Mons. Lorefice invoca santa Rosalia per raccontare la bellezza della fede
Dopo la ‘quasi’ fine della pandemia a Palermo si è svolta la processione per il Festino di santa Rosalia, venerata come colei che salvò la città da una terribile pestilenza: una grazia che l’attualità spinge ad invocare, perché il coronavirus alterna fasi che rendono complicata la decifrazione del futuro, perché Palermo è avvinta dalla miseria, dal disagio, dalle difficoltà economiche, senza mai dimenticare la mafia, ancorché decimata dall’opera instancabile di forze dell’ordine e magistratura.
E nel discorso alla città l’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, ha tratteggiato il significato di un legame profondo, con il timbro appassionato del suo discorso alla città: “A lei affidiamo la speranza di una nuova liberazione, perché nuova è sopraggiunta la peste, perché nuova è la forma dell’oppressione e della sofferenza con cui noi (fedeli, cittadini) siamo stati in questi anni chiamati a misurarci”.
E’ un discorso che invita i palermitani a non dimenticare chi ha lottato contro la mafia: “E’ Rosalia che ci dice: Palermo mia, ricordati dei tuoi figli. Ricordati stasera che Paolo Borsellino, Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, gli agenti della loro scorta, Carlo Alberto Dalla Chiesa e tutti gli altri (Mattarella, La Torre, Chinnici, Cassarà, ecc.) hanno seminato la loro vita nella tua terra perché nascessero i fiori della giustizia, della bellezza, della gioia di vivere. Sono loro il principio della tua primavera, della tua rinascita, perché hanno fatto quello che ho fatto io: hanno cantato la vita con il dono della loro esistenza.
Ricordati, Palermo, che l’inverno del sopruso, della mafia, dei depistaggi, delle connivenze, delle collusioni, della rassegnazione e dello scoraggiamento non è la tua stagione. Che non può continuare ancora l’inverno disperato e per noi vergognoso di tante donne, di tanti bambini, di tanti uomini che nel tuo mare meraviglioso, nel tuo Mediterraneo, Palermo mia, non trovano ospitalità e sostegno, ma bensì morte e respingimento.
Tutto questo non può continuare! E tu Palermo, tu porto e riparo delle genti, devi levare per prima il canto che trasforma le voci di lutto in voci di gioia, il canto che sovrasta la voce dei potenti e dei violenti, insensibili al dolore e sensibili solo ai ‘piccioli’ e al profitto, per far cominciare un tempo nuovo di fraternità e di pace”.
Il sogno di santa Rosalia era la bellezza dell’inclusività: “Ma di quale bellezza parla? La bellezza che emerge da ogni volto che ha pianto ma rimane buono. Guardiamo l’incanto di questi visi, lasciamo che tornino i volti. Se non ci guarderemo (nella nostra casa, nelle nostre città, nelle nostre) diventeremo estranei e ben presto nemici, mentre il volto dell’altro che ci chiama è la nostra missione. E di quanti volti di ogni colore è piena la nostra Palermo, volti su cui sono incisi tutte le storie!”
E’ un invito ad ascoltare la voce ‘soave’ degli ultimi: “Ascolta la voce dei piccoli a casa, nella città. La voce degli ultimi. Solo chi riesce a sentire soave la voce più sofferta, solo chi sa ascoltare anche l’urlo del dolore e della disperazione può cantare il canto di Santa Rosalia. Ogni voce che mi dona il cuore dell’altro va ascoltata. Anche le voci di lingue a noi ignote Rosalia ci invita a sentirle soavi. Anche le voci che non capiamo. Perché ogni voce viene dal cuore del fratello”.
Nell’omelia l’arcivescovo ha sottolineato la luce della fede emanata dalla santa palermitana: “Non conosceremo mai in profondità Rosalia se non entriamo nell’abisso di luce e di amore che emana il suo cuore. Il fascino di Rosalia procede da questa interiorità nella quale dobbiamo addentrarci. Il primo dono di Rosalia a noi cristiani palermitani è la sua passione d’amore per Dio, il primato assoluto di Dio nella sua vita. Lei ci ‘pro-voca’, ci ‘richiama’ ad una vita cristiana che prima di tutto richiede un cuore profondamente innamorato di Dio, caldo d’amore per Dio”.
L’amore della fede rende persone capaci di intelligenza: “Rosalia ci ricorda che l’amore rende intelligenti, creativi, capaci di calcoli sapienti, per essere pronti al momento opportuno. La provvista dell’olio da parte delle vergini sagge dice l’intelligenza dell’amore. Bisogna equipaggiarsi, perché lo Sposo arriva. L’amore rende intelligenti”.
Questa è la responsabilità a cui la Chiesa è chiamata: “Alla luce della testimonianza di Rosalia questa è la chiamata e la responsabilità della Chiesa palermitana. Occorre tenere desto l’amore di Dio in noi e per noi. Amarlo con ‘tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze’. Non possiamo far raffreddare l’amore di Dio in noi, nonostante i ritardi, il peso, la fatica e la responsabilità della storia.
Solo così i cristiani diventeremo significativi e creativi per le nostre città. Abiteremo Palermo come l’ha abitata Rosalia, e soprattutto l’ameremo come l’ha amata lei. Contribuiremo a farle vivere nuove primavere, ricche di frutti di amicizia, di giustizia e di solidarietà sociale. Immetteremo intelligenza, discernimento. La forza creativa dell’amore. L’energia redentiva dell’amore. Solo l’amore è creativo. Se viene meno l’amore crolla la città, in preda alla peste del raffreddamento dei cuori”.
Al termine ha invocato l’intercessione della santa con una preghiera: “Rosalia, tu sei la nostra compagna di strada, tu sei colei che protegge la nostra Palermo. Per la tua intercessione noi stasera, tutti insieme, chiediamo allo Spirito Santo il dono del canto. Intercedi perché possiamo cantare la bellezza della nostra storia, della nostra Città, prega tu perché ridiventiamo capaci di sognare.
Capaci di sognare un futuro di dignità per i nostri giovani, un futuro di accoglienza per le sorelle e i fratelli che giungono in Sicilia da ogni parte dell’Africa e dell’Asia, un futuro di rispetto e di amore per i nostri vecchi e i nostri bambini, un futuro di servizio operoso per le donne e gli uomini della politica, un futuro di ascolto autentico per tutte le donne, un futuro di fraternità per tutto il mondo”.
(Foto: arcidiocesi di Palermo)