San Lorenzo è testimone dell’amore di Dio

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Lorenzo, da ragazzo, ha visto le grandiose feste per i mille anni della città di Roma, celebrate nel 237-38, regnando l’imperatore Filippo detto l’Arabo, perché figlio di un notabile della regione siriana. Poco dopo le feste, Filippo è detronizzato e ucciso da Decio, duro persecutore dei cristiani, che muore in guerra nel 251.

L’impero è in crisi, minacciato dalla pressione dei popoli germanici e dall’aggressività persiana. Contro i persiani combatte anche l’imperatore Valeriano, salito al trono nel 253: sconfitto dall’esercito di Shapur I, morirà in prigionia nel 260. Ma già nel 257 ha ordinato una persecuzione anticristiana.

Le antiche fonti indicano Lorenzo come arcidiacono di papa Sisto II; cioè il primo dei sette diaconi allora al servizio della Chiesa romana. Assiste il papa nella celebrazione dei riti, distribuisce l’Eucaristia e amministra le offerte fatte alla Chiesa.

Viene la persecuzione, che vieta le adunanze di cristiani, blocca gli accessi alle catacombe, esige rispetto per i riti pagani. Ma non obbliga a rinnegare pubblicamente la fede cristiana. Nel 258, però, Valeriano ordina la messa a morte di vescovi e preti. Così il vescovo Cipriano di Cartagine, esiliato nella prima fase, viene poi decapitato. La stessa sorte tocca ad altri vescovi e allo stesso papa Sisto II, ai primi di agosto del 258. Si racconta che Lorenzo lo incontri e gli parli, mentre va al supplizio. Poi il prefetto imperiale ferma lui, chiedendogli di consegnare ‘i tesori della Chiesa’.

Nella persecuzione sembra non mancare un intento di confisca; e il prefetto deve essersi convinto che la Chiesa del tempo possieda chissà quali ricchezze. Lorenzo, comunque, chiede solo un po’ di tempo. Si affretta poi a distribuire ai poveri le offerte di cui è amministratore. Infine compare davanti al prefetto e gli mostra la turba dei malati, storpi ed emarginati che lo accompagna, dicendo: ‘Ecco, i tesori della Chiesa sono questi’.

Per questo Lorenzo è patrono di molte città, come Perugia, dove mons. Ivan Maffeis ha invitato a vivere la testimonianza del martire, perché è attuale: “Caro san Lorenzo, la prima tentazione che in questo momento s’affaccia nell’animo nostro è quella di confinarti in una lontana vicenda (del resto, capirai anche tu, sei vissuto nella prima metà del III secolo); una vicenda che rievochiamo volentieri una volta all’anno, come si sfoglia un album di fotografie ingiallite dalla polvere del tempo; una vicenda, la tua, tra le più conosciute, che però stentiamo a raccordare con il nostro presente”.

E’ un invito ad affascinarsi della sua vita: “Così, da una parte, siamo pronti a celebrare le tue virtù e a venerarti nostro patrono, ma, dall’altra, badiamo di farlo tenendocene a debita distanza. Davanti a te, che sei stato bruciato vivo a causa della tua testimonianza, usiamo la prudenza di chi (una volta colto il pericolo dell’acqua calda) gira al largo perfino da quella tiepida…

Perché, lo intuiamo, se per un attimo (un attimo soltanto) incrociassimo il tuo sguardo, se ci lasciassimo catturare dal fascino che la tua figura emana, se specchiassimo la nostra vita nella tua, fino a imitarla, potremmo rischiare di scottarci per davvero”.

E l’impegno di san Lorenzo è stato realizzato da un amore concreto, come ha detto papa Francesco ai giovani: “Concreto il tuo servizio lo è stato davvero, al punto che, quando l’imperatore Valeriano cercò di spogliare la Chiesa, mosso dal sospetto che avesse accumulato tanti tesori nascosti, tu non ti sei fatto pregare due volte nel consegnarglieli.

Hai radunato ciechi, storpi e zoppi e li hai presentati all’imperatore, dicendogli: ‘Ecco i tesori eterni, che non diminuiscono mai e che fruttano sempre…’. Una risposta puntuale e veritiera, ma che – concorderai – agli orecchi del potere doveva risuonare piuttosto beffarda, una sorta di presa in giro…

Hai pagato il tuo coraggio con il martirio, chicco di grano caduto nel nascondimento della terra, senza clamore alcuno. Servizio, coraggio, martirio… Sai, noi oggi abbiamo altro per la testa.

