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Mauro Mogliani racconta i ‘sogni di Park’ per combattere il parkinson

“Mi chiamo Park. Ho trovato ospitalità in un signore, un ragazzotto cinquantenne, e senza chiedere il permesso, contro la sua volontà, ho invaso il suo corpo. Lui si lamenta che non sto fermo un attimo, che lo faccio tremare in continuazione. Cosa pretende da un bambino? Sì, io sono un bambino e come tutti i bambini non sto fermo un attimo. Sono affari suoi se non mi sopporta, io da lì non mi sposto. Ha creato il mio gemello, quello buono, per contrastare il male, per contrastare me… va dicendo a tutti che aveva l’esigenza di farlo, che aveva bisogno del suo pupazzetto da portare sempre con sé, come fanno i bambini per scacciare i fantasmi, i cattivi, i mostri. Non lo so nemmeno io se i sogni appartengono a me o a lui. I sogni sono sogni, e sono di tutti”.

Partiamo da questo breve racconto di Park per incontrare Mauro Mogliani, artigiano-scrittore tolentinate, 53 anni, marito e padre, che ha scoperto il parkinson tre anni e mezzo fa a causa dei primi sintomi quali perdita di equilibrio e tremore ad una gamba, grazie ad una diagnosi del dott. Carlo Pozzilli, eppoi seguito da un’equipe dell’Irccs ‘San Raffaele’ per una sperimentazione clinica; così per superare l’isolamento ha creato ‘Park’:

“E’ nato dall’esigenza di contrastare la malattia. Per farlo, ho creato una sorta di pupazzetto che porto sempre con me, per difendermi dal male, dal parkinson. Questa malattia può provocare un’improvvisa esplosione di creatività e porta anche a fare sogni bizzarri, sia belli che brutti. A maggio ho preso un foglio nero e con un Uniposca bianco ho iniziato a disegnare. Mai fatto prima. Ma la necessità di tirare fuori ‘Park’ era troppo grande. Soprattutto dopo tre anni in cui ero chiuso in me stesso”.

Insomma il parkinson porta all’isolamento, racconta Mauro: “Se non si è più padroni del proprio corpo ci si sente a disagio, l’approccio è problematico e gli altri non sanno come avvicinarsi. Il morbo non colpisce solo gli anziani, ma anche i giovani; e non riguarda solo il tremore al braccio, ma anche confusione mentale, problemi al linguaggio, a camminare, a scrivere al pc, stanchezza, difficoltà di concentrazione. Io attualmente ho la parte sinistra lesionata, gamba e braccio. Ma ad esempio, se fosse stata la destra, avrei fatto fatica anche a mangiare. Provavo vergogna quando incontravo le persone”.

Come sono nati i sogni di Park?

“Innanzitutto ho iniziato a fare sogni strani, quindi ho chiesto ad una neurologa di Roma se essi derivavano dall’uso delle medicine oppure dalla malattia. Era la malattia, che permette di fare sogni bizzarri ed incubi. Quindi ho avuto l’esigenza di trasmettere questi sogni all’esterno, senza sapere il motivo. Più avanti mi sono reso conto del motivo: ho preso un foglio di carta nero con un pennarello bianco; da qui è nato questo pupazzo attraverso il quale ho narrato i miei sogni con un racconto più breve possibile, in quanto con la tempistica odierna se il sogno raccontato sui social è troppo lungo nessuno lo legge.

Pertanto i sogni devono durare massimo 25” sui social: quindi ho dovuto ‘accorciare’ i sogni per poter trasmettere il contenuto con una frase più breve possibile, in quanto attraverso questi sogni si può trasmettere un messaggio sia sulla malattia che sulla mia persona. Ho scoperto la loro nascita più tardi, quando ho avuto l’esigenza di comunicare con il mondo con il linguaggio di Park, perché il parkinson non è solo il tremore, ma dà solitudine, depressione ed altri problemi. Il malato di  parkinson tende ad isolarsi, in quanto è la malattia che è così. Io scrivevo e scrivo libri, perché, essendo una persona riservata, ho l’esigenza di esprimere il mio stato d’animo attraverso la scrittura”.

