hanno consegnato le relazioni conclusive sul secondo modulo: in apertura sono state fornite ‘alcune indicazioni metodologiche’, con un ‘incoraggiamento alla creatività e al traboccamento.’: l’augurio è stato che possa esserci un sempre maggiore ‘desborde’, un traboccamento ‘radicato in una profonda inquietudine, in un vivace desiderio’.
A Torino grande festa per il ventennale della Piazza dei Mestieri
La Piazza dei Mestieri ha festeggiato dal 23 al 27 settembre i suoi vent’anni con 5 giornate di dialogo in cui ci si è confrontati per approfondire le sfide legate alle grandi transizioni in atto.
Sono state oltre 2.500 le presenze al dialogo che si è dipanato attraverso 12 incontri dove sono intervenuti, tra gli altri, il Sindaco di Torino Stefano Lo Russo, il Presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio, l’Arcivescovo di Torino Monsignor Roberto Repole, il Cardinale Matteo Zuppi, il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, la Parlamentare europea Letizia Moratti, il CEO di Talent Garden Davide Dattoli, il Consigliere Delegato di Enel Cuore Onlus Filippo Nicolò Rodriguez, il Presidente di IREN Luca Dal Fabbro, il Presidente del CDA di Intesa Sanpaolo Gian Maria Gros Pietro, il Presidente della Fondazione CRT Anna Maria Poggi, il Presidente della Compagnia di San Paolo Marco Gilli, il Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà Giorgio Vittadini.
Un dialogo in cui i giovani sono stati protagonisti interloquendo con le loro domande con gli autorevoli ospiti della settimana. Non sono mancati poi momenti di festa con serate dedicate alla musica (Jazz e Cabaret) e con eventi dedicati agli ex allievi per i quali in questi giorni è stata fondata un’associazione.
Al centro del dibattito i giovani e il modello della Piazza dei Mestieri. Tra i temi sono emersi quelli della necessità di una più stretta ed efficace collaborazione tra pubblico e privato negli investimenti strategici e nelle politiche per la formazione dei giovani e degli adulti.
Un punto del modello Piazza dei Mestieri che tutti hanno sottolineato è la sua capacità di essere stato capace di far emergere i talenti dei giovani accompagnandoli nel loro percorso educativo e di inserimento lavorativo, ma anche offrendo proposte per il loro tempo libero come, ad esempio, quelle del ricco cartellone di eventi culturali. Non basta vietare l’eccesso di uso del cellulare, ci vuole qualcosa cha attrae di più, servono luoghi che rispondano al desiderio di felicità dei giovani partendo da un abbraccio capace di accoglierli e di fargli sentire il loro valore.
Molti degli intervenuti hanno sottolineato che l’Italia non ha solo punti di debolezza; infatti, la sua struttura imprenditoriale agile e ricca di know-how diffuso ci ha permesso di reagire meglio alle crisi recenti, a partire da quella del covid. Inoltre, anche sull’evoluzione delle tecnologie dell’informazione e di quelle alla base della transizione ambientale abbiamo molte carte da giocare. Servono scelte coraggiose e capaci di guardare ai tempi lunghi, ma la partita è aperta. In sintesi, una settimana che anziché accodarsi allo sconforto generalizzato, ha sottolineato le grandi opportunità che abbiamo davanti, soprattutto i giovani, pur nella coscienza dei rischi esistenti.
La settimana si è conclusa con la graditissima sorpresa di una lettera del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha voluto raggiungere la Piazza dei Mestieri e tutti i partecipanti, esprimendo il suo apprezzamento per ‘una intuizione cha ha saputo stabilire nel tempo una solida ed efficace rete di solidarietà e di inclusione attraverso un’alleanza tra formazione e mondo del lavoro’. Comunque la Piazza dei Mestieri non si è fermata nemmeno nella grande festa finale del week end con il BierFest Platz 2024: protagoniste le birre della Piazza e quelle di alcuni dei birrifici più amati del panorama brassicolo italiano.
