XXXIII domenica: Tutti nelle mani di Dio
La Liturgia in questa domenica ci annuncia una grande novità che riguarda ciascuno di noi, anche se talvolta torna duro pensare a queste cose, riflettere e agire: il mondo, questo mondo finirà. Siamo ormai alla fine dell’anno liturgico, la prossima domenica, festa di Cristo Re, si conclude l’anno , comincerà un altro anno come allo stesso modo finirà anche la nostra vita e la vita di questo mondo: è Parola di Dio.
Non vuole essere questo un messaggio allarmistico ma invito a riflettere; la cosa importante infatti è sapere che un fatto accadrà, non sapere quando accadrà; il ‘quando’ è solo stimolo di curiosità, che a noi non interessa.
Non si tratta affatto di una ipotesi fisicamente impossibile: l’uomo già va distruggendo il mondo, basta pensare al problema ecologico, che preoccupa tanto i reggitori della cosa pubblica; ai problemi sull’energia e guerra batteriologica per non parlare degli arsenali atomici; queste sono micce incandescenti che possono esplodere.
L’uomo ha creato con le sue invenzioni i presupposti per autodistruggersi. La fine di questo mondo non è affatto una ipotesi assurda, come osservava un poeta latino, Tibullo: l’uomo ha inventato le armi solo per difenderci dagli animali feroci e noi li usiamo per ucciderci a vicenda. La Parola di Dio oggi ci ripete le stesse espressioni apocalittiche: ‘il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le potenze dei cieli saranno sconvolte’.
L’attuale discorso di Gesù si ricollega al discorso della caduta di Gerusalemme, evento che si è consumato nell’anno 70 d.C. ad opera delle legioni romane. Gesù era appena entrato a Gerusalemme, il popolo lo acclamava dicendo: ‘Benedetto colui che viene nel nome del Signore’; Gesù invece piange su questa città e agli Apostoli, che erano contenti per l’accoglienza riservata al Signore, Gesù guardando la città preconizzò: di questa città e del tempio non resterà una pietra sull’altra, tutto sarà distrutto.
Alla domanda: Signore, quando questo avverrà?, Gesù confermerà dicendo: non passerà una generazione. La storia ci conferma che nell’anno 70 d.C. l’esercito romano distrusse Gerusalemme, bruciò il Tempio di Dio e ancora oggi esiste solo ‘il muro del pianto’.
La crisi che travaglia oggi il creato, la storia dell’uomo che non riesce a prendere coscienza che solo la pace, il senso di responsabilità, la condivisione e la solidarietà sono mezzi validi per superare la divisione e la fame; la stessa economia mondiale a pezzi e i mali che affliggono il mondo sono segni assai chiari del disagio cosmico. L’uomo va verso l’autodistruzione.
L’intero creato oggi presenta crepe terribili e tutte quelle realtà che ieri sembravano eterne (il sole, la luna, le stelle, l’armonia cosmica) sono destinate a finire. I segni premonitori ci parlano di una fine ormai vicina anche se davanti a Dio mille anni sono come un giorno e un giorno come mille anni. La realtà che ci circonda è certamente un campanello d’allarme.
Scopo della parola di Dio non è oggi quello di impaurire o spaventare ma manifestare la potenza di Dio che salva e la sua misericordia. Ecco perché l’apostolo Giovanni parla di ‘un nuovo cielo e una nuova terra perché quelli di prima erano scomparsi’, un mondo dove non ci sarà più né lutto, né lacrima e tutti regneranno con Cristo Re.
Alla base c’è una verità inconfondibile: siamo persone umane, responsabili delle nostre azioni e delle nostre scelte; andiamo tutti verso un grande giudizio ( sia l’uomo che crede sia chi non crede) e il giudizio di Dio non è soggettivo ma oggettivo. L’avvento definitivo è Cristo, vangelo di salvezza, in cui si compie l’attesa escatologica.
L’attesa non può né deve offuscare i nostri doveri quotidiani anzi il nostro impegno quotidiano deve costituire un momento mirabile per prepararci alla venuta del Signore e stimolare la nostra sollecitudine per essere preparati ‘con la cintura ai fianchi e le lucerne accese’. Siamo incamminati verso un compimento che il Signore stesso realizzerà.
Per questo motivo Gesù ci ricorda la parabola del fico per concludere: ‘il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno’. Anno nuovo, vita nuova! L’anno che finisce ci parla di responsabilità, presa di coscienza perché il regno di Dio è vicino. Gesù è venuto la prima volta, ritornerà una seconda volta per instaurare la condizione definitiva.
Le parole di Gesù non suonano minaccia ma sono la promessa chiara per coloro che nutrono la speranza cristiana. Cosa fare dunque? ‘Vegliate e state pronti perché non conoscete né il giorno né l’ora’.
Il cristianesimo, come vedi, non è una religione di rinunciatari, alienanti, pessimisti , ma invita solo a guardare avanti con sicura speranza, basata sulla parola di Gesù, vero Dio e vero uomo.