Papa Francesco: dialogo, educazione e lavoro generano la pace
Per la LV giornata mondiale per la pace papa Francesco ha preso spunto dal profeta Isaia del messaggero che annuncia la pace, invitando al ‘dialogo fra generazioni, educazione e lavoro’, che sono ‘strumenti per edificare una pace duratura’:
“Le parole del profeta Isaia esprimono la consolazione, il sospiro di sollievo di un popolo esiliato, sfinito dalle violenze e dai soprusi, esposto all’indegnità e alla morte… Per questa gente, l’avvento del messaggero di pace significava la speranza di una rinascita dalle macerie della storia, l’inizio di un futuro luminoso”.
Purtroppo il papa constata che questo cammino della pace, che papa Paolo VI definiva la strada dello sviluppo integrale, è sempre più complicato: “Nonostante i molteplici sforzi mirati al dialogo costruttivo tra le nazioni, si amplifica l’assordante rumore di guerre e conflitti, mentre avanzano malattie di proporzioni pandemiche, peggiorano gli effetti del cambiamento climatico e del degrado ambientale, si aggrava il dramma della fame e della sete e continua a dominare un modello economico basato sull’individualismo più che sulla condivisione solidale.
Come ai tempi degli antichi profeti, anche oggi il grido dei poveri e della terra non cessa di levarsi per implorare giustizia e pace”.
La pace necessità di un intervento divino e di un impegno terreno: “In ogni epoca, la pace è insieme dono dall’alto e frutto di un impegno condiviso. C’è, infatti, una ‘architettura’ della pace, dove intervengono le diverse istituzioni della società, e c’è un ‘artigianato’ della pace che coinvolge ognuno di noi in prima persona.
Tutti possono collaborare a edificare un mondo più pacifico: a partire dal proprio cuore e dalle relazioni in famiglia, nella società e con l’ambiente, fino ai rapporti fra i popoli e fra gli Stati”.
Per costruire la pace papa Francesco delinea tre fattori, invitando al dialogo tra generazioni: “Ogni dialogo sincero, pur non privo di una giusta e positiva dialettica, esige sempre una fiducia di base tra gli interlocutori. Di questa fiducia reciproca dobbiamo tornare a riappropriarci!
L’attuale crisi sanitaria ha amplificato per tutti il senso della solitudine e il ripiegarsi su sé stessi. Alle solitudini degli anziani si accompagna nei giovani il senso di impotenza e la mancanza di un’idea condivisa di futuro. Tale crisi è certamente dolorosa.
In essa, però, può esprimersi anche il meglio delle persone. Infatti, proprio durante la pandemia abbiamo riscontrato, in ogni parte del mondo, testimonianze generose di compassione, di condivisione, di solidarietà.
Dialogare significa ascoltarsi, confrontarsi, accordarsi e camminare insieme. Favorire tutto questo tra le generazioni vuol dire dissodare il terreno duro e sterile del conflitto e dello scarto per coltivarvi i semi di una pace duratura e condivisa”.
Ma il dialogo intergenerazionale si basa su istruzione ed educazione: “E’ dunque opportuno e urgente che quanti hanno responsabilità di governo elaborino politiche economiche che prevedano un’inversione del rapporto tra gli investimenti pubblici nell’educazione e i fondi destinati agli armamenti.
D’altronde, il perseguimento di un reale processo di disarmo internazionale non può che arrecare grandi benefici allo sviluppo di popoli e nazioni, liberando risorse finanziarie da impiegare in maniera più appropriata per la salute, la scuola, le infrastrutture, la cura del territorio e così via”.
Educazione ed istruzione hanno bisogno di cura: “Auspico che all’investimento sull’educazione si accompagni un più consistente impegno per promuovere la cultura della cura.
Essa, di fronte alle fratture della società e all’inerzia delle istituzioni, può diventare il linguaggio comune che abbatte le barriere e costruisce ponti…
E’ dunque necessario forgiare un nuovo paradigma culturale, attraverso ‘un patto educativo globale per e con le giovani generazioni, che impegni le famiglie, le comunità, le scuole e le università, le istituzioni, le religioni, i governanti, l’umanità intera, nel formare persone mature’.
Un patto che promuova l’educazione all’ecologia integrale, secondo un modello culturale di pace, di sviluppo e di sostenibilità, incentrato sulla fraternità e sull’alleanza tra l’essere umano e l’ambiente”.
Inoltre assicurare il lavoro produce la pace: “Il lavoro è un fattore indispensabile per costruire e preservare la pace. Esso è espressione di sé e dei propri doni, ma anche impegno, fatica, collaborazione con altri, perché si lavora sempre con o per qualcuno. In questa prospettiva marcatamente sociale, il lavoro è il luogo dove impariamo a dare il nostro contributo per un mondo più vivibile e bello”.
Un lavoro dignitoso alimenta la pace: “Il lavoro infatti è la base su cui costruire la giustizia e la solidarietà in ogni comunità… Dobbiamo unire le idee e gli sforzi per creare le condizioni e inventare soluzioni, affinché ogni essere umano in età lavorativa abbia la possibilità, con il proprio lavoro, di contribuire alla vita della famiglia e della società”.
Ed ecco, in conclusione, l’appello del papa: “E’ più che mai urgente promuovere in tutto il mondo condizioni lavorative decenti e dignitose, orientate al bene comune e alla salvaguardia del creato. Occorre assicurare e sostenere la libertà delle iniziative imprenditoriali e, nello stesso tempo, far crescere una rinnovata responsabilità sociale, perché il profitto non sia l’unico criterio-guida”.