Naufragio in Calabria: basta morti nel Mediterraneo

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“Stamattina ho saputo con dolore del naufragio avvenuto sulla costa calabrese, presso Crotone. Già sono stati recuperati quaranta morti, tra cui molti bambini. Prego per ognuno di loro, per i dispersi e per gli altri migranti sopravvissuti. Ringrazio quanti hanno portato soccorso e coloro che stanno dando accoglienza. La Madonna sostenga questi nostri fratelli e sorelle. E non dimentichiamo la tragedia della guerra in Ucraina, già un anno è stato fatto di guerra. E non dimentichiamo il dolore del popolo siriano e di quello turco per il terremoto”.

Con queste parole al termine della recita dell’Angelus di domenica scorsa ha espresso il cordoglio per il naufragio, avvenuto nella notte a poche centinaia di metri dalle coste calabresi di Cutro, di un barcone di 200 persone proveniente dalla Turchia, di cui i morti finora sono 64.

Nel contempo il papa era preoccupato anche per la situazione in Medio Oriente e nel Burkina Faso: “Giungono ancora notizie dolorose dalla Terra Santa: tante persone uccise, anche bambini… Come fermare questa spirale di violenza? Rinnovo l’appello a far sì che il dialogo prevalga sull’odio e sulla vendetta, e prego Dio per i palestinesi e gli israeliani, affinché trovino la strada della fraternità e della pace, con l’aiuto della Comunità internazionale.

Sono molto preoccupato anche per la situazione in Burkina Faso, dove continuano gli attacchi terroristici. Invito a pregare per la popolazione di quel caro Paese, affinché le violenze subite non facciano perdere la fiducia nel cammino della democrazia, della giustizia e della pace”.

Al cordoglio del papa si è aggiunto anche quello del presidente dei vescovi italiani, card. Matteo Zuppi, il quale ha espresso ‘acuto dolore’ per le vittime, che ‘sono di tutti’: “Ci uniamo alla preghiera del Santo Padre per ognuno di loro, per quanti sono ancora dispersi e per i sopravvissuti. Li affidiamo a Dio con un pensiero per le loro famiglie”.

E’ un richiamo ad una responsabilità per scelte necessarie affinché non succedano più tali naufragi: “Questa ennesima tragedia, nella sua drammaticità, ricorda che la questione dei migranti e dei rifugiati va affrontata con responsabilità e umanità.

Non possiamo ripetere parole che abbiamo sprecato in eventi tragici simili a questo, che hanno reso il Mediterraneo in venti anni un grande cimitero. Occorrono scelte e politiche, nazionali ed europee, con una determinazione nuova e con la consapevolezza che non farle permette il ripetersi di situazioni analoghe.

L’orologio della storia non può essere portato indietro e segna l’ora di una presa di coscienza europea e internazionale. Che sia una nuova operazione ‘Mare Nostrum’ o ‘Sophia’ o ‘Irini’, ciò che conta è che sia una risposta strutturale, condivisa e solidale tra le Istituzioni e i Paesi. Perché nessuno sia lasciato solo e l’Europa sia all’altezza delle tradizioni di difesa della persona e di accoglienza”.

Sulla stessa sintonia è don Tonio Dell’Olio, che sul sito di ‘Mosaico di Pace’, esprimendo amarezza per le dichiarazioni della politica italiana: “La processione delle dichiarazioni politiche sui cadaveri della spiaggia di Cutro aggiunge l’amarezza al dolore.

‘E’ colpa dei trafficanti’ dice uno. L’altro gli fa eco dicendo che ‘facciamo bene a volerli fermare nei luoghi di partenza’. Naturalmente per il loro bene e la loro incolumità. E altri ancora tuonano che ‘nessuno deve permettersi di speculare politicamente su quelle morti’.

Ed intanto i corpi giacciono sotto i lenzuoli bianchi ed a un sindaco scappa di dire: ‘Non abbiamo tanti posti pronti nel nostro piccolo cimitero’. E intanto le lacrime non bastano a dire il dolore”.