Come è la convivenza con Park?

“Brutta! Subito è stata drammatica, in quanto non sei più padrone di te stesso e quindi blocca. Park è come un bambino, che è entrato nel corpo e non sta fermo un attimo. Lui ha fatto un percorso inverso: è entrato nella persona invece di uscire dalla persona e tu hai fatto la scoperta che lui comandava il tuo corpo. E’ una sensazione brutta, perché quando non sei padrone dei tuoi movimenti la convivenza è difficile; però ci devi convivere, sapendo che più trascorre il tempo e più lui si impadronisce del tuo corpo: certi giorni pensi di essere il padrone di te, mentre altri giorni scopri che lui prende il sopravvento e non riesco a controllare i suoi movimenti. Per questo ho creato questo ‘pupazzetto’, che è quello che noi, da bambini, portavamo nel letto per esorcizzare la paura. Forse ho creato questo personaggio per combattere il suo gemello, che è il parkinson, con la speranza di avere qualcuno vicino, in quanto la malattia conduce all’isolamento”.

Allora, come sei riuscito a tradurre i sogni in fumetto?

“Il parkinson  è sempre il parkinson. Poi c’è il soggetto del sogno con sua moglie e sua figlia, disegnati in modo bambinesco, perché sono disegnati da Park, che è un bambino. Devo dire che i sogni raccontati sono veri; l’unica cosa mia riguarda la parte finale quando Park si sveglia e compie sempre una determinata azione”.

Sei anche scrittore (Nessuno sa chi sono, La confessione, L’enigma sepolto, Ombre dal passato, Cerco te): quale altri sogni hai?

“Il mio sogno è quello che Park possa diventare un fumetto in forma di diario, ‘Il diario di Park’, dove lui racconta i sogni, lasciando una libera interpretazione al lettore, con una parte del ricavato per la ricerca, in quanto ancora oggi le uniche medicine sono quelle scoperte molti anni fa. Il sogno è quello di sconfiggere il parkinson, ma mi fa piacere anche la pubblicazione di questo diario, che sarà pubblicato grazie all’editore Bertoni in primavera. Intanto ringrazio Francesca Paradisi, che mi aiuta nella parte grafica, mentre Nicola Serrani cura la parte social”.

Allora a quale punto è la ricerca scientifica per la cura della malattia?

“Mi sono sottoposto ad una sperimentazione, accettando tre anni fa di entrare in un protocollo al ‘San Raffaele’ di Roma: 450 nel mondo, di cui 25 italiani, metà con il placebo e metà con la medicina. La sperimentazione consisteva in una flebo ogni quattro settimane. Poi mi hanno detto che era placebo. Ci sono molte sperimentazioni, ma finora non si è trovata alcuna alternativa alle ‘classiche’ medicine, che ci sono da tanti anni. La ricerca scientifica ha scoperto ‘stimoli’ che fermano il tremolio, ma bisogna vedere se ‘funzionano’, in quanto ancora è tutto sperimentale. Eppoi per quanto tempo? Il problema è che il parkinson prima ti poteva ‘colpire’ intorno a 70 anni, ora anche a 30 anni. Puoi rallentare la malattia, però non puoi tornare indietro”.        

(Foto: Mauro Mogliani)  

Biagio Maimone ai Festival del libro ‘BA Book’, libro dedicato a papa Francesco

Il giornalista Biagio Maimone parteciperà al Festival del Libro e dell’Editoria ‘Ba Book’, che si tiene dal 12 al 19 maggio,  a Busto Arsizio. Presenterà, sabato 18 maggio, alle ore 20.30, nella Biblioteca Comunale – Sala Monaci, il suo saggio  intitolato ‘La Comunicazione Creativa per lo sviluppo socio-umanitario’. Sarà moderatrice Annamaria Folchini Stabile .

