Papa Francesco invita i giornalisti a raccontare la pace
Poco dopo essere atterrato a Fiumicino, di ritorno dal Regno del Bahrein, papa Francesco si è recato come consuetudine nella basilica di Santa Maria Maggiore per pregare davanti all’icona della ‘Vergine Salus Populi Romani’, ringraziando la Madonna per il suo 39^ viaggio apostolico, che a Lei aveva affidato nella visita del 2 novembre scorso nella Basilica liberiana, come ha diramato una nota della Sala stampa vaticana.
Rispondendo alle domande dei giornalisti papa Francesco ha fatto una panoramica del viaggio apostolico: “E’ stato un viaggio di incontro perché la finalità era proprio trovarsi nel dialogo interreligioso con l’Islam e nel dialogo ecumenico con Bartolomeo. Le idee che ha fatto il Grande Imam di Al-Azhar erano proprio in quell’indirizzo di cercare unità, unità all’interno dell’Islam rispettando le nouances, le differenze ma con l’unità, unità con i cristiani e con le altre religioni e per entrare nel dialogo interreligioso o nel dialogo ecumenico ci vuole identità propria. Non si può partire da un’identità diffusa”.
Ed ha parlato della necessità del dialogo ecumenico, che è necessario per ‘lavorare insieme’: “Anche io sono rimasto colpito delle cose che sono state dette nel Consiglio degli anziani, sul creato e sulla salvaguardia del creato e questa è una preoccupazione comune di tutti, islamici, cristiani, tutti. Adesso, nello stesso aereo, vanno dal Bahrein al Cairo, il Segretario di Stato del Vaticano e il Grande Imam di Al-Azhar, insieme come fratelli.
Questa è una cosa che commuove abbastanza. Questa è una cosa che ha fatto bene. Anche la presenza del Patriarca Bartolomeo (è un’autorità nel campo ecumenico) – ha fatto bene. Lo abbiamo visto nella funzione ecumenica che abbiamo fatto e le parole anche che lui ha detto prima. Per fare un riassunto: è stato un viaggio di incontro”.
Eppoi una domanda sul cammino del documento sulla fratellanza umana: “E’ stata una cosa di Dio, non si può capire altrimenti, perché nessuno di noi aveva in mente questo. E’ emerso durante un pranzo amichevole, e questa è una cosa grande. Poi io ho continuato a pensare, e il Documento di Abu Dhabi è stata la base della ‘Fratelli tutti’; quello che io ho scritto sull’amicizia umana nella ‘Fratelli tutti’ è basato sul Documento di Abu Dhabi.
Io credo che non si possa pensare a una strada del genere senza pensare a una speciale benedizione del Signore in questo cammino. Io voglio dirlo per giustizia, mi sembra giusto che voi sappiate come il Signore ha ispirato questa strada.
Io non sapevo neppure come si chiamava il Grande Imam, poi siamo diventati amici e abbiamo fatto una cosa da due amici, e adesso parliamo ogni volta che ci incontriamo. Il Documento è attuale, e si sta lavorando per farlo conoscere”.
E non poteva mancare una riflessione sulla situazione in Libano: “Il Libano è un dolore per me. Perché il Libano non è un Paese in se stesso, lo ha detto un Papa prima di me, il Libano non è un Paese, è un messaggio. Il Libano ha un significato molto grande per tutti noi.
E il Libano in questo momento soffre. Io prego, e ne approfitto per fare un appello ai politici libanesi: lasciate da parte gli interessi personali, guardate il Paese e mettetevi d’accordo. Prima Dio, dopo la patria, poi gli interessi. Ma Dio e la patria.
In questo momento non voglio dire ‘salvare il Libano’ perché noi non siamo salvatori, ma per favore bisogna sostenere il Libano, aiutare affinché il Libano si fermi in questa discesa, affinché il Libano riprenda la sua grandezza”.
Non si è sottratto nemmeno alla domanda sui diritti della donna: “Ma dobbiamo dirci la verità. La lotta per i diritti della donna è una lotta continua…I diritti sono fondamentali: ma come mai oggi nel mondo non possiamo fermare la tragedia della infibulazione alle ragazzine? Ma è terribile questo. Oggi. Che ci sia questa pratica, che l’umanità non riesca a fermare questo che è un crimine, un atto criminale!..
E una società che cancella le donne dalla vita pubblica è una società che si impoverisce. Si impoverisce. Uguaglianza di diritti, sì. Ma anche uguaglianza di opportunità. Uguaglianza di (possibilità) per andare avanti, perché al contrario ci si impoverisce. Credo che con questo ho detto quello che globalmente si deve fare.