Papa Francesco chiede una Chiesa in ‘movimento’
“In questo crocevia che è il Belgio, voi siete una Chiesa ‘in movimento’. Infatti, da tempo state cercando di trasformare la presenza delle parrocchie sul territorio, di dare un forte impulso alla formazione dei laici; soprattutto vi adoperate per essere Comunità vicina alla gente, che accompagna le persone e testimonia con gesti di misericordia”: così papa Francesco ha iniziato l’incontro con religiosi, religiose, sacerdoti, vescovi e seminaristi nel santuario di Koekelberg, che è il quinto santuario più grande del mondo, Koekelberg, cuore pulsante della devozione popolare belga, dopo aver incontrato nella parrocchia di St. Giles, che produce anche una birra, dieci rifugiati e senza tetto che sono aiutati dalla parrocchia.
Al termine delle domande dei religiosi e religiose il papa si è soffermato su tre parole (evangelizzazione, gioia, misericordia), di cui l’evangelizzazione è l’asse portante: “La prima strada da percorrere è l’evangelizzazione. I cambiamenti della nostra epoca e la crisi della fede che sperimentiamo in Occidente ci hanno spinto a ritornare all’essenziale, cioè al Vangelo, perché a tutti venga nuovamente annunciata la buona notizia che Gesù ha portato nel mondo, facendone risplendere tutta la bellezza”.
Però la crisi è necessaria: “La crisi (ogni crisi) è un tempo che ci è offerto per scuoterci, per interrogarci e per cambiare. E’ un’occasione preziosa (nel linguaggio biblico si dice kairòs, occasione speciale) come è successo ad Abramo, a Mosè e ai profeti. Quando sperimentiamo la desolazione, infatti, sempre dobbiamo chiederci quale messaggio il Signore ci vuole comunicare. E cosa ci fa vedere la crisi? Siamo passati da un cristianesimo sistemato in una cornice sociale ospitale a un cristianesimo ‘di minoranza’, o meglio, di testimonianza”.
E l’evangelizzazione conduce alla gioia: “Non parliamo qui delle gioie legate a qualcosa di momentaneo, né possiamo assecondare i modelli dell’evasione e del divertimento consumistico. Si tratta di una gioia più grande, che accompagna e sostiene la vita anche nei momenti oscuri o dolorosi, e questo è un dono che viene dall’alto, da Dio”.
La gioia, di cui ha parlato il papa, è quella del Vangelo, citando il card. Ratzinger: “E’ la gioia del cuore suscitata dal Vangelo: è sapere che lungo il cammino non siamo soli e che anche nelle situazioni di povertà, di peccato, di afflizione, Dio è vicino, si prende cura di noi e non permetterà alla morte di avere l’ultima parola. Dio è vicino, vicinanza… Ed allora vorrei dirvi: che il vostro predicare, il vostro celebrare, il vostro servire e fare apostolato lasci trasparire la gioia del cuore, perché questo suscita domande e attira anche coloro che sono lontani. La gioia del cuore: non quel sorriso finto, del momento, la gioia del cuore”.
Infine la misericordia: “Il Vangelo, accolto e condiviso, ricevuto e donato, ci conduce alla gioia perché ci fa scoprire che Dio è il Padre della misericordia, che si commuove per noi, che ci rialza dalle nostre cadute, che non ritira mai il suo amore per noi. Fissiamo questo nel cuore: mai Dio ritira il suo amore per noi”.
Però la misericordia non cancella la giustizia: “Tuttavia la giustizia di Dio è superiore: chi ha sbagliato è chiamato a riparare i suoi errori, ma per guarire nel cuore ha bisogno dell’amore misericordioso di Dio. Non dimenticatevi: Dio perdona tutto, Dio perdona sempre; è con la sua misericordia che Dio ci giustifica, cioè ci rende giusti, perché ci dona un cuore nuovo, una vita nuova”.
