Papa Francesco ‘sogna’ una Chiesa del popolo

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“Gesù, per la sua Chiesa, non assunse nessuno dei piani politici del suo tempo: né i farisei, né i sadducei, né gli esseni, né gli esiti. Nessuna corporazione chiusa; semplicemente prendi la tradizione d’Israele: tu sarai il mio popolo e io sarò il tuo Dio”.

Sono le parole di Papa Francesco, pronunciate nel corso della 18^ Congregazione  Generale del Sinodo che si è svolta nel pomeriggio di ieri, in cui ha spiegato cosa pensa della Chiesa: “Mi piace pensare alla Chiesa come a questa gente semplice e umile che cammina alla presenza del Signore (il popolo fedele di Dio). Questo è il senso religioso del nostro popolo fedele.

E dico che i fedeli non rientrano nei tanti approcci e schemi ideologici con cui si riduce la realtà del popolo di Dio. Semplicemente persone fedeli, o anche, il popolo fedele di Dio, nel loro cammino, santo e peccaminoso. E la Chiesa è questo”.

La Chiesa, innanzitutto, è il popolo fedele: “E lo spiego così: quando volete sapere ciò che crede la Santa Madre Chiesa, essa cammina verso il Magistero, perché si occupa di insegnarvi, ma quando volete sapere come crede la Chiesa, cammina verso il popolo fedele.

Mi viene in mente un’immagine: i fedeli si sono riuniti all’ingresso della Cattedrale di Efeso. La storia dice che le persone erano su entrambi i lati della strada per la Cattedrale mentre i vescovi in processione facevano il loro ingresso, e che ripetevano: Madre di Dio, chiedendo alla Gerarchia di dichiarare il dogma quella verità che già possedevano come popolo di Dio. (Alcuni dicono che avevano dei bastoni nelle loro mani e li hanno mostrati ai vescovi.) Non so se è storia o leggenda, ma l’immagine è valida”.

Quindi il popolo ha un’anima: “Il popolo fedele, il popolo fedele santo di Dio, ha anima, e perché possiamo parlare dell’anima di un popolo possiamo parlare di un’ermeneutica, in un modo di vedere la realtà, di una coscienza. Il nostro popolo fedele è consapevole della sua dignità, battezza i propri figli, seppelliscono i loro morti”.

E’ un richiamo a scoprire il ‘dialetto’ femminile, come disse papa Giovanni Paolo I: “La donna del santo popolo fedele di Dio è un riflesso della Chiesa. La Chiesa è femmina, è moglie, è una madre… O la Chiesa è il popolo fedele di Dio sulla strada, santo e peccaminoso, o finisce per essere un’impresa di servizio varia”.

Mentre in una lettera i padri sinodali hanno spiegato che il Sinodo si è svolto in un clima di preghiera:  “La nostra assemblea si è svolta nel contesto di un mondo in crisi, le cui ferite e scandalose disuguaglianze hanno risuonato dolorosamente nei nostri cuori e hanno dato ai nostri lavori una peculiare gravità, tanto più che alcuni di noi venivano da paesi dove la guerra infuria.

Abbiamo pregato per le vittime della violenza omicida, senza dimenticare tutti coloro che la miseria e la corruzione hanno gettato sulle strade pericolose della migrazione. Abbiamo assicurato la nostra solidarietà e il nostro impegno a fianco delle donne e degli uomini che in ogni luogo del mondo si adoperano come artigiani di giustizia e di pace”.

In questo Sinodo è stato posto in risalto il valore del silenzio: “Su invito del Santo Padre, abbiamo dato uno spazio importante al silenzio, per favorire tra noi l’ascolto rispettoso e il desiderio di comunione nello Spirito. Durante la veglia ecumenica di apertura, abbiamo sperimentato come la sete di unità cresca nella contemplazione silenziosa di Cristo crocifisso…

Saldamente uniti nella speranza che ci dona la Sua risurrezione, Gli abbiamo affidato la nostra Casa comune dove risuonano sempre più urgenti il clamore della terra e il clamore dei poveri: ‘Laudate Deum!’, ha ricordato Papa Francesco proprio all’inizio dei nostri lavori”.

Infatti il discernimento ha necessità dell’ascolto: “Per progredire nel suo discernimento, la Chiesa ha assolutamente bisogno di ascoltare tutti, a cominciare dai più poveri… Si tratta di ascoltare coloro che non hanno diritto di parola nella società o che si sentono esclusi, anche dalla Chiesa.

Ascoltare le persone vittime del razzismo in tutte le sue forme, in particolare, in alcune regioni, dei popoli indigeni le cui culture sono state schernite. Soprattutto, la Chiesa del nostro tempo ha il dovere di ascoltare, in spirito di conversione, coloro che sono stati vittime di abusi commessi da membri del corpo ecclesiale, e di impegnarsi concretamente e strutturalmente affinché ciò non accada più”.

E’ una richiesta di ascolto dei laici: “La Chiesa ha anche bisogno di ascoltare i laici, donne e uomini, tutti chiamati alla santità in virtù della loro vocazione battesimale: la testimonianza dei catechisti, che in molte situazioni sono i primi ad annunciare il Vangelo; la semplicità e la vivacità dei bambini, l’entusiasmo dei giovani, le loro domande e i loro richiami; i sogni degli anziani, la loro saggezza e la loro memoria.

La Chiesa ha bisogno di mettersi in ascolto delle famiglie, delle loro preoccupazioni educative, della testimonianza cristiana che offrono nel mondo di oggi. Ha bisogno di accogliere le voci di coloro che desiderano essere coinvolti in ministeri laicali o in organismi partecipativi di discernimento e di decisione”.

Ma non deve dimenticare di ascoltare i consacrati e le consacrate: “La Chiesa ha particolarmente bisogno, per progredire nel discernimento sinodale, di raccogliere ancora di più le parole e l’esperienza dei ministri ordinati: i sacerdoti, primi collaboratori dei vescovi, il cui ministero sacramentale è indispensabile alla vita di tutto il corpo; i diaconi, che attraverso il loro ministero significano la sollecitudine di tutta la Chiesa al servizio dei più vulnerabili. Deve anche lasciarsi interpellare dalla voce profetica della vita consacrata, sentinella vigile delle chiamate dello Spirito”.

(Foto: Santa Sede)

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