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L’Italia ricorda don Peppe Diana

“Assistiamo impotenti al dolore di tante famiglie che vedono i loro figli finire miseramente vittime o mandanti delle organizzazioni della camorra. Come battezzati in Cristo, come pastori della Forania di Casal di Principe ci sentiamo investiti in pieno della nostra responsabilità di essere ‘segno di contraddizione’. Coscienti come chiesa che dobbiamo educare con la parola e la testimonianza di vita alla prima beatitudine del Vangelo che è la povertà, come distacco dalla ricerca del superfluo, da ogni ambiguo compromesso o ingiusto privilegio, come servizio sino al dono di sé, come esperienza generosamente vissuta di solidarietà”.

Così inizia il documento diffuso a Natale del 1991 in tutte le chiese di Casal di Principe e della zona aversana da don Peppe Diana e dai parroci della forania di Casal di Principe, per spingere a prendere coscienza del problema camorristico, affermando che essa è una forma di terrorismo: “I camorristi impongono con la violenza, armi in pugno, regole inaccettabili: estorsioni che hanno visto le nostre zone diventare sempre più aree sussidiate, assistite senza alcuna autonoma capacità di sviluppo; tangenti al venti per cento e oltre sui lavori edili, che scoraggerebbero l’imprenditore più temerario;

traffici illeciti per l’acquisto e lo spaccio delle sostanze stupefacenti il cui uso produce a schiere giovani emarginati, e manovalanza a disposizione delle organizzazioni criminali; scontri tra diverse fazioni che si abbattono come veri flagelli devastatori sulle famiglie delle nostre zone; esempi negativi per tutta la fascia adolescenziale della popolazione, veri e propri laboratori di violenza e del crimine organizzato”.

Era un appello ai cristiani ad essere sentinelle nel denunciare l’illegalità: “Il nostro impegno profetico di denuncia non deve e non può venire meno. Dio ci chiama ad essere profeti… Ai preti nostri pastori e confratelli chiediamo di parlare chiaro nelle omelie ed in tutte quelle occasioni in cui si richiede una testimonianza coraggiosa; alla Chiesa che non rinunci al suo ruolo ‘profetico’ affinché gli strumenti della denuncia e dell’annuncio si concretizzino nella capacità di produrre nuova coscienza nel segno della giustizia, della solidarietà, dei valori etici e civili”.

Don Giuseppe Diana è stato parroco di Casal di Principe (nei pressi di Aversa) che si è battuto contro la camorra, denunciando i traffici illeciti di sostanze stupefacenti, le tangenti sui lavori edili, gli scontri violenti tra le fazioni della criminalità organizzata del suo paese. Egli ha pagato con la vita la propria coraggiosa attività: è stato assassinato a soli trentacinque anni nella sacrestia della sua Chiesa, mente si accinge a celebrare la messa.

Don Giuseppe nasce il 4 luglio del 1958 a Casal di Principe, vicino ad Aversa, da una famiglia che vive lavorando la terra. Dopo aver compiuti studi teologici ed essersi laureato in filosofia, entra nell’Agesci (Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani) ed è consacrato sacerdote.

Si batte contro la criminalità organizzata della sua città, nel periodo in cui imperversano in Campania i casalesi, camorristi legati al boss Francesco Schiavone (detto ‘Sandokan’), infiltrati negli enti locali, nell’imprenditoria. Contro questo stato di cose, don Diana scrive una lettera, intitolata ‘Per amore del mio popolo’, diffusa nel giorno di Natale del 1991 in tutte le chiese, pagando il coraggioso gesto con la vita: la mattina del 19 marzo 1994 un assassino lo raggiunge, mentre si prepara a dir messa, nella sagrestia della sua chiesa, e gli spara quattro colpi di pistola, mettendo segno una vera e propria esecuzione camorristica.

Ed a 30 anni dall’uccisione papa Francesco ha inviato una lettera al vescovo di Aversa, mons. Angelo Spinillo, in cui ha invitato a ravvivare la ‘evangelica’ inquietudine dei cristiani: “Ancora oggi si ripete la triste vicenda narrata dalla Sacra Scrittura del primo fratricidio di Caino contro il fratello Abele… Pertanto, la commemorazione del sacrificio di don Giuseppe ci sprona a ravvivare in noi quella evangelica inquietudine che ha animato il suo sacerdozio e lo ha portato senza alcuna esitazione a contemplare il volto del Padre in ogni fratello, testimoniando a chi si sente ferito il progetto di Dio, perché ciascuno potesse vivere nella giustizia, nella pace e nella libertà”.

Il messaggio del papa è stato un incoraggiamento ai giovani per costruire una società fraterna: “Prima di concludere, mosso da sentimenti di fiducia, esorto Voi giovani, volto bello e limpido di codesta terra: non lasciatevi rubare la speranza, coltivate ideali alti e costruite un futuro diverso con mani non sporche di sangue ma di lavoro onesto, senza cedere a compromessi facili ma illusori, raccogliendo l’eredità spirituale di Don Peppe per divenire, a vostra volta, artigiani di pace”.