Ma ancora ci manca del cammino. Perché c’è questo maschilismo. Io vengo da un popolo maschilista. Gli argentini siamo maschilisti, sempre. E questo è brutto: ma poi ce ne andiamo dalle mamme che sono quelle risolvono i problemi”.
Inoltre non si è sottratto ad una domanda sulla guerra in Ucraina: “Sono in mezzo a due popoli a cui voglio bene. Ma non solo io, la Santa Sede ha fatto tanti incontri riservati, tante cose con buon esito. Perché non possiamo negare che una guerra all’inizio forse ci fa coraggiosi, ma poi stanca e fa male e si vede il male che fa una guerra.
Questo per la parte più umana, più vicina. Poi io vorrei lamentarmi, approfittando di questa domanda: in un secolo, tre guerre mondiali! Quella del 1914-1918, quella del 1939-1945, e questa!
Questa è una guerra mondiale, perché è vero che quando gli imperi, sia da una parte che dall’altra, si indeboliscono, hanno bisogno di fare una guerra per sentirsi forti e anche per vendere le armi eh! Perché oggi credo che la calamità più grande che c’è nel mondo è l’industria delle armi”.
Però non ha dimenticato le altre guerre con un appello ai giornalisti: “Lo Yemen: più di dieci anni di guerra. I bambini dello Yemen non hanno da mangiare. I Rohingya, trasferendosi da una parte all’altra perché sono stati espulsi, sempre in guerra.
Il Myanmar, è terribile quello che sta succedendo… Adesso spero che oggi in Etiopia si fermi qualcosa, con un trattato… Ma stiamo in guerra dappertutto e noi non capiamo questo. Adesso ci tocca da vicino, in Europa, la guerra russo-ucraina. Ma c’è dappertutto, da anni.
In Siria dodici-tredici anni di guerra, e nessuno sa se ci sono prigionieri e che cosa succede lì dentro. Poi il Libano, abbiamo parlato di questa tragedia… Per questo voi che siete giornalisti, per favore, siate pacifisti, parlate contro le guerre, lottate contro la guerra. Ve lo chiedo come un fratello”.
Dall’Italia è arrivata una domanda sulla vicenda degli sbarchi: “Sui migranti, il principio: i migranti vanno accolti, accompagnati, promossi e integrati, se non si possono fare questi quattro passi, il lavoro con i migranti non riesce ad essere buono. Accolti, accompagnati, promossi e integrati, arrivare fino all’integrazione.
E seconda cosa che dico: ogni governo dell’Unione Europea deve mettersi d’accordo su quanti migranti può ricevere. Al contrario sono quattro i Paesi che ricevono i migranti: Cipro, la Grecia, l’Italia e la Spagna, che sono quelli più vicini al Mediterraneo, nell’entroterra ce ne sono alcuni, come la Polonia, la Bielorussia… ma (parlando) dei grandi migranti del mare: la vita va salvata.
Oggi tu lo sai che il Mediterraneo è un cimitero? Forse il cimitero più grande del mondo… Dobbiamo, l’Europa deve cercare di fare dei piani di sviluppo per l’Africa. Pensare che alcuni Paesi in Africa non sono padroni del proprio sottosuolo, che ancora dipende dalle potenze colonialiste.
E’ un’ipocrisia risolvere il problema dei migranti in Europa, no andiamo a risolverli anche a casa loro. Lo sfruttamento della gente in Africa è terribile per questa concezione. Il primo novembre ho avuto un incontro con studenti universitari dell’Africa”.
Ed infine ha risposto ad una domanda sulla crisi religiosa in Germania: “La Germania ha una vecchia storia religiosa… La vostra storia religiosa è grande e complicata, di lotte. Io ai cattolici tedeschi dico: la Germania ha una grande e bella Chiesa Evangelica; io non ne vorrei un’altra, che non sarà (mai) tanto buona come quella; ma la voglio Cattolica, alla cattolica, in fratellanza con la Evangelica.
Alle volte si perde il senso religioso del popolo, del Santo popolo fedele di Dio, e cadiamo nelle discussioni eticiste, nelle discussioni di congiuntura, nelle discussioni che sono conseguenze teologiche, ma non sono il nocciolo della teologia…
Adesso ci mettiamo in discussioni etiche, in discussioni congiunturalistiche, ma la radice della religione è lo schiaffo che ti dà il Vangelo, l’incontro con Gesù Cristo vivo: e da lì le conseguenze, tutte; da lì il coraggio apostolico, da lì andare alle periferie, anche alle periferie morali della gente per aiutare; ma dall’incontro con Gesù Cristo. Se non c’è l’incontro con Gesù Cristo ci sarà un eticismo travestito da cristianesimo. Questo volevo dire, ma dal cuore”.