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Open Doors: aumentano le persecuzioni contro i cristiani

Nei giorni scorsi è stato pubblicato il nuovo report dell’associazione ‘Open Doors – Porte Aperte’ sulla persecuzione contro i cristiani, che salgono da 365.000.000 ad oltre 380.000.000: 15.000.000 in più rispetto allo scorso anno, come ha sottolineato Cristian Nani, direttore della sezione italiana di ‘Porte aperte/Open doors’:
“Non solo i massacri e i rapimenti ma le oltre 7.600 chiese, cliniche e scuole cristiane attaccate o chiuse, le oltre 28.000 case o attività economiche saccheggiate o distrutte, costringono alla fuga famiglie e intere comunità cristiane, dando vita a esodi inumani e a una Chiesa profuga che grida aiuto. In 32 anni di ricerca, registriamo un costante aumento della persecuzione anticristiana in termini assoluti! Il 2024 è di nuovo anno record dell’intolleranza: 1 cristiano su 7 patisce discriminazione o persecuzione a causa della sua fede: è cruciale tornare a parlare di libertà religiosa nel dibattito pubblico”.
Però sono 13 i luoghi più pericolosi del mondo per essere cristiani: in cima alla classifica c’è sempre la Corea del Nord che obbliga i battezzati a vivere il proprio credo in assoluta segretezza, rinchiudendo tra i 50.000 ed i 70.000 credenti nei campi di lavoro forzato. Seguono Somalia, Yemen, Libia e Sudan nei quali la persecuzione è intimamente legata al conflitto. Poi l’Eritrea (scesa al sesto posto non per un calo del fenomeno bensì per l’aumento negli altri Stati) e la Nigeria, la nazione con più vittime cristiane: 3.100. Pakistan e Iran sono stabili in ottava e decima posizione. L’Afghanistan dei taleban è decimo.
Intanto in India (undicesima nell’elenco) prosegue il declino dei diritti e delle libertà fondamentali: nello scorso anno sono stati assassinati almeno 20 cristiani, mentre 459 chiese sono state distrutte ed oltre 2000 persone sono detenute senza processo. Mentre qualche spiraglio positivo si registra in Arabia Saudita dove, soprattutto nelle grandi città, c’è stata una maggiore tolleranza per le decorazioni natalizie anche se la pratica di religioni non musulmane resta vietato.
Resta sempre allarmante la condizione del Myanmar, che la guerra, seguita al colpo di Stato del 2021, ha catapultato nel gruppo di Paesi dove le persecuzioni sono estreme, ‘scalando’ 4 posizioni nella lista: i battezzati, che costituiscono l’8% della popolazione, sono intrappolati nei combattimenti in corso, i luoghi di culto sono attaccati con la falsa accusa di accogliere i ribelli, oltre 100.000 di loro, nella sola regione di Kachin, sono sfollati a causa delle violenze.
Preoccupante anche la situazione dell’Asia centrale: l’epicentro è il Kirghizistan, balzato dal 61^ al 47^ posto; anche nel Kazakistan di Nursultan Narbayev, messo a dura prova dai disordini seguiti alla crescita dei prezzi dell’energia, hanno ridotto la libertà di fede. I battezzati ne hanno fatto le spese, soprattutto per quanto riguarda la maggior diffusione dei matrimoni forzati e degli stupri.
In compenso le uccisioni di cristiani per motivi legati alla fede diminuiscono ancora a 4.476 da 4.998: è la Nigeria a determinare questa diminuzione, visto che le uccisioni scendono da 4.118 a 3.100, pur rimanendo epicentro di atrocità, poiché di fatto aumentano la violenza e gli attacchi alle comunità, così come aumentano le vittime cristiane in altri paesi della WWL 2025 (da 880 a 1.376).
