Al Meeting di Rimini l’amicizia sociale

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“I profeti non chiudono gli occhi per immaginare quello che non esiste. Nella confusione minacciosa e angosciante della storia, nelle onde brutali delle pandemie, che sono parte della vita stessa, ci aiutano a vedere e cercare oggi, quando ancora non c’è, il nostro futuro, perché ci sia e perché ci sarà. Dio è nella storia, non fuori. Il vero oppio sono le tante dipendenze distribuite largamente da un mondo che non sa ascoltare più la parola di Dio come parola di amore che cambia sia noi che la storia”: con la celebrazione eucaristica ieri a Rimini si è aperta la 44^ edizione del Meeting dell’Amicizia tra i popoli, intitolata ‘L’esistenza umana è un’amicizia inesauribile’.

Nell’omelia il presidente della Cei, card. Matteo Zuppi, ha sottolineato che la visione del profeta Isaia racconta la possibilità di un mondo rinnovato: “E’ la visione che ci aiuta a comprendere il valore e la responsabilità di quello che viviamo qui, in questa piazza del mondo, che sembrava un sogno all’inizio, per qualcuno ingenuità.

Quanto bisogno c’è di un mondo che diventi amico e in cui ognuno possa essere amico, costruendo comunione per l’intera famiglia umana. Certo, il sogno di un’amicizia di tutti i popoli si scontra con la tentazione di restare ripiegati in sé stessi o, peggio, di alzare nuove frontiere, con antagonismi e polarizzazioni che perdono l’insieme, con pregiudizi resistenti e amplificati dal digitale, con razzismi e intolleranze mai innocui e inerti perché sempre avvelenano e armano menti, cuori e mani”.

Infatti l’esistenza umana è un’amicizia inesauribile: “Gesù chiama ‘amico’ ognuno di noi, anche quando ci difendiamo da Lui o lo tradiamo, e lo fa fino alla fine sua e nostra perché l’amicizia non finisca e sia più forte di qualsiasi delusione e amarezza. Amici e non servi. Talora abbiamo paura di questa amicizia che prende ed impegna e preferiamo essere servi, in realtà padroni solo di noi stessi!

Amici, non servi e amico, non padrone. Viviamo questi giorni, con tanti testimoni del passato e del presente, per essere anche noi testimoni di un’amicizia che non finisce, in un tempo fortemente e pericolosamente individualista, con le tante patologie che genera. L’individuo si ammala quando non trova il prossimo o pensa di poterne fare a meno e salvarsi da solo!”

E’ un invito ad andare ai confini del mondo, oppure come affermava mons. Giussani ad ‘abolire’ l’estraneità’: “L’amore non ha confini e si sente a casa ovunque e tutto rende casa. Questa donna sa bene di essere straniera. E’ lei a cercare Gesù. Quante persone, in tanti modi anche scomposti e contraddittori, cercano un’amicizia vera, più forte del male. Questa donna grida perché ha bisogno di pietà.

Il mondo non le è amico. Quante invocazioni della sofferenza si perdono nel nulla, senza risposta, nella tragedia delle guerre, nell’immensità del deserto, del mare, di un mondo ostile e indifferente perché non amico. E’ un incontro difficile quello tra Gesù e la donna siro-fenicia. Duro.

Dialogare è anche fatica, perché bisogna superare tanti pregiudizi, la memoria e le ragioni di questi. Gesù sembra proprio volerli ricordare alla donna e ai suoi, per sconfiggerli”.

L’amicizia permette di essere insistenti: “L’amicizia è più forte. Alla donna basta una briciola. Non pensa che il problema sia troppo grande e che non possa trovare la guarigione. Lei non si rassegna alla sofferenza, ama sua figlia e in Gesù ha intuito di aver trovato colui che può guarirla. Quell’incontro diventa il più bello, sorprendente, personale…

Ecco la volontà di Gesù, che in realtà con gioia ha cambiato la nostra vita (molte volte senza nessuna insistenza da parte nostra, forse anzi qualche diffidenza!) e che ci affida perché tanti ne facciamo esperienza e il mondo diventi amico per tutti.

Da quella donna impariamo a non vergognarci a chiedere, ad essere insistenti con la preghiera e l’amicizia con tutti, perché il desiderio di una vita piena trovi sempre la sua risposta”.

E l’amicizia permette la fraternità, ha ribadito il card. Zuppi nel primo incontro del meeting riminese: “L’amicizia sociale è un liberare da tanta rabbia, odio, individualismo. L’enciclica ‘Fratelli Tutti’ di papa Francesco raccoglie i tanti sogni della generazione che ci ha preceduto, che ci ha consegnato dopo la tragedia della Seconda Guerra Mondiale i desideri e gli strumenti per un mondo di pace… Papa Francesco ci chiede di non abituarci alla guerra.

Mi ha commosso la commozione di papa Francesco l’8 dicembre a Piazza di Spagna. Dobbiamo continuare ad avere lo stesso struggimento: ogni giorno che passa vuol dire tante persone che muoiono, l’odio diventa più profondo, l’inquinamento diventa più insopportabile. E’ davvero una guerra mondiale, non solo a pezzi, che già coinvolge tanto”.