Per questo occorre la guarigione del cuore: “Gesù ci mostra che Dio non si tiene a distanza dalle nostre ferite e impurità. Egli sa che tutti possiamo sbagliare, ma nessuno è sbagliato. Nessuno è perduto per sempre. È giusto, allora, seguire tutti i percorsi della giustizia terrena e i percorsi umani, psicologici e penali; ma la pena deve essere una medicina, deve portare alla guarigione. Bisogna aiutare le persone a rialzarsi, a ritrovare la loro strada nella vita e nella società. Soltanto una volta nella vita di tutti ci è permesso guardare una persona dall’alto in basso: per aiutarla a rialzarsi. Solo così. Ricordiamoci: tutti possiamo sbagliare, ma nessuno è sbagliato, nessuno è perduto per sempre. Misericordia, sempre, sempre misericordia”.
Infine ha salutato i presenti raccontando un quadro di Magritte, ‘Atto di fede’: “E’ uno squarcio, che ci invita ad andare oltre, a volgere lo sguardo in avanti e in alto, a non chiuderci mai in noi stessi, mai in noi stessi. Questa è un’immagine che vi lascio, come simbolo di una Chiesa che non chiude mai le porte – per favore, non chiude mai le porte! –, che a tutti offre un’apertura sull’infinito, che sa guardare oltre. Questa è la Chiesa che evangelizza, vive la gioia del Vangelo, pratica la misericordia”.
(Foto: Santa Sede)
Il Principe Alberto II di Monaco in visita al Santuario de La Verna e a Rondine Cittadella della Pace a settembre
S.A.S. il Principe Alberto II di Monaco visiterà la Cittadella della Pace di Rondine e il Santuario de La Verna in occasione del suo prossimo viaggio in Italia. 14 e 15 settembre le date della visita privata che avrà inizio nei luoghi amati dalla madre la Principessa Grace a Chiusi della Verna, dove le cronache annoverano la permanenza di tre giorni della Principessa nel 1968 insieme alla figlia Caroline, allora undicenne, al termine del campeggio estivo nel Casentino.
Nell’incontro di sabato 14 settembre con la comunità francescana, alla vigilia della festa delle Stimmate di san Francesco che chiuderanno l’anno centenario, Sua Altezza Serenissima lancerà un messaggio tra l’altro sul tema dell’ambiente, per il quale da sempre ha manifestato grande sensibilità e impegno.
Domenica 15 settembre giungerà poi a Rondine per l’incontro con i giovani della World House, promotori della campagna Leaders for Peace, che ha visto il Principato di Monaco tra i sostenitori. La firma è stata apposta un anno fa nella sede del Ministero degli Affari esteri e Cooperazione internazionale del Principato alla presenza della ministra degli Esteri Isabelle Berro-Amadeï, come recentemente ricordato, in occasione dell’anniversario della reggenza del Principe Alberto II, da Anne Eastwood, Ambasciatrice di Monaco a Roma, che accompagnerà il Sovrano in visita assieme al Console Onorario del Principato di Monaco a Firenze, Alessandro Antonio Giusti.
Con la sottoscrizione della campagna Leaders for Peace, lanciata alle Nazioni Unite di New York nel 2018, anche il Principato si è impegnato nel sostegno alla formazione di nuovi leader globali in grado di intervenire nei principali contesti di guerra del mondo, per promuovere lo sviluppo di relazioni sociali e politiche pacificate.
Un aspetto da sempre fortemente attenzionato dalle istituzioni monegasche, anche tramite la Coopération monégasque au développement, e che ha portato al riconoscimento del valore del Metodo Rondine per la trasformazione creativa dei conflitti in particolare nei sistemi d’istruzione nazionali e laddove il conflitto costituisce un ostacolo allo sviluppo umano integrale e ai diritti umani universali.
Attenzione che oggi si rinnova con la visita del Principe Alberto, che affronterà il tema della costruzione della pace insieme ai giovani che arrivano a Rondine da tutto il mondo per formarsi come leader di pace e impegnarsi su scala globale nella riduzione dei conflitti armati e nella promozione della pace.
