Papa in Grecia invita ad impegnarsi per la democrazia

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Dopo Nicosia papa Francesco è atterrato ad Atene, patria della democrazia, dove, parlando alle autorità ed al corpo diplomatico, ha sottolineato che nel mondo si assiste ad un arretramento della democrazia, o persino ad una diffidenza verso la democrazia stessa, prendendo spunto da un’orazione di san Gregorio di Nazanzio:

“…senza Atene e senza la Grecia l’Europa e il mondo non sarebbero quello che sono. Sarebbero meno sapienti e meno felici. Da qui gli orizzonti dell’umanità si sono dilatati. Anch’io mi sento invitato ad alzare lo sguardo e a posarlo sulla parte più alta della città, l’Acropoli. Visibile da lontano ai viaggiatori che lungo i millenni vi sono approdati, offriva un riferimento imprescindibile alla divinità”.

E’ un invito a guardare in alto: “E’ il richiamo ad allargare gli orizzonti verso l’Alto: dal Monte Olimpo all’Acropoli al Monte Athos, la Grecia invita l’uomo di ogni tempo a orientare il viaggio della vita verso l’Alto. Verso Dio, perché abbiamo bisogno della trascendenza per essere veramente umani.

E mentre oggi, nell’Occidente da qui sorto, si tende a offuscare il bisogno del Cielo, intrappolati dalla frenesia di mille corse terrene e dall’avidità insaziabile di un consumismo spersonalizzante, questi luoghi ci invitano a lasciarci stupire dall’infinito, dalla bellezza dell’essere, dalla gioia della fede”.

Per questo i vangeli sono stati scritti in greco: “Da qui sono passate le vie del Vangelo, che hanno unito Oriente e Occidente, Luoghi Santi ed Europa, Gerusalemme e Roma; quei Vangeli che per portare al mondo la buona notizia di Dio amante dell’uomo sono stati scritti in greco, lingua immortale usata dalla Parola, dal Logos, per esprimersi, linguaggio della sapienza umana divenuto voce della Sapienza divina”.

La democrazia richiede pazienza e partecipazione: “Essa richiede la partecipazione e il coinvolgimento di tutti e dunque domanda fatica e pazienza. E’ complessa, mentre l’autoritarismo è sbrigativo e le facili rassicurazioni proposte dai populismi appaiono allettanti.

In diverse società, preoccupate della sicurezza e anestetizzate dal consumismo, stanchezza e malcontento portano a una sorta di ‘scetticismo democratico’. Ma la partecipazione di tutti è un’esigenza fondamentale; non solo per raggiungere obiettivi comuni, ma perché risponde a quello che siamo: esseri sociali, irripetibili e al tempo stesso interdipendenti”.

Tale scetticismo è provocato anche dalle istituzioni: “Ma c’è pure uno scetticismo nei confronti della democrazia provocato dalla distanza delle istituzioni, dal timore della perdita di identità, dalla burocrazia.

Il rimedio a ciò non sta nella ricerca ossessiva di popolarità, nella sete di visibilità, nella proclamazione di promesse impossibili o nell’adesione ad astratte colonizzazioni ideologiche, ma sta nella buona politica. Perché la politica è cosa buona e tale deve essere nella pratica, in quanto responsabilità somma del cittadino, in quanto arte del bene comune”.

Ed ha richiamato Alcide De Gasperi per sollecitare una particolare attenzione verso i poveri: “Affinché il bene sia davvero partecipato, un’attenzione particolare, direi prioritaria, va rivolta alle fasce più deboli…

Un cambio di passo in tal senso è necessario, mentre, amplificate dalla comunicazione virtuale, si diffondono ogni giorno paure e si elaborano teorie per contrapporsi agli altri. Aiutiamoci invece a passare dal parteggiare al partecipare; dall’impegnarsi solo a sostenere la propria parte al coinvolgersi attivamente per la promozione di tutti”.

Ed ecco il senso della partecipazione: “E’ la motivazione che ci deve sospingere su vari fronti: penso al clima, alla pandemia, al mercato comune e soprattutto alle povertà diffuse. Sono sfide che chiedono di collaborare concretamente e attivamente.

Ne ha bisogno la comunità internazionale, per aprire vie di pace attraverso un multilateralismo che non venga soffocato da eccessive pretese nazionaliste. Ne ha bisogno la politica, per porre le esigenze comuni davanti agli interessi privati”.

E’ un invito a compiere il viaggio per giungere alla pace: “Può sembrare un’utopia, un viaggio senza speranza in un mare turbolento, un’odissea lunga e irrealizzabile. Eppure il viaggio in un mare agitato, come insegna il grande racconto omerico, è spesso l’unica via.

E raggiunge la meta se è animato dal desiderio di casa, dalla ricerca di andare avanti insieme, dal nóstos álgos, dalla nostalgia. Vorrei rinnovare a tale proposito il mio apprezzamento per il non facile percorso che ha portato all’ ‘Accordo di Prespa’, firmato tra questa Repubblica e quella della Macedonia del Nord”.