Biagio Maimone ha dedicato il libro, edito dalla Casa Editrice TraccePerlaMeta di Annamaria Folchini Stabile e Paola Surano, a Sua Santità Papa Francesco e a Monsignor Yoannis Lazhi Gaid.

Per partecipare è necessario farlo al seguente link https://affluences.com/comune-di-busto-arsizio/biblioteca-di-busto-arsizio/reservation?type=5013&date=2024-04-19.

Il Festival del libro, organizzato dall’Amministrazione Comunale e dall’Associazione Amici della Biblioteca Capitolare, vuole essere un significativo tributo al libro e al mondo dell’editoria,  in tutte le sue possibili declinazioni. Tra i personaggi più noti che hanno partecipato alla rassegna vi sono Serena Bortone, Marina Di Guardo (madre dell’influencer Chiara Ferragni), il giornalista Biagio Maimone, l’editorialista Aldo Cazzullo, l’economista Carlo Cottarelli, il volto televisivo Daniele Bossari, l’attore Vinicio Marchioni, il conduttore radiofonico Luca Bianchini, il critico cinematografico Gianni Canova e la psicoterapeuta Stefania Andreoli.

Il Festival del libro, che è in corso da domenica 12 maggio, alle ore 10.30, ai Molini Marzoli,  con Ezio Guaitamacchi, si concluderà domenica 19 maggio. Biagio Maimone è direttore della Comunicazione dell’Associazione ‘Bambino Gesù del Cairo’, il cui presidente è mons. Yoannis Lahzi Gaid, già Segretario personale di Sua Santità Papa Francesco. Il suo libro sta riscuotendo molto interesse in quanto propone la necessità di fondare un nuovo modello comunicativo che ponga al centro la relazione umana ed, ancor più, l’emancipazione morale ed umana della società odierna.

Sulla scorta della constatazione delle innumerevoli comunicazioni distorte,  veicolate da numerosi media e mezzi di comunicazione, compresi i social, forieri di sottocultura che non può essere consentita in quanto impoverisce la società civile deteriorando le relazioni umane, Biagio Maimone ritiene che non sia più rimandabile la necessità di far vivere un linguaggio scevro da menzogne, da offese e dal turpiloquio.

Per tale motivo,  rimarca l’importanza dell’utilizzo creativo della parola, tale da generare dialogo e non conflitto, tale da essere foriera di vita e relazione umana, affinchè  essa sia al servizio dell’emancipazione morale e spirituale della società odierna. Biagio Maimone ha affermato:

“Ho scritto ‘La comunicazione creativa per lo sviluppo socio-umanitario’, ora in tutte le librerie, con l’intento di porre in luce la necessità non più rimandabile di rivedere l’uso del linguaggio e, più precisamente, della parola. Possiamo constatare come spesso i mass media, i social ancora di più, veicolino messaggi  i cui contenuti sono pervasi dalla violenza e dall’odio sociale, dall’intento di screditare e porre sul rogo chi ritengono essere un avversario.

Ciò che emerge è il farsi strada di una subcultura della comunicazione che rischia di impoverire sempre più la relazione umana, in quanto i messaggi che essa veicola sono diseducativi. Nel mio testo, che intende contrastare tale impoverimento culturale e la sua nocività, si rimarca che la parola è vita  in quanto deve generare la vita nelle sue espressioni più nobili e spirituali.

E’ mio intento rimarcare il valore centrale della Parola educativa, della Parola  che crea relazioni umane improntate al rispetto reciproco, al rispetto della sacralità della dignità umana, che, pertanto, non può essere umiliata con offese e menzogne. Rimarcando la necessità dell’utilizzo della parola vitale si vuole, nel contempo, porre al centro il valore fondante della Verità, che sicuramente ha il potere di condurre verso dimensioni migliorative dell’esistenza umana.

La parola vitale è la parola foriera di quella bellezza spirituale che deve reggere le fondamenta della nostra società perché viva la pace e l’amore, senza cui il nostro universo perde le sue leggi per poi  perdere il significato stesso dell’esistere”.