Il numero di chiese o proprietà cristiane pubbliche attaccate, chiuse o confiscate, con diversi livelli di gravità, è quasi dimezzato da 14.766 a 7.679, diminuzione dovuta alla Cina, che tuttavia mantiene un record di 31.000 chiese chiuse, confiscate o demolite (vedasi più avanti approfondimento sulle dinamiche). Nel frattempo, il numero in Rwanda è aumentato da 120 a 4.000.
Dietro i numeri relativi agli edifici attaccati si nascondono la paura e l’insicurezza di molte comunità cristiane che utilizzano quegli edifici. Tali attacchi possono portare alla disgregazione delle comunità ecclesiali, anche se i cristiani non vengono costretti con la forza a lasciare le loro case o proprietà.
La ‘persecuzione digitale’ rimane uno degli strumenti più efficaci usati dal governo cinese e, di recente, da altri Stati autocratici per limitare la libertà religiosa: il cosiddetto ‘modello cinese’ di controllo della popolazione e sviluppo senza diritti viene pericolosamente emulato da altri stati, a cui la Cina esporta tecnologia a tal scopo.
I cristiani detenuti o condannati per ragioni legate alla fede aumentano da 4.125 a 4.744. Il livello di ingiustizia in questi casi rasenta la parodia: in carcere finiscono uomini e donne senza processi e senza prove. Inoltre, il grado di impunità spesso concesso a coloro che invece accusano falsamente e/o aggrediscono fino a uccidere i cristiani in vari paesi è davvero preoccupante. L’India è anche quest’anno il paese con dati più preoccupanti (2.176).
I rapimenti decrescono da 3.906 a 3.775, con la Nigeria sempre terra di sequestri per riscatto (2.830), ma sorprende il Messico con almeno 116 casi, sintomo di quanto impatto abbia la criminalità organizzata in questa società. Seguono varie nazioni dell’Africa Subsahariana (Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Mali, Ciad, ma anche Etiopia, Uganda, Mozambico) e dal sempre presente Pakistan, con la piaga dei rapimenti di donne cristiane per darle in sposa a musulmani (matrimoni forzati).
Invece sono decine di migliaia ogni anno i cristiani aggrediti (picchiati o vessati con minacce di morte) esclusivamente a causa della loro fede: la stragrande maggioranza di questi casi non viene alla luce, ma un dato minimo di partenza per il periodo da ottobre 2023 a settembre 2024 va oltre le 54.700 (erano 42.800 l’anno precedente).
Il livello di insicurezza e paura causato dall’incessante flusso di attacchi ai cristiani e alle comunità cristiane da parte di gruppi di terroristi islamici e altri gruppi religiosi radicali in molti paesi subsahariani e asiatici non è ben fotografato da questo numero, poiché sono milioni a subirne le conseguenze (16.200.000 cristiani sfollati solo in Africa Subsahariana, senza contare le famiglie delle vittime di uccisioni, stupri, detenzioni…). Gli attacchi a case, negozi e attività economiche di cristiani crescono ancora nonostante il record dell’anno precedente di oltre 27.100 unità: sale infatti a 28.368 creando sovente un danno permanente alla capacità di sostentamento di queste persone e costringendole spesso alla fuga.
Giornata contro la violenza contro le donne: nessuna scusa

“La violenza contro le donne presenta numeri allarmanti. E’ un comportamento che non trova giustificazioni, radicato in disuguaglianze, stereotipi di genere e culture che tollerano o minimizzano gli abusi, che si verificano spesso anche in ambito familiare. La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, nota anche come Convenzione di Istanbul, è il primo strumento giuridicamente vincolante ad aver riconosciuto la violenza di genere come una violazione dei diritti umani”.
Questo è stato il messaggio del presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, nella giornata contro al violenza sulle donne, in cui è stato sottolineato che ancora non è sufficiente la legislazione finora approvata: “L’Italia ha ratificato la Convenzione nel 2013, dotandosi di strumenti di tutela per garantire una piena protezione alle vittime di violenza di genere.
