Papa Francesco: la Croce toglie il veleno
Al termine della messa celebrata nella capitale del Kazakhstan rispondendo al saluto di mons. Tomash Bernard Peta, arcivescovo metropolita dell’arcidiocesi di Maria Santissima in Astana, papa Francesco nel ricordo della festa dell’Esaltazione della Croce ha invitato a non rassegnarsi alla guerra con un pensiero speciale all’Ucraina:
“Penso a tanti luoghi martoriati dalla guerra, soprattutto alla cara Ucraina. Non abituiamoci alla guerra, non rassegniamoci alla sua ineluttabilità. Soccorriamo chi soffre e insistiamo perché si provi davvero a raggiungere la pace. Che cosa deve accadere ancora, quanti morti bisognerà attendere prima che le contrapposizioni cedano il passo al dialogo per il bene della gente, dei popoli e dell’umanità?”
Ed ha tracciato vie di dialogo per costruire la pace rinunciando agli armamenti: “L’unica via di uscita è la pace e la sola strada per arrivarci è il dialogo. Ho appreso con preoccupazione che in queste ore si sono accesi nuovi focolai di tensione nella regione caucasica. Continuiamo a pregare perché, anche in questi territori, sulle contese prevalgano il confronto pacifico e la concordia.
Il mondo impari a costruire la pace, anche limitando la corsa agli armamenti e convertendo le ingenti spese belliche in sostegni concreti alle popolazioni. Grazie a tutti coloro che credono in questo, grazie a voi e a quanti sono messaggeri di pace e di unità!”
Nel giorno di questa festività il papa nell’omelia ha spiegato il perché la Chiesa celebra Gesù crocifisso: “Perché su quel legno Gesù ha preso su di sé il nostro peccato e il male del mondo, e li ha sconfitti con il suo amore. Per questo oggi festeggiamo. La Parola di Dio che abbiamo ascoltato ce lo racconta, contrapponendo, da una parte, i serpenti che mordono e, dall’altra, il serpente che salva”.
Quindi si è soffermato sul significato del serpente: “Anzitutto i serpenti che mordono. Essi attaccano il popolo, caduto per l’ennesima volta nel peccato della mormorazione. Mormorare contro Dio significa non soltanto parlare male e lamentarsi di Lui; vuol dire, più in profondità, che nel cuore degli Israeliti è venuta meno la fiducia in Lui, nella sua promessa.
Il popolo di Dio, infatti, sta camminando nel deserto verso la terra promessa ed è sopraffatto dalla stanchezza, non sopporta il viaggio. Allora si scoraggia, perde la speranza, e a un certo punto è come se dimenticasse la promessa del Signore: quella gente non ha più la forza di credere che è Lui a guidare il suo cammino verso una terra ricca e feconda”.
E’ un invito a ricordarsi dei momenti di sfiducia: “Cari fratelli e sorelle, questa prima parte del racconto ci chiede di guardare da vicino i momenti della nostra storia personale e comunitaria in cui è venuta meno la fiducia, nel Signore e tra di noi. Quante volte, sfiduciati e insofferenti, ci siamo inariditi nei nostri deserti, perdendo di vista la meta del cammino!
Anche in questo grande Paese c’è il deserto che, mentre offre uno splendido paesaggio, ci parla di quella fatica, di quella aridità che a volte portiamo nel cuore. Sono i momenti di stanchezza e di prova, nei quali non abbiamo più le forze per guardare in alto, verso Dio; sono le situazioni di vita personale, ecclesiale e sociale in cui siamo morsi dal serpente della sfiducia, che inietta in noi i veleni della disillusione e dello sconforto, del pessimismo e della rassegnazione, chiudendoci nel nostro io, spegnendo l’entusiasmo”.
E’ un invito a ricordare i ‘morsi’ della violenza ateista: “Ma nella storia di questa terra non sono mancati altri morsi dolorosi: penso ai serpenti brucianti della violenza, della persecuzione ateista, a un cammino a volte travagliato durante il quale è stata minacciata la libertà del popolo e ferita la sua dignità. Ci fa bene custodire il ricordo di quanto sofferto: non bisogna ritagliare dalla memoria certe oscurità, altrimenti si può credere che siano acqua passata e che il cammino del bene sia delineato per sempre”.
Nel ricordo del viaggio di san Giovanni Paolo II ha affermato che occorre l’impegno di tutti per costruire la pace: “No, la pace non è mai guadagnata una volta per tutte, va conquistata ogni giorno, così come la convivenza tra etnie e tradizioni religiose diverse, lo sviluppo integrale, la giustizia sociale. E perché il Kazakhstan cresca ancora di più…, c’è bisogno dell’impegno di tutti. Prima ancora, c’è bisogno di un rinnovato atto di fede verso il Signore: di guardare in alto, di guardare a Lui, di imparare dal suo amore universale e crocifisso”.
Però c’è anche un serpente che salva: “Mentre il popolo muore a causa dei serpenti brucianti, Dio ascolta la preghiera di intercessione di Mosè e gli dice: ‘Fatti un serpente e mettilo sopra un’asta; chiunque sarà stato morso e lo guarderà, resterà in vita’…
Potremmo tuttavia chiederci: perché Dio, anziché dare queste laboriose istruzioni a Mosè, non ha semplicemente distrutto i serpenti velenosi? Questo modo di fare ci rivela il suo agire dinanzi al male, al peccato e alla sfiducia dell’umanità.
Allora come ora, nella grande battaglia spirituale che abita la storia fino alla fine, Dio non annienta le bassezze che l’uomo liberamente insegue: i serpenti velenosi non scompaiono, ci sono ancora, stanno in agguato, possono sempre mordere”.
Insomma il papa ha invitato a guardare a Gesù: “Fratelli e sorelle, questa è la strada, la strada della nostra salvezza, della nostra rinascita e risurrezione: guardare a Gesù crocifisso. Da quell’altezza possiamo vedere la nostra vita e la storia dei nostri popoli in modo nuovo. Perché dalla Croce di Cristo impariamo l’amore, non l’odio; impariamo la compassione, non l’indifferenza; impariamo il perdono, non la vendetta.
Le braccia allargate di Gesù sono l’abbraccio di tenerezza con cui Dio vuole accoglierci. E ci mostrano la fraternità che siamo chiamati a vivere tra di noi e con tutti. Ci indicano la via, la via cristiana: non quella dell’imposizione e della costrizione, della potenza e della rilevanza, mai quella che impugna la croce di Cristo contro altri fratelli e sorelle per i quali Egli ha dato la vita!”
Guardare a Gesù significa ‘vivere’ da cristiani: “Sì, perché sul legno della croce Cristo ha tolto il veleno al serpente del male, ed essere cristiani significa vivere senza veleni: non morderci tra di noi, non mormorare, non accusare, non chiacchierare, non spargere opere di male, non inquinare il mondo con il peccato e con la sfiducia che viene dal Maligno.
Fratelli, sorelle, siamo rinati dal costato aperto di Gesù sulla croce: non ci sia in noi alcun veleno di morte. Preghiamo, invece, perché per grazia di Dio possiamo diventare sempre più cristiani: testimoni gioiosi di vita nuova, di amore, di pace”.
(Foto: Santa Sede)