Don Alberto Ravagnani invita i giovani ad essere originali

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‘Noi siamo originali non fotocopie’: con questo titolo a Loreto, a fine agosto, si è svolto il secondo raduno di ‘Fraternità’, la community di giovani nata durante la pandemia dall’esperienza di fede nell’oratorio di don Alberto Ravagnani, prendendo a prestito una delle frasi più ‘famose’ del beato Carlo Acutis, con la partecipazione di oltre 300 giovani tra i 16 ai 26 anni provenienti da tutta Italia.

Durante il raduno la comunity ‘Fraternità’ ha pubblicato il secondo singolo, intitolato ‘Dopo la festa’, un brano ‘indie pop’ con un arrangiamento elettronico e pop punk che si distingue sia per le sonorità che per i temi trattati: lo scopo della canzone “è quello di veicolare i valori cardine di una community cristiana riconosciuta a livello nazionale come quella di ‘Fraternità’, in una chiave urban che rispecchiasse le tendenze del momento. Il progetto nasce dai ragazzi stessi della community ed è realizzato interamente da loro, in collaborazione con la casa discografica La Gloria”, ha precisato il sacerdote youtuber.

Tale singolo è stato realizzato grazie al solista Filippo Santi (XFactor) ed agli autori Andrea Occhipinti, giovane cantautore di Lodi, e Francesco Lorenzi, frontman dei ‘The Sun’, che insieme a Damiano Ferrari sono autori della musica, eseguita da Lorenzi, Ferrari, Reghelin e Baggio.

La missione di ‘Fraternità’ è sostenuta dall’associazione ‘Laboratorium’, presieduta dallo stesso don Alberto Ravagnani,che ha come ‘obiettivo’ un ‘laboratorio’ di giovani che vogliono ‘comunicare da Dio’ attraverso il mondo digitale e i social.

A lui chiediamo di spiegarci cosa vuol dire ‘noi siamo originali’: “Oggi i ragazzi cercano, a partire dagli input che ricevono,  la loro unicità e la loro originalità, che portano le persone ad essere ‘strambe’ più che originali. Però la vera originalità è quella che ci fa ricordare che noi siamo originati da qualcun altro. Se qualcuno incontra l’amore di Dio allora incontra se stesso ed è veramente originale e non è la fotocopia di se stesso”.

Per quale motivo i giovani cercano di essere originali?

“Tutti cercano di essere originali, in modo particolare i giovani. Noi nasciamo come creature uniche e ciascuno di noi, crescendo, deve fare questo: deve diventare se stesso per essere creature originali. I ragazzi stanno crescendo e stanno scoprendo chi sono; per loro è assolutamente fondamentale cercare la propria identità. Soprattutto è necessario che i ragazzi cerchino quell’identità, che nessuno può fotocopiare, non accontentandosi di far parte di un gruppo, ma scoprendo che come loro non ci sono altri”.

La Chiesa cosa offre loro?

“La Chiesa offre il Vangelo. La Chiesa è chiamata ad offrire il Vangelo ai ragazzi. Nel momento in cui uno incontra Dio, allora ha la possibilità di connettersi alla sua origine e diventa veramente originale. Questo deve fare la Chiesa: offrire il Signore Gesù. Ed anche nella ricerca dell’identità, che i ragazzi a volte vivono in maniera molto morbosa, credo che il Vangelo, come da sempre, anche oggi offra la risposta alle loro domande”.

E’ necessario che la Chiesa comunichi anche attraverso i social?

“Oggi è indispensabile utilizzare i social media anche nella Chiesa; rappresentano una dimensione della realtà importante con pro e contro. Il nostro compito è quello di comunicare il Vangelo, anche in modo virtuale, ma consapevoli che non è come fare attività pastorale in presenza. La comunicazione del Vangelo ai giovani con un linguaggio social che non annoia consente di rivolgersi loro in modo orizzontale, cioè non ostentando un ruolo ma con l’autorevolezza che si guadagna a partire dalla propria credibilità. Inoltre i social, con le loro immagini ed emozioni, permettono di passare da una comunicazione logica, razionale, ad una comunicazione ‘poetica’, in cui sia possibile raccontare il Vangelo in modo nuovo”.

Però quali ‘limiti’ comporta l’evangelizzazione con i social?

“Il fatto è che non esauriscono la realtà e non permettono la relazione fisica mentre il Vangelo passa attraverso un incontro fisico, come accade nella liturgia. Abito in oratorio, coltivo relazioni con i giovani, celebro messa, li incontro in giro per la città o a scuola dove insegno. I social non sono un’alternativa alla vita reale od in presenza, ma una dimensione che sta dentro la relazione con i ragazzi, per questo sono attivo sui social che sono ambienti molto abitati dai giovani”.

In quale modo è possibile usare consapevolmente i social?

“I social sono luoghi di relazione; dietro lo schermo c’è qualcuno che ha una vita con tutta la sua complessità. Quindi devo pensare bene a quello che dico, perché può raggiungere qualcuno per fargli del bene o del male. Dico sempre ai miei giovani che non dobbiamo farci usare dai social ma essere consapevoli che il nostro dito accende e spegne il dispositivo”.

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