La Caritas cammina insieme sulla via degli ultimi

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Nell’ultima settimana di giugno si è concluso a Rho il 42° Convegno nazionale delle Caritas diocesane, dal titolo ‘Camminare insieme sulla via degli ultimi’: “Lo scorso anno, in occasione dell’Udienza per il 50° di Caritas Italiana, papa Francesco ci ha consegnato tre vie, tre priorità attorno alle quali rileggere e orientare il nostro agire: la via degli ultimi, del Vangelo e della creatività. E’ stato poi avviato un percorso di rilettura dell’impegno Caritas per definire insieme gli elementi e gli indicatori che caratterizzano attività, servizi e opere capaci di incarnare le tre vie e condividere esperienze concrete in atto e in potenza”.

Introducendo i lavori il presidente della Caritas italiana, Carlo Roberto Maria Redaelli, ha sottolineato che essa è a fianco di chi ha bisogno: “Ma la Caritas non fugge dalle cose difficili, ne ha timore di intervenire, con umiltà e fermezza, per promuovere i diritti di tutti, per esempio (ma è solo un esempio) per ricordare che non ci possono essere profughi di serie A e di serie B e che le guerre sono qualcosa di tragico e di folle non solo quando avvengono relativamente vicine a noi”.

Proprio per questo la Chiesa è chiamata all’ascolto di tutti: “Non può essere così: una comunità cristiana senza la realtà dei poveri non è una comunità secondo il Vangelo. I poveri vanno ascoltati non come persone esterne, magari da consultare a mo’ di sondaggio per vedere che cosa pensano della Chiesa (o forse anche della Caritas…), ma come fratelli e sorelle che con noi (per usare un’espressione cara a papa Francesco) sono ‘sulla stessa barca’ della vita. Altrimenti sarebbero solo strumentalizzati per i nostri sondaggi, le nostre ricerche (pure utilissime…), il nostro desiderio di vedere se e quanto siamo bravi”.

Nell’ultima giornata Vincenzo Linarello, presidente del consorzio GOEL, una comunità di persone, imprese e cooperative che operano per il riscatto della Calabria attraverso l’impresa sociale come principale motore di cambiamento, ha sottolineato la capacità di generare:  “Abbiamo pensato a una realtà di imprese sociali capaci di generare lavoro e un’alternativa al sistema per tutte quelle imprese che hanno luminosamente scelto di affrancarsi dalle mafie”.

Mentre ‘Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino’ è stato il brano del vangelo di Matteo alla luce del quale si sono susseguiti dall’inizio del Convegno gli interventi dai quali don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana, ha estrapolato alcuni spunti: “Vivere la complessità, con lo stile del vangelo, annunciare la speranza per uscire dal guado, insieme, nella chiesa, nel mondo, in ascolto, oltre gli schemi, accompagnando con creatività, attenzione e cura, da cittadini attivi, in rete, nella giustizia e nella legalità, con fantasia e vivacità”.

Padre Giacomo Costa, presidente della Fondazione Culturale San Fedele e consultore della Segreteria generale del Sinodo dei vescovi, ha interagito con don Pagniello raccogliendo le suggestion emerse dal confronto nei gruppi per provare a dare qualche indicazione su quali prospettive si aprono oggi per Caritas: “Il cammino sinodale è più avanti di noi, ci precede, e apre i nostri occhi su esperienze di sinodalità già in atto. Ma anche sulle difficoltà…

Essenziale è il contributo di Caritas a partire dalla sua esperienza a contatto con gli ultimi che deve fecondare e aprire alla creatività Chiesa e comunità. L’ascolto della realtà, sociale ed ecclesiale, e la luce che proviene dalla contemplazione del Mistero possono aprire processi di discernimento comune in vista di scelte concrete. L’ascolto della Parola ci porta a quell’attenzione indispensabile per poter ascoltare i piccoli, ci inoltra nei cammini della democrazia, che cominciamo a saper leggere teologicamente, come luoghi della rivelazione dello Spirito”.

Nell’omelia, l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, ha messo in evidenza che si possono raccogliere dal Vangelo cinque avversative che Gesù pratica mentre dichiara la sua volontà di purificare il lebbroso: non la prestazione, ma la relazione, non il sollievo, ma la salvezza, non l’accondiscendenza, ma la vocazione, non l’individuo, ma la persona nella comunità, non la popolarità, ma l’obbedienza al Padre.

In particolare su quest’ultima avversativa mons. Delpini ha sottolineato che “Gesù guarisce la persona e rifugge dalla popolarità che pretende di trattenerlo, di fissarlo in un ruolo, di ridurre la sua missione a supporto di un mondo vecchio e statico. La sua missione è obbedienza al Padre che vede nel segreto, è docilità allo Spirito che lo spinge sempre oltre, è missione di evangelizzazione che deve giungere anche oltre, anche altrove, anche là dove nessuno lo aspetta e nessuno lo cerca”.

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