Quanto fatto finora non è, tuttavia, sufficiente a salvaguardare le donne, anche giovanissime, che continuano a vedere i loro diritti violati. E’ un’emergenza che continua. Si tratta di madri, sorelle, figlie, persone con sogni e progetti che vedono violato il diritto di poter vivere una vita libera e dignitosa, donne che lottano per la propria indipendenza, per poter scegliere il proprio destino”.
Ritornando al tema di questa giornata, ‘Nessuna scusa’, il presidente Mattarella ha sollecitato azioni concrete: “E’ addirittura superfluo sottolineare che, quindi, non ci sono scuse accettabili a giustificazione della violenza di genere. Occorrono azioni concrete. E’ fondamentale continuare a lavorare per eradicare i pregiudizi e gli atteggiamenti discriminatori che rendono ancora oggi le donne più deboli nella società, nel lavoro e nella famiglia.
Le istituzioni, le forze della società civile devono sostenere le donne nella denuncia di qualsiasi forma di sopruso, offrendo protezione e adeguato supporto. E’ un valore per l’intera società far sì che siano pienamente garantiti i diritti umani dell’universo femminile”.
Mentre nell’editoriale del giornale online ‘Interris’ il fondatore don Aldo Bonaiuti ha sottolineato che la situazione non è migliorata in questi anni: “In un quarto di secolo la situazione è tutt’altro che migliorata. La violenza sulle donne, secondo il pontefice, ‘è una velenosa gramigna che affligge la nostra società e che va eliminata dalle radici’. E queste radici sono culturali e mentali, crescono nel terreno del pregiudizio, del possesso, dell’ingiustizia”.
Il rischio è quello di diventare invisibili: “Di tutte le forme di violenza di genere quella barbaramente esercitata sulle vittime della tratta è la più ‘invisibile’ e rimossa dall’opinione pubblica… I complici delle violenze sulle donne sono coloro che potrebbero risvegliare le coscienze in tutti gli ambiti della società a partire dalle agenzie educative le quali spesso sembrano essere più sulla difensiva invece di occuparsi del tragico fenomeno”.
Ed ha raccontato un episodio: “Una notte mi trovavo a Perugia nella zona di Pian di Massiano dove si ritrova un gruppo (chiamato Goel) a pregare ogni sabato il Santo Rosario a mezzanotte. Un’invocazione a Dio per le donne schiavizzate, che sono lì accanto, sui cigli delle strade e spesso impossibilitate ad attraversarle per aggregarsi a noi nella preghiera.
Un Rosario recitato nella cattedrale del cielo al cospetto di una modesta statua della Vergine di Fatima, illuminata da quelle piccole fiaccole che continuano incessantemente ad accendersi da decenni per donare la speranza di una rinascita e il coraggio di abbandonare la strada strappando le catene della servitù…
Rileggere l’ultimo grido d’allarme delle vittime di femminicidi stringe un nodo di angoscia in gola. ‘Mi spaventi perché so come sei fatto: mi vieni a cercare e mi fai paura’, messaggia una studentessa al fidanzato che pochi giorni dopo l’avrebbe uccisa. Da educatore all’oratorio Carlo Acutis riscontro quotidianamente la centralità dell’educazione. E’ fondamentale il ruolo delle famiglie perché i condizionamenti di ogni tipo vanno contrastati con un’azione educativa che, a partire dalle mura domestiche, valorizzi la persona con la sua dignità”.
Inoltre in questa giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne l’ong ‘Porte Aperte’ richiama l’attenzione sui milioni di donne cristiane vessate a causa della loro fede attraverso dati del report ‘Insicurezza’: le donne ‘sperimentano una persecuzione più complessa ed invisibile’ rispetto agli uomini. Nello specifico “donne e ragazze sperimentano la persecuzione in una sfera privata, spesso proprio dentro le mura di casa e proprio da parte di coloro che conoscono bene.