‘La Comunicazione Creativa per lo sviluppo socio-umanitario’ è il saggio  del giornalista Biagio Maimone

Nello shop on line della Casa Editrice TraccePerlaMeta

https://shop.tracceperlameta.org/manualistica/la-comunicazione-creativa-per-lo-sviluppo-socio-umanitario-biagio-maimone-270.html e, nei prossimi giorni, nelle migliori librerie e in tutti gli store online è disponibile il saggio di Biagio Maimone intitolato ‘La comunicazione creativa per lo sviluppo socio-umanitario’, che propone la necessità di un nuovo modello comunicativo che ponga al centro la relazione umana ed, ancor più, l’emancipazione morale ed umana della società odierna.

Sulla scorta della constatazione delle innumerevoli comunicazioni distorte veicolate dai media e da tutti i mezzi di comunicazione, compresi i social, foriere di sottocultura che non può essere consentita in quanto impoverisce la società civile deteriorando le relazioni umane, Biagio Maimone ritiene che non sia più rimandabile la necessità di far vivere un linguaggio scevro da menzogne, da offese e dal turpiloquio.

‘La Comunicazione diventa futuro’ è lo slogan che identifica l’impegno di Biagio Maimone. Egli ritiene, infatti,  che il futuro per essere finalizzato al progresso umano debba far propria una nuova modalità di comunicare che veicoli la pedagogia della vita, della pace, della fratellanza umana, della parola vitale che educa le coscienze dei singoli affinché essi si dirigano sulla strada della vera emancipazione umana, oltre l’impoverimento morale ed anche materiale.

Egli, pertanto, pone in risalto l’importanza della cultura umana da riversare nel contesto della comunicazione ampiamente intesa affinché si pongano le fondamenta di un nuova e migliorativa modalità di trasmettere informazioni affinché esse arricchiscano sempre più l’universo interiore di coloro che le recepiscono alimentandolo con verità e valori morali e spirituali, senza i quali l’essere umano viene deprivato di quei contenuti che ne fanno un soggetto pensante capace di costruire un mondo accogliente in cui viva la legalità e la fratellanza umana e quella bellezza che sgorga dall’animo di chi si è nutrito di cultura umana, unica cultura che consente il miglioramento delle relazioni umane e lo sviluppo socio-umanitario.

Per Biagio Maimone occorre superare  gli stereotipi che sorreggono la comunicazione, sia quella giornalistica, sia quella di ogni altro media, nonchè quella istituzionale, necessariamente legata ai vari ambiti della vita umana e sociale, al fine di creare un nuovo modello comunicativo che prenda le mosse dai suoni, dai colori e dalle voci legati al sentimento, scaturenti dall’interiorità e dalla spiritualità umana.

Dare voce agli infiniti linguaggi depositati nell’intimo di ognuno egli ritiene debba essere l’intento del nuovo comunicatore, animato dalla finalità primaria di educare all’apprendimento di un linguaggio che fondi le sue radici nei valori insiti nell’animo umano. Il linguaggio dovrà divenire, pertanto, vettore di valori e non di offese ed insulti, come sovente si verifica.

Partendo dal linguaggio, ripulito dal desiderio di ferire e ridimensionare l’altro, si potrà anche ricreare la relazione umana, rendendola scevra da conflitti lesivi della dignità dell’interlocutore per orientarla all’ascolto autentico, che è creativo di benefici reciproci. Non meno rilevante sarà la forma che tale nuovo linguaggio dovrà assumere per essere vera espressione del mondo interiore, in cui vivono i valori umani.

Tale forma non potrà che essere la forma che rimanda sia al suono musicale, in quanto esso crea il senso della melodia, intesa come coinvolgimento all’unisono delle varie sensibilità umane, forza reale del linguaggio penetrante e convincente, sia al suono della poesia, da intendersi come modalità sublime di quella dimensione altamente creativa, proprio in quanto sorretta dai valori umani,  che la comunicazione di elevato livello non può esimersi dal fare propria.

