Mons. Lorefice a Catania: sant’Agata e beato Puglisi martiri per fede

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A Catania in questo mese si svolgono celebrazioni in onore della patrona sul tema ‘Sant’Agata e la luce del martirio nel nostro tempo’, come ha sottolineato l’arcivescovo della diocesi, mons. Luigi Renna, in preparazione della festa di sant’Agata’, partendo dalla revisione degli statuti:

“All’indomani della festa rivedremo gli statuti. Sarà molto importante che l’adesione alle associazioni sia fatta da uomini e donne che si trovino nelle condizioni di essere dei devoti che non hanno conti in sospeso con la giustizia: ci sarà l’autocertificazione come sempre, ma sarà verificata dagli organi competenti e se qualcuno non si trovasse in grado di poter aderire per questi motivi, avrà la bontà di attendere che ritorni in quelle condizioni adeguate al suo stato di associato. Devoti si può essere senza tessera; si è ancora più devoti se non si mette in imbarazzo l’associazione con la propria presenza”.

L’apertura delle celebrazioni, avvenuta mercoledì 10 gennaio, è avvenuta con l’accoglienza della reliquia del beato Pino Puglisi, seguita dalla catechesi dell’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, che ha ricordato l’integrità di sant’Agata:

“S. Agata ancor oggi risplende come esempio di cuore integro e puro completamente consacrato a Dio e alla giustizia fino al martirio. Donna che rimane nell’Amore di Cristo, arricchita del significato ultimo dell’esistenza incontrato nell’Evangelo giunto nel III secolo d.C. anche a Catania, fresco e coinvolgente, nonostante ciò comporti incomprensione e persecuzione. Donna ricca di frutti di vita e di bene, fino ai nostri giorni”.

La santità è la chiamata per ogni cristiano: “Questa è la chiamata di ogni cristiano sia esso cristiano-laico o cristiano-prete, o che abbia abbracciato la vita consacrata. Una fede relazione d’Amore. Una vita alimentata dall’amore, linfa vitale che, come nel tralcio irrorato dalla vite, porta frutto che rimane. Una vita vissuta nella ricerca di ciò che è giusto, bello e buono. Nella coerenza tra ciò che si dice e ciò che si opera. Nella pienezza della libertà da ogni sicurezza umana, che arriva a disporre della vita per un amore più grande”.

Ed il martirio, cioè la testimonianza, lega sant’Agata al beato Puglisi: “Agata ieri e don Pino Puglisi oggi, ci testimoniano che un cuore amante di Dio, puro, integro, trasparente, casto, è il vero unico presupposto per superare l’egoismo di matrice idolatrica che attanaglia i nostri stili di vita e le nostre relazioni.

Questi due martiri della fede e della giustizia ci avvertono, altresì, che su questa frontiera interiore si gioca la nostra appartenenza a Cristo e il nostro concreto apporto alla costruzione della Casa comune (il pianeta Terra) e della Città che abitiamo, sempre più segnati da nuove forme di povertà e fragilità, dalla disgregazione sociale, dalle disuguaglianze, dall’illegalità, dall’ingiustizia, dall’indifferenza, dall’emarginazione e dalla violenza. Dall’avanzare del singolarismo e della cultura della morte”.

L’arcivescovo palermitano ha concluso l’incontro affermando che l’incarnazione si trasforma in azione: “Puglisi di Palermo e Agata di Catania sono stati crocifissi con Cristo, non erano più loro che vivevano ma Cristo viveva in loro. La loro vita che hanno vissuto nella carne, l’hanno vissuta nella fede del Figlio di Dio che li ha amati e ha dato se stesso per loro.

Già in loro agiva la trasformazione dei loro corpi, la trasfigurazione della storia, la ricostruzione della città umana in dimensione pasquale, di redenzione, di salvezza, di riscatto dal male, di vittoria sulla morte. Loro per primi erano carne redenta, storia umana trasfigurata, vagito della nuova creazione riscattata dall’inimicizia e dal male, annunzio di speranza e di resurrezione.

(Foto: Arcidiocesi di Palermo)

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