Da Firenze si alza la voce della pace
Ieri a Firenze il card. Gualtiero Bassetti, presidente della CEI, ha aperto a Firenze l’incontro dei Sindaci e dei Vescovi del Mediterraneo, seconda edizione dopo quella svoltasi a Bari nel febbraio di due anni fa, alla presenza del presidente del Consiglio, Mario Draghi, con un richiamo a Giorgio La Pira e mons. Tonino Bello:
“Ad un virus che corre a tutte le latitudini, indifferente ai confini, è stato difficile dare una risposta unitaria e globale. La pandemia ha accresciuto le divisioni sociali e ha funzionato come evidenziatore e moltiplicatore dei problemi. Naturalmente, non si sono moltiplicate solo le divisioni e le crisi, ma sono aumentate anche le espressioni di solidarietà e di amicizia. Esse fanno meno rumore, spesso sono invisibili. Ma non per questo sono meno importanti”.
Ricordando le parole del papa a Bari l’arcivescovo di Perugia ha parlato di un processo di pace in cammino: “E’ davvero significativo che, nel rispetto della distinzione delle competenze e dei ruoli, che richiede assemblee autonome, il lavoro dei Vescovi e dei Sindaci del Mediterraneo culmini in un momento comune e fraterno con papa Francesco, a Palazzo Vecchio, nel salone del Consiglio de’ Cinquecento, voluto da Girolamo Savonarola per dare una struttura politica ai principii del discernimento collegiale e dell’esercizio collegiale dell’autorità, nella città in cui fu proclamata la regalità di Cristo contro l’uso dispotico e senza limiti del potere”.
Il card. Bassetti ha tracciato un bilancio degli ultimi 30 anni: “Le nuove democrazie, purtroppo, sono molto fragili e alcune di quelle che si ritenevano mature sono entrate in crisi; la diseguaglianza sociale è cresciuta intensificando il malessere nelle nostre società; i flussi migratori sono aumentati, depauperando i paesi di origine e generando marginalità e violenza in quelli di transito e destinazione. Il prezzo maggiore di questa difficile situazione viene pagato drammaticamente dalle popolazioni inermi, troppo spesso in ostaggio di guerre e tensioni che non sembrano avere una via di uscita”.
Ed ha richiamato il realismo di Giorgio La Pira, che ‘sognava’ un Mediterraneo fondato sulla cooperazione tra i popoli: “La guerra è impossibile nell’era atomica, occorre trovare altre soluzioni per dirimere le questioni che dividono i popoli: non c’è alternativa al negoziato globale. Anche il Covid-19 ci ha messi davanti alla necessità di passare dal paradigma del più forte a quello cooperativo e della solidarietà.
Dobbiamo dirlo con chiarezza ai nostri popoli e ai leader dei nostri popoli: la prossima pandemia ci troverà ancora impreparati se non garantiremo una sanità equa e giusta per tutte le persone della terra. Non è utopia, questa, ma una stridente necessità; come non pensare che per una sanità universale basterebbe una cifra molto inferiore a quanto costa la sciagurata corsa al riarmo?”
Ancora oggi le parole del sindaco fiorentino sono molto attuali: “Cari amici, mai come oggi risuona alle nostre orecchie la lezione di La Pira sul ruolo delle città nel mondo per raggiungere la pace mondiale. In questo momento, infatti, mentre soffiano inquietanti venti di guerra dall’Ucraina, gli Stati non sembrano avere la forza, a fronte dell’eventuale buona volontà dei loro leader, di superare il meccanismo strutturato dai rapporti di forza.
I nostri popoli, le nostre città e le nostre comunità religiose, invece, possono svolgere un ruolo straordinario: possono spingerli verso un orizzonte di pace e di fraternità. Ecco un’altra intuizione potente dell’ex sindaco di Firenze che, a partire da domani, rivivrà in Palazzo Vecchio: le città bombardate e saccheggiate gridano anche oggi che non vogliono più sopportare e accettare le guerre degli Stati”.
