Santa Teresa di Lisieux, il viaggio a Roma e l’incontro con il Papa
Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo, proclamata da papa Pio XI co-patrona delle missioni insieme a san Francesco Saverio, ha vissuto buona parte della sua breve e fragile vita (morì a 24 anni di tubercolosi) tra le mura di un monastero. Ma prima di iniziare il suo tempo di clausura, la santa di Lisieux, di cui domenica 1 ottobre si è celebrata la memoria liturgica, ebbe modo di attingere con il suo stile imparagonabile alle memorie apostoliche e martiriali della Chiesa di Roma.
Tra i numerosi pellegrinaggi organizzati per rendere omaggio a papa Leone XIII c’era anche quello promosso dalla diocesi francese di Coutances. Teresa Martin partecipò insieme al papà Louis e alla sorella Céline.
Teresa parte per Roma accarezzando un suo ‘piano’: se ne avrà occasione, vuole parlare con il papa e chiedere direttamente a lui il permesso di farsi carmelitana a quindici anni. Del resoconto del suo viaggio in Italia, riportato nel suo diario, ‘Storia di un’anima’, sono rimaste famose proprio le pagine in cui Teresa descrive l’incontro e il colloquio avuto con il papa.
Ma forse i particolari più suggestivi del racconto della santa sono quelli che descrivono il suo pellegrinaggio alle memorie cristiane disseminate a Roma: “Ah, che viaggio! Mi ha istruita di più da solo, che non i lunghi anni di studio… Ho visto cose bellissime, ho contemplato le meraviglie dell’arte e della religione, soprattutto ho camminato sulla terra stessa degli apostoli, la terra intrisa del sangue dei martiri, e l’anima mia si è dilatata a contatto con le cose sante”.
Questo è un passaggio dell’incontro avvenuto nell’ultimo sabato di settembre nel convento delle Carmelitane Scalze di Tolentino con p. Massimo Giustozzo, priore del santuario di Santa Rita da Cascia a Milano, che ha descritto le ultime ore della vita della santa di Lisieux: “Poi, verso le diciannove e qualche minuto, guardando il Crocifisso, le ultime parole: ‘Oh… l’amo!… Dio mio… Vi amo!’.
Appena ebbe dette queste parole, Teresa cadde dolcemente indietro, la testa reclinata leggermente a destra. La madre Maria di Gonzaga richiamò in fretta la comunità, allontanata qualche istante prima, quando le condizioni dell’inferma sembravano stazionarie. E tutte le consorelle furono testimoni di una espressione di gioia, ammirazione, tranquillità che per lo spazio di un Credo il volto della morente, stranamente tornato al suo colore, sembrò avere, mentre gli occhi erano fissi verso l’alto, al di sopra della statua della Madonna del Sorriso. Poi, serenamente diede l’ultimo respiro”.
Insomma ‘vedeva gli ‘occhi di Gesù’, ha detto p. Massimo Giustozzo, a cui abbiamo chiesto di spiegarci il significato: “Ho detto questa espressione, quando ho letto le lettere di santa Teresina, soprattutto negli ultimi momenti della sua vita: non li vede fisicamente, ma vede Gesù dentro di lei. Parla con una fiducia grandissima in un momento di grande angoscia, come la morte. Nelle sue ultime lettere ho scorto che vede quello che non si può vedere in un modo che è proposto a tutti”.
Stando in clausura, come era possibile per lei ‘desiderare tutto’?
“Desiderava tutto, perché aveva coscienza di non essere capace di far nulla, perché l’esperienza della debolezza l’aveva segnata fin da piccola; ma la fiducia che aveva in quel desiderio così grande l’ha portata a superare tutti gli ostacoli, che a mano a mano gli si sono presentati”.
Si può dire che la sua spiritualità era una risposta che voleva contrastare la spiritualità giansenista?
“Era una risposta nel senso che lei ha cambiato direzione, mettendo al centro non tanto lo sforzo dell’uomo, quanto la misericordia di Dio, che si china fino a raggiungere la creatura più piccola (una ‘nullità’, come si chiamava lei). Lei ha fatto ‘violenza’ all’amore di Dio, chiedendo a Dio di fare ancora di più Dio, inchinandosi su una creatura così piccola”.
Ed allora quale era la sua spiritualità?
“E’ quella della misericordia di Dio, che mette al centro la condiscendenza divina ed il desiderio di Dio, che eleva il desiderio dell’uomo”.
In quale modo l’amore di Dio la consumava?
“La consumava,perché era all’origine delle sue aspirazioni e non era lei che desiderava, quanto Dio stesso che donando che donandole il suo desiderio di lei la consumava continuamente. Si consumava perché non c’era nulla che in questo mondo potesse uguagliarsi a quella figura, che aveva dentro di sé.
La consumava, non perché lei faceva azioni eroiche e portentose, ma la consumava perché non trovava uguali nella vita terrena. Lei si consumava di questo desiderio che Dio le aveva messo nel cuore fin da piccola: amare Dio. Si è consumata per questo desiderio”.
(Tratto da Aci Stampa)