(Foto: Michael Alesi/Palais princier)
Per una visione antropocentrica dell’Intelligenza Artificiale
Risulta essere sempre più impattante l’Intelligenza Artificiale sulla quotidianità di ciascuno; che lo faccia in maniera diretta o trasversalmente, sta cambiando inevitabilmente il mondo e le relazioni rispetto a come lo abbiamo conosciuto fino ad ora. Ciò accade soprattutto a seguito dello sviluppo dell’Intelligenza Artificiale Generativa, con la capacità, oltre che di auto-apprendere, di produrre contenuti complessi che imitano sempre più la creatività umana.
Trova sempre maggiore applicazione, in diversi ambiti, la così detta GenAI, ad esempio in ambito clinico per una maggiore accuratezza delle diagnosi, in campo farmacologico per rendere più tempestiva la progettazione e lo sviluppo di nuove terapie, per aumentare l’accuratezza dei sistemi di identificazione facciale, contrastare le frodi e tanto altro.
A fronte di questo incremento e sviluppo positivo dell’Intelligenza Artificiale, sono cospicui gli investimenti delle grandi imprese, che vi vedono giustamente una fonte di affari. Basti pensare che per gli investimenti globali sull’Intelligenza Artificiale, il Fondo Monetario Internazionale prevede una costante e significativa progressione: circa 300 miliardi di dollari per il 2024, fino a 1847 miliardi di dollari per il 2030, mentre il McKinsey Global Institute stima addirittura che il potenziale economico dell’Intelligenza Artificiale potrebbe raggiungere cifre fino a 4,4 trilioni di dollari ogni anno.
E’ chiaro, pertanto, che questo modo di procedere nella “privatizzazione” in poche mani di tali mezzi, tenderà a concentrare il potere dell’Intelligenza Artificiale sempre più nelle mani dei grandi investitori, correndo il rischio che, questi ultimi, indirizzino e sviluppino la tecnologia con il solo fine di massimizzare i profitti, magari a discapito del bene comune e, soprattutto, di uno sviluppo etico.
Più volte Papa Francesco ci ha messo in guardia da questo rischio. Oltre all’intervento tenuto in Puglia il 14 giugno 2024 al G7, il Santo Padre, lo scorso 22 giugno, nel discorso ai partecipanti al Convegno Internazionale promosso dalla Fondazione Centesimus Annus Pro Pontefice sui temi dell’Intelligenza Artificiale, parlando di ‘pericolo di un rafforzamento del paradigma tecnocratico’ aveva lanciato una provocazione affermando: ‘siamo sicuri di voler continuare a chiamare intelligenza ciò che intelligenza non è?’.
Questo paradigma tecnocratico a discapito di una visione antropocentrica, si è riscontrato proprio in questi giorni, in alcune indiscrezioni dell’agenzia Reuters riguardanti la nota azienda OpenAI, la quale, forte degli investimenti finanziari che sta accumulando, intenderebbe raggiungere un nuovo obiettivo: con il progetto ‘Strawberry’, appartenente alla galassia della GenAI, avrebbe l’ardire di migliorare significativamente le capacità di ragionamento dell’Intelligenza Artificiale, eseguendo induzioni e deduzioni pari, se non superiori a quelli dell’essere umano.
Uno sviluppo dell’Intelligenza Artificiale che non sia nutrita di valori e non sia governata dalla persona umana, può portare al rischio che si ponga l’attenzione ad uno sviluppo tecnologico finalizzato solo alla massimizzazione del profitto a scapito del bene comune. Con una visione ristretta e settoriale dell’innovazione, nella quale viene meno il rapporto con l’etica, si giunge inevitabilmente ad assumere una visione miope e frazionata, che non porta beneficio globale ma individuale.
Probabilmente a tal proposito, qualche interrogativo riguardo cosa sia prioritario, se il beneficio individuale o quello globale, era già sorto anche a Jane Leike, ricercatore di alto livello e uomo chiave dell’azienda OpenIA, il quale venerdì 17 maggio 2024 si era dimesso sostenendo che, nello sviluppo di ChatGPT, ‘la sicurezza è stata messa in secondo piano rispetto alla creazione di prodotti sempre più scintillanti da vendere’.