Quest’anno, i matrimoni forzati sono identificati come il maggior ‘Punto di Pressione’ per le donne cristiane, in quanto forma di sfruttamento e controllo che spesso è strettamente intrecciata con la violenza sessuale. Nei contesti di insicurezza, la violenza sessuale viene utilizzata come una vera e propria ‘strategia di guerra’, perpetrata con lo scopo ultimo di punire ed umiliare le comunità sotto attacco. Allo stesso tempo, però, può essere riscontrata anche nell’ambiente domestico, in quanto i conflitti violenti possono portare a una visione sempre più normalizzata della violenza”.
Mentre Paolo Ragusa, presidente dell’Associazione lavoratori stranieri del Movimento cristiano lavoratori, ha sottolineato la violenza contro le donne migranti è in aumento: “La donna anche nelle migrazioni è centrale come figura di riferimento per la coesione familiare e per questo dobbiamo fare ogni sforzo affinché, chi si trova in una situazione comunque di fragilità, perché migrante, non debba subire ogni forma di violenza di genere e soprattutto non debba pagare lo scotto di un diffuso pregiudizio nei confronti di chi arriva da altri Paesi. La nostra esperienza ci dice che a pagare sono soprattutto le donne. E questa per noi è violenza”.
Ed esiste anche la violenza nel lavoro: “In ambito lavorativo, spesso la donna migrante deve subire non violenze fisiche, ma quelle che chiamiamo culturali legate ad un’idea sbagliata di chi arriva da altri paesi. La paura di chi è diverso dobbiamo trasformarla in uno stimolo all’incontro e all’integrazione. Sostenere una donna migrante significa anche dare una chance ai suoi figli nell’inserimento nelle nostre comunità. Questo impedisce la nascita di ghetti, ma aiuta a formare cittadini consapevoli e partecipi”.
Anche le Acli ribadiscono il proprio impegno per contrastare ogni forma di violenza di genere. Questa giornata richiama a una responsabilità collettiva: costruire una società che rifiuti ogni sopruso e promuova il rispetto e l’uguaglianza con Chiara Volpato, responsabile nazionale del Coordinamento Donne Acli, sottolinea:
“La violenza contro le donne è una delle violazioni dei diritti umani più diffuse e devastanti del nostro tempo. Non conosce confini geografici o culturali, eppure troppo spesso resta nascosta dietro il silenzio, lo stigma e la vergogna. Serve un cambiamento culturale che parta dall’educazione nelle famiglie e nelle scuole, ma anche un impegno attivo da parte degli uomini per diventare veri alleati nel contrasto alla violenza di genere”.
A Milano un Rosario di Aiuto alla Chiesa che Soffre per i cristiani perseguitati

Domani sera alle ore 19 in piazza della Scala a Milano, mons. Carlo Azzimonti, Moderator Curiae dell’Arcidiocesi, presiederà il Rosario per i Cristiani perseguitati promosso da Aiuto alla Chiesa che Soffre. L’iniziativa si inserisce nella 10^ ‘RedWeek per la libertà religiosa’. Durante la preghiera verranno accesi ceri rossi in ricordo del sangue dei martiri di ieri e di oggi, come ha spiegato una nota della diocesi di Milano:
“L’iniziativa RedWeek di Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs) per la libertà religiosa ha inizio nel 2015, durante la persecuzione dei cristiani in Iraq per mano dell’Isis, per sensibilizzare la società civile e le istituzioni in tema di violazioni alla libertà religiosa e sulla persecuzione religiosa ai danni dei cristiani nel mondo”.
Consiste in momenti di liturgia e di preghiera per i cristiani perseguitati, testimonianze, concerti e mostre, accompagnati dall’illuminazione di rosso di edifici di culto o civili, o di monumenti salienti, per ricordare simbolicamente il sangue dei martiri di ieri e di oggi. Finora sono stati illuminati di rosso complessivamente circa 600 tra edifici di culto e civili nei 24 Paesi dove Acs è presente con una sede.
