Dall’Azione Cattolica Italiana ‘la Chiesa che sogniamo’

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E’ stato il presidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana, Giuseppe Notarstefano, a tracciare un bilancio dell’Incontro nazionale delle presidenze diocesane dell’associazione, svoltosi a Castel Gandolfo nelle scorse settimane, sulla Chiesa sinodale ‘La Chiesa che sogniamo’, a cui hanno preso parte anche il presidente della Cei, il card. Matteo Zuppi, ed il segretario generale, mons. Giuseppe Baturi.

Nelle note conclusive il prof. Notarstefano ha sottolineato che il ‘sogno’ dell’Azione Cattolica è quello di realizzare insieme ‘una Chiesa dove ci sia spazio per tutti’, ribadendo ciò che papa Francesco ha ridetto anche in occasione della recente Gmg di Lisbona: ‘Una Chiesa che si fa comunità accogliente dove ogni persona si sente a casa, accolta insieme alla personale ricerca del Signore’.

Per questo il presidente nazionale ha ricordato  che l’Azione cattolica è “una grande esperienza di condivisone, un modo bello di stare insieme. Che fa delle nostre realtà territoriali parti di una grande e bella realtà nazionale. Di cui dobbiamo essere tutti orgogliosi. Come orgogliosi di noi sono i nostri vescovi, che anche in questi giorni hanno voluto ribadire come l’Ac sia per tutta la Chiesa una grande e bella scuola di sinodalità”.

Ed ha riproposto la ‘visione’ ecclesiale di Vittorio Bachelet, che si fece carico del ‘sogno’ di un’Azione Cattolica in grado di ‘sposare’ il suo tempo attraverso un processo di rinnovamento e tante intuizioni: “Noi oggi siamo chiamati ad abbracciare il nostro tempo e ad amarlo per quello che è, con le sue sofferenze ma anche con la sua voglia di risposte e la sua sete di speranza.

Impariamo dunque ad andare oltre le sterilità delle facili quanto spesso inutili analisi solo fine a sé stesse e immergiamoci nella profondità dei problemi, nella storia delle persone, amandole e amando la concretezza delle loro vite, vivendo il servizio associativo come occasione di accompagnamento alle persone, non lasciandole mai sole. Perché l’Azione Cattolica si costruisce nel cuore e no nelle sacrestie”.

Ed infine tre indicazioni per un cammino, che porterà alla XVIII Assemblea nazionale dell’Azione Cattolica nel prossimo anno: “Portate con voi tutto quanto abbiamo vissuto in questi giorni, anche l’incompiutezza, e fate si che tutto ciò animi il nostro cammino assembleare; viviamolo come l’opportunità di rigenerare la nostra vita associativa. Un tempo di discernimento che accompagna e precede il nostro sogno di Chiesa in cammino…

Coltiviamo il nostro amore per la pace. Continuiamo ad impegnarci per essa, perché la pace sia l’orizzonte di questo nostro tempo. Crediamo anche noi che con la guerra tutto è perduto, con la pace tutto è possibile. Dunque, continuiamo a dire con coraggio il nostro “no” alla guerra e alla logica tribale che la precede”.

Mentre il fondatore del Gruppo Abele e di Libera, don Luigi Ciotti, ha raccontato l’incontro con gli educatori dell’Azione Cattolica: “Sono molto grato all’Ac, sono emigrato dal Veneto a Torino, la mia famiglia era molto povera.

Credo che mi abbia salvato la parrocchia, e credo che mi abbia salvato nell’adolescenza essere in Azione Cattolica… Credo che mi abbia insegnato molto nell’adolescenza, mi ha dato il desiderio di lasciarmi mangiare dai poveri”.

Ed ha sottolineato che il peggior ‘male’ è quello dell’indifferenza: “Oggi nel nostro Paese a fare differenza è l’indifferenza. Siamo passati dal crimine organizzato al crimine normalizzato, perché nella testa degli italiani è diventato uno dei tanti problemi, ed è inquietante perché le mafie si alimentano della droga, che cattura fasce di giovani, nuove sostanze, poteri forti. Lo scandalo di leggi inadeguate, furbe, di parte come quelle sul gioco d’azzardo che mina la vita di tanti”.