In questo variegato mondo dell’Intelligenza Artificiale, c’è anche chi investe nelle competenze umanistiche come punto di partenza fondamentale per comprendere e guidare la GenAI nei processi aziendali. E’ il caso della ‘Generative AI Tamers – Domatori di Intelligenza Artificiale Generativa’: un corso di Alta Formazione realizzato da Umana, Agenzia per il lavoro, aperto ai laureati in discipline umanistiche, la quale ha avuto l’idea di formare dei veri e propri ‘domatori’ dell’Intelligenza Artificiale e il successivo inserimento nel mondo lavorativo.
Non mancano quindi le buone prassi per incentivare non solo il concetto di algoretica, ma anche la saggia intuizione di formare gli sviluppatori e gli utilizzatori dell’Intelligenza Artificiale, così che si possa avere una tecnologia fruibile dall’umanità e a favore del bene comune. Potrebbe essere auspicabile un’analoga formazione nelle Facoltà di teologia, a vantaggio dei futuri preti e dei laici che dovranno gestire una nuova e mai del tutto prevedibile situazione.
Papa Francesco: discernimento e formazione basi per la vita spirituale
“Quattro Capitoli! Quattro Capitoli insieme… si vede che il Prefetto sa risparmiare il tempo – eh? – e li mette insieme. Questa è l’epoca dei Capitoli”: con questa battuta scherzosa questa mattina papa Francesco ha ricevuto in udienza Papa Francesco ha ricevuto questa mattina in udienza i partecipanti ai capitoli generali di quattro congregazioni, le suore Domenicane Missionarie di San Sisto, le suore della Società del Sacro Cuore di Gesù, le suore della Presentazione di Maria Santissima al Tempio ed i padri Vocazionisti.
Per il papa l’occasione di un capitolo è molto importante, perché offre occasione di approfondire il carisma di ogni congregazione: “Con il Capitolo, sempre avete la grazia e anche la responsabilità di vivere un momento fondamentale non solo per la vita dei vostri istituti, ma per tutta la Chiesa: un momento in cui mettervi in ascolto dello Spirito Santo, per continuare a far fiorire, oggi, le ispirazioni carismatiche donate un giorno alle vostre Fondatrici e Fondatori. Fermiamoci allora un momento a riflettere insieme su tre dimensioni esistenziali ed apostoliche comuni alle vostre diverse realtà, tre aspetti: il discernimento, la formazione e la carità”.
E dei tre aspetti elencati il papa sottolinea l’importanza del discernimento: “Esso è ‘materia propria’ del carisma dei Padri Vocazionisti; è per tutti, ma è materia propria loro, ma ovviamente riguarda in senso più ampio ogni congregazione religiosa e ogni persona. Discernere è parte della vita, sia nei momenti solenni delle grandi scelte che in quelli feriali delle piccole decisioni quotidiane. E’ legato al nostro essere liberi e dunque esprime e porta a compimento, giorno per giorno, la comune vocazione umana e la particolare e unica identità di ciascuno di noi”.
Inoltre ha evidenziato che fare discernimento non è facile: “Certo è un lavoro faticoso, di ascolto del Signore, e di sé stessi e degli altri; è un momento faticoso anche di preghiera, di meditazione, di attesa paziente, e poi di coraggio e di sacrificio, per rendere concreto e operativo ciò che Dio, pur senza mai imporci (mai ci impone la sua volontà, Lui non si impone) la sua volontà, suggerisce al nostro cuore. Pensa, rifletti, sentiamo le emozioni che toccano il cuore”.
Però il discernimento è importante per prendere una decisione ed ha bisogno di chi ‘aiuta’: “Ed il nostro mondo ha tanto bisogno di riscoprire il gusto e la bellezza di decidere, specialmente per quanto riguarda le scelte definitive, che determinano una svolta decisiva nella vita, come quella vocazionale. Ha bisogno, perciò, di padri e di madri che aiutino, specialmente i giovani, a comprendere che essere liberi non è rimanere eternamente davanti ad un bivio, facendo piccole ‘scappatine’ a destra e a sinistra, senza mai imboccare veramente una strada. Essere liberi significa scommettere (scommettere!) su un cammino, con intelligenza e prudenza, certo, ma anche con audacia e spirito di rinuncia, per crescere e progredire nella dinamica del dono, ed essere felici, amando secondo il progetto di Dio”.