L’appello di don Tonio Dell’Olio è un invito pressante al rispetto del comandamento divino a non uccidere: “Se a parole la vita è al primo posto, allora bisogna fare di tutto. Con o senza l’Europa, con o senza il consenso del nostro governo. Siamo fratelli tutti. Per i cristiani questo è il tempo della conversione.

E se provassimo a cospargere di cenere le leggi che impongono di fare il giro largo, di non salvare tutti, di pagare il ricatto dei trafficanti? E’ speculazione? Forse è semplicemente il tentativo di convertire le lacrime sincere in obbedienza al comando di non uccidere”.

Ugualmente i vescovi calabresi hanno invitato ad un comportamento più ‘umano’: “Di fronte alla dolorosa cronaca di queste ore, nessuno può rimanere indifferente di fronte a tanti fratelli e sorelle fra cui bambini, che hanno perso la vita in questo dramma, ultimo di tanti, troppi che hanno funestato le coste della nostra Calabria…

In questo momento come vescovi della Calabria, ci sentiamo di elevare un invito accorato rivolto a tutti, a non rimanere inerti, a immaginare nuove strade solidali che possano permettere al nostro Mediterraneo di non essere più uno scenario di morte”.

Ed anche per i vescovi c’è bisogno di un risveglio delle coscienze: “E’ il momento del dolore, ma anche del risveglio: tutti facciano la loro parte, tutti facciano di più, con rinnovata responsabilità: l’Europa deve fare di più, l’Italia deve fare di più, le nostre Comunità cristiane devono fare di più… sentendosi tutti sulla stessa barca, su quella stessa barca che non deve naufragare perché sarebbe il naufragio della civiltà. Per salvarci da questo tragico naufragio, con papa Francesco invitiamo tutti a comportarsi con più umanità”.

E Caritas italiana ha chiesto attraverso il suo direttore, don Marco Pagniello, ha espresso la necessità di una risposta ‘strutturale’, che non penalizzi le ong: “Caritas Italiana ribadisce l’urgenza di una risposta strutturale e condivisa con le Istituzioni e i diversi Paesi, affinché l’Italia e l’Europa siano all’altezza delle loro tradizioni, delle loro radici e del loro umanesimo.

La questione delle migrazioni, della fuga dalla miseria e delle guerre, non può essere gestita come fosse ancora un’emergenza. Penalizzare, anziché incoraggiare, quanti operano sul campo non fa che aumentare uno squilibrio di umanità.

La vita è sacra e va salvaguardata, sempre: salvare le vite resta un principio inviolabile… E’ tempo che i diversi attori si confrontino per trovare una soluzione corale e costruttiva, per il bene di tutti”.

Per la Caritas l’accoglienza delle persone è un fattore importante: “L’accoglienza delle persone che arrivano e arriveranno sul nostro territorio è per noi un fatto importante, che ci impegna, al di là della discussione sull’opera delle Ong e del loro ruolo nel mare Mediterraneo.

Caritas Italiana, per conto della Chiesa che è in Italia ed in collaborazione con altre organizzazioni e il Governo, col progetto dei ‘Corridoi umanitari’ pone un ‘segno’: si possono, dunque si devono, organizzare vie sicure che evitino i pericoli dei viaggi per mare e che diano prospettive reali alle persone migranti”.

Ed è per questo che anche la Comunità di Sant’Egidio ha chiesto la ‘regolarizzazione’ delle vie d’ingresso: “Occorre continuare e incentivare il salvataggio di chi è in pericolo nel Mediterraneo e ad accogliere, come ha invitato a fare papa Francesco all’Angelus.

Al tempo stesso è necessario attivare urgentemente, ed in maniera ampia, programmi di reinsediamento europei dai paesi del Sud del Mediterraneo; incrementare le quote dei decreti flussi insieme a nuove vie di ingresso regolare, unica soluzione per poter gestire un fenomeno che è di vaste proporzioni.

Modelli che funzionano perché favoriscono l’integrazione, come i corridoi umanitari, che la nostra Comunità porta avanti insieme a diverse realtà ormai dal 2016 oltre all’ingresso per motivi di lavoro, di cui tanto ha bisogno il nostro paese”.