Ed Alberto Bonfanti, presidente di ‘Portofranco’, ha raccontato quanto il progetto, nato nel 2000 come centro di aiuto gratuito allo studio, sia alimentato dalla gratuità dei volontari: “La forza e il metodo di #Portofranco è l’amicizia tra coloro che vi operano, un’amicizia operativa. Un’amicizia, infatti, non è mai vera se non opera, se non affronta la realtà. La persona non coincide con il bisogno, ma emerge nel bisogno. Solo affrontando il bisogno si incontra davvero l’altro e non l’idea che abbiamo di lui”.

Mentre Vittorio Bosio, presidente Centro Sportivo Italiano, ha osservato quanto ancora oggi lo sport possa avere un valore educativo contro la mentalità corrente secondo la quale l’attività sportiva sia solo basata sul risultato e l’affermazione di sé: “Questo atteggiamento produce ‘scarti’, ma il CSI ha costruito le sue fortune con gli ‘scartati’.

Dentro l’attività sportiva ci stanno tutti con le qualità che hanno. Molti non saranno diventati campioni, ma sono diventati buoni cittadini. Siamo orgogliosi di essere nati dall’Azione Cattolica. L’esperienza è nata nelle parrocchie, preti e laici devono fare quadrato per un’attività sportiva educativa”.

Infine, Dario Odifreddi, presidente di ‘Piazza dei Mestieri’ e presidente Consorzio Scuole Lavoro, ha raccontato di come lo ‘struggimento’ verso i giovani che perdevano il lavoro o non lo trovavano abbia generato, dentro un’amicizia, la sfida della ‘Piazza dei Mestieri’:

“Tanti ragazzi vengono da noi dicendo ‘io sono trasparente’, dicendo che a nessuno interessa chi siano. Noi abbiamo voluto che per ogni attività educativa ci fosse anche un’attività produttiva, perché i ragazzi imparassero ad amare il lavoro come una delle modalità più importanti per la realizzazione di sé”.

Ecco il motivo per cui il prof. Francesco Magni, ricercatore di ‘Pedagogia Generale e Sociale’ all’Università degli Studi di Bergamo, ha insistito sull’amicizia sociale di Dorothy Day: “In questo contributo vorrei sottolineare due aspetti che mi sembrano caratterizzare Dorothy Day: la sua profonda inquietudine esistenziale e il suo impegno sociale così originale e radicato nell’incontro con Gesù, il Vangelo e la Chiesa cattolica.

Per quanto riguarda il primo aspetto c’è un episodio, forse marginale nella vita di Dorothy ma al tempo stesso a mio avviso rivelatore dell’impeto vitale e ‘drammatico’ che la caratterizzava. Ancora bambina ella assiste nel 1906 al terribile terremoto di San Francisco: tre quarti della città vengono distrutti con migliaia di vittime e sfollati.

Come talvolta avviene in casi così drammatici, si scatena una genuina gara di solidarietà tra le persone, alla quale partecipa anche la famiglia Day: accoglienza, condivisione, fraternità”.

L’impegno sociale di Dorothy Day nasce dalla fede: “L’impegno sociale nasce dall’incontro tra questa inquietudine e una fede presa sul serio: l’incontro con Gesù spinge Dorothy all’impegno con e per i poveri, considerati davvero fratelli e sorelle, rendendola così testimone privilegiato di quella Chiesa in uscita e di quella opzione per i poveri tanto care a papa Francesco, fino a un inesausto tentativo di voler comprendere e provare a migliorare le condizioni sociali.

E’ una fede che si fa opere, quasi riecheggiando l’invito della Lettera di san Giacomo, opere di misericordia corporale (dare da mangiare agli affamati, da bere agli assetati, vestire gli ignudi) ma anche di misericordia spirituale (insegnare agli ignoranti) visto che attraverso il giornale da lei fondato si voleva far conoscere anche ai lavoratori e disoccupati della New York degli anni 30 i principi della dottrina sociale della Chiesa”.

Ed un’altra amicizia sociale del Meeting è stata quella con Giovanni Testori, come ha raccontato Riccardo Bonacina, fondatore di ‘Vita’, il primo settimanale dedicato al mondo del volontariato, che era fra i tre ragazzi citati da Testori nel video proiettato all’inizio dell’incontro, che andarono a trovarlo:

“Ci lasciò senza fiato. Aveva scritto di non avere reperito, nella cronaca della strage, ‘una domanda: non ci è stato concesso di imbatterci in una sola domanda religiosa’. Nacque un’amicizia che non è finita”.

Diceva loro: non svendete la vita, il pensiero, le parole, prendetevi tutte le libertà che solo il sì all’unico Mistero vi permette di prendervi. Il rapporto con Testori è stata un’amicizia ‘senza dipendenza, un uomo che si è fatto padre di noi e figlio del nostro incontro’.

Anche Emilia Guarnieri, cofondatrice del Meeting per l’amicizia fra i popoli, è partita dagli editoriali: “Ci aveva colpito trovare qualcuno che poneva la questione del senso in un momento in cui la cultura ideologizzata nemmeno metteva in conto che il cristianesimo potesse essere un fattore nella vita. Nel marzo 1978 mancavano due anni all’inizio del Meeting e quegli editoriali avevano a che fare con la gestazione del Meeting”.

(Foto: Il Sussidiario.net)

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