Il secondo punto importante riguarda la formazione, che deve essere sostenuta dalla preghiera: “Prima di tutto perché la vita religiosa, in sé, è un percorso di crescita nella santità che abbraccia tutta l’esistenza, e in cui il Signore costantemente plasma il cuore di coloro che ha scelto. Ed a questo proposito raccomando a tutte e a tutti voi l’assiduità nella preghiera, ma quella preghiera che è un rapporto con il Signore, personale, che ascolta, che attende; la preghiera sia comunitaria e anche personale, e anche la vita sacramentale, ed anche l’adorazione: oggi abbiamo perso il senso dell’adorazione, dobbiamo riprenderlo. Adorare… Ed anche la cura di tutti quei momenti che rendono vivo e quotidiano il rapporto di una consacrata e di un consacrato con Cristo”.
Solo chi si ‘forma’ continuamente può essere formatore: “Solo chi si riconosce umilmente e costantemente ‘in formazione’, infatti, può sperare di essere un buon ‘formatore’ o ‘formatrice’ per gli altri, e l’educazione, a qualsiasi livello, è sempre prima di tutto condivisione di percorsi e comunicazione di esperienze, in quella ricerca gioiosa della verità, ‘che rende inquieto il cuore di ogni uomo fin quando non incontra, non abita e non condivide con tutti la Luce di Dio’…
Dobbiamo essere in pace, ma inquieti. Anche in questo senso la vostra missione è, oggi, decisamente profetica, in un contesto sociale e culturale caratterizzato dalla circolazione vorticosa e continua di informazioni, ma di contro drammaticamente povero di relazioni umane. Urgono ai nostri tempi educatori che sappiano con amore farsi compagni e compagne di cammino per le persone loro affidate”.
Ed infine la carità, ricordando che le congregazioni ricevute oggi sono state fondate per sostenere i giovani e le famiglie povere: “Allo stesso modo, anche a voi farà bene, specialmente in questi giorni di discernimento comunitario, tenere costantemente davanti agli occhi il volto dei poveri e vigilare perché, sotto il loro sguardo, nelle vostre assemblee, sia sempre vivo e pulsante lo slancio di gratuità e di amore disinteressato, grazie al quale è cominciata la vostra presenza nella Chiesa.
Gesù ci parla nei fratelli e nelle sorelle più bisognosi, e in ogni dono fatto a loro c’è un riflesso dell’amore di Dio… Qui sta la luce per il nostro cammino e anche qui c’è l’antidoto efficace per vincere, in noi e attorno a noi, la cultura dello scarto: per favore, non scartare la gente, non selezionare la gente con criteri mondani: quanto sono importanti, quanti soldi hanno”.
Inoltre, sempre in mattinata, papa Francesco ha ricevuto il nuovo Rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, la prof.ssa Elena Beccalli, alla guida dell’Ateneo dal 1° luglio scorso, che ha illustrato le molteplici progettualità che l’Università Cattolica del Sacro Cuore si propone di mettere in atto nei suoi cinque campus (Milano, Brescia, Piacenza, Cremona e Roma) per proporre ‘un contributo di pensiero sulle questioni di frontiera in una prospettiva globale’.
(Foto: Santa Sede)
Papa Francesco: letteratura essenziale nella formazione
“Venerdì scorso a Bkerke, in Libano, è stato beatificato il Patriarca Stefano Douayhy, che guidò con saggezza la Chiesa Maronita dal 1670 al 1704, in un’epoca difficile segnata anche da persecuzioni. Maestro di fede e pastore sollecito, fu testimone di speranza sempre accanto alla gente. Anche oggi il popolo libanese soffre tanto! In particolare, penso alle famiglie delle vittime dell’esplosione del Porto di Beirut. Auspico che si faccia presto giustizia e verità. Il nuovo Beato sostenga la fede e la speranza della Chiesa in Libano, e interceda per questo amato Paese”.
