Da Praga il ritratto di una Chiesa viva

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A Praga si è conclusa la tappa continentale del Sinodo e da questa esperienza di una Chiesa che sa confrontarsi e raccontarsi, come ha evidenziato Paolo Curtaz: “La sensazione, dopo qualche ora di sonno faticoso, è quella di una pentola in ebollizione, di tantissimi temi, di una realtà di Chiesa europea sorprendentemente variegata, in tensione fra riforme anche strutturali e radicali (ruolo delle donne, accoglienza LGBT+, clericalismo…) e timori di fughe in avanti che tradiscano la tradizione. Evidente la differente esperienza fra le antiche chiese d’occidente e quelle rinate orientali che, è bene ricordarlo, spesso sono minoranza”.

E’ un racconto di una Chiesa che è presente nella storia degli uomini: “E lo stupore di vedere come Cristo tocchi i cuori di persone così diverse. Ma, in questo dinamismo mozzafiato, la percezione di fare la Storia, di essere davvero Chiesa, di prendere tremendamente sul serio l’invito del Signore a renderlo presente.

Un Sinodo per parlare della sinodalità, del camminare insieme, senza autoritarismi, senza derive mondane, definendo (ri-defindendo) lo specifico (che esiste, cavolo se esiste) dell’essere cristiani. Dopo avere ascoltato la sintesi dei lavori di gruppo in presenza a Praga, nel pomeriggio ascoltiamo la sintesi dei lavori di gruppo dei 280 rappresentanti on-line, fra cui noi cinque rappresentanti del Continente digitale”.

Anche Rafael Montero racconta la ricchezza delle testimonianze: “E’ stato impressionante vedere la ricchezza e la diversità delle testimonianze: dalla Chiesa-martire dell’Albania (500 anni di persecuzioni e 50 anni di comunismo), alla piccola Chiesa di Bulgaria (40.000 cattolici, parrocchia italiana di medie dimensioni), dalle grandi Chiese nazionali profondamente ferite dal dramma della pedofilia (Germania e Francia) alle Chiese che da tempo sembrano giocare un ruolo irrilevante nel proprio Paese.

E’ stato un momento straordinario per poter cogliere quante sfumature e sensibilità sono presenti nell’Europa cattolica e quanta passione e voglia ci sia per affrontare le sfide di questo tempo”.

Mentre Lucia Stefoni ha narrato la ‘novità’ di questa assemblea sinodale: “Mi sembra di essere al Concilio di Gerusalemme dove gli apostoli hanno voluto ascoltarsi e poi decidere, mantenendo le due posizioni espresse da Giacomo e Paolo nella Chiesa nascente e trovando un equilibrio.

E mi chiedo se, alla fine, la ricchezza di questo incontro e la brillante intuizione (guidata dallo Spirito) di papa Francesco non stia proprio nell’ascoltarsi a vicenda. Per la prima volta, quando i vescovi si riuniranno in autunno, avranno ascoltato le loro comunità; ciò che i laici e le donne pensano veramente; avranno visto la sofferenza di tante Chiese scosse dagli scandali, ma anche la passione traboccante per Cristo e per il Vangelo che colgo in ogni intervento. Sì, per sintetizzare, per tenere insieme le diverse anime della Chiesa, che è sempre stata ampia e profonda”.  

Tutte le riflessioni dei quattro giorni di incontri sono state condensate nel documento chiamato ‘Considerazioni finali’, che è ed è un riassunto di quelli che sono stati i temi principali: “Il nostro lavoro è stato ricco ed entusiasmante, anche se non privo di problemi e difficoltà. Ci ha permesso di guardare negli occhi la Chiesa in Europa, con tutti i tesori delle due grandi tradizioni latine e orientali che la compongono.

Con una consapevolezza cresciuta nel corso dell’Assemblea, sentiamo oggi di poter affermare che la nostra Chiesa è bella, mostrando una varietà che è anche la nostra ricchezza. Sentiamo di amarla ancora più profondamente, nonostante le ferite che ha inflitto, per le quali ha bisogno di chiedere perdono per poter passare alla riconciliazione, alla guarigione della memoria e all’accoglienza dei feriti”.

Questa tappa continentale ha evidenziato un nuovo stile sinodale: “Per questo vogliamo continuare a camminare in uno stile sinodale: più che una metodologia, la consideriamo uno stile di vita della nostra Chiesa, di discernimento comunitario e di discernimento dei segni dei tempi.

Concretamente, vogliamo che questa Assemblea Continentale non rimanga un’esperienza isolata, ma diventi un appuntamento periodico, basato sull’adozione generale del metodo sinodale che permea tutte le nostre strutture e procedure a tutti i livelli.

In questo stile, sarà possibile affrontare i temi sui quali i nostri sforzi devono maturare e intensificarsi: l’accompagnamento dei feriti, il ‘protagonismo’ dei giovani e delle donne, l’apprendimento dalle persone emarginate”.

Tale stile di vita sinodale apre alla missione: “Lo stile sinodale ci permette anche di affrontare le tensioni in una prospettiva missionaria, senza essere paralizzati dalla paura, ma traendone l’energia per proseguire nel cammino…

Sappiamo che tutto questo è possibile perché l’abbiamo sperimentato durante questa Assemblea, ma ancor più perché la vita delle Chiese da cui proveniamo ne dà testimonianza. Pensiamo qui in particolare al dialogo ecumenico, che ha avuto una forte eco nel nostro lavoro, e anche al dialogo interreligioso.

Ma soprattutto crediamo che sia possibile perché c’è di mezzo la grazia: costruire una Chiesa sempre più sinodale è un modo per attuare concretamente l’uguaglianza nella dignità di tutti i membri della Chiesa, fondata nel battesimo”.

(Foto: CCEE)

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