Domenica XIII del Tempo Ordinario: la vita come vocazione

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Essere cristiani significa seguire Cristo e vivere la propria vocazione da uomini liberi e nella gioia profonda. Nella liturgia oggi si evidenziano vari tipi di vocazione: vedi quella del profeta Eliseo, o l’esortazione di Paolo ai Galati dove l’Apostolo invita a vivere non secondo la carne ma conforme alla libertà di figli di Dio e conforme ai carismi e talenti ricevuti dallo Spirito santo. Nel cristianesimo non c’è posto per chi considera la fede e il rapporto con Dio come qualcosa di singolare, utilitaristico e privato.

Cristo è il salvatore del mondo e ai suoi discepoli dà un comando perentorio: ‘Come il Padre ha mandato me, io mando voi : andate, predicate, testimoniate il Vangelo’. Come membra vive del suo corpo, partecipi dei suoi tre muneri: profetico, sacerdotale e regali, il nostro impegno consiste formalmente nell’amore verso Dio e l’amore verso i fratelli. Nella misura in cui la religione diventa un affare meramente privato, la religione perde la sua anima. 

La nostra è una missione itinerante e dinamica, seguire Gesù significa seguirlo sempre nel suo cammino, seminare incessantemente nel rispetto della libertà propria e degli altri; in cerca sempre della pecorella smarrita perché si converta e viva. Ciò che chiede Gesù è itineranza, prontezza e decisione. Da qui il racconto del Vangelo dove l’evangelista ci presenta Gesù la cui missione è perdono e amore.

Gesù incontra alcuni che gli chiedono di seguirlo ovunque vada; a costoro Gesù si presenta oltremodo esigente dicendo: le volpi hanno le loro tane, gli uccelli i loro nidi, il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo. Ad un altro dice: ‘seguimi’ e chiede un taglio netto con i suoi familiari;  questi aveva obiettato : permettimi di andare a seppellire mio padre, conforme al 4° comandamento; ma Gesù evidenzia la priorità assoluta del Regno di Dio e aggiunge: ‘lascia che i morti seppelliscano i loro morti’.

Il terzo personaggio è lieto di seguire Cristo ma chiede di andare a congedarsi dai suoi famigliari. Anche questa volta la risposta di Gesù è categorica: ‘Chi mette mano all’aratro e si volta indietro non è degno del Regno dei cieli’. Chi segue Cristo deve entrare in una dimensione nuova, in quella libertà che san Paolo definisce “camminare secondo lo Spirito”.

Cristo Gesù ci ha liberati dal giogo del peccato , ma la libertà acquistata da Cristo consiste nell’essere a servizio gli uni degli altri, in una realtà che supera l’individualismo per vivere l’amore, la vita come donazione e servizio. I talenti e i carismi che ciascuno di noi ha ricevuti da Dio non sono a nostro esclusivo beneficio ed interesse, non sono per utilità privata ma come servizio verso la comunità; Gesù si è incarnato, è morto e risorto per salvare l’umanità.

Come cristiani abbiamo una vocazione: siamo chiamati da Dio a svolgere un ruolo di testimonianza sia nella famiglia che nella società. Tale vocazione esige la necessità di rinunciare o mettere in secondo ordine cose anche in sé  e per sé lecite e legittime così da potere ripetere: “Sei tu, Signore, il mio unico bene”.

Questa è l’esigenza vocazionale primaria e fondamentale dalla quale sbocciano tutti gli altri impegni. Come credenti in Cristo, siamo tutti dei ‘vocati’, dei chiamati da Dio; poi c’è la vocazione propria di ciascuno. La vocazione primaria è la vocazione di tutti (sia laici che sacerdoti). Vivere la vita da ‘vocati’ significa viverla come risposta ad una chiamata e perciò viverla in obbedienza, prontezza e vigilanza.

La chiamata essenziale è ‘seguire Cristo’, solo così si è sulla via della santità; santi per vocazione: “siate santi, dice Gesù, come santo è il Padre vostro celeste”. Allora, amico, il Signore ti è passato accanto, ti ha detto: ‘seguimi’; muoviti, lascia la tua piccola gabbia anche se dorata, lascia gli impegni anche se urgenti, non rimandare a domani perché potrebbe essere allora troppo tardi. La Madonna, icona perfetta della Chiesa, ci aiuti a seguire Cristo Gesù nella gioia e nella carità perfetta.

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