Biagio Maimone definisce tale processo comunicativo ‘Comunicazione creativa della dimensione socio-umanitaria’, che potrà essere utilizzato dagli operatori degli Uffici Stampa, dai giornalisti e da chiunque si prefigga l’obiettivo di  rendere la comunicazione una professione di elevato valore morale e sociale. Altisonante ed indicativa di un preciso  impegno concreto è la sua affermazione:

“La Bellezza – non vi è dubbio – tornerà ad essere il volto magnifico della vita. La forza prorompente della Bellezza, che la Parola ha il dovere di trasmettere, sconfigge ogni male! E’ scritto nel Vangelo, è scritto nel cuore degli uomini di Buona Volontà ed è scritto nelle trame vitali dell’esistenza, che nessuno potrà mai distruggere perché esse appartengono alla Vita e la Vita è la ragione stessa dell’esistere umano”.

Partendo da tali principi, riportati nel quarto di copertina del suo libro, Biagio Maimone si accinge a divulgare i contenuti della nuova corrente filosofica a cui egli ha voluto dar vita, denominata ‘Comunicazione socio-umanitaria’.

Suor Giacomina Stuani racconta il centenario della rivista ‘Dalle api alle rose’

“Eccomi a voi, che tanto mi avete desiderato ed aspettato. Lo sapete, vengo dalla classica terra dell’Umbria, e propriamente dalla graziosa Cittadina, che tutta candida, si adagia a ridosso di un monte che si chiama Cascia. Là dorme da quattro secoli e mezzo la cara Salma di santa Rita l’Agostiniana, la Santa degli Impossibili, l’Avvocata dei casi disperati. Prima di venire a voi sono stato deposto sopra la Sua bell’Urna, e sono ancora olezzante di quel soave odore, che emana dal quel sacro Corpo. Vengo a diffonderlo nelle vostre case, fra le vostre famiglie,insieme alla benedizione della buona Santa”.

Don Alberto Ravagnani invita i giovani ad essere originali

‘Noi siamo originali non fotocopie’: con questo titolo a Loreto, a fine agosto, si è svolto il secondo raduno di ‘Fraternità’, la community di giovani nata durante la pandemia dall’esperienza di fede nell’oratorio di don Alberto Ravagnani, prendendo a prestito una delle frasi più ‘famose’ del beato Carlo Acutis, con la partecipazione di oltre 300 giovani tra i 16 ai 26 anni provenienti da tutta Italia.

Papa Francesco: la cultura è laboratorio di speranza

L’ultimo incontro di papa Francesco a Budapest è stato con il mondo universitario e della cultura alla facoltà di Informatica e Scienze Bioniche dell’Università Cattolica ‘Péter Pázmány’, che combina lo studio dell’ingegneria elettronica e informatica con la biologia molecolare e neurale e la medicina, fondata nel 1635, in cui ha ricordato l’importanza della cultura:

Don Alberto Ravagnani racconta ai giovani la Chiesa attraverso i social

Su Instagram conta 140.000 follower, 146.000 su YouTube, su Tik Tok 92.000: è don Alberto Ravagnani, brianzolo, classe 1993; è stato ordinato sacerdote nel 2018 ed oggi è vicario della parrocchia ‘San Michele Arcangelo’ di Busto Arsizio (Varese). Lascia la vita da ragazzo come gli altri quando è ai primi anni del liceo classico. I genitori, disperati, cercano di fargli cambiare idea. Gli amici, immersi tra le prime uscite e le cotte di quell’età, non capiscono la sua scelta.

Il papa invita i giovani ad avere il coraggio della speranza

Papa Francesco ha concluso il 35^ viaggio apostolico a Cipro ed in Grecia ed è atterrato a Roma, ringraziando la presidente della Repubblica ellenica, Katerina Sakellaropoulou, per l’accoglienza, ma ha avuto ancora tempo per incontrare i giovani alla Scuola ‘San Dionigi’ delle Suore Orsoline a Maroussi, e dopo aver Dopo aver ascoltato le loro testimonianze li ha invitati ad essere più sociali, riprendendo le testimonianze:

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