Anche il presidente della Cei, card. Matteo Zuppi, ha invitato a non dimenticare la testimonianza di don Diana: “Ricordare Don Peppino ci aiuta a capire che non si può servire Dio e mammona. E di questo ringrazio voi che avete conservato la sua memoria. Don Peppino è una luce di speranza. Il suo sacrificio è il seme caduto a terra per la viltà di un assassino e del sistema di morte che si portava dentro e lo accecava. Il seme continua a dare frutto: l’amore per i poveri, l’attenzione ai fragili, la giustizia nei comportamenti, l’onesta che non accetta opportunismi, rendere il mondo migliore di come lo abbiamo trovato, come ricorda la legge scout che ha amato”.

Mentre il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, ha sottolineato che è difficile far tacere una ‘voce scomoda’: “La testimonianza di don Diana è divenuta un simbolo potente di liberazione, una spinta al riscatto sociale. Don Giuseppe ai ragazzi insegnava che la via della libertà passa dal non piegare la testa al ricatto mafioso e che è possibile costruire un mondo migliore. Pagò con la vita il coraggio e la coerenza personale e la sua vita è diventata lezione, patrimonio per il Paese”.

Card. Pizzaballa: pace è il linguaggio per la Terra Santa

Ieri è stato inaugurato il nuovo anno accademico dell’Università Cattolica a Roma con la prolusione del patriarca di Gerusalemme dei Latini, card. Pierbattista Pizzaballa, che ha tracciato alcune proposte per superare l’impasse in Terra Santa, dove dal 7 ottobre oltre alla guerra è avvenuto anche ‘uno spartiacque nel dialogo interreligioso, che non potrà essere più come prima, almeno tra cristiani, musulmani ed ebrei’:

A Tolentino il Ser.Mi.T 30 anni di vita con don Vinicio Albanesi

Quest’anno il Ser.Mi.T (Servizio Missionario Tolentino) compie 30 anni di volontariato, nato da un’iniziativa di don Rino Ramaccioni e di Maria Antonietta Bartolozzi, inizialmente per sostenere i missionari in alcuni Paesi, specialmente in Africa, in India ed in Brasile; poi, negli anni, il sostegno è stato portato anche in Italia e nella nostra città per sostenere chi aveva difficoltà ad arrivare a fine mese: ora il Sermit è attivo, all’estero, attraverso le adozioni a distanza, ed in città attraverso i servizi erogati, come i pacchi alimentari od il Centro di Ascolto. Insomma 30 anni di attività grazie soprattutto ai volontari, che si sono avvicendati in questi anni.

Da Firenze una marcia per la pace in Medio Oriente

“Ancora una volta il mio pensiero va a quanto sta accadendo in Israele e in Palestina. Sono molto preoccupato, addolorato, prego e sono vicino a tutti coloro che soffrono, agli ostaggi, ai feriti, alle vittime e ai loro familiari. Penso alla grave situazione umanitaria a Gaza e mi addolora che anche l’ospedale anglicano e la parrocchia greco-ortodossa siano stati colpiti nei giorni scorsi.

Prof. Paolo Trianni: necessario un vegetarianesimo cristiano

“Negli ultimi decenni si è andato delineando un nuovo filone di ricerca nelle discipline filosofico-teologiche volto ad indagare il ruolo assegnato agli animali all’interno della tradizione ebraico-cristiana. Le ragioni di questa nuova attenzione sono state generalmente, e comprensibilmente, rinvenute nella contemporanea crisi ecologica che ha spinto l’essere umano ad interrogarsi circa le radici del marcato antropocentrismo con cui guarda al resto del vivente, altro da sé”.

Da Berlino si espande l’audacia della pace

“Riuniti a Berlino nello spirito di Assisi, rappresentanti delle Religioni mondiali, abbiamo pregato per la pace. Lo abbiamo fatto in questo luogo in cui parla la storia: memoria della guerra e del muro che divideva l’Europa. Proprio qui abbiamo capito che nessun muro è per sempre. Nel 1989 qui è avvenuta una rivoluzione pacifica che mostra la forza della libertà.

Dai teologi un grido di profezia per il Mediterraneo

A metà giugno si è svolto a Molfetta un laboratorio di alcune facoltà teologiche del Mediterraneo, da cui è scaturito un documento in grado di offrire un contributo ‘teologico’ per contribuire a leggere quanto accade con spirito critico e profetico alla luce del Vangelo, in grado di denunciare il naufragio di civiltà che in esso si consuma, aprendo al riconoscimento del desiderio e della promessa di fraternità racchiusi in questo mare, dopo l’ultimo naufragio avvenuto nel mar Egeo:

Presentato l’Instrumentum Laboris del Sinodo per una Chiesa in cammino

“Il Popolo di Dio si è messo in cammino da quando, il 10 ottobre 2021, papa Francesco ha convocato la Chiesa intera in Sinodo. A partire dai contesti e ambiti vitali, le Chiese locali di tutto il mondo hanno avviato la consultazione del Popolo di Dio, sulla base dell’interrogativo di fondo formulato al n. 2 del Documento Preparatorio… I frutti della consultazione sono stati raccolti a livello diocesano e poi sintetizzati e inviati ai Sinodi delle Chiese Orientali Cattoliche e alle Conferenze Episcopali. A loro volta, questi hanno redatto una sintesi che è stata trasmessa alla Segreteria Generale del Sinodo”.

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