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Operare santamente alla scuola di san Massimiliano Kolbe

«Qual era, anzitutto, il progetto ideale di san Massimiliano Kolbe? In termini generali, quello di dare vita a una forza operante nella Chiesa, ossia a un esercito di consacrati all’Immacolata che operassero alla santificazione propria e alla conversione dei peccatori, eretici, scismatici, giudei, e specialmente dei massoni».
Questo il focus del saggio che Padre Stefano Maria Manelli, fondatore nel 1990 dei Frati francescani dell’Immacolata e ministro generale di questo Istituto religioso fino al 2013, dedica al tema dell’operare santamente alla scuola di san Massimiliano Kolbe, sacerdote polacco dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali conosciuto come il “San Francesco del XX secolo”, sull’ultimo numero della rivista internazionale di teologia, storia e spiritualità Miscellanea kolbiana (pp. 11-21).
Altri interessanti approfondimenti presenti sul numero corrente della rivista diretta da Padre Settimio M. Manelli (Amministratore parrocchiale della chiesa di Nostra Signora della Misericordia a Sanremo), riguardano la battaglia di san Massimiliano contro le sette massoniche (cfr. Padre Paolo M. Siano, San Massimiliano M. Kolbe a la Massoneria, pp. 23-69), la vita ascetica kolbiana (cfr. Padre Maurizio Maria Mazzieri, La via illuminativa in san Massimiliano Kolbe, pp. 71-93) e, infine, la via del perfetto “Cavaliere dell’Immacolata” nella testimonianza, negli scritti e negli esempi di san Massimiliano (cfr. Suor Elisabetta della SS. Trinità, Il Cavaliere dell’Immacolata, Cavaliere della “Vergine fatta Chiesa”, pp. 95-125).
La rivista Miscellanea kolbiana, fondata nel 2024 nella ricorrenza del 130° anniversario della nascita di san Massimiliano (nato a Zduńska Wola l’8 gennaio 1894 e ucciso con un’iniezione letale nel campo di concentramento nazista di Auschwitz il 14 agosto 1941), ha come scopo quello di approfondire e far conoscere sempre meglio la teologia, la storia e la spiritualità del santo martire polacco.
Nella sequela di padre Kolbe, che fu ispirato a fondare nel 1917 la Milizia dell’Immacolata dopo aver visto una processione anticlericale girare per le strade di Roma, anche la nuova rivista vuole contribuire ad offrire una risposta di amore alla verità proprio in questa fase della storia in cui la Chiesa ha più bisogno di essere difesa e sostenuta nella sua santità “senza macchia e senza ruga” (Efesini 5,27). La memoria liturgica di san Massimiliano ricorre il 14 Agosto, giorno del suo martirio.
I collaboratori della rivista, prevalentemente francescani, grazie alla loro formazione teologica e spirituale per lo più ricevuta presso le Pontificie Università di Roma, si propongono di sviluppare, approfondire, presentare o semplicemente riproporre gli elementi portanti e fondamentali della figura di san Massimiliano Kolbe, in tutta la sua completezza, teologica, spirituale, storica, morale e apostolica. Un accento tutto speciale viene posto dalla rivista sull’aspetto che più ha caratterizzato il santo polacco: la sua mariologia fondata sulla Mediazione universale di grazie dell’Immacolata, vissuta tramite il “quarto voto” di consacrazione a Lei. Un quarto voto divenuto oggi Voto Mariano di consacrazione illimitata all’Immacolata.
La rivista è rivolta non solo a teologi e studiosi di francescanesimo o di mariologia, ma a tutti coloro che desiderano approfondire e conoscere la spiritualità e la teologia di san Massimiliano, in particolare la sua speciale devozione e consacrazione all’Immacolata.
Per ulteriori informazioni o per ordinare eventualmente una copia saggio della rivista si può contattare l’Associazione Casa Mariana Editrice: indirizzo postale: Contrada Passaturo snc, 71013 San Giovanni Rotondo (FG); posta elettronica: cm.editrice@gmail.com; tel. 0825/444.415.
Matelica ha ricordato suor Chiara Augusta Lainati

Nelle scorse settimane il Monastero delle Clarisse di Matelica, in collaborazione con BAP (Biblioteca Archivio Pinacoteca) francescana delle Marche, la Pinacoteca ‘San Giacomo della Marca’ e la Provincia Picena dei Frati Minori ‘San Giacomo della Marca’, ha organizzato un convegno dedicato a suor Chiara Augusta Lainati, ad un anno dalla sua morte, con la partecipazione del prof. Marco Bartoli, docente di storia medievale alla Libera Università Maria Santissima Assunta (LUMSA) di Roma, sul tema ‘Suor Chiara Augusta Lainati e gli studi inerenti santa Chiara d’Assisi: contributo ed eredità’.
Suor Chiara Augusta Lainati era nata a Saronno (Varese) nel 1939 ed ha studiato filologia classica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore (Milano) dove ha conseguito il dottorato nel 1962 con la tesi ‘Studi su santa Chiara d’Assisi’ di cui fu relatore il prof. Ezio Franceschini. Quindici giorni dopo la difesa del dottorato entrò nel Protomonastero Santa Chiara d’Assisi, una comunità di clarisse che vantava un legame con l’Università Cattolica del Sacro Cuore già dalla fondazione da parte di p. Agostino Gemelli. Veste l’abito delle Sorelle Povere di santa Chiara il 21 gennaio 1963, emette la prima professione il 19 aprile 1964 e la professione solenne il 20 aprile 1967.
Molto ricercata in convegni e pubblicazioni con collaborazioni scientifiche sulla spiritualità francescano-clariana, ha operato anche nel campo della trasmissione del carisma francescano nonché nella formazione delle giovani clarisse in diversi monasteri. Gli ultimi anni di vita (caratterizzati da varie infermità) sono trascorsi nel monastero di Matelica, nelle Marche, dove è giunta nel 2001, fino alla sua morte avvenuta il 2 marzo dello scorso anno, festa di sant’Agnese di Boemia, figlia del re di Boemia. Assieme al francescano p. Giovanni Boccali nel 1977 scoprì ‘Audite poverelle’ ossia lo scritto in lingua volgare che Francesco d’Assisi morente inviò alla comunità di San Damiano, che nel 2000 il cantautore Angelo Branduardi musicò nel suo album ‘L’infinitamente piccolo’.
Al relatore, prof. Marco Bartoli, chiediamo di spiegarci il motivo di un convegno dedicato a suor Chiara Augusta Lainati: “Un convegno ad un anno dalla morte di una religiosa nasce anzitutto dall’affetto che le portano le sue consorelle, che hanno conosciuto in lei una testimonianza preziosa che non deve essere dimenticata. Penso anzitutto alle sorelle di Matelica, nel cui monastero suor Chiara Augusta è vissuta negli ultimi anni, ma poi a tante consorelle in tutta Italia. Accanto a loro ci sono poi tanti studiosi, frati e laici, che hanno conosciuto personalmente od attraverso i suoi scritti suor Lainati e ne hanno approfondito alcune delle intuizioni”.
Perchè diede vita alla rivista ‘Forma Sororum’, edita dalle Clarisse?
“La rivista ‘Forma Sororum’ riprende un’antica intuizione di Chiara d’Assisi, che era in contatto epistolare con Agnese di Boemia e probabilmente con molte altre religiose in diversi luoghi della cristianità: vivere in clausura non significa precludersi ogni comunicazione con l’esterno, al contrario, un’intensa vita di fede presuppone l’esigenza di essere comunicata e condivisa con altri. Suor Chiara Augusta ha riletto in chiave moderna questa intuizione dando vita ad una rivista che è, da una parte, uno strumento di comunicazione tra i diversi monasteri di clarisse delle diverse obbedienze in Italia e, d’altra parte, un’occasione per dialogare con quanti e quante, al di fuori del mondo claustrale, sentono il piacere di entrare in relazione con le sorelle povere”.
Quanto sono stati importanti i suoi studi su santa Chiara?
“Suor Chiara Augusta Lainati, sin dai suoi studi all’Università Cattolica di Milano ha colto l’originalità della testimonianza di Chiara d’Assisi e per prima ne ha indicato l’importanza per la comprensione dell’intero mondo minoritico. E’ stata lei ha produrre la prima raccolta di testi redatti da Sorelle Povere nel corso dei secoli. E’ stata sempre lei a suggerire l’inserimento delle Fonti clariane nel volume delle Fonti Francescane, pubblicato per la prima volta nel 1977.
La sua biografia di Chiara ha avuto un successo editoriale straordinario, con traduzioni in tante lingue. E sempre lei è stata all’origine della scoperta di uno straordinario testo di Francesco d’Assisi, l’ ‘Audite poverelle’. Madre Chiara Augusta era una donna del Concilio Vaticano II, da cui ha preso tra l’altro l’invito per i religiosi a tornare al carisma dei fondatori. Il suo contributo alla comprensione del carisma francescano/clariano resta imprescindibile”.