Con queste parole dopo la recita dell’Angelus oggi papa Francesco ha espresso la sua preoccupazione per il Medio Oriente: “Seguo con grandissima preoccupazione quanto sta accadendo in Medio Oriente, e auspico che il conflitto, già terribilmente sanguinoso e violento, non si estenda ancora di più. Prego per tutte le vittime, in particolare per i bambini innocenti, ed esprimo vicinanza alla comunità drusa in Terra Santa e alle popolazioni in Palestina, Israele, e Libano”.
Ugualmente preoccupato per il Myanmar, ma soprattutto per Gaza: “Non dimentichiamo il Myanmar. Si abbia il coraggio di riprendere il dialogo perché cessi subito il fuoco a Gaza e su tutti i fronti, si liberino gli ostaggi, si soccorrano le popolazioni con gli aiuti umanitari. Gli attacchi, anche quelli mirati, e le uccisioni non possono mai essere una soluzione. Non aiutano a percorrere il cammino della giustizia, il cammino della pace, ma generano ancora più odio e vendetta. Basta, fratelli e sorelle! Basta! Non soffocate la parola del Dio della Pace ma lasciate che essa sia il futuro della Terra Santa, del Medio Oriente e del mondo intero! La guerra è una sconfitta!”
Inoltre non ha dimenticato quello che sta avvenendo in Venezuela: “Altrettanta preoccupazione esprimo per il Venezuela, che sta vivendo una situazione critica. Rivolgo un accorato appello a tutte le parti a cercare la verità, ad esercitare moderazione, ad evitare ogni tipo di violenza, a comporre i contenziosi con il dialogo, ad avere a cuore il vero bene della popolazione e non interessi di parte. Affidiamo questo Paese all’intercessione di Nostra Signora di Coromoto, tanto amata e venerata dai venezuelani, e alla preghiera del Beato Josè Gregorio Hernandez, la cui figura tutti accomuna”.
Mentre prima della recita dell’Angelus papa Francesco ha incentrato la sua riflessione sull’importanza del nutrimento eucaristico: “Sono stati protagonisti di un’esperienza per il loro cammino, ma non ne hanno colto la portata: la loro attenzione si è concentrata solo sui pani e sui pesci, sul cibo materiale, che è finito subito. Non si sono accorti che quello era solo uno strumento, attraverso cui il Padre, mentre saziava la loro fame, rivelava loro qualcosa di molto più importante.
E cosa rivelava il Padre? La via della vita che dura per sempre e il gusto del pane che sazia oltre ogni misura. Il vero pane, insomma, era ed è Gesù, il suo Figlio amato fatto uomo, venuto a condividere la nostra povertà per guidarci, attraverso di essa, alla gioia della comunione piena con Dio e con i fratelli”.
Ed ha messo ‘in guardia’ dall’occuparsi solo di cose materiali:” Pensiamo a quei genitori che faticano tutta la vita per crescere bene i figli e lasciare loro qualcosa per il futuro. Che bello quando questo messaggio è compreso, e i figli sono grati e a loro volta diventano solidali tra loro come fratelli! E’ vero.
E’ triste, invece, quando litigano per l’eredità (ho visto tanti casi, è triste), e sono in lotta l’uno contro l’altro, e magari non si parlano per i soldi, non si parlano per anni! Il messaggio del papà e della mamma, il loro lascito più prezioso, non sono i soldi: è l’amore, è l’amore con cui donano ai figli tutto quello che hanno, proprio come fa Dio con noi, e così ci insegnano ad amare”.
Inoltre oggi il papa ha pubblicato una lettera sul ruolo della letteratura nella formazione personale: “Spesso nella noia delle vacanze, nel caldo e nella solitudine di alcuni quartieri deserti, trovare un buon libro da leggere diventa un’oasi che ci allontana da altre scelte che non ci fanno bene. Poi non mancano i momenti di stanchezza, di rabbia, di delusione, di fallimento, e quando neanche nella preghiera riusciamo a trovare ancora la quiete dell’anima, un buon libro ci aiuta almeno a passare la tempesta, finché possiamo avere un po’ più di serenità.
