Il papa ad Assisi invita a resistere
Oggi papa Francesco è ritornato ad Assisi, dove ha incontrato ha incontrato 500 tra uomini e donne, giovani e anziani, in stato di disagio, in vista della Giornata mondiale dei poveri, che si celebra domenica prossima, tenendo in mano in mano il bastone in legno del pellegrino, simbolo di tutti i fedeli che nei secoli si sono messi sulle orme di san Francesco, consegnato da Abrhaley Tesfagergs Habte, rifugiato eritreo e cieco da quando aveva 5 anni a causa di una mina antiuomo.
Durante l’incontro il papa ha ringraziato i ‘poveri’ per l’invito, ricordando che Assisi è una città ‘speciale’: “Assisi non è una città come le altre: Assisi porta impresso il volto di san Francesco. Pensare che tra queste strade lui ha vissuto la sua giovinezza inquieta, ha ricevuto la chiamata a vivere il Vangelo alla lettera, è per noi una lezione fondamentale.
Certo, per alcuni versi la sua santità ci fa rabbrividire, perché sembra impossibile poterlo imitare. Ma poi, nel momento in cui ricordiamo alcuni momenti della sua vita, quei ‘fioretti’ che sono stati raccolti per mostrare la bellezza della sua vocazione, ci sentiamo attratti da questa semplicità di cuore e semplicità di vita: è l’attrazione stessa di Cristo, del Vangelo. Sono fatti di vita che valgono più delle prediche”.
Ricordando un fioretto del Santo il papa ha sottolineato il suo insegnamento di abbandono nella Provvidenza: “Siamo qui alla Porziuncola, una delle chiesette che san Francesco pensava di restaurare, dopo che Gesù che gli aveva chiesto di ‘riparare la sua casa’. Allora mai avrebbe pensato che il Signore gli chiedesse di dare la sua vita per rinnovare non la chiesa fatta di pietre, ma quella di persone, di uomini e donne che sono le pietre vive della Chiesa.”
E’ un insegnamento che il santo di Assisi dona alla Chiesa: “E se noi siamo qui oggi è proprio per imparare da ciò che ha fatto san Francesco. A lui piaceva stare a lungo in questa chiesetta a pregare. Si raccoglieva qui in silenzio e si metteva in ascolto del Signore, di quello che Dio voleva da lui. Anche noi siamo venuti qui per questo: vogliamo chiedere al Signore che ascolti il nostro grido, che ascolti il nostro grido, e venga in nostro aiuto”.
Poi il papa ha sottolineato che “la prima emarginazione di cui i poveri soffrono è quella spirituale. Ad esempio, tante persone e tanti giovani trovano un po’ di tempo per aiutare i poveri e portano loro cibo e bevande calde. Questo è molto buono e ringrazio Dio della loro generosità. Ma soprattutto mi rallegra quando sento che questi volontari si fermano un po’ a parlare con le persone, e a volte pregano insieme a loro…
Ecco, anche il nostro trovarci qui, alla Porziuncola, ci ricorda la compagnia del Signore, che Lui non ci lascia mai soli, ci accompagna sempre in ogni momento della nostra vita. Il Signore oggi è con noi. Ci accompagna, nell’ascolto, nella preghiera e nelle testimonianze date: è Lui, con noi”.
Inoltre alla Porziuncola san Francesco ha accolto santa Chiara e tanti poveri: “Accogliere significa aprire la porta, la porta della casa e la porta del cuore, e permettere a chi bussa di entrare. E che possa sentirsi a suo agio, non in soggezione, no, a suo agio, libero. Dove c’è un vero senso di fraternità, lì si vive anche l’esperienza sincera dell’accoglienza.
Dove invece c’è la paura dell’altro, il disprezzo della sua vita, allora nasce il rifiuto o, peggio, l’indifferenza: quel guardare da un’altra parte. L’accoglienza genera il senso di comunità; il rifiuto al contrario chiude nel proprio egoismo… Condividere un sorriso con chi è nel bisogno fa bene a tutt’e due, a me e all’altro. Il sorriso come espressione di simpatia, di tenerezza. E poi il sorriso ti coinvolge, e tu non potrai allontanarti dalla persona alla quale hai fatto un sorriso”.
Ha anche chiesto che sia ridata la parola ai poveri, perché questo è il tempo: “E’ tempo invece che ai poveri sia restituita la parola, perché per troppo tempo le loro richieste sono rimaste inascoltate. E’ tempo che si aprano gli occhi per vedere lo stato di disuguaglianza in cui tante famiglie vivono. E’ tempo di rimboccarsi le maniche per restituire dignità creando posti di lavoro.
E’ tempo che si torni a scandalizzarsi davanti alla realtà di bambini affamati, ridotti in schiavitù, sballottati dalle acque in preda al naufragio, vittime innocenti di ogni sorta di violenza. E’ tempo che cessino le violenze sulle donne e queste siano rispettate e non trattate come merce di scambio.
E’ tempo che si spezzi il cerchio dell’indifferenza per ritornare a scoprire la bellezza dell’incontro e del dialogo. E’ tempo di incontrarsi. E’ il momento dell’incontro. Se l’umanità, se noi uomini e donne non impariamo a incontrarci, andiamo verso una fine molto triste”.
Concludendo l’incontro ha ripreso due momenti scaturiti dal dialogo: “Ho colto, anzitutto, un grande senso di speranza. La vita non è stata sempre indulgente con voi, anzi, spesso vi ha mostrato un volto crudele. L’emarginazione, la sofferenza della malattia e della solitudine, la mancanza di tanti mezzi necessari non vi ha impedito di guardare con occhi carichi di gratitudine per le piccole cose che vi hanno permesso di resistere”.
Ma cosa significa resistere?, si domandato il papa: “Avere la forza di andare avanti nonostante tutto, andare controcorrente. Resistere non è un’azione passiva, al contrario, richiede il coraggio di intraprendere un nuovo cammino sapendo che porterà frutto. Resistere vuol dire trovare dei motivi per non arrendersi davanti alle difficoltà, sapendo che non le viviamo da soli ma insieme, e che solo insieme le possiamo superare.
Resistere ad ogni tentazione di lasciar perdere e cadere nella solitudine e nella tristezza. Resistere, aggrappandosi alla piccola o poca ricchezza che possiamo avere. Penso alla ragazza dell’Afghanistan, con la sua frase lapidaria: il mio corpo è qui, la mia anima è là.
Resistere con la memoria, oggi. Penso alla mamma romena che ha parlato alla fine: dolori, speranza e non si vede l’uscita, ma la speranza forte nei figli che l’accompagnano e le ridanno la tenerezza che hanno ricevuto da lei”.
Al termine il papa ha salutato alcune persone, distribuendo kit con zaino marrone, coperte e mantelline; poi tutti i partecipanti hanno pranzato con l’arcivescovo di Assisi, mons. Domenico Sorrentino, e il presidente dei vescovi umbri, mons. Renato Boccardo, consumando prodotti tipici e a chilometro zero.
(Foto: Santa Sede)