Papa Francesco ai gesuiti: amare è servire

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I conflitti, le crudeltà delle violenze, la tutela dei patrimoni naturali, i mali della Chiesa, il sogno per l’Africa: sono alcuni dei temi affrontati da Papa Francesco negli incontri avuti con i gesuiti nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan, incontri diventati appuntamenti fissi nell’agenda dei suoi viaggi apostolici. Le due conversazioni sono state riportate in un articolo della rivista della Compagnia ‘La Civiltà Cattolica’ a firma del direttore p. Antonio Spadaro, riguardanti la missione della Compagnia di Gesù:

“Sono d’accordo con le preferenze apostoliche universali che la Compagnia ha elaborato. Esse consistono innanzitutto nell’indicare il cammino verso Dio mediante gli Esercizi spirituali e il discernimento…

Certo, è chiaro che qui è forte il tema del conflitto, delle lotte tra fazioni. Ma apriamo gli occhi sul mondo: tutto il mondo è in guerra! La Siria vive una guerra da 12 anni, e poi lo Yemen, il Myanmar con il dramma dei rohingya. Anche in America Latina ci sono tensioni e conflitti. E poi questa guerra in Ucraina.

Tutto il mondo è in guerra, ricordiamocelo bene. Ma io mi domando: l’umanità avrà il coraggio, la forza o persino l’opportunità di tornare indietro? Si va avanti, avanti, avanti verso il baratro. Non so: è una domanda che io mi faccio. Mi dispiace dirlo, ma sono un po’ pessimista”.

Ed ha affrontato la questione della vendita delle armi: “Oggi davvero sembra che il problema principale sia la produzione di armi. C’è ancora tanta fame nel mondo e noi continuiamo a fabbricare le armi. E’ difficile tornare indietro da questa catastrofe. E non parliamo delle armi atomiche! Credo ancora in un lavoro di persuasione. Noi cristiani dobbiamo pregare tanto: ‘Signore, abbi pietà di noi!’.

“In questi giorni mi colpiscono i racconti delle violenze. Mi colpisce soprattutto la crudeltà. Le notizie che vengono dalle guerre che ci sono nel mondo ci parlano di una crudeltà persino difficile da pensare. Non solo si uccide, ma lo si fa crudelmente. Per me questa è una cosa nuova. Mi dà da pensare. Anche le notizie che arrivano dall’Ucraina ci parlano di crudeltà. E qui in Congo lo abbiamo ascoltato dalle testimonianze dirette delle vittime”.

Un’altra domanda ha riguardato un possibile sinodo sul continente africano: “Il Sinodo sull’Amazzonia è stato esemplare. Lì si è parlato di quattro ‘sogni’: sociale, culturale, ecologico ed ecclesiale. Si applicano anche al bacino del Congo: c’è una somiglianza. L’equilibrio planetario dipende anche dalla salute dell’Amazzonia e del bioma del Congo.

Non ci sarà un Sinodo sul Congo, ma certo sarebbe bene che la Conferenza episcopale si impegnasse sinodalmente a livello locale. Con gli stessi criteri, ma per portare avanti un discorso più legato alla realtà del Paese”.

Ed ancora sul rito congolese: “Il rito congolese mi piace, perché è un’opera d’arte, un capolavoro liturgico e poetico. E’ stato fatto con senso ecclesiale e con senso estetico. Non è un adattamento, ma una realtà poetica, creativa, per essere significativo e adeguato alla realtà congolese. Per questo sì, mi piace e mi dà gioia”.

In questo senso la Chiesa deve prendersi cura di chi è ‘ferito’: “La Chiesa come ospedale da campo. Per me la Chiesa ha la vocazione dell’ospedale, del servizio per la cura, la guarigione e la vita. Una delle cose più brutte della Chiesa è l’autoritarismo, che poi è uno specchio della società ferita dalla mondanità e dalla corruzione.

E la vocazione della Chiesa è alla gente ferita. Oggi questa immagine è ancora più valida, considerando lo scenario di guerra che stiamo vivendo. La Chiesa deve essere un ospedale che va dove c’è gente ferita. La Chiesa non è una multinazionale della spiritualità. Guardate i santi!

