Papa Francesco invita ad una nuova Pentecoste

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La giornata in Bahrein di papa Francesco si conclude con una liturgia ecumenica nella cattedrale di ‘Nostra Signora d’Arabia ad Awali’, in cui l’unità nella diversità e la testimonianza di vita sono gli  elementi centrali nella riflessione che papa Francesco ha offerto ai cristiani, partendo dal racconto evangelico della Pentecoste:

“Santità, caro fratello Bartolomeo, cari fratelli e sorelle, queste parole sembrano scritte per noi oggi: da tanti popoli e di tante lingue, da tante parti e di tanti riti, siamo qui insieme, e lo siamo a motivo delle grandi opere compiute da Dio! Siamo in pace, come quella mattina di Pentecoste, in cui non si capiva nulla. A Gerusalemme, nel giorno di Pentecoste, pur provenendo da molte regioni, si sentirono uniti in un solo Spirito: oggi come allora la varietà delle provenienze e dei linguaggi non è un problema, ma una risorsa”.

E questo brano evangelico ha particolare rilievo in questo momento storico: “Fratelli, sorelle, ciò vale anche per noi, perché ‘noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo’. Purtroppo con le nostre lacerazioni abbiamo ferito il santo corpo del Signore, ma lo Spirito Santo, che congiunge tutte le membra, è più grande delle nostre divisioni carnali. E’ perciò giusto affermare che quanto ci unisce supera di molto quanto ci divide e che, più camminiamo secondo lo Spirito, più saremo portati a desiderare e, con l’aiuto di Dio, a ristabilire la piena unità tra di noi”.

Durante il discorso papa Francesco ha sottolineato il valore dell’unità nella diversità: “A Pentecoste i discepoli, dicono gli Atti degli Apostoli, ‘si trovavano tutti insieme nello stesso luogo’. Notiamo come lo Spirito, che si posa su ciascuno, sceglie tuttavia il momento in cui stanno tutti insieme. Potevano adorare Dio e fare del bene al prossimo anche separatamente, ma è convergendo in unità che si spalancano le porte all’opera di Dio.

Il popolo cristiano è chiamato a riunirsi perché le meraviglie di Dio si avverino. Essere qui in Bahrein come piccolo gregge di Cristo, disseminato in vari luoghi e confessioni, aiuta ad avvertire il bisogno dell’unità, della condivisione della fede: come in questo arcipelago non mancano saldi collegamenti tra le isole, così sia anche tra di noi, per non essere isolati, ma in comunione fraterna”.

E questa unità si raggiunge con la preghiera di lode: “La preghiera di lode non isola, non chiude in sé stessi e nei propri bisogni, ma ci immette nel cuore del Padre e così ci connette a tutti i fratelli e le sorelle. La preghiera di lode e di adorazione è la più alta: gratuita e incondizionata, attira la gioia dello Spirito, purifica il cuore, ricostituisce l’armonia, risana l’unità”.

Questa preghiera è consolazione: “E’ l’antidoto alla tristezza, alla tentazione di lasciarci turbare dalla nostra pochezza interiore e dalla pochezza esteriore dei nostri numeri. Chi loda non bada alla piccolezza del gregge, ma alla bellezza di essere i piccoli del Padre. La lode, che permette allo Spirito di riversare la sua consolazione in noi, è un buon rimedio contro la solitudine e la nostalgia di casa.

Ci permette di avvertire la vicinanza del Buon Pastore, anche quando pesa la mancanza di Pastori vicini, frequente in questi luoghi. Il Signore, proprio nei nostri deserti, ama aprire strade nuove e impensate e far scaturire sorgenti di acqua viva. La lode e l’adorazione ci conducono lì, alle fonti dello Spirito, riportandoci alle origini, all’unità”.

Però l’unità si realizza nella differenza: “E questo è importante tenerlo in conto: l’unità non è ‘tutti uguali’, è nella differenza. Il racconto di Pentecoste specifica che ciascuno sentiva parlare gli Apostoli ‘nella propria lingua’: lo Spirito non conia un linguaggio identico per tutti, ma permette a ciascuno di parlare lingue altrui e fa in modo che ognuno senta la propria parlata da altri.

Insomma, non ci rinchiude nell’uniformità, ma ci dispone ad accoglierci nelle differenze. Questo accade a chi vive secondo lo Spirito: impara a incontrare ogni fratello e sorella nella fede come parte del corpo a cui appartiene. Questo è lo spirito del cammino ecumenico”.

Questi due elementi ha bisogno della testimonianza di vita: “A Pentecoste i discepoli si aprono, escono dal Cenacolo. Da lì in poi andranno ovunque nel mondo. Gerusalemme, che era sembrata il loro punto di arrivo, diventa il punto di partenza di un’avventura straordinaria.

La paura che li chiudeva in casa rimane un ricordo lontano: ora si dirigono dappertutto, ma non per distinguersi dagli altri e nemmeno per rivoluzionare l’ordine delle società e l’assetto del mondo, bensì per irradiare in ogni angolo la bellezza dell’amore di Dio attraverso la loro vita”.

Il papa illustra che i cristiani vivono nella città, come sono descritti nella ‘Lettera a Diogneto’: “Il nostro, infatti, non è tanto un discorso da fare a parole, ma una testimonianza da mostrare coi fatti; la fede non è un privilegio da rivendicare, ma un dono da condividere… Amano tutti: ecco il distintivo cristiano, l’essenza della testimonianza.

Essere qui in Bahrein ha permesso a tanti di voi di riscoprire e praticare la genuina semplicità della carità: penso all’assistenza nei riguardi dei fratelli e delle sorelle che arrivano, a una presenza cristiana che nell’umiltà quotidiana testimonia, nei luoghi di lavoro, comprensione e pazienza, gioia e mitezza, benevolenza e spirito di dialogo. In una parola: pace”.

Ed ha concluso la liturgia ecumenica, ribadendo che unità e testimonianza sono fondamentali per il cristiano: “Unità e testimonianza sono coessenziali: non si può testimoniare davvero il Dio dell’amore se non siamo uniti tra noi come Egli desidera; e non si può essere uniti rimanendo ciascuno per conto suo, senza aprirsi alla testimonianza, senza dilatare i confini dei nostri interessi e delle nostre comunità in nome dello Spirito che abbraccia ogni lingua e vuole raggiungere ognuno”.

E’ possibile raggiungere questo grazie all’opera dello Spirito Santo: “Mi permetto di aggiungere una riflessione: lo Spirito Santo quel giorno crea una grande diversità, che sembra un grande disordine. Ma lo stesso Spirito che dà la diversità dei carismi è lo stesso che crea l’unità, ma l’unità come armonia. Lo Spirito è l’armonia… Affidiamogli nella preghiera il nostro percorso comune e invochiamo su di noi la sua effusione, una rinnovata Pentecoste che dia sguardi nuovi e passi celeri al nostro cammino di unità e di pace”.

(Foto: Santa Sede)

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