Aiuto alla Chiesa che Soffre in aiuto dei cristiani

Nei giorni scorsi è stato reso noto il Rapporto annuale di ACS (Aiuto alla Chiesa che Soffre), in cui si evidenzia che nello scorso anno l’istituzione religiosa ha ricevuto donazioni e lasciti per € 143.700.000, che insieme ad € 800.000 di riserve dell’anno precedente, ha permesso ad ACS di finanziare attività per un valore di € 144.500.000 con offerte da quasi 360.000 benefattori privati presenti nei 23 Paesi in cui ACS ha sedi nazionali.
L’81,3% di questi fondi è stato destinato alle spese relative alla missione. All’interno di questa cifra, l’85,9% è andato a progetti di aiuto in 138 paesi (5.573 progetti approvati su 7.689 richieste ricevute). Il restante 14,1%, pari ad € 16.600.000, è stato destinato ad attività di informazione, proclamazione della fede e difesa dei cristiani perseguitati.
Il Paese che ha ricevuto maggiori aiuti è l’Ucraina: € 7.500.000; seguita dal Siria, con € 7.400.000 ed il Libano con € 6.900.000. Particolare attenzione per l’Africa che ha ricevuto il maggior sostegno: il 31,4% delle risorse. La presidente esecutiva di ACS Internazionale, Regina Lynch ha commentato: “L’Africa è la patria di circa un cattolico su cinque, di un sacerdote su otto, di una religiosa su sette e di quasi un terzo dei seminaristi nel mondo. Oltre a ciò, la diffusione del terrorismo e dell’estremismo islamico in alcuni Paesi, soprattutto nella regione del Sahel, è causa di grande sofferenza per i cristiani di questo continente”.
Con il 19,1% di aiuti, il Medio Oriente rappresenta la seconda regione a ricevere il maggior numero di aiuti. Il 61% dei fondi inviati in Siria è destinato ad aiuti di emergenza, tra cui cibo e alloggio, assistenza medica e microcredito per le imprese. In Libano, gli aiuti d’urgenza hanno rappresentato il 47% del totale e sono stati destinati alle scuole cristiane, al cibo, agli alloggi e alle cure mediche.
Inoltre ACS ha fatto giungere a 40.767 sacerdoti € 1.075.000 di offerte per la celebrazione di Messe. Ciò significa che un sacerdote su 10 nel mondo ha ricevuto sostegno da ACS e che, in qualche parte del mondo, ogni 18 secondi è stata celebrata una Messa secondo le intenzioni dei benefattori. Inoltre, grande sostegno per la formazione di quasi 11.000 seminaristi: il sostegno alla formazione di sacerdoti, religiosi e laici ha rappresentato il 26,7% di tutto l’aiuto garantito, mentre le offerte per le Messe e gli aiuti di sussistenza per le religiose sono stati pari al 21,6%.
In particolare Aiuto alla Chiesa che Soffre ha sottolineato che dopo 13 anni dall’inizio della guerra, la Siria è ancora nel caos, come ha raccontato l’arcivescovo di Homs dei Siri, mons. Jacques Mourad. Nel Paese la situazione sanitaria è drammatica: i farmaci sono sempre più costosi, gli ospedali sono danneggiati e non funzionano a pieno regime, e il 90% della popolazione vive in povertà estrema. Per molte persone, curarsi è diventato un lusso impossibile. Il salario medio mensile corrisponde ad appena 10 euro, mentre l’inflazione annuale supera il 139%.
Per quanto riguarda la situazione in Terra Santa, mons. William Shomali, vescovo ausiliare di Gerusalemme e Vicario patriarcale per la Palestina, in un colloquio con Aiuto alla Chiesa che Soffre Italia (ACS Italia), ha fornito un aggiornamento sulla drammatica situazione dei cristiani di Terra Santa. Quanto ai fedeli presenti nella Striscia di Gaza, il prelato ha ricordato che ‘a Gaza prima della guerra vivevano 1.017 cristiani’. Dopo lo scoppio del conflitto ‘la maggior parte di loro si è rifugiato nel complesso parrocchiale latino e una minoranza in quello greco-ortodosso’.
