Dalla diocesi di Sora un cammino sinodale con la famiglia

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Il cammino sinodale della diocesi di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo inizia dalla frontiera della famiglia con la lettera pastorale, ‘Famiglia, frontiera dell’essere Chiesa’, che il vescovo, mons. Gerardo Antonazzo, ha scritto e che farà da guida ai lavori sinodali della diocesi laziale, inseriti in quelli della Chiesa italiana e universale: una ‘frontiera’ che la famiglia sta conoscendo ma che può e deve superare grazie anche ad una spiritualità intensa, capace di non far esaurire la celebrazione eucaristica, come è scritto nella lettera:

“E’ ormai maturo il tempo di riprendere a sentire la gioia e la pienezza di respirare con due polmoni: la Chiesa particolare, cioè la diocesi, e la Chiesa domestica. Bisogna riconoscere che la presenza più diffusa e più capillare della Chiesa diocesana sul territorio è concretizzata dalle singole comunità domestiche.

La Chiesa particolare si edifica come famiglia di famiglie. Le parrocchie svolgono il compito organizzativo e formativo nel promuovere la grazia e la bellezza della fede battesimale attraverso l’annuncio, la preghiera e la carità. La parrocchia si configura come realtà intermedia tra la Chiesa diocesana e le comunità familiari”.

Mons. Antonazzo suggerisce che i grandi ‘avvenimenti’ dell’infanzia di Gesù sono avvenuti nelle mura domestiche: “L’Incarnazione è avvenuta in una casa, il Magnificat e il Benedictus sono stati cantati in famiglia, la prima Eucaristia si è svolta in una casa. Nei primi due secoli la Chiesa si è sempre riunita nella casa di famiglia.

Per la comunità cristiana che accoglie un uomo e una donna, divenuti genitori, si schiude la possibilità di aiutarli a riconoscere, nella grazia della generazione, le tracce del mistero di Dio che si rivela, a loro e ai loro figli.

E proprio perché le storie familiari sono oggi molto diverse, la comunità cristiana sempre più è chiamata a fare pastorale familiare per offrire cammini articolati, anche personalizzati, capaci di accompagnare e sostenere vicende peculiari, talvolta gravemente ferite”.

Il vescovo si sofferma a sottolineare il significato della parola ‘casa’: “Nei primi Padri oikos-oikia designa sia l’edificio che ospita la famiglia sia la famiglia stessa. Dal fatto che oikos/oikia intesa come famiglia comprendeva di norma alcune decine di persone (padre, madre, figli, parenti prossimi, servi, salariati temporanei, clienti) si deducono anche le dimensioni normali di oikos/oikia intesa come edificio, che doveva essere ovviamente tale da permettere la vita quotidiana di alcune decine di persone.

L’espressione ‘Chiesa domestica’ continua perciò a indicare, come nel Nuovo Testamento, la comunità cristiana che si incontra in una casa; ma ormai non è più una semplice casa ‘privata’ nella quale una famiglia ospita anche altri cristiani; è, si potrebbe dire, un luogo ‘semi pubblico’, che diventa punto di riferimento stabile della comunità”.

Dopo un excursus storico teologico intorno alla concezione della famiglia il vescovo due osservazioni intorno alla comunità cristiana, chiedendo anche un annuncio a coloro che non partecipano alla messa pur essendo nella parrocchia :

“La prima è che la maggior parte dei cristiani delle nostre comunità cristiane (che non coincidono con le comunità eucaristiche) vivono al di fuori dei nostri ‘recinti parrocchiali’. Questo significa che la maggior parte della ‘chiesa’ vive fuori dalla Parrocchia e la comunità eucaristica è, nella migliore delle ipotesi, un quinto della comunità cristiana”.

Quindi è necessario uno slancio missionario: “Riguardo alla testimonianza della fede e del Vangelo, questa è affidata in larga parte ai cristiani che vivono ‘attorno alla piazza’ e non solo a quelli che vivono all’ombra del campanile: in famiglia, sul lavoro, nella scuola, all’università, nei luoghi del tempo libero.