Di conseguenza le persone più ‘pericolose’ sono quelle che non prendono ‘posizioni’: “Ma le persone più pericolose sono i neutrali. Aveva ragione don Tonino Bello quando diceva: ‘Non mi serve sapere chi sia Dio, mi basta sapere da che parte sta!’

Questo è un tempo difficile, ma a Dio nulla è impossibile. Noi dobbiamo estirpare il male alla radice, noi tagliamo l’erba in superficie. La missione della Chiesa è essere coscienza critica e voce propositiva di valori più alti e vitali. Noi dobbiamo essere coscienza critica di questi valori e voce propositiva”.

Insomma è stato un invito alla vigilanza: “Dobbiamo vigilare perché la politica non resti ambizione e poltrone. Ci sono persone non degne di rappresentare la sacralità delle istituzioni.

Dobbiamo rendere visibile il nostro amore per Dio nelle scelte quotidiane, amore richiede umiltà e sacrificio, responsabilità e impegno. Un mondo in cui l’amore sia inseparabile dalla volontà di giustizia”.

Ed ha invitato gli adulti ad ascoltare i giovani: “Non è vero che i giovani non ci sono. Ci sono e hanno bisogno di esser ascoltati e riconosciuti. Vanno ascoltati e riconosciuti.

Bisogna dotarli degli strumenti necessari per realizzare le loro capacità. Hanno bisogno di politiche che valorizzino, che gli diano strumenti. Dalla scuola al lavoro, che sono priorità di una società aperta al futuro.

La domanda forte è quella di essere ascoltati, chiedono, hanno il bisogno di autenticità, di credibilità, di giustizia. Hanno fame di relazioni autentiche, hanno bisogno di luoghi di incontro, confronto, opportunità. Hanno bisogno di un dialogo intergenerazionale, devono sentirsi presi sul serio. E noi dobbiamo aiutarli a resistere, a non perdersi di animo”.

Mentre l’assistente ecclesiastico generale, mons. Claudio Giuliodori, nell’omelia della celebrazione eucaristica ha invitato a lasciarsi guidare dallo Spirito Santo: “Professare e testimoniare che Gesù è il Messia, in quanto Figlio di Dio e Figlio dell’uomo, ci fa capire che nella sua persona sussiste la pienezza dell’umanità e della divinità.

Un tale incontro, inoltre, ci consente di recuperare lo spessore della nostra esistenza, sospesa tra lo smarrimento e la perdizione, causate dal peccato, e l’anelito alla pienezza della vita divina, frutto della grazia salvifica donataci nella Pasqua dal Signore Gesù”.

E’ stato un invito ad essere ‘pietre vive’: “Si continua ad affermare che con il Battesimo si è uniti a Cristo e si diventa partecipi della sua morte e risurrezione, ma poi l’agire, le scelte e gli stili di vita non rivelano affatto un dinamismo pasquale e non assumono i caratteri di una missione testimoniale.

Si dice che siamo parte del corpo di Cristo e che siamo chiamati a edificare, ciascuno per la sua parte, quella Chiesa fondata sulla pietra angolare che è il Cristo stesso e di cui Pietro è fatto garante, ma molti si dimenticano che occorre essere davvero pietre vive e operose all’interno della comunità ecclesiale e nella società e non schiavi di quella ‘ego-logia’, che sembra essere il vero mantra, ossia pensiero dominante, del nostro tempo.

Catechesi, professioni di fede e vissuti religiosi svuotati della loro componente di reale sequela e di concreta missionarietà finiscono per diventare evanescenti e conducono all’abbandono della fede e della vita ecclesiale od ad un’appartenenza solo anagrafica”.

(Foto:  Azione Cattolica Italiana)

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