Però le città hanno un ruolo importante per costruire la pace: “Le città, pertanto, rivendicano giustamente un ruolo internazionale, ma potranno partecipare efficacemente al dibattito pubblico, soltanto se sapranno crescere come nuove realtà, al tempo stesso sociali e spirituali.
In queste nuove realtà, tutte le persone umane potranno sviluppare pienamente la loro vocazione e dar vita a una civiltà che, usando le parole di La Pira, potremo definire come la civiltà del ‘pane e della grazia’. Il ‘sindaco santo’, infatti, si prefiggeva di costruire ‘una società nuova’ nella quale ‘a tutte le creature umane’ fosse ‘assicurato il lavoro, la casa, il pane’ e tutto quanto era essenziale per ‘una modesta ma dignitosa vita’”.
In questo senso la Chiesa offre alcune dinamiche per stimolare i popoli alla pace: “Raccogliamo l’invito fatto da papa Francesco a Napoli e adoperiamoci perché le nostre Chiese, insieme, producano una teologia del Mediterraneo, una teologia non astratta ma contestuale.
E’ un debito che abbiamo nei confronti della Chiesa universale perché le nostre Chiese sono depositarie della ricchezza millenaria di tradizioni liturgiche, spirituali, patristiche, bibliche e teologiche (le antiche e più recenti scuole di Antiochia, Alessandria, Roma, Costantinopoli, Edessa, Kiev, Neamt, Mosca, per citarne solo alcune).
Le tradizioni greche, siriache, latina, copta, slave sono nate e convergono nel Mediterraneo e il paradigma ecumenico fa sì che esse non ci dividano più, ma ci uniscano e arricchiscano reciprocamente. Anche a fronte delle rigidità che si erigono attorno alle questioni divisive, c’è un dibattito teologico ricchissimo di cui il Mediterraneo è il naturale luogo di raccolta e di elaborazione e la naturale cassa di risonanza”.
Nel saluto istituzionale il presidente Draghi ha riflettuto sulla responsabilità a coltivare la pace: “Questa responsabilità condivisa ci richiama a proteggere il mare e tutto il patrimonio naturale. A custodire la bellezza delle città mediterranee, la loro spiritualità e modernità.
A fornire nuove opportunità a chi cerca lavoro e maggiore rappresentanza ai giovani e alle donne. Ci impone di tutelare la pluralità delle nostre identità, di favorire il dialogo tra culture diverse e tutelare le minoranze, etniche e religiose.
Sono i nostri diritti e i nostri doveri come abitanti del ‘Grande mare’. Il nostro impegno per un Mediterraneo giusto, di pace, di libertà. In momenti di crisi dobbiamo ancor più difendere i valori in cui crediamo e che ci guidano. La convivenza, la fratellanza, la tolleranza che celebriamo in questo incontro devono realizzarsi anche oltre i confini della regione in cui viviamo.
Gli eventi in Ucraina ci portano a ribadire che le prevaricazioni e i soprusi non devono essere tollerati. Avete scelto di mettere la vostra spiritualità, la vostra profondità di pensiero, al servizio dei più deboli. Possa il vostro messaggio di pace diventare anche il nostro e risuonare forte laddove si cerca lo scontro e si rischia la guerra”.
Nel saluto iniziale il sindaco di Firenze, Dario Nardella, ha ricordato la genesi del palazzo ospitante: “In una di queste sale il grande Leonardo da Vinci completò il cartone della battaglia di Anghiari che poi fu realizzata nel Salone dei Cinquecento a Palazzo Vecchio dove ci ritroveremo sabato mattina.
Questo appuntamento è una grande opportunità, un dialogo sospeso tra confronto laico e religioso, e Firenze è l’unione di questi due diversi volti. Condivido le parole del sindaco Giorgio La Pira, unire le città per unire le nazioni.
Noi sindaci non abbiamo eserciti e non costruiamo muri, ma progettiamo ponti e aiutiamo cittadini a muoversi, i ragazzi a studiare, i giovani a lavorare… Che la bellezza di questa città, una bellezza non sterile, non autoreferenziale, possa ispirare i vostri cuori e illuminare tutte le menti”.
(Foto: Cei)