Sono loro (genitori, nonni, lavoratori, studenti, allenatori, animatori, gestori di esercizi pubblici, ecc.) la maggior parte degli operatori pastorali che concorrono allo slancio missionario richiesto alle nostre Parrocchie. Si tratta di un aspetto irrinunciabile”.

L’altra osservazione riguarda la cultura contemporanea intorno alla famiglia: “La seconda osservazione riguarda la necessaria reazione e resilienza rispetto ad una cultura disfattista contro la famiglia: non possiamo nasconderci che oggi l’istituto familiare è assediato da una cultura di discredito.

La sfiducia nella famiglia dovuta anche alle sue fragilità, porta spesso anche nei nostri ambienti ecclesiali la convinzione che la parrocchia debba educare alla fede ‘nonostante la famiglia’ o in supplenza della famiglia…

Il mistero della comunione della Chiesa arriva fino a rifletter si e ad essere realmente partecipato, sebbene a suo modo, da quella piccola comunità che è la famiglia cristiana, dal Concilio indicata Chiesa domestica”.

Perciò la famiglia è chiamata anche ad una ‘creatività educativa’: “La casa è il luogo privilegiato delle relazioni familiari, che costituiscono il tessuto connettivo di quella ‘storia di salvezza’ che la famiglia, ‘chiesa domestica’, può costruire attraverso le vicende di ogni giorno.

Potremmo definire quindi la casa come il ‘cantiere’ della santità degli sposi e della famiglia. Educare è una missione che attinge da Dio (che è padre e madre) l’arte di educare i figli anche alla vita spirituale. Si impara da Dio come educare all’esperienza del Mistero, e tutta la Bibbia è narrazione della pedagogia divina che educa il suo popolo. Le relazioni familiari educano e introducono all’esperienza reale, concreta, visibile di Chiesa.

Ed ogni famiglia diventa una vera ricchezza quando cammina con altre famiglie dentro la propria comunità cristiana. Il compito educativo in famiglia è connesso agli impresi presi dai genitori nella celebrazione del sacramento del Matrimonio dei genitori e del Battesimo dei figli: è una questione di fedeltà e di responsabilità alle promesse fatte”.

Ed è necessario che in famiglia avvenga l’annuncio del Vangelo: “Il rinnovamento della catechesi in tempo di pandemia chiede di passare da un modello di proposta della fede assimilabile ad una ‘catena di montaggio’, dove basta assemblare i diversi pezzi per un prodotto sempre uguale a se stesso, ad un ‘laboratorio artigianale’ nel quale l’iniziazione all’esperienza della fede prende forma, grazie alla capacità artistica di un rapporto creativo, prezioso, unico e irripetibile. La proposta di catechesi domestica impegna in una creazione artigianale da realizzare ‘a misura’ di persona”.

La lettera pastorale si chiude con una preghiera del vescovo: “Dio di bontà e amore infinito, rigenera l’amore di uomo e di donna, da te chiamati a sublimi espressioni di anime pure e di menti estasiate. Torna a soffiare nel cuore di ognuno il caldo respiro dell’amore divino. Sognàti da te e plasmati per te, ci crei per amore e ci chiedi di amare.

Tra tutte le opere dell’intero universo, stupendo disegno di infinita sapienza, hai danzato di gioia per l’uomo e la donna, plasmati da te maschio e femmina. Questa volta sì, osso da ossa, carne da carne, inseparabile unità. Eterna bellezza di un’attrazione divina che unisce per sempre. Un bacio di anime e un abbraccio di corpi, tenerezza indicibile, per diventare di due un’unica carne.

Non è bene dividere ciò che Dio ha congiunto: non c’è gioia nell’odio, non letizia nell’ira. Risana, Signore, il rancore e l’orgoglio, ricomponi discordie di umana arroganza, guarisci le piaghe che grondano rabbia, riporta al perdono la coppia ferita. Cristo Signore, la tua croce è follia, passione d’amore che tutto risana. Prepara il cuore al dono totale e saremo disposti l’uno per l’altra a dire ogni giorno: ti amo per sempre!”

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