Quanto è importante la santità femminile nell’ordine francescano?
“I Frati minori per molto tempo hanno sottovalutato l’importanza di Chiara d’Assisi, la quale invece rimase fedele, per tutti i 27 anni in cui è sopravvissuta a Francesco, all’ideale dei primi tempi della fraternitas minoritica. Aver ricollocato Chiara dentro il carisma francescano è significato dare il giusto valore alla dimensione spirituale e contemplativa che fu anche di Francesco d’Assisi e che, troppe volte, è messa di lato nella consapevolezza dei frati minori. D’altra parte madre Lainati ha sempre ricordato alle sue consorelle clarisse che il carisma clariano non si comprende se non in profonda unità con quello francescano”.
Cosa significa ricordare suor Lainati?
“Ricordare madre Chiara Augusta Lainati vuol dire dare eco ad un’intuizione evangelica, quella di Francesco e di Chiara, che lei ha compreso e descritto come pochi altri. La fedeltà creativa a questa intuizione evangelica può essere seme di futuro in un mondo che ha sempre più bisogno di ritrovare un orientamento”.
Papa Leone XIV ribadisce la ‘dignità’ delle Chiese orientali

“Cristo è risorto. E’ veramente risorto! Vi saluto con le parole che, in molte regioni, l’Oriente cristiano in questo tempo pasquale non si stanca di ripetere, professando il nucleo centrale della fede e della speranza. Ed è bello vedervi qui proprio in occasione del Giubileo della speranza, della quale la risurrezione di Gesù è il fondamento indistruttibile. Benvenuti a Roma! Sono felice di incontrarvi e di dedicare ai fedeli orientali uno dei primi incontri del mio pontificato”: questo è stato il saluto di papa Leone XIV ricevendo in udienza i partecipanti al Giubileo delle Chiese orientali con un appello a far tornare nel mondo la ‘dignità della pace’.
Ripetendo le parole di papa Francesco nel discorso di qualche mese fa ai partecipanti all’Assemblea della ROACO, il papa ha sottolineato la preziosità delle Chiese orientali a conclusione del loro giubileo: “Siete preziosi. Guardando a voi, penso alla varietà delle vostre provenienze, alla storia gloriosa e alle aspre sofferenze che molte vostre comunità hanno patito o patiscono”.
Poi ha citato papa Leone XIII e papa san Giovanni Paolo II per ribadire la ‘dignità’ della liturgia delle Chiese orientali: “E’ significativo che alcune delle vostre Liturgie (in questi giorni le state celebrando solennemente a Roma secondo le varie tradizioni) utilizzano ancora la lingua del Signore Gesù.
Ma papa Leone XIII espresse un accorato appello… La sua preoccupazione di allora è molto attuale, perché ai nostri giorni tanti fratelli e sorelle orientali, tra cui diversi di voi, costretti a fuggire dai loro territori di origine a causa di guerra e persecuzioni, di instabilità e povertà, rischiano, arrivando in Occidente, di perdere, oltre alla patria, anche la propria identità religiosa. E così, con il passare delle generazioni, si smarrisce il patrimonio inestimabile delle Chiese Orientali”.
E’ stato un invito anche a sostenere i cattolici che devono fuggire dalle terre del Medio Oriente: “Accogliamo l’appello a custodire e promuovere l’Oriente cristiano, soprattutto nella diaspora; qui, oltre ad erigere, dove possibile e opportuno, delle circoscrizioni orientali, occorre sensibilizzare i latini. In questo senso chiedo al Dicastero per le Chiese Orientali, che ringrazio per il suo lavoro, di aiutarmi a definire principi, norme, linee-guida attraverso cui i Pastori latini possano concretamente sostenere i cattolici orientali della diaspora e a preservare le loro tradizioni viventi e ad arricchire con la loro specificità il contesto in cui vivono”.
Per questo ha sottolineato che la Chiesa ha bisogno di loro: “Quanto è grande l’apporto che può darci oggi l’Oriente cristiano! Quanto bisogno abbiamo di recuperare il senso del mistero, così vivo nelle vostre liturgie, che coinvolgono la persona umana nella sua totalità, cantano la bellezza della salvezza e suscitano lo stupore per la grandezza divina che abbraccia la piccolezza umana!”
Ed ha sottolineato che occorre riscoprire la spiritualità orientale: “E quanto è importante riscoprire, anche nell’Occidente cristiano, il senso del primato di Dio, il valore della mistagogia, dell’intercessione incessante, della penitenza, del digiuno, del pianto per i peccati propri e dell’intera umanità (penthos), così tipici delle spiritualità orientali! Perciò è fondamentale custodire le vostre tradizioni senza annacquarle, magari per praticità e comodità, così che non vengano corrotte da uno spirito consumistico e utilitarista”.
Il motivo di questo appello consiste nel fatto che la spiritualità orientale è come medicina, riprendendo le parole di sant’Efrem il Siro: “Le vostre spiritualità, antiche e sempre nuove, sono medicinali. In esse il senso drammatico della miseria umana si fonde con lo stupore per la misericordia divina, così che le nostre bassezze non provochino disperazione, ma invitino ad accogliere la grazia di essere creature risanate, divinizzate ed elevate alle altezze celesti. Abbiamo bisogno di lodare e ringraziare senza fine il Signore per questo…
E’ un dono da chiedere quello di saper vedere la certezza della Pasqua in ogni travaglio della vita e di non perderci d’animo ricordando, come scriveva un altro grande padre orientale, che ‘il più grande peccato è non credere nelle energie della Risurrezione’”.
Ciò è dovuto perché conoscono il male della guerra e ne sono martiri: “Chi dunque, più di voi, può cantare parole di speranza nell’abisso della violenza? Chi più di voi, che conoscete da vicino gli orrori della guerra, tanto che papa Francesco chiamò le vostre Chiese ‘martiriali’? E’ vero: dalla Terra Santa all’Ucraina, dal Libano alla Siria, dal Medio Oriente al Tigray e al Caucaso, quanta violenza!”
Per questo papa Leone XIV ha invitato a pregare per la pace: “E su tutto questo orrore, sui massacri di tante giovani vite, che dovrebbero provocare sdegno, perché, in nome della conquista militare, a morire sono le persone, si staglia un appello: non tanto quello del papa, ma di Cristo, che ripete: ‘Pace a voi!’… La pace di Cristo non è il silenzio tombale dopo il conflitto, non è il risultato della sopraffazione, ma è un dono che guarda alle persone e ne riattiva la vita. Preghiamo per questa pace, che è riconciliazione, perdono, coraggio di voltare pagina e ricominciare”.
Anzi, papa e Chiesa saranno in prima linea per la promozione della pace: “Perché questa pace si diffonda, io impiegherò ogni sforzo. La Santa Sede è a disposizione perché i nemici si incontrino e si guardino negli occhi, perché ai popoli sia restituita una speranza e sia ridata la dignità che meritano, la dignità della pace. I popoli vogliono la pace e io, col cuore in mano, dico ai responsabili dei popoli: incontriamoci, dialoghiamo, negoziamo!”
E’ stato un invito a non uccidere: “La guerra non è mai inevitabile, le armi possono e devono tacere, perché non risolvono i problemi ma li aumentano; perché passerà alla storia chi seminerà pace, non chi mieterà vittime; perché gli altri non sono anzitutto nemici, ma esseri umani: non cattivi da odiare, ma persone con cui parlare. Rifuggiamo le visioni manichee tipiche delle narrazioni violente, che dividono il mondo in buoni e cattivi”.
Quindi ha chiesto che i cristiani non siano cacciati dalla terra Santa: “La Chiesa non si stancherà di ripetere: tacciano le armi. E vorrei ringraziare Dio per quanti nel silenzio, nella preghiera, nell’offerta cuciono trame di pace; e i cristiani (orientali e latini) che, specialmente in Medio Oriente, perseverano e resistono nelle loro terre, più forti della tentazione di abbandonarle. Ai cristiani va data la possibilità, non solo a parole, di rimanere nelle loro terre con tutti i diritti necessari per un’esistenza sicura. Vi prego, ci si impegni per questo!”
Ha concluso l’udienza con la citazione di san Simeone il Nuovo Teologo, che invitava a non ‘spegnere’ il cuore: “Continuate a brillare per fede, speranza e carità, e per null’altro. Le vostre Chiese siano di esempio, e i Pastori promuovano con rettitudine la comunione, soprattutto nei Sinodi dei Vescovi, perché siano luoghi di collegialità e di corresponsabilità autentica. Si curi la trasparenza nella gestione dei beni, si dia testimonianza di dedizione umile e totale al santo popolo di Dio, senza attaccamenti agli onori, ai poteri del mondo e alla propria immagine”.
(Foto: Santa Sede)
A Soul successo di pubblico

Per cinque giorni, dal 19 al 23 marzo, il festival di spiritualità, Soul’ ha registrato il tutto esaurito agli oltre 60 appuntamenti diffusi in città sul tema ‘Fiducia, la trama del noi’ con 90 protagonisti d’eccezione fra cui David Grossman, Luigi Lo Cascio, Massimo Recalcati, Rav Roberto Della Rocca, José Tolentino de Mendonça, Elena Beccalli, David Quammen, Pierangelo Sequeri, Lino Guanciale, Maurizio Ferraris, Marta Cartabia e molti altri. Riscontro sorprendente anche per SOUL Young, la rassegna ideata e curata da giovani under 30.
Cinque giorni di festival diffuso, più di 60 appuntamenti e 90 protagonisti fra scrittori, teologi, filosofi, giornalisti, scienziati, musicisti e intellettuali chiamati a riflettere e a confrontarsi sul tema ‘Fiducia, la trama del noi’: con oltre 10.000 partecipanti, la seconda edizione di SOUL Festival di Spiritualità Milano, promosso da Università Cattolica del Sacro Cuore e Arcidiocesi di Milano con il patrocinio del Comune di Milano, ha confermato anche quest’anno un ampio successo di pubblico, con una partecipazione di grande qualità, interesse e attenzione attraverso i diversi momenti del palinsesto ideato dal comitato curatoriale composto da Luca Bressan, Armando Buonaiuto, Valeria Cantoni Mamiani e Aurelio Mottola.
Un invito a concedersi una pausa di riflessione, ispirazione e profondità dal ritmo frenetico di Milano, che tantissime persone hanno accolto scegliendo di prendere parte dal 19 al 23 marzo a lezioni, dialoghi, spettacoli, concerti, performance, laboratori esperienziali, segnando il tutto esaurito. Un’occasione unica di sosta e ascolto per esplorare le molteplici sfaccettature della fiducia, intesa anche come pratica concreta, fatta di gesti, ascolto e presenza, da coltivare con consapevolezza, spirito critico e apertura al cambiamento. A sorprendere, in questa direzione, è stata inoltre la forte adesione a SOUL Young, rassegna ideata e curata da giovani under 30, che ha affrontato il tema della fiducia anche con un linguaggio inedito come quello della stand up comedy: 380 i partecipanti nella sola giornata di sabato.
Un ringraziamento particolare va a tutti i Partner che hanno reso possibile SOUL Festival di Spiritualità Milano: ai Main Partner Intesa Sanpaolo e Humanitas University, ai Partner Edison e CFMT – Centro di Formazione Management del Terziario. A Fondazione Cariplo e Fondazione Rocca per il loro contributo, Rai Cultura e Avvenire per la media partnership, Fondazione Amplifon e Comieco.
Grazie in modo particolare al Comune di Milano che, oltre ad aver concesso il patrocinio all’iniziativa, ha sostenuto il festival con un’ampia campagna di comunicazione in tutta la città e a tutti i partner culturali e i luoghi che hanno ospitato il palinsesto: Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Memoriale della Shoah di Milano, Philo – Pratiche Filosofiche, Piccolo Teatro di Milano, Triennale Milano, Accademia di Brera, Frigoriferi Milanesi, Teatro Franco Parenti e Carcere di San Vittore, Basilica di San Nazaro in Brolo, Basilica di San Simpliciano, Castello Sforzesco, Duomo di Milano, Museo Diocesano di Milano, Refettorio Ambrosiano, Sagrestia di Santa Maria delle Grazie e altri.
Tanti i momenti di grande intensità del festival, a partire dall’evento inaugurale con la partecipazione straordinaria di David Grossman nell’Aula Magna dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, che ha riflettuto sulla bontà come scelta consapevole e atto di resistenza in un mondo segnato dalla diffidenza e dai conflitti: “Si dice che quando ami qualcuno, lo incontri a metà strada, ognuno fa la sua metà, ma non è così. Entrambi devono percorrere tutto il cammino, altrimenti l’amore non è abbastanza sincero”, ha dichiarato Grossman, sottolineando la difficoltà di costruire il dialogo quando si è ‘nati nemici’ e come la vera trasformazione richieda uno sforzo attivo, un’apertura al cambiamento capace di spezzare l’armatura dell’odio. Per proseguire, la stessa sera, con la lettura scenica, accompagnata da sonorizzazioni dal vivo di G.U.P. Alcaro, del capolavoro La strada di Cormac McCarthy a cura di Luigi Lo Cascio, capace con la sua interpretazione di dare corpo alla struggente narrazione di un padre e un figlio in un mondo ridotto in cenere, dove la sopravvivenza è una prova continua.
A condividere un messaggio di fiducia in relazione all’Europa è stata anche Roberta Metsola, Presidente del Parlamento europeo, con uno speciale videosaluto in cui ha sottolineato l’importanza deòò’iniziativa: “Il SOUL Festival di Spiritualità è un’opportunità per riscoprire ciò che ci unisce. Il tema di quest’anno tocca un aspetto essenziale della nostra convivenza, la fiducia, che è il fondamento delle nostre relazioni, della coesione sociale e della costruzione del futuro.
Senza fiducia non c’è comunità, non c’è progresso, non c’è pace. Nel mio discorso di insediamento per il secondo mandato da Presidente del Parlamento europeo ho sottolineato proprio l’importanza di custodire e costruire l’Europa sulla base di un legame di fiducia tra istituzioni e cittadini, tra popoli e nazioni, tra passato e futuro. Credere nella promessa dell’Europa significa credere nella sua capacità di unire, di dare speranza e di garantire dignità per tutti.
E’ con questo spirito che desidero esprimere il mio profondo apprezzamento per questo evento, che offre alla città di Milano un’occasione preziosa per intrecciare esperienze, visioni e prospettive diverse valorizzando il dialogo come strumento di crescita e comprensione reciproca. Il vostro lavoro e il vostro impegno sono più che mai necessari in un tempo in cui l’umanità ha bisogno di riscoprire il valore del noi. Buon festival a tutti”.
“Anche quest’anno SOUL Festival si è confermato un luogo di incontro tra pensiero critico e spiritualità, dando voce a tanti temi diversi, dalla letteratura alla scienza, dall’economia alla filosofia, fino alle tradizioni religiose e spirituali, nell’intento di individuare nuove vie per affrontare il presente e immaginare il futuro.
La qualità della partecipazione è stata sorprendente e commovente: un pubblico molto attento, concentrato nell’ascolto, ha conferito al festival un profondo senso di comunità e condivisione, che rappresenta l’essenza della nostra manifestazione. Ringraziamo tutti i partecipanti per aver contribuito a costruire la ‘trama del noi’ con la loro presenza e passione”, afferma il comitato curatoriale del festival, Luca Bressan, Armando Buonaiuto, Valeria Cantoni Mamiani e Aurelio Mottola.
Tra i numerosi ospiti della seconda edizione: Eraldo Affinati, Rav Alfonso Arbib, Teresa Bartolomei, Elena Beccalli, Miguel Benasayag, Alessandro Bergonzoni, Massimo Cacciari, Marta Cartabia, Aldo Cazzullo, Maia Cornacchia, Mario Delpini, Ambrogio Fasoli, Maurizio Ferraris, Ilaria Gaspari, Gilles Gressani, Gian Maria Gros-Pietro, Lino Guanciale, Nicola Lagioia, Matteo Lancini, Andrea Loreni, Alberto Mantovani, Mauro Magatti, Michela Matteoli, Daniele Mencarelli, Paolo Nori, Carlo Ossola, Nando Pagnoncelli, Massimiliano Panarari, Silvano Petrosino, David Quammen, Rav Roberto Della Rocca, Massimo Recalcati, Pierangelo Sequeri, Antonio Spadaro, José Tolentino de Mendonça, Maryanne Wolf, e altri ancora.
La sorprendente risposta del pubblico (gremiti tutti gli incontri del palinsesto) testimonia come SOUL Festival accolga e risponda a un’esigenza profonda di spiritualità e di ricerca interiore, offrendo spazi autentici di ascolto e dialogo intorno al tema della fiducia: nei legami, nelle parole, nel futuro. Fra questi il grande interesse per il ciclo dedicato ai ‘Maestri di fiducia’ nella Sagrestia di Santa Maria delle Grazie ha portato alla luce, in particolare, il desiderio di trovare nuove guide e riflessioni comuni, mentre l’intensa e la sentita partecipazione alle cene monastiche al Refettorio Ambrosiano ha espresso la necessità diffusa di rallentare per ritrovare un senso nei gesti più piccoli, aprendosi alla comunità, nella relazione con l’altro.
A Milano Soul tesse la trama della fiducia: a colloquio con Armando Bonaiuto

Ad aprire il Festival oggi, mercoledì 19 marzo alle ore 18.00, saranno David Grossman nell’Aula Magna dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ed alle ore 21.30 Luigi Lo Cascio al Teatro ‘Franco Parenti’; mentre la chiusura si svolge domenica 23 marzo alle ore 21.00 alla Basilica di San Nazaro in Brolo con un recital di Simonetta Solder e Valeria Cantoni Mamiani dall’autobiografia di Santa Teresa di Lisieux.
Tra gli ospiti: Eraldo Affinati, Teresa Bartolomei, Elena Beccalli, Miguel Benasayag, Alessandro Bergonzoni, Massimo Cacciari, Marta Cartabia, Aldo Cazzullo, Maia Cornacchia, Mario Delpini, Ambrogio Fasoli, Maurizio Ferraris, Ilaria Gaspari, Gilles Gressani, Lino Guanciale, Nicola Lagioia, Matteo Lancini, Andrea Loreni, Alberto Mantovani, Mauro Magatti, Michela Matteoli, Daniele Mencarelli, Paolo Nori, Carlo Ossola, Nando Pagnoncelli, Massimiliano Panarari, Silvano Petrosino, David Quammen, Rav Roberto Della Rocca, Massimo Recalcati, Pierangelo Sequeri, Antonio Spadaro, José Tolentino de Mendonça, Maryanne Wolf, e molti altri.
Ed anche un palinsesto articolato, dalle cene monastiche nel Refettorio Ambrosiano alla meditazione all’alba sulle Terrazze del Duomo, dagli esercizi spirituali mattutini sulle merlate del Castello Sforzesco alla lectio magistralis nel Carcere di San Vittore, insieme a dialoghi, laboratori e pratiche filosofiche, concerti, alla nuova rassegna ‘SOUL Young’ curata da giovani under 30, per esplorare le declinazioni della fiducia attraverso le tradizioni religiose e spirituali, le arti, la filosofia, l’economia, la scienza, la politica e tanto altro ancora.
‘Fiducia, la trama del noi’ è il tema al centro della seconda edizione di ‘SOUL Festival di Spiritualità’, l’appuntamento promosso dall’Università Cattolica del Sacro Cuore e dall’Arcidiocesi di Milano, con il patrocinio del Comune di Milano, che torna nei luoghi significativi della città. Dalla letteratura alla scienza, dall’economia alla filosofia, abbracciando le tradizioni religiose e spirituali, le arti visive e il teatro, il Festival presenta una lettura transdisciplinare della fiducia attraverso lo sguardo di circa 90 protagonisti fra scrittori, teologi, filosofi, giornalisti, scienziati, musicisti e intellettuali, esplorandone le molteplici declinazioni e sfaccettature.
Con un palinsesto di oltre 60 momenti (interamente ideato dal comitato curatoriale composto da don Luca Bressan, Armando Buonaiuto, Valeria Cantoni Mamiani, Aurelio Mottola) fra lezioni e dialoghi, spettacoli e concerti, performance, pratiche di fiducia attraverso canto, corpo e danza, laboratori esperienziali e attività per le scuole, il Festival si propone come occasione di sosta e ascolto, per trovare una dimensione più profonda dell’essere insieme e suggerire altri ritmi e itinerari del pensiero, rispondendo a un bisogno autentico di spiritualità:
“Sono contento che SOUL conosca una seconda edizione, a dimostrazione che Milano ha davvero sete di spiritualità. La partecipazione conosciuta lo scorso anno, numerosa e di qualità, è segno di un’attesa e di una ricerca di senso, e di Dio, che è ancora molto presente nel quotidiano della vita milanese. Aver messo a tema la fiducia, con la sua declinazione molto efficace, intorno al tema del noi, ovvero dei legami, mi sembra una scelta azzeccata e capace di rispondere alle urgenze del nostro tempo, che vede sempre più infragilirsi la coesione sociale, la voglia e la capacità di riconoscersi fratelli, di sentirsi legati da un medesimo destino, dentro la stessa avventura”.
La seconda edizione di ‘SOUL’ esplora la vita come atto di fiducia: nel giorno che verrà, nelle relazioni di oggi e di domani, nell’essere al mondo non semplicemente tra gli altri, ma con gli altri, perché la mancanza di fiducia prosciuga il presente, e non c’è futuro che possa crescere sul terreno arido dell’individualismo. Praticare la fiducia, anche quando la parola suona compromessa, significa dunque credere che una trama ci sorregga, e che questa trama sia fatta delle nostre intese, di aperture senza garanzie, dell’aspettativa che uomini e donne agiscano non per il male, ma per il bene.
Ad uno dei curatori del festival, Armando Bonaiuto, conduttore della trasmissione radiofonica di Radio3 ‘Uomini e profeti’, abbiamo domandato di spiegare il motivo per cui la fiducia è la ‘trama del noi’: “Abbiamo dato questo titolo, perché pensiamo che la fiducia sia una struttura ‘invisibille’, ma essenziale, su cui si reggono le comunità, le relazioni ed ogni convivenza umana, in quanto senza la fiducia il ‘noi’, che abbiamo inserito nel titolo, rimarrebbe una sorta di individui senza un vero legante, un aggregato di solitudini; invece la fiducia è un ‘legante’ che consente di dare senso. Avere fiducia significa che non può essere soltanto una sorta di contrattazione di interessi; non ci deve essere soltanto una contrattazione strumentale tra le persone, perché altrimenti questo vincolo si dissolverebbe appena l’altra persona termina di esserti utile.
La fiducia deve essere il presupposto di una relazione autentica, comprendendo bene che la fiducia non è mai una certezza, ma un rischio consapevole, per cui noi abbiamo fiducia nell’altro senza avere garanzie assolute. Per questo è una trama. La abbiamo definita la ‘trama del noi’ e durante il festival rifletteremo sul significato di questa trama, che però non è indistruttibile, in quanto è chiaro che ogni gesto di coerenza aggiunge forza a questo tessuto, che se ben intrecciato regge grandi pesi, però non è indistruttibile . Per questo nel nostro tempo c’è grande crisi di fiducia, perché è lacerata dall’individualismo e dalla menzogna: tutto ciò lascia il posto al sospetto, al calcolo od alla paura dell’altro. Questi diventano elementi dominanti, che fanno sì che il ‘noi’ si frantumi e si perda la possibilità di una trama fitta, che però può essere ricostruita”.
In quale modo è possibile praticare la fiducia?
“Occorre fare lo sforzo di sottrarsi alla logica difensiva, in quanto viviamo in un’epoca in cui è dominante il concetto paranoico: si ha paura dell’inganno e della delusione, che conduce ad una chiusura dei rapporti ed ad una sterilità delle relazioni. Invece per praticare la fiducia bisogna essere consapevoli che non puoi non praticare il rischio; la fiducia si dà soltanto nella misura in cui sei pronto ad ‘esporti’ ed ad accettare la vulnerabilità tua e degli altri.
Credo che questa sia una parola chiave, perché bisogna essere consapevoli della vulnerabilità e fare un esercizio quotidiano di coerenza tra le parole che dici e le azioni che compi; un esercizio quotidiano di trasparenza delle tue intenzioni. E’ una costruzione graduale che si protrae nel tempo, anche attraverso la ripetizione di gesti, che però alla fine creano un orizzonte di affidabilità. Infine occorre dare anche peso al valore fragile della fiducia, in quanto essa può essere tradita, perché è un atto di libertà umana, la scegliamo consapevolmente”.
Allora, quali possono essere le conseguenze, se si perde la fiducia?
“Le conseguenze possono essere piuttosto drammatiche, perché se affidiamo ogni azione sulla reciproca affidabilità, quando si perde la fiducia rimane la disgregazione, individualmente e socialmente. A livello individuale la perdita di fiducia genera isolamento e si diventa incapace di costruire legami essenziali per la vita, diventando prigionieri di una solitudine, che ci piace chiamare autosufficienza. Invece, a livello sociale, la mancanza di fiducia dissolve il legame comunitario ed accade che il sospetto domina l’interazione tra le persone e la politica crea solo conflitti tra le parti con la visione di un’economia solo predatoria. A tutto ciò si aggiunge una comunicazione che chiede solamente una ‘fiammata’ di un momento, da dare solo nell’immediato. Tutto ciò è logorante per la parola, che andrebbe coltivata”.
Quale rapporto intercorre tra fede e fiducia?
“Hanno un’intima connessione, perché tanto la fede quanto la fiducia implicano un fatto di ‘abbandono’, esponendosi all’altro senza nessuna garanzia di controllo. La fiducia richiede l’incontro con l’altro per conoscersi e saggiarsi, mentre la fede è un atto assoluto, perché non prevede l’incontro ma l’abbandono all’Altro; è l’estremizzazione della fiducia. La fede è uno spazio di ‘incertezza; è un’espressione radicale di disposizione ad accogliere l’Altro. Quindi fede e fiducia chiedono di rifiutare la logica della verifica, che è una delle logiche ossessionanti del nostro tempo. Invece si tratta di riconoscere l’affidabilità dell’altro e dell’Altro”. Programma e prenotazioni agli appuntamenti disponibili al sito: www.soulfestival.it.
(Foto: Soul)
Matelica ricorda suor Chiara Augusta Lainati

Domenica 2 marzo il Monastero delle Clarisse ‘Santa Maria Maddalena’ di Matelica, in collaborazione con BAP (Biblioteca Archivio Pinacoteca) francescana delle Marche, la Pinacoteca ‘San Giacomo della Marca’ e la Provincia Picena dei Frati Minori ‘San Giacomo della Marca’, presso i saloni del Monastero (ingresso via Damiano Chiesa), organizza un convegno dedicato a suor Chiara Augusta Lainati, ad un anno dalla sua morte, con la partecipazione del prof. Marco Bartoli, docente di storia medievale alla Libera Università Maria Santissima Assunta (LUMSA) di Roma, sul tema ‘Suor Chiara Augusta Lainati e gli studi inerenti santa Chiara d’Assisi: contributo ed eredità’.
Suor Chiara Augusta Lainati era nata a Saronno (Varese) nel 1939 ed ha studiato filologia classica all’Università Cattolica del Sacro Cuore (Milano) dove ha conseguito la laurea nel 1962 con la tesi sulla ‘Legenda versificata Sanctae Clarae Virginis’, di cui fu relatore il prof. Ezio Franceschini. Quindici giorni dopo la laurea entrò nel Protomonastero Santa Chiara d’Assisi, una comunità di clarisse che vantava un legame con l’Università Cattolica del Sacro Cuore già dalla fondazione da parte di p. Agostino Gemelli. Veste l’abito delle Sorelle Povere di santa Chiara il 21 gennaio 1963, emette la prima professione il 19 aprile 1964 e la professione solenne il 20 aprile 1967.
Molto ricercata in convegni e pubblicazioni con collaborazioni scientifiche sulla spiritualità francescano-clariana, ha operato anche nel campo della trasmissione del carisma francescano nonché nella formazione delle giovani clarisse in diversi monasteri. Gli ultimi anni di vita (caratterizzati da varie infermità) sono trascorsi nel monastero di Matelica, nelle Marche, dove è giunta nel 2001, fino alla sua morte avvenuta il 2 marzo dello scorso anno, festa di sant’Agnese di Praga, figlia del re di Boemia e fondatrice del monastero ‘San Francesco’ a Praga dove si rinchiude lei stessa, seguendo la ‘Forma di Vita’ vissuta a san Damiano da Chiara e dalle sorelle. Assieme al francescano p. Giovanni Boccali nel 1977, scoprì in un codice ‘Audite poverelle’, ossia lo scritto in lingua volgare che Francesco d’Assisi morente inviò alla comunità di San Damiano e che nel 2000 il cantautore Angelo Branduardi musicò nel suo album ‘L’infinitamente piccolo’.
Chiediamo a suor Chiara Rosamaria Papa, clarissa nel monastero di Matelica, di raccontarci il motivo per cui è organizzato un convegno su suor Chiara Augusta Lainati: “Ad un anno dal transito al cielo di suor Chiara Augusta Lainati, ci è doveroso ricordarla non solo con una celebrazione eucaristica di suffragio, ma anche con un evento culturale nel quale avviare l’approfondimento del contributo specifico che questa consorella (per tanti madre e riferimento spirituale) ha offerto con i suoi studi, le sue ricerche e pubblicazioni su santa Chiara d’Assisi e sul francescanesimo.
E’ un’iniziativa mossa dal debito di gratitudine dovuto alla storia, al cammino che la Famiglia Francescana, ed in particolare il Secondo Ordine Francescano, quello delle Sorelle Povere di Santa Chiara, ha compiuto dopo la ventata di ‘aria nuova’ che lo Spirito del Signore ha suscitato nella Chiesa con il Concilio Vaticano II.
In questo cammino suor Chiara Augusta si è trovata ad essere una delle voci di riferimento più attendibili e ascoltate. Con una laurea in lettere antiche conseguita presso l’Università Cattolica di Milano con il prof. Ezio Franceschini, uno dei migliori filologi e medievalisti italiani, entrò subito dopo nel Protomonastero Santa Chiara di Assisi. Era l’anno 1962, lo stesso dell’avvio dell’assise conciliare. Ben presto le fu chiesto di scrivere una vita di santa Chiara d’Assisi a scopo divulgativo.
Seguirono articoli sulla spiritualità francescana-clariana, due corposi volumi sui Temi spirituali dagli Scritti del Secondo Ordine francescano (1970), oltre ad innumerevoli altri scritti sulle primitive fonti relative a Chiara d’Assisi. Sempre negli anni ’60 avviò, curando poi per decenni, la Rivista delle Clarisse italiane ‘Forma Sororum’. Il contributo decisivo per una riqualificazione della figura di Chiara in ambito francescano suor Lainati lo offrì quando si mise mano ad una edizione italiana delle fonti relative a san Francesco ed al suo Ordine, opera che vide felicemente inserita, sotto la sua direzione, una IV sezione dedicata alle fonti su santa Chiara: fu quella la prima edizione delle Fonti Francescane nel 1977. In essa la ‘pianticella del padre san Francesco’ ebbe un posto tutto suo, che non le fu riconosciuto, per esempio, nelle parallele edizioni in lingua francese e spagnola, e questo grazie al lavoro portato avanti da suor Chiara Augusta”.
Quanto sono stati importanti i suoi studi su santa Chiara?
“E fu, come ebbe a scrivere il prof. Marco Bartoli, ‘una felice intuizione, che restituiva Chiara non solo alle Clarisse, ma anche all’insieme della famiglia francescana. Si veniva a scoprire così che la donna di Assisi aveva avuto un ruolo tutt’altro che secondario nello sviluppo del movimento francescano nel XII secolo nel suo complesso’ (Introduzione a ‘Santa Chiara d’Assisi. Contemplare la bellezza di un Dio sposo’, di Chiara Augusta Lainati).
Come suor Lainati interpretò la spiritualità di santa Chiara?
“Nello studio della spiritualità di santa Chiara, suor Chiara Augusta seppe ‘unire la sua solida preparazione teologica e medievale alla sua fine sensibilità femminile e alla privilegiata circostanza di essere Clarissa, vale a dire, di essere chiamata a vivere questa stessa forma di vita carismatica che descrive nella madre santa Chiara’, come si espresse il francescano mons. J.S. Montes. Una circostanza provvidenziale che rende la sua visione particolarmente viva, penetrante, credibile.
Nel clima di ‘novità’ del post Concilio Vaticano II, della riscoperta delle radici battesimali di ogni vocazione cristiana, della sua ecclesiologia e missione evangelica nel mondo, suor Chiara Augusta ha saputo trasmettere nei suoi scritti la perenne novità del carisma francescano suscitato dallo Spirito nel cuore di Francesco e di Chiara d’Assisi. ‘Per tutti questi motivi, è ancora il prof. Bartoli a scrivere, non è azzardato dire che suor Chiara Augusta Lainati è stata la Clarissa italiana che più di ogni altra, nel XX secolo, ha contribuito alla riscoperta della vita e della spiritualità di Chiara d’Assisi’”.
Cosa significa ricordare suor Chiara Augusta Lainati?
“Questo ampio panorama di studi e di pubblicazioni costituisce proprio ora, col compimento della parabola terrena di suor Chiara Augusta, vissuta per oltre sessant’anni alla sequela di Cristo in una vita interamente contemplativa come Sorella Povera di Santa Chiara, un vero e proprio lascito che non ci si può esimere dall’approfondire. L’iniziativa di domenica 2 marzo mira semplicemente ed umilmente a questo”.
(Tratto da Aci Stampa)
Da Trieste mons. Trevisi invita a curare la vita spirituale

“… si apre un anno ricco di prospettive. Qui ne tratteggio alcune, a partire dalla convinzione che il Signore ci accompagna. Che non siamo soli. Che guardiamo al futuro consapevoli di essere con lo Spirito Santo: e dunque di aprire cuore e intelligenza per cogliere una parola, anzi una Presenza che getta luce e speranza e che responsabilizza. Abbiamo bisogno di rielaborare quanto papa Francesco ci ha detto. Non possiamo archiviare il mandato ricevuto. Dobbiamo ripensare e rimeditare, anche con il supporto di quanto vissuto nella ‘Settimana sociale dei Cattolici in Italia’ che si è tenuta dal 3 al 7 luglio 2024. Siamo chiamati con la Chiesa universale a vivere il Giubileo del 2025: ‘Pellegrini di speranza’è un motto che mi piace. Apre squarci di positività e di senso sul futuro. Un cammino che ha una meta e che autorizza la fatica del procedere, insieme, come popolo di Dio. Con lo Spirito di Dio”.
E’ l’inizio della lettera pastorale (‘Io sono con te’) del vescovo di Trieste, mons. Enrico Trevisi, che invita tutti ad essere ‘pellegrini di speranza’ nell’anno giubilare: “Pellegrini di speranza è un motto che mi piace. Apre squarci di positività e di senso sul futuro. Un cammino che ha una meta e che autorizza la fatica del procedere, insieme, come popolo di Dio. Con lo Spirito di Dio”.
Nella lettera il vescovo di Trieste ha evidenziato una realtà, quella che Gesù non abbandona nessuno: “Gesù non ci lascia orfani, cioè soli, nell’affrontare i nostri giorni complicati. Dal Padre e dal Figlio, per il tramite del Figlio ci è dato lo Spirito Paraclito: dove ‘Paraclito’ (che ora la nuova edizione della Scrittura non traduce) richiama una presenza amica. E’ Dio (la terza persona della Trinità) chiamato ad esserci sempre vicino, ad esserci sempre a fianco: a difenderci in ogni difficoltà (è l’Avvocato difensore), a consolarci nei nostri fallimenti (è il Consolatore).
E’ con noi per rafforzarci quando siamo deboli (è il Medico celeste, è Fortezza) e per illuminare le nostre menti (è Sapienza, Intelletto, Consiglio, Scienza per quando siamo frastornati e rischiamo l’errore). Purifica la nostra relazione con Dio, purtroppo tentata da presunzioni che necessitano Pietà e Timor di Dio”.
Partendo da questa evidenza gli abbiamo chiesto di raccontare la genesi di questa lettera: “La fede cristiana al suo centro ha Dio, come ci è rivelato in Gesù Cristo. Non una dottrina, non una serie di regole morali, ma Dio che ci viene incontro dentro una storia che ha il suo culmine nel Signore Gesù, il Figlio Unigenito che si fa carne umana e ci rivela il volto misericordioso di Dio, che ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio. Nel mio motto episcopale (‘Admirantes Iesum’) ho invitato a guardare a Gesù con ammirazione, a tenere fisso lo sguardo su di Lui ma con meraviglia. La mia prima Lettera pastorale (da un versetto del Salmo 33) l’ho intitolata: ‘Guardate a Lui e sarete raggianti’. E già portava nella direzione di essere con lo sguardo su Dio, anzi su Gesù che ne è la Rivelazione compiuta. Da lì poi la declinazione dei vari cantieri sinodali, dei vari impegni di rinnovamento della nostra Chiesa.
Nella Lettera pastorale di quest’anno (‘Io son con te’) ho ancora riproposto di partire dalla presenza di Dio in ogni stagione della storia e della vita. ‘Io sono con te’ è un’espressione che (con le sue varianti) ritorna continuamente: inizio dalla trama di famiglia di Isacco e Giacobbe e colgo come questa promessa viene continuamente ripetuta. Ad Isacco: ‘Io sarò con te e ti benedirò’; ‘Non temere, perché io sono con te…’. A Giacobbe ‘Io sono con te e ti proteggerò ovunque tu andrai, non ti abbandonerò’.
E da qui sono partito a rintracciare che a Mosè, a Giosuè, a Gedeone, al popolo di Israele, a Geremia, fino ad arrivare a Maria e agli apostoli questa promessa viene ripetuta: talvolta al singolare, talvolta al plurale, talvolta al presente (sono con te/con voi) e talvolta al futuro (sarò con te/con voi)”.
E’ iniziato il Giubileo: come essere ‘pellegrini di speranza’ nella ferialità?
“Per me vivere la speranza significa camminare sapendo che Dio non ci abbandona ma ci protegge, è con me, con noi, ovunque ci accompagna. Dentro i vissuti concreti che ci contraddistinguono saper scorgere che Dio rimane con noi e ci consente di essere segno della sua misericordia: un anticipo rispetto alla pienezza che ci attende in Paradiso. E così in ogni nostro incontro, in ogni nostro giorno, noi possiamo restare stupiti che Dio passa anche attraverso la nostra piccolezza, il nostro essere ‘servi inutili’. E per mezzo dello Spirito saper dare la nostra adesione, come Maria, ad un Dio ricco di misericordia, ma che vede la nostra piccolezza, che però è preziosa, e dunque siamo chiamati ad amarlo nei nostri fratelli e sorelle, soprattutto nei più fragili”.
Perché non si deve temere di incontrare Gesù?
“Tutti noi conosciamo persone tristi, amareggiate, che hanno perso il gusto della vita. Io penso che con Gesù possiamo ritrovare la preziosità di quel che siamo. Noi siamo gli amati da Dio e la prova è che il suo Figlio per me si è dato totalmente, fino alla croce. E io posso (con l’aiuto dello Spirito Santo) dare l’occasione a Dio di mostrare la sua premura per ogni persona che incontro. La mia testimonianza è essere segno di Lui, della sua vicinanza a chiunque”.
In quale modo la preghiera può nutrire?
“Una ragazza diceva: ‘Mi avete insegnato a dire le preghiere ma non a pregare’. Penso questa sia una sfida urgente: vivere Gesù non come una dottrina o come una pagina di storia passata, ma come un tu con cui incontrarsi e vivere un’amicizia, una condivisione di speranze e progetti. Scrutare una pagina di Vangelo, fermarsi in silenzio ad adorare l’Eucaristia, ritornare come i due discepoli di Emmaus a raccontare che il cuore ardeva mentre quel viandante parlava (ed era Gesù). Tante le esperienze di preghiera che riaccendono entusiasmo e motivazioni per la vita concreta. Si tratta di una preghiera che non si riduce ad una formula, ma che è una relazione capace di illuminare la vita e le scelte da prendere”.
In quale modo è possibile nutrire una fede inquieta?
“Incontrando Gesù ed evitando che resti un personaggio da museo, ma un Qualcuno di vivo che mi porta a percorrere le strade delle mie responsabilità, anche passando attraverso il suo perdono. E farlo insieme, combinando momenti di solitudine e di silenzio con momenti comunitari (il nostro essere Chiesa) in cui usciamo da nostre autoreferenzialità e derive unicamente emotive”.
Quindi per quale motivo invita a prendersi cura della vita spirituale?
“Trovo strano che i genitori si preoccupino che i figli vadano a scuola o facciano sport (che alimentino la loro intelligenza e si prendano cura del loro corpo), ma che non si ingegnino ad aiutarli a prendersi cura della loro coscienza, del loro cuore e dunque della loro vita spirituale. L’aumento di giovani che hanno disturbi depressivi, alimentari, atti di autolesionismo… dovrebbe portarci a comprendere che oggi è indispensabile prendersi cura della propria vita spirituale: e lì si incontra il mistero di quello che siamo e speriamo, ma anche il mistero di un Dio che cerchiamo e che ci cerca”.
(Tratto da Aci Stampa)
Con il beato don Giovanni Merlini… pellegrini di speranza!

«I giovani sono sempre stati la passione del beato Giovanni Merlini, sin da quando, ancor prima di conoscere i Missionari del Preziosissimo Sangue, si dedicava a quello che oggi definiamo ‘servizio di pastorale giovanile’ per la sua diocesi di Spoleto – afferma don Valerio Volpi, direttore dell’ufficio di pastorale giovanile e vocazionale della Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue.
Con l’ingresso nella famiglia di San Gaspare del Bufalo egli si specializzò, in un certo senso, nella cura e nell’attenzione per i giovani e per le speranze del loro cuore. Da Santa Maria De Mattias, all’apertura del primo convitto per giovani nella casa di Albano, passando per storie entusiasmanti come quella del ribelle Luigi Falcioni, un indissolubile filo rosso lega don Giovanni Merlini al cuore dei giovani, soprattutto di quelli che vivono e condividono la spiritualità del Preziosissimo Sangue».
«Proprio in virtù dell’evento di grazia della beatificazione di don Giovanni Merlini, vissuta il 12 gennaio scorso, – evidenzia don Valerio – il Convegno dei giovani USC (Unione Sanguis Christi) radunerà 250 tra ragazzi e ragazze, dai 16 ai 30 anni, provenienti da tutta Italia come “pellegrini di speranza”. Fino al 16 febbraio, presso la Fraterna Domus di Sacrofano (RM), vivremo giorni ricchi di condivisione e spiritualità, impreziositi dalla presenza di ospiti e testimoni che ci aiuteranno a comprendere la bellezza della speranza. Avremo con noi ‘Salesalato’, il giovane apologeta che ha fatto dei suoi fumetti e del suo blog un modo concreto per abitare il web e per “rendere ragione della speranza che è in noi” (1 Pt 3,15).
Ad allietare la serata di venerdì 14 febbraio saranno gli Arakne Mediterranea, lo storico gruppo di musica popolare pugliese che ci condurrà in un pellegrinaggio del cuore tra le tradizioni e la cultura del Salento. Nella mattinata di sabato 15 febbraio ci accompagnerà nei sentieri della Sacra Scrittura la biblista Antonella Anghinoni e, nel pomeriggio, proveremo a rivivere l’attualità di quell’apostolato che portò don Giovanni Merlini a farsi compagno perfino di coloro che la società vedeva come soggetti pericolosi, fino a convertirli e a tirar fuori il meglio di loro. Ci aiuterà in questo la bellissima testimonianza di vita di Zef Karaci, ex detenuto la cui vita è cambiata a seguito dell’incontro con la luminosa e quotidiana testimonianza di don Roberto Malgesini.
Chiuderemo la mattina di domenica 16 febbraio lasciandoci stupire dal racconto della famiglia Cefalo, testimone di quell’evento di speranza che è stato il miracolo che ha condotto don Giovanni Merlini agli onori degli altari. Don Benedetto Labate, direttore della Provincia Italiana dei Missionari del Preziosissimo Sangue, presiederà la messa conclusiva del Convegno, nella quale i giovani attendono con gioia di accogliere tra di loro le reliquie del nostro beato. ‘Cento misure e un taglio’ soleva ripetere il beato don Giovanni Merlini, e noi, insieme a lui, vorremmo aggiungere anche ‘nuove prospettive’, che ci aprono a Gesù, speranza che, come un’àncora salda non delude mai!”
Come ormai da tradizione del Convegno non mancherà l’esperienza del Talent Award, dove la condivisione tra ragazzi provenienti da diverse parti d’Italia li spingerà a collaborare intorno ad una tematica, per esprimere quanto le testimonianze degli ospiti hanno suscitato nel loro cuore in maniera innovativa e creativa. Una nota di merito, che dona un tocco tutto speciale all’incontro, sarà la partecipazione dell’Unione Sanguis Christi Music, il progetto di evangelizzazione musicale coordinato da don Francesco Cardarelli, che arricchirà i vari momenti di preghiera del Convegno.
Riccardo Rossi racconta la Serva di Dio Luisa Piccarreta

“Figlia mia, oggi è la mia Nascita e son venuto per renderti felice colla mia presenza: Mi sarebbe troppo duro non rendere felice in questo giorno chi vive nella mia Divina Volontà, non darle il mio primo bacio e dirti ‘ti amo’, come contraccambio del tuo, e stringendoti forte al mio piccolo Cuore, farti sentire i miei palpiti che sprigionano fuoco, che vorrebbero bruciare tutto ciò che alla mia Volontà non appartiene; ed il tuo palpito facendo eco nel mio Mi ripete il tuo gradito ritornello: ‘La tua Volontà regna come in Cielo così in terra’. Ripetilo sempre se mi vuoi rendere felice e quietarmi il mio pianto infantile. Guarda il tuo amore Mi ha preparato la culla d’oro, e gli atti nella mia Divina Volontà Mi hanno preparata la vestitina di luce, non ne sei contenta?”
Partiamo da questo pensiero ricavato dagli scritti della serva di Dio, Luisa Piccarreta, ‘comunicatole’ da Gesù il 25 dicembre 1928, per ‘scoprire’ la sua ‘figura’, in quanto lo scorso 10 agosto è stato rilasciato il nulla osta per la ripresa della sua Causa di Beatificazione, come è stato comunicato dal postulatore, mons. Paolo Rizzi:
“La Causa di Beatificazione della Serva di Dio Luisa Piccarreta non è mai stata chiusa, ma è sempre stata pendente presso il Dicastero della Cause dei Santi, il quale ne aveva sospeso temporaneamente l’iter canonico poiché il Dicastero per la Dottrina della fede, al cui studio erano stati sottoposti la spiritualità, il pensiero e gli scritti della Serva di Dio, nel 2019 segnalava che gli scritti presentavano alcune ambiguità di natura teologica, cristologica e antropologica che, pur non essendo di per se stessi errori dottrinali, richiedevano un’ulteriore valutazione.
Le risposte chiarificatrici della Postulazione ai menzionati rilievi, con il supporto di un teologo esperto in mistica, hanno consentito al Dicastero per la Dottrina della Fede di concludere che negli scritti e nel pensiero della Serva di Dio non si ravvisano affermazioni palesemente difformi dalla dottrina della Chiesa e nel giugno 2024 ha rilasciato il nulla osta per la ripresa della Causa, notificato formalmente dal Dicastero delle Cause dei Santi a questa Postulazione l’8 luglio 2024”.
Per comprendere meglio chi era Luisa Piccarreta abbiamo chiesto di raccontarci la sua vita al giornalista Riccardo Rossi, volontario alla Missione ‘Speranza e Carità’ di fratel Biagio Conte: “Nacque a Corato, in Puglia, il 23 aprile del 1865 e morì il 4 marzo 1947. Aveva diversi fratelli, un padre e una madre buoni. Luisa fin da piccola era intensamente devota a Gesù. Sempre in tenera età sognava il demonio, in risposta, Luisa pregava tanto. Già a 12 anni comincia a sentire la voce di Gesù. All’età di 22 anni si è offerta come vittima perpetua”.
In quale modo viveva la volontà di Dio?
“Lei aveva il dono di vedere e parlare con Gesù che le ha chiesto di scrivere tutti i colloqui avuti con Lui, in modo che tutti leggendoli e meditandoli potessero capire che Gesù vuole la nostra volontà per darci la Sua Divina Volontà. Sono 36 diari: ‘Il Regno della Mia Divina Volontà in mezzo alle creature, Libro di Cielo. Il richiamo delle creatura nell’ordine, al suo posto e nello scopo per cui fu creata da Dio’. Quest’obbedienza le è costata molto perché non avrebbe voluto che tutti leggessero i suoi colloqui con Gesù”.
In quale modo il letto è diventato per lei un luogo di ‘contemplazione’?
“Lei ha vissuto circa 60 anni in un letto, pienamente abbandonata alla volontà di Dio Padre. Si è offerta come vittima, per assolvere lo stesso compito di Gesù, mitigare la Divina Giustizia nei confronti degli uomini. Successivamente il Signore le ha dato un nuovo incarico di girare spiritualmente nella Divina Volontà per preparare ed ottenere la venuta e il trionfo del suo Regno”.
Quale era la spiritualità di Luisa Piccarreta?
“I suoi scritti non descrivono solo un itinerario di vita spirituale, ma sono la proclamazione del Decreto o Progetto eterno di Dio, che annuncia il compimento del suo Regno: il Regno della sua Volontà. Lei ha vissuto negli ultimi tempi, completamente immersa nella Divina Volontà, tanto da diventare rifermento per tutti noi che vogliamo vivere come Adamo ed Eva prima del Peccato Originale, o come ha vissuto la Madonna, immersi nel Divin Volere”.
Come sei venuto a conoscenza della sua vita?
“Un mio amico, Nunzio, mi ha donato nella quaresima del 2022, il libro ‘Le 24 Ore della Passione di Nostro Signore Gesù Cristo’ di Luisa Piccarreta e mi ha detto che leggendolo fuso in Gesù si potevano avere più doni, ma mi colpì molto il fatto che poteva guarirmi dalle mie ferite spirituali dell’infanzia. L’ ho letto, fuso in Gesù, per vari mesi.
Quando ho partecipato ad un cenacolo a ottobre del 2022 dei Piccoli Figli di Palermo, con la meditazione del Libro di Cielo, ho sentito che la Trinità era accanto a me quando ero piccolo e mio padre mi picchiava e nel mentre ho sentito oltre il dolore anche la gioia. Ho capito di avere avuto un miracolo di guarigione spirituale e che posso testimoniare, in particolare ai giovani, che Gesù non ci lascia mai soli”.
E quanto è stata importante la sua conoscenza per la tua vita?
“Fondamentale direi. Fratel Biagio, in collina, vicino all’Oasi della Speranza, mi aveva predetto che siccome ero stato molto vicino a lui sarei stato perseguitato e mi disse pure che anche io come lui, sono un martire spirituale. Nell’approcciare il ‘Libro di Cielo’ ho capito che le persecuzioni, sono in realtà predilezioni dell’amore di Dio che opera così per purgare le nostre anime verso la santità e per realizzare tante grazie.
Ho capito che proprio quando vieni colpito e quello il momento per migliorare nella fede, è facile avere fede quando tutto va bene, invece è nella prova che si misura. Da quando leggo questi libri ho avuto tanti doni, di più che in oltre vent’anni di vita cristiana. Ho capito che la cosa più importane non è pregare con tante parole e intenzioni, ma solo per l’Avvento del Regno di Dio, per affrettare la venuta di Gesù sulla terra”.
(Tratto da Aci Stampa)
Beato don Giovanni Merlini il servitore dei miseri

Lo scorso 23 maggio la Sala Stampa della Santa Sede ha comunicato il riconoscimento di un miracolo attribuito a don Giovanni Merlini, che sarà il primo beato del Giubileo: “Il Sommo Pontefice Francesco, accogliendo e confermando i voti del Dicastero delle Cause dei Santi, ha dichiarato: consta il miracolo, compiuto da Dio per intercessione del Venerabile Servo di Dio Giovanni Merlini”. Quindi il venerabile don Giovanni Merlini sarà beatificato oggi nell’arcibasilica papale San Giovanni in Laterano dal card. Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, suscitando gratitudine in don Emanuele Lupi, moderatore generale della Congregazione dei ‘Missionari del Preziosissimo Sangue’ ed in suor Nicla Spezzati, postulatrice della Causa:
“Tale notizia è per ognuno di noi fonte di grande gioia e di sentimenti di profonda gratitudine a Dio per il dono della santità offerto alla sua Chiesa nella persona del nostro amato don Giovanni Merlini, sacerdote e terzo Moderatore generale della Congregazione dei ‘Missionari del Preziosissimo Sangue’, nato a Spoleto (PG) il 28 agosto 1795 e morto a Roma il 12 gennaio 1873. Uomo di profondo discernimento e di sapienza, ha annunciato, come Missionario Apostolico, il Mistero della Redenzione ad intere popolazioni nello Stato Pontificio e nel Regno di Napoli, favorendo i miseri ed i reietti”.
Per approfondire questa beatificazione abbiamo contattato don Valerio Volpi, missionario del ‘Preziosissimo Sangue’ e direttore dell’ufficio di pastorale giovanile e vocazionale della congregazione: “Per il suo essere stato un uomo ‘tutto di Dio’ in ogni ambito della sua vita. Nella preghiera che lui stesso compone per la Congregazione scrive: ‘Signore, voglio essere tutto, tutto tuo e solo tuo’ e penso che ci sia davvero riuscito.
Se è vero che i frutti della santità si riconoscono nella vita non tanto della persona interessata, quanto in quella delle anime che gli sono accanto, un uomo che ha guidato spiritualmente per 42 anni Maria De Mattias (fondatrice della congregazione delle Suore Adoratrici del Sangue di Cristo e proclamata santa da papa Giovanni Paolo II, ndr.), facendone una santa non può che essere qualcuno che ha vissuto di cielo.
Un uomo insomma, che in tutta la sua vita non ha fatto che ricercare quello che Dio voleva da lui e dalle persone che aveva accanto. Non a caso era solito ripetere: ‘La volontà di Dio sola mi basta’. Santo perché un uomo divenuto volontà di Dio in tutto e nel concreto”.
Perché aderì alla Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue?
“Rimase affascinato dalla predicazione e dall’amabilità di san Gaspare del Bufalo che incontrò nel luglio del 1820, prendendo parte ad un corso di esercizi spirituali da lui stesso predicati nell’abbazia di san Felice di Giano, in Umbria, casa di fondazione dell’allora nascente Congregazione. Rimase colpito dal fuoco di passione e di zelo per il vangelo che quel santo uomo riusciva a trasmettere e da san Gaspare stesso si sentì rivestito di immane fiducia.
A seguito di quella settimana di esercizi il fondatore gli affidò direttamente la possibilità di predicare un altro corso di esercizi al suo posto, subito dopo lo portò con sé nella missione popolare di Monte Martano. Don Giovanni si sentì investito di gratuita fiducia da parte di quello che lui stesso considerava un santo. La vita della Congregazione fu da subito, per lui, la possibilità di mettere a frutto la migliore versione del suo sacerdozio, brillando forse oltre quello che lo stesso don Giovanni si sarebbe mai aspettato”.
Per quale motivo volle che la festa del Preziosissimo Sangue si estendesse a tutta la Chiesa?
“Nei moti rivoluzionari del 1848 il papa si era trovato invischiato in fraintendimenti di quello che lui stesso avrebbe voluto dire ai cristiani. Papa Pio IX sentiva di non doversi schierare da nessuna parte rispetto alle fazioni che erano venute a crearsi perché si considerava padre di tutti. Per riaffermare questo concetto di fraternità del genere umano, secondo don Giovanni Merlini, bisognava partire dal presupposto che la comunione è un dato di partenza per i cristiani e non un punto di arrivo. Mentre tutti cercavano soluzioni umane su come poter ‘costruire’ la comunione e la fraternità, secondo don Giovanni Merlini era necessario invertire l’ottica: la comunione non è un semplice obiettivo da raggiungere, ma un dato di fatto, che ci è già stato conquistato dal sacrificio di Cristo sulla croce, da cui bisogna ripartire.
Estendere la festa del Preziosissimo Sangue a tutta la Chiesa voleva dire gridare al mondo che la comunione e la fraternità non erano punti da costruire, quanto piuttosto premesse indispensabili e irrinunciabili da cui far partire ogni altro tentativo. Proprio perché le guerre e le rivoluzioni avevano sconfessato i tentativi umani di costruire comunione e fraternità, bisognava riaffermare che Cristo aveva già compiuto questa opera e che essa andava assunta come principio vitale di fondo per ogni altro pensiero o azione”.
Quale era la spiritualità di don Giovanni Merlini?
“Cento misure e un taglio, amava ripetere. Uomo di profonda preghiera era fermamente convinto che la comunione con Dio si dovesse tradurre in scelte concrete. Tanta preghiera precedeva ogni sua scelta, ma era fermamente convinto che le scelte sono il vero risultato di una vita di comunione con Dio. Ecco perché fu uomo di profonda contemplazione ma anche faro di discernimento spirituale. Una spiritualità che si nutriva della intima comunione con Dio per poter comprendere cosa Dio volesse da lui e dal cuore delle persone che a lui si rivolgevano. Un uomo ‘vuoto di sé stesso’ ma pieno di Dio. ‘Siamo canali, non fonti’, ripeteva a santa Maria De Mattias, frase in cui si vedono bene i due poli della sua vita spirituale: rimanere attaccati in intima unione alla sorgente che è Dio, e fare in modo che questo Dio si comunichi e arrivi alle anime assetate”.
In quale modo coniugò l’adorazione eucaristica con la carità?
“Nella casa di Santa Maria in Trivio era solito pregare nascosto nella cantoria che sovrasta l’altare, in modo che nessuno potesse vederlo mentre adorava il Santissimo Sacramento nel tabernacolo dell’altare maggiore. La prima carità don Giovanni l’ha esercitata da Moderatore Generale con i confratelli. Cercava di guardare tutti con gli occhi con cui si sentiva lui stesso guardato da Dio: Mi raccomando (scriveva a Maria De Mattias) usi carità con tutte, soprattutto con le anime più problematiche”.
In quale modo è stato ‘servitore dei miseri’?
“Un episodio in particolare ci aiuta a vedere il cuore di don Giovanni Merlini nei confronti dei bisognosi. Quando è stato superiore della casa di Sonnino, che era posta fuori dall’abitato, era solito attendere tutte le sere i contadini che si ritiravano stanchi dalla campagna. Don Giovanni si faceva trovare fuori dalla porta della casa di missione, con un orcio d’acqua e un mestolo: un sorso d’acqua e una parola del Vangelo per tutti quelli che passavano, perché potessero ristorarsi prima di riprendere il cammino per la salita che li avrebbe ricondotti in paese”.
Allora, come può aiutare a vivere il Giubileo don Giovanni Merlini?
“Penso che il primo e più grande insegnamento che ci viene da don Giovanni sia la necessità di imparare l’arte del discernimento. Il tema del Giubileo ci richiama alla speranza, una virtù teologale spesso confusa con l’idea del terno a lotto, di quelle frasi che suonano molto come ‘speriamo che Dio mi sia benevolo’, ‘speriamo che Dio voglia le stesse cose che mi porto nel cuore io’, ‘speriamo che vada bene’. Da don Giovanni impariamo che speranza è la capacità di saper vedere in ogni situazione quello che Dio vuole rivelarmi. E’ passare da ‘speriamo che Dio voglia’ ad ‘in quello che vivo, mi basta la tua Volontà, perché so che sarà il meglio per me’”.
(Tratto da Aci Stampa)