Questi sfollati “soffrono per la mancanza di elettricità, acqua potabile e cibo. Nei giorni scorsi, per fortuna, hanno potuto acquistare sacchi di farina. Una volta hanno ricevuto polli congelati, che dovevano essere cucinati e consumati in giornata perché non avevano frigoriferi… Inoltre la maggior parte dei cristiani ha visto le proprie case distrutte. Vivono nelle aule delle nostre scuole.
Una stanza di classe per una o due famiglie. Perciò, non potremo riprendere l’attività scolastica finché le famiglie non avranno ricostruito i loro appartamenti. Chi ricostruirà? Nessuno conosce quale sarà la situazione a Gaza all’indomani della guerra. Va da sé che continuiamo a pagare l’intero stipendio agli insegnanti delle nostre due scuole, altrimenti perderebbero l’unico reddito di cui dispongono”.
(Foto: ACS)
I cristiani sono i più perseguitati nel mondo

Un cristiano su sette nel mondo (uno su cinque in Africa e due su cinque in Asia) è vittima di gravi forme di persecuzione per un totale di 365.000.000 persone in oltre 70 Paesi, mentre le nazioni ad alto rischio sono aumentate da 11 a 13, secondo il nuovo rapporto di ‘PorteAperte/OpenDoors’, che analizza il periodo tra il primo ottobre 2022 e il 30 settembre scorso, come ha sottolineato il direttore della sezione italiana, Cristian Nani:
CCEE: mons. Grusas delinea le nuove ‘sfide’ per le Chiese europee

Le sfide della Chiesa in Europa sono ampie, e vanno dalla necessità di implementare il cammino sinodale voluto da papa Francesco fino alle questioni della difesa della vita di fronte ad una società sempre più in balia della ‘cultura della morte’, come raccontano diversi fatti di cronaca degli ultimi tempi, passando per la risposta agli abusi, l’intelligenza artificiale, le questioni della giustizia e della pace.
In Pakistan violenza contro i cristiani

“Le parole mi mancano mentre scrivo questo. Noi, vescovi, sacerdoti e laici, siamo profondamente addolorati ed angosciati per l’incidente di Jaranwala nel distretto di Faisalabad in Pakistan”: sono le parole di mons. Azad Marshall, vescovo della diocesi di Raiwind, riportate dal settimanale cattolico spagnolo ‘Alfa & Omega’.
Peggiora la libertà religiosa nel mondo

Nei giorni scorsi nella sala dell’Ambasciata italiana presso la Santa Sede è stato presentato l’ultimo rapporto di ‘Aiuto alla Chiesa che soffre’ sulla libertà religiosa nel mondo: 800 pagine in cui sono descritti gli orrori delle persecuzioni e superare l’indifferenza, come ha sottolineato Sandra Sarti, presidente di Acs Italia: ‘L’indifferenza ci rende complici verso chi viola il diritto di libertà’.
Porte Aperte denuncia la persecuzione contro i cristiani

Mercoledì 18 gennaio la ong ‘Porte Aperte’ ha pubblicato la World Watch List, la nuova edizione della lista dei primi 50 paesi dove più si perseguitano i cristiani al mondo, che compie 30 anni, in cui si denuncia la crescita della persecuzione anticristiana in termini assoluti, mantenendo l’impressionante accelerazione degli ultimi 10 anni.
La drammatica situazione dei cristiani nel Corno d’Africa, tra guerra e persecuzioni

Nelle scorse settimane ha fatto scalpore l’arresto di abune Fikremariam Hagos, vescovo cattolico di Segheneiti, culla della diffusione del cattolicesimo nel paese, devastata dalle operazioni di reclutamento forzato di uomini di ogni età da inviare in Tigray, a dar manforte all’esercito etiopico nella guerra civile che si combatte da ormai due anni nella regione. L’arresto del vescovo, senza motivazioni dichiarate come finora ha fatto il governo di Asmara, può essere interpretato come un segnale alla Chiesa cattolica, rimasta ormai l’unica voce critica all’interno del Paese.