Stentiamo perfino a guardarci attorno, a lasciarci coinvolgere da quello che accade, preoccupati come siamo di tutelare le nostre libertà e i nostri diritti individuali: vi siamo aggrappati quasi fossero il nostro tutto, pretendiamo di trattenerli con avidità, al punto che per difenderli evitiamo con cura di assumerci impegni stabili, di legarci, di riconoscerci parte attiva e responsabile di una comunità”.

Una preghiera al martire per non rassegnarsi alla banalità: “Caro san Lorenzo, in questo giorno santo donaci la grazia di non rassegnarci a tanta superficialità. Non stancarti di ricordarci che l’amore, anche se tante volte appare perdente, rimane il segreto intimo, la forza della vita, la forza che genera e rende feconda la vita.

Aiutaci a calarci con disponibilità nella terra della nostra famiglia, in quella del lavoro, nella terra della nostra Chiesa e in quella, altrettanto sacra, della nostra Città. Se tu intercedi per noi, sapremo abbandonarci con fiducia nelle mani di Dio.

Eviteremo, allora, di assolutizzare le nostre opinioni e le nostre cose, arrivando a dare loro il giusto posto. Ricondotti all’essenziale, sperimenteremo la gioia di chi trova se stesso donandosi con gratuità; sentiremo che la vita altro non è che restituzione, risposta all’amore che abbiamo ricevuto”.

Mentre la diocesi di Grosseto ha avuto come ‘ospite d’onore’ mons. Mykola Semenyshyn, ausiliare dell’arcieparchia di Ivano-Frankivs’k, nella parte occidentale dell’Ucraina, che ha lanciato un appello alla pace:

“Per prima cosa basta ucciderci. Come si può fare la pace con chi continua a uccidere gente innocente e a ferire la nostra terra? Si parla di ecocidio, perché la distruzione delle nostre terre ha delle ripercussioni: stanno radendo al suolo tutto.

Noi vogliamo solo vivere in pace…ma ora dobbiamo difendere noi e i nostri figli… Certo la guerra stanca, non solo chi la vive, ma anche voi. Vi chiedo però di continuare ad aiutarci, perché questa è una guerra fra il bene e il male”.

Ed ha spiegato la sua presenza in città: “Sono venuto a Grosseto con grande gioia. L’invito mi è arrivato nel giorno della mia ordinazione episcopale, a febbraio, quando in Ucraina sono venuti don Paolo Gentili, don Marco Gentile e don Ivano Rossi. Allora sembrava una data molto lontana, ma ho detto subito sì. E ora sono davvero felice di essere qui a festeggiare la solennità di san Lorenzo, il patrono della Città e della Diocesi.

Ma sono venuto soprattutto per dire al popolo maremmano: grazie a nome di tutto il popolo ucraino. So che in questa città, fin dai primi giorni dallo scoppio della guerra, la gente si è mobilitata. Siete stati i primi in Toscana! Questo lo so di sicuro e per questo vi ringrazio. Così come vi ringrazio delle preghiere per noi. Come dice il nostro patriarca fin dallo scoppio della guerra: l’Ucraina resiste! L’Ucraina combatte! L’ucraina prega!”

Ed ha raccontato l’impegno della Chiesa nel sostenere la speranza della gente: “Come sacerdoti e come Chiesa cerchiamo di stare con la gente. Tanti cappellani vanno nelle zone di combattimento per essere di supporto morale e spirituale ai soldati.

E molti di loro restano sorpresi di questo: c’è chi dice ‘Non sono mai andato in chiesa in vita mia ma con lei qui, padre, mi sento sicuro’. E poi aiutiamo i rifugiati, perché non tutti sono fuggiti all’estero, c’è chi ha raggiunto le zone dell’Ucraina dove la situazione è un po’ più tranquilla, se così si può dire…

Ogni giorno purtroppo celebriamo funerali. Per me ogni volta è una sfida grande: cosa dire a una mamma che ha perso il figlio, a una donna che ha perso il marito? Anche per noi sacerdoti questa situazione drammatica è emotivamente pesante, ma non vogliamo allontanarci dalla gente. Siamo pastori e stiamo col gregge”.

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