Papa Francesco: la croce è l’amore più grande di Gesù

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A Lisbona la giornata si è conclusa al parco Edoardo VII’ con la Via Crucis, animata dai giovani, che hanno rappresentato le scene con riflessioni con tutte le sensazioni dei giovani, dal bullismo alla paura della solitudine all’intolleranza e anche alla depressione, al problema del clima, della fama di molti paesi o alla tirannia del ‘corpo perfetto’ fino alla questione dei rifugiati, della disabilità o alla paura per una mancanza di futuro. A loro papa Francesco ha detto di non lasciarsi condizionare dal mondo, perché Gesù è il cammino, ‘Gesù cammina per me’:

“E oggi voi, noi, io pure, con la preghiera rinnoveremo la via della Croce. E guarderemo Gesù che passa e cammineremo con Lui. Il cammino di Gesù è Dio che esce da sé stesso, esce da sé stesso per camminare tra noi. Quello che ascoltiamo tante volte nella Messa: “E il Verbo si fece carne e camminò tra noi”. Ricordate? E il Verbo si fece uomo e camminò tra noi. E questo lo fa per amore. Lo fa per amore. E la Croce che accompagna ogni Giornata Mondiale della Gioventù è l’icona, è la figura di questo cammino”.

Il papa ha invitato i giovani a guardare il Crocifisso: “La Croce è il senso più grande dell’amore più grande, l’amore con il quale Gesù vuole abbracciare la nostra vita. La nostra? Sì, la tua, la tua, la tua, quella di ciascuno di noi. Gesù cammina per me. Dobbiamo dirlo tutti. Gesù intraprende questo cammino per me, per dare la sua vita per me.

E nessuno ha più amore di chi dà la vita per i suoi amici, di colui che dà la vita per gli altri. Non dimenticate questo: nessuno ha più amore di chi dà la vita, e questo lo ha insegnato Gesù. Per questo, quando guardiamo il Crocifisso, che è tanto doloroso, una cosa così dura, vediamo la bellezza dell’amore che dà la sua vita per ciascuno di noi”.

Ecco alcune testimonianze dei giovani lungo la Via Crucis: “Signore, Pilato ha firmato il decreto. Ha firmato il decreto che estinguerebbe il tuo futuro. ‘Questo essere umano deve morire; non avrà più futuro’. Lo sentono tanti giovani oggi, Signore, che ci viene tolto il futuro.

Ci viene detto che la vita è piena di opportunità, ma è difficile vedere dove siano quelle opportunità quando i soldi non sono sufficienti, quando non si riesce a trovare lavoro e quando l’accesso all’istruzione spesso è praticamente impossibile.

Signore, anche quando ti hanno condannato a morte, non ti sei lasciato cadere. Hai spiegato a Pilato che non avrebbe alcun potere su di te se Dio non lo permettesse. E, con il Padre al tuo fianco, sei andato avanti, fiducioso nel futuro. Insegnaci a fare lo stesso”.

Alla terza stazione: “Scusa, Signore, non sono abituato a vedere i miei eroi stesi a terra sporchi di polvere. Perché ti sei sottomesso? Troppo è l’abbandono e troppa la solitudine. Tu, da solo. E’ come mi sento, a volte, quando aspetto un messaggio o un abbraccio che non arrivano. E penso che sia colpa mia, che sono incapace e mi chiudo.

Altre volte, penso di vivere in un mondo egoista dove ognuno guarda solo a sé stesso. Non lo so, so però che ci sono tanti giovani soli, anche quando sono circondati da altre persone. Ti guardo caduto a terra. Ti immagino alzare la testa e guardarmi”.

Nella sesta stazione: “Signore, una donna ha attraversato la folla per ripulire il tuo volto e nel suo panno si è impressa la Tua immagine. Amare è questo, è lasciarsi commuovere dal volto dell’altro, anche sfigurato. Il volto del figlio che si ama, dell’amico che si ama, del povero che si ama, della moglie o del marito che si ama. Il volto della Chiesa che si ama, anche se sfigurata. Amare è lasciarsi attrarre dal volto dell’altro.

Ma noi giovani viviamo in un mondo individualistico. Ci è stato detto mille volte che ciò che contava di più era la nostra immagine e la nostra autorealizzazione. Che avevamo il diritto di essere felici e che dovevamo pensare prima a noi stessi. Ed eccoci qui, egocentrici, ognuno concentrato sul suo cellulare, nei propri interessi, sulla propria isola, in attesa di una felicità che non arriva. Perché la vera felicità sta nel lasciarsi attrarre dal volto dell’altro”.

Nella decima stazione Gesù è spogliato delle sue vesti: “Ti hanno spogliato, Signore, ti hanno denudato. Ti guardo sereno e fiducioso nella tua nuda verità. Anche senza vestiti, non smetti di essere quello che sei perché non ti sei mai preso la briga di costruire un’immagine di te stesso. Tu nella Tua umiltà, Tu nella Tua integrità. Tu nella Tua verità.

Ma viviamo in una terra di specchi dove ciò che conta è l’apparenza, l’immagine. Un selfie dopo l’altro. La tirannia del corpo giusto e del sorriso perfetto. Foto di sé stessi sui social in pose attentamente studiate. Post artificiali che aspettano i like degli altri. Terribile sensazione di non poter essere noi stessi, di doverci vendere per piacere alle persone e non rimanere isolati. Narcisismi che, alla fine, ci lasciano soli su isole lontane.

E tu nudo, così come sei, senza vergognarti di essere ciò che sei. Non vivevi per l’apparenza, ma per il Bene. Insegnami, Signore. Dammi la forza di essere diverso, di non vivere in funzione dell’immagine, ma nella fedeltà alla mia coscienza”.

E nella quattordicesima stazione, quando tutto sembra finito, la Speranza risorge: “Il cimitero. La Fine. Quando la pietra rotolò all’ingresso del sepolcro, sembrò che tutto fosse definitivamente finito. Sembrava, Signore, che Tu e il Tuo modo di amare non foste altro che un’illusione, una speranza ingannevole in un ipotetico trionfo del bene sul male.

Sembrava che tutto fosse finito, che bisognasse essere realisti, che il mondo fosse davvero per i furbi e non per chi sogna il Bene, come te.

Tante volte nella nostra vita sembra che non ci sia futuro. Non vediamo alcuna luce alla fine del tunnel. Abbiamo paura di guardare avanti. Non riusciamo a prendere decisioni, né vediamo la direzione verso cui la storia potrebbe continuare, vediamo solo il percorso bloccato da grandi ostacoli davanti a noi.

E’ qui che dobbiamo sentire la voce di Maria. