Pistoia celebra san Giacomo per rinnovare la fede

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Domenica 25 luglio la diocesi di Pistoia ha celebrato san Giacomo, celebratasi con la messa solenne presieduta dal card. Angelo Bagnasco. Un cammino che è messaggio per tutti, specialmente in questo anno giubilare, come ha scritto il vescovo della diocesi, mons. Fausto Tardelli:

“Siamo giunti finalmente alla festa solenne dell’apostolo Giacomo il Maggiore, di cui conserviamo nella nostra chiesa Cattedrale, fin dal 1145, una preziosa reliquia, proveniente direttamente da Santiago del Compostela in Spagna, dove furono ritrovati e ancora oggi si conservano i suoi resti mortali”.

Nella lettera ha invitato i credenti a rinnovare la fede: “La testimonianza di San Jacopo che per primo tra gli apostoli versò il suo sangue per Cristo, invita innanzitutto i credenti a rinnovare la propria fede, così da poter dare, nel mondo di oggi, testimonianza dell’amore di Dio per ogni creatura e proclamare con coraggio in parole ed opere la buona notizia del Regno di Dio”.

San Giacomo è un esempio di  stile di vita per tutti: “La festa di San Jacopo ha però un messaggio per tutti, anche per chi non si riconosce nella comunità cristiana. In ogni vicenda personale o collettiva, infatti, dentro la coscienza di ognuno, come nel palcoscenico del mondo, è sempre in atto un duello all’ultimo sangue tra la morte e la vita.

L’apostolo Giacomo ha scelto di stare da parte della vita, morendo per Cristo. Alla sua scuola comprendiamo dunque che ciò che conta per davvero, è cercare di stare sempre dalla parte della vita e del bene, costi quello che costi, dando il meglio di sé in ogni circostanza, fosse pure la più avversa”.

Ed ha chiesto al patrono di intercedere nella vita di ognuno: “All’apostolo Giacomo, speciale patrono della città e della diocesi pistoiese, chiediamo la sua intercessione per le nostre famiglie, per i malati e i poveri, perchè ci sia lavoro dignitoso per tutti e i giovani possano guardare al futuro con speranza.

Che la sua testimonianza ci aiuti a fare della nostra città un luogo di pace e di partecipe collaborazione fraterna e la sua mano sostenga coloro che sono investiti di pubblica autorità per servire al bene comune. Tutti coloro che risiedono in questa nostra città a qualsiasi nazione, cultura o religione appartengano, trovino tra noi dignità e accoglienza fraterna e generosa.

Al nostro amico e patrono celeste chiediamo ancora il sostegno per superare definitivamente la pandemia e nel faticoso cammino della ripresa, mentre gli affidiamo tutti coloro che sono morti in questo tempo o sono stati toccati dal virus. Al suo sguardo di amico fraterno affidiamo in particolare il nostro Ospedale che porta significativamente il suo nome: tutto il personale sanitario come tutti gli attuali degenti.

Gli chiediamo infine che sostenga tutti noi nel cammino della vita perché possiamo un giorno entrare definitivamente nel Regno di Dio e di cui già ora siamo stati resi per grazia in qualche modo partecipi: regno di verità e di vita; regno di santità e di grazia; regno di giustizia, di amore e di pace”.

Nell’omelia il card. Angelo Bagnaso, presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali europee, ha proposto una lettura della vicenda del santo apostolo alla luce delle sfide e delle criticità del mondo contemporaneo, domandando se è possibile imparare qualcosa dalla sua santità: “Si ha senso, anzi, è ancora più necessario per il nostro tempo che a volte sembra pensarsi come l’inizio della storia e della civiltà!

E’ sempre più urgente affinché non perdiamo noi stessi mentre crediamo di costruirci migliori di quanti ci hanno preceduto. Ma perché diventiamo alunni dei santi, è necessario rivestirci di umiltà e disporsi all’ascolto, non della mia voce, ma della sua vita, ricordando l’antichissima e continua venerazione del popolo cristiano per san Giacomo che vede nel pellegrinaggio a Compostela una espressione cara è sempre attuale”.

Rileggendo gli Atti degli Apostoli il card. Bagnasco ha sottolineato le ragioni della persecuzione: “E’ questo un sistema programmato, pingue ed efficiente, che esprime un pensiero che, il nome di una assoluta autonomia individuale, uccide la vera libertà. Non si tratta in primo luogo di accondiscendenza morale bensì di corruzione intellettuale, cioè di instillare idee rovesciate che rendono difficile riconoscere la verità così com’è e come deve essere, non come vorremmo che fosse.

Di  questa corruzione dovremmo tutti preoccuparci molto di più: la libertà infatti si nutre della verità del bene e del  giusto, concepisce l’essere umano in relazione agli altri come un sussistente desiderio di un oltre che lo trascende verso una felicità piena che non è nelle nostre mani ma che dobbiamo invocare dall’alto”.

Ed ha indicato ai fedeli la strada della sequela: “La strada della sequela è quella del calice da bere del dono della vita per amore del maestro. La fede cristiana non è dolorismo, come a volte si intende, non è negazione della vita ma è il grande sì alla vita. La gioia di Gesù non è superficiale come quella che il mondo promette ma non può mantenere: è la pace del cuore, che nasce dal sapere che Gesù ci precede in ogni situazione lieta o triste.

San Giacomo avrebbe potuto scendere a compromesso con i potenti di turno, avrebbe risparmiato la vita fisica ma avrebbe perso l’anima, avrebbe guadagnato il tempo a scapito dell’Eterno, il presente incerto al posto del futuro certo. Invece ha resistito sul fronte della verità di Cristo e del Vangelo non si è lasciato lusinghe dei beni finiti e ha usato gli occhi della fede e ha visto l’infinito”.

Ed ha invitato a guardare il mondo in ‘altro’ modo: “La Fede ci ricorda che non conta essere importanti ma essere utili, cioè dono: che la libertà non è fare ciò che è più facile o più gradito, ma è scegliere il bene anche quando costa, poiché solo la salita porta in alto e apre gli orizzonti dell’anima…

La vita cristiana non è solo credere che Dio c’è, ma che c’entra con la nostra vita: non basta credere in Dio bisogna vivere di Dio sapendo che la rilevanza della nostra Chiesa nella storia non sta nel potere nelle organizzazioni e neppure nei numeri, ma nella forza e la sua fede”.

Infine il riferimento si è spostato sulle resistenze del mondo alla fede e alla testimonianza cristiana: “Nella lettera ai Corinzi San Paolo spiega ciò che accade nel seguire Gesù sulla via della Croce comunque si presenti: nella forma della persecuzione fisica o quella, oggi frequente, della derisione pubblica e privata e della calunnia.

Dobbiamo ricordare però che seguire il maestro non è una questione morale, come si pensa, poiché il cristianesimo non è innanzitutto una forma alta di etica, né in primo luogo una nobile imitazione di Cristo…

Non è una prospettiva disperatamente volontaristica bensì qualcosa di infinitamente più alto e in un certo senso più semplice sicuramente affascinante. Si tratta di lasciare entrare il signore nella nostra casa di spodestare ogni giorno il nostro io così che possiamo amare Dio per mezzo di Dio”.

(Foto: Mariangela Montanari)

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