E forse quella lettura ci apre nuovi spazi interiori che ci aiutano ad evitare una chiusura in quelle poche idee ossessive che ci intrappolano in maniera inesorabile. Prima della onnipresenza dei media, dei social, dei cellulari e di altri dispositivi, questa era un’esperienza frequente, e quanti l’hanno sperimentata sanno bene di cosa sto parlando. Non si tratta di qualcosa di superato”.
L’invito alla lettura è rivolto soprattutto ai seminaristi: “Questo mi porta a valutare molto positivamente il fatto che, almeno in alcuni Seminari, si superi l’ossessione per gli schermi -e per le velenose, superficiali e violente fake news- e si dedichi tempo alla letteratura, ai momenti di serena e gratuita lettura, a parlare su questi libri, nuovi o vecchi, che continuano a dirci tante cose. Ma in generale si deve, con rammarico, constatare che nel percorso formativo di chi è avviato al ministero ordinato, l’attenzione alla letteratura non trova al momento un’adeguata collocazione”.
La letteratura è molto importante per la formazione sacerdotale: “Quest’ultima è spesso considerata, infatti, come una forma di intrattenimento, ovvero come un’espressione minore della cultura che non apparterrebbe al cammino di preparazione e dunque all’esperienza pastorale concreta dei futuri sacerdoti. Tranne poche eccezioni, l’attenzione alla letteratura viene considerata come qualcosa di non essenziale. Al riguardo, desidero affermare che tale impostazione non va bene. E’ all’origine di una forma di grave impoverimento intellettuale e spirituale dei futuri presbiteri, che vengono in tal modo privati di un accesso privilegiato, tramite appunto la letteratura, al cuore della cultura umana e più nello specifico al cuore dell’essere umano”.
E’ un appello ad annunciare la ‘carne’ di Gesù: “L’urgente compito dell’annuncio del Vangelo nel nostro tempo richiede, dunque, ai credenti e ai sacerdoti in particolare l’impegno a che tutti possano incontrarsi con un Gesù Cristo fatto carne, fatto umano, fatto storia. Dobbiamo stare tutti attenti a non perdere mai di vista la ‘carne’ di Gesù Cristo: quella carne fatta di passioni, emozioni, sentimenti, racconti concreti, mani che toccano e guariscono, sguardi che liberano e incoraggiano, di ospitalità, di perdono, di indignazione, di coraggio, di intrepidezza: in una parola, di amore”.
La letteratura aiuta i sacerdoti ad annunciare il Vangelo: “Ed è proprio a questo livello che un’assidua frequentazione della letteratura può rendere i futuri sacerdoti e tutti gli agenti pastorali ancora più sensibili alla piena umanità del Signore Gesù, in cui si riversa pienamente la sua divinità, e annunciare il Vangelo in modo che tutti, davvero tutti, possano sperimentare quanto sia vero ciò che dice il Concilio Vaticano II: ‘in realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo’. Ciò non vuol dire il mistero di un’umanità astratta, ma il mistero di quell’essere umano concreto con tutte le ferite, i desideri, i ricordi e le speranze della sua vita”.
Ed infine la letteratura è una missione:”La missione di custode del creato, assegnata da Dio ad Adamo, passa innanzitutto proprio dalla riconoscenza della realtà propria e del senso che ha l’esistenza degli altri esseri. Il sacerdote è anche investito di questo compito originario di “nominare”, di dare senso, di farsi strumento di comunione tra il creato e la Parola fatta carne e della sua potenza di illuminazione di ogni aspetto della condizione umana”.
In questo c’è affinità tra sacerdote e poeta: “L’affinità tra sacerdote e poeta si manifesta così in questa misteriosa e indissolubile unione sacramentale tra Parola divina e parola umana, dando vita ad un ministero che diviene servizio pieno di ascolto e di compassione, ad un carisma che si fa responsabilità, ad una visione del vero e del bene che si schiude come bellezza”.
(Foto: Santa Sede)