Curare, prendersi cura delle ferite che il mondo vive! Servite la gente! La parola ‘servire’ è molto ignaziana. ‘In tutto amare e servire’ è il motto ignaziano. Voglio una Chiesa del servizio”.

Mentre ai gesuiti del Sud Sudan papa Francesco ha raccontato le ‘proprie’ speranze e paure: “Se uno non ha speranza, può chiudere la porta e andarsene via! Tuttavia, la mia paura riguarda la cultura pagana molto generalizzata. I valori pagani oggi contano sempre di più: denaro, reputazione, potere.

Dobbiamo essere consapevoli del fatto che il mondo si muove in una cultura pagana che ha i propri idoli e i propri dèi. Denaro, potere e fama sono cose che sant’Ignazio nei suoi Esercizi spirituali indica come i peccati fondamentali.

La scelta di sant’Ignazio sulla povertà (a tal punto da far fare un voto speciale ai professi) è una scelta contro il paganesimo, contro il dio denaro. Oggi la nostra è anche una cultura pagana di guerra, dove conta quante armi hai. Sono tutte forme di paganesimo”.

La ‘cultura’ cristiana deve interpretare il proprio tempo: “Ma poi, per favore, non siamo così ingenui da pensare che la cultura cristiana sia la cultura di un partito unito, dove tutti aggruppati insieme fanno la forza. Ma così la Chiesa diventa un partito. No!

La cultura cristiana è, invece, la capacità di interpretare, discernere e vivere il messaggio cristiano, che il nostro paganesimo non vuole capire, non vuole accettare.

Siamo giunti al punto che se uno pensa alle esigenze della vita cristiana nella cultura di oggi, ritiene che esse siano una forma di estremismo. Dobbiamo imparare ad andare avanti in un contesto pagano, che non è poi diverso da quello dei primi secoli”.

Ed ha raccontato il proprio ‘sogno’ riguardo all’Africa: “Quando il mondo pensa all’Africa, pensa che, in un modo o nell’altro, essa vada sfruttata. Si tratta di un meccanismo inconscio collettivo: l’Africa va sfruttata. No, l’Africa deve crescere.

Sì, i Paesi del Continente hanno ottenuto l’indipendenza, ma dal suolo in su, non sulle ricchezze che sono sotto. Su questo tema lo scorso novembre ho avuto un incontro con studenti africani in videoconferenza per quasi un’ora e mezza. Sono rimasto meravigliato dall’intelligenza di queste ragazze e ragazzi. Mi è molto piaciuto il loro modo di ragionare”.

E’ un incoraggiamento a formare persone capaci di governare bene: “Ecco, l’Africa ha bisogno di politici che siano persone così: bravi, intelligenti, che facciano crescere i loro Paesi. Politici che non si lascino traviare dalla corruzione, soprattutto.

La corruzione politica non lascia spazio alla crescita del Paese, lo distrugge. A me colpisce il cuore. Non si possono servire due padroni; nel Vangelo questo è chiaro. O si serve Dio o si serve il denaro. Interessante che non dica il demonio, ma il denaro. Bisogna formare politici onesti. E’ anche il vostro compito”.

Inoltre ha invitato a non mettere in ‘conflitto’ fede e cultura: “Cultura e fede sono in dialogo e devono esserlo. Certo, può darsi che una cultura forte non accetti la fede. E questa base di paganesimo non si è mai spenta nella storia.

Ma attenzione: una forma di paganesimo è anche il formalismo esteriore di andare a Messa la domenica esclusivamente perché lo si deve, cioè senza anima, senza fede. La cultura forte è un vantaggio se è evangelizzata, ma non la si può ridurre a un’impossibilità di dialogo con la fede”.

Ed infine ha ‘lanciato’ un messaggio speciale per i gesuiti del Sud Sudan: “Che siano coraggiosi, che siano teneri. Non dimenticate che Ignazio era un grande della tenerezza. Voleva i gesuiti coraggiosi con tenerezza. E li voleva uomini di preghiera. Coraggio, tenerezza e preghiera sono sufficienti per un gesuita”.

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