E’ un richiamo all’Europa per affrontare seriamente la questione migratoria: “Ma chiediamo soprattutto all’Europa di uscire dal suo torpore e da logiche di chiusura che non favoriscono l’immigrazione regolare, incrementando la cooperazione e attivando subito un ‘piano speciale’ di aiuti e di sviluppo per i paesi di provenienza dei migranti, sull’altra sponda del Mediterraneo e nell’Africa subsahariana.

Se non si affronta questo nodo, che potrebbe fornire, almeno a medio termine, una risposta concreta, con la creazione di posti di lavoro e un futuro vivibile nei paesi di partenza, insieme a nuove politiche sull’immigrazione, saranno purtroppo inevitabili nuove tragedie del mare o nel deserto africano”.

Dello stesso tenore è la nota delle Acli con l’invito all’Europa di non costruire muri: “Mentre i governi europei discutono delle responsabilità del soccorso e dell’accoglienza di chi fugge da guerre, persecuzioni e calamità naturali, intanto che decidono come esternalizzare le frontiere e costruire nuovi muri, la contabilità di morte continua a scandire le sue vittime”.

Al contempo è un invito esplicito al governo italiano per il ritiro del ‘decreto’ che penalizza il salvataggio da parte delle Ong: “Per favorire il soccorso in mare, le Acli chiedono al governo italiano di ritirare il ‘decreto Ong’ e, al tempo stesso, chiedono all’Ue un vertice permanente che, nel rispetto del diritto internazionale, doti l’Unione di una strategia di accoglienza su tutte le rotte di accesso all’Europa. Accogliere è un dovere e un obbligo, non una opzione tra le altre. Basta morti nel Mediterraneo”.

Mentre l’Azione Cattolica Italiana ha chiesto l’attivazione di una seria risposta ‘strutturale’ alle migrazioni: “Chiediamo dunque a Governo, Parlamento e Istituzioni comunitarie, ascoltando anche il grido che proviene dalla società civile e dal mondo cattolico, una nuova operazione ‘Mare Nostrum’ che sia una risposta strutturale, condivisa e solidale tra le Istituzioni e i Paesi; l’apertura stabile e proporzionata di vie di ingresso legali come visti per lavoro e nuovi criteri che amplino i ricongiungimenti familiari”.

Per l’Azione Cattolica Italiana le migrazioni devono essere ben gestite per evitare morti: “Le migrazioni che bussano alle porte della nostra Europa e della nostra Italia non si possono fermare. Non si può fermare il cammino per la libertà, di chi fugge dalla violenza, dalle guerre e dall’oppressione.

Ma si devono gestire. Intervenendo sul presente, attraverso l’accoglienza e la tutela dei diritti umani per ogni essere umano, e costruendo un futuro di integrazione dove diritti e doveri siano ben chiari per tutti gli attori in causa, chi accoglie e chi viene accolto”.

Le politiche di esclusione hanno fallito: “Nel constatare quanto le politiche di chiusura rispetto al fenomeno migratorio abbiano dimostrato di essere fallimentari, e anzi, favorendo il traffico e la tratta di esseri umani, speriamo che questa nuova tragedia si traduca in una nuova presa di coscienza europea e internazionale”.

Infine gli Scalabriniani e le Scalabriniane chiamano a ‘raccolta’ la società civile per rimettere al ‘centro’ la dignità umana, come sottolineava san Giovanni Scalabrini:

“Se i politici e la politica proprio non riescono a vedere al di là dei miseri interessi di parte, tocca alla società civile prendersi la responsabilità di rimettere al centro dell’attenzione la dignità della persona umana, la dignità dei migranti, la dignità dei cittadini che non vogliono negare le realtà, la durezza e la complessità delle migrazioni odierne, che non sono dissimili dal passato.

Costruiamo nuove politiche capaci di garantire, come ripeteva san Giovanni Battista Scalabrini, libertà di migrare sì, ma non libertà di far emigrare, con la consapevolezza che migliaia di migranti continuano e continueranno (quando non periscono lungo il percorso ad ostacoli da noi approntato) ad arrivare nelle nostre città e nei nostri Paesi in cerca di dignità, rispetto e accoglienza che non possiamo negare loro”.

(Foto: Caritas)

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