Richiamando l’Iliade di Omero ha sottolineato la crisi democratica che si vive nel Mediterraneo: “Guardando ancora al Mediterraneo, mare che ci apre all’altro, penso alle sue rive fertili e all’albero che potrebbe assurgerne a simbolo: l’ulivo, di cui si sono appena raccolti i frutti e che accomuna terre diverse che si affacciano sull’unico mare.

E’ triste vedere come negli ultimi anni molti ulivi secolari siano bruciati, consumati da incendi spesso causati da condizioni metereologiche avverse, a loro volta provocate dai cambiamenti climatici”.

E simbolo di una rinascita della democrazia è l’ulivo come simbolo di rinascita: “Di fronte al paesaggio ferito di questo meraviglioso Paese, l’albero di ulivo può simboleggiare la volontà di contrastare la crisi climatica e le sue devastazioni. Dopo il cataclisma primordiale narrato dalla Bibbia, il diluvio, una colomba tornò infatti da Noè portando ‘nel becco una tenera foglia di ulivo’.

Era il simbolo della ripartenza, della forza di ricominciare cambiando stile di vita, rinnovando le proprie relazioni con il Creatore, le creature e il creato. Auspico in tal senso che gli impegni assunti nella lotta contro i cambiamenti climatici siano sempre più condivisi e non siano di facciata, ma vengano seriamente attuati. Alle parole seguano i fatti, perché i figli non paghino l’ennesima ipocrisia dei padri”.

L’ulivo è anche simbolo di solidarietà: “Questo Paese, improntato all’accoglienza, ha visto in alcune sue isole approdare un numero di fratelli e sorelle migranti superiore agli abitanti stessi, accrescendo così i disagi, che ancora risentono delle fatiche della crisi economica. Ma anche il temporeggiare europeo perdura: la Comunità europea, lacerata da egoismi nazionalistici, anziché essere traino di solidarietà, alcune volte appare bloccata e scoordinata”.

Ed è ritornato a parlare di ‘ponti’, specialmente verso i profughi: “ Se un tempo i contrasti ideologici impedivano la costruzione di ponti tra l’est e l’ovest del continente, oggi la questione migratoria ha aperto falle anche tra il sud e il nord.

Vorrei esortare nuovamente a una visione d’insieme, comunitaria, di fronte alla questione migratoria, e incoraggiare a rivolgere attenzione ai più bisognosi perché, secondo le possibilità di ciascun Paese, siano accolti, protetti, promossi e integrati nel pieno rispetto dei loro diritti umani e della loro dignità.

Più che un ostacolo per il presente, ciò rappresenta una garanzia per il futuro, perché sia nel segno di una convivenza pacifica con quanti sempre di più sono costretti a fuggire in cerca di casa e di speranza. Loro sono i protagonisti di una terribile moderna odissea”.

Un processo a cui anche la Chiesa partecipa, richiamando il giuramento di Ippocrate,  che aveva sottolineato il valore della vita: “Sembrano scritte per oggi alcune parole del giuramento di Ippocrate, come l’impegno a ‘regolare il tenore di vita per il bene dei malati’, ad ‘astenersi dal recare danno e offesa’ agli altri, a salvaguardare la vita in ogni momento, in particolare nel grembo materno.

Va sempre privilegiato il diritto alla cura e alle cure per tutti, affinché i più deboli, in particolare gli anziani, non siano mai scartati: che gli anziani non siano le persone privilegiate per la cultura dello scarto. Gli anziani sono il segno della saggezza di un popolo. La vita è infatti un diritto, non la morte, la quale va accolta, non somministrata”.

Nel ricordo del viaggio di san Giovanni Paolo II ha richiamato al valore della libertà: “Cari amici, alcuni esemplari di ulivo mediterraneo testimoniano una vita così lunga da precedere la comparsa di Cristo.

Secolari e duraturi, sono resistiti al tempo e ci richiamano all’importanza di custodire radici forti, innervate di memoria… Dio mette volentieri la firma sulla libertà umana, sempre e ovunque. E’ il suo dono più grande, quello che a sua volta più apprezza da noi.

Egli, infatti, ci ha creati liberi e la cosa che più gradisce è che liberamente amiamo Lui e il prossimo. A consentirlo contribuiscono le leggi, ma anche l’educazione alla responsabilità e la crescita di una cultura del rispetto”.

Ed infine un appello ai cattolici per conservare la democrazia: “Essere fratelli nel segno della Croce, in questo Paese benedetto dalla fede e dalle sue tradizioni cristiane, esorta tutti i credenti in Cristo a coltivare la comunione a ogni livello, nel nome di quel Dio che tutti abbraccia con la sua misericordia. In questo senso, cari fratelli e sorelle, vi ringrazio per l’impegno e vi esorto a far progredire questo Paese nell’apertura, nell’inclusione e nella giustizia.

Da questa città, da questa culla di civiltà si è levato e sempre si levi un messaggio che orienti verso l’Alto e verso l’altro; che alle seduzioni dell’autoritarismo risponda con la democrazia; che all’indifferenza individualista opponga la cura dell’altro, del povero e del creato, cardini essenziali per un umanesimo rinnovato, di cui hanno bisogno i nostri tempi e la nostra Europa”.

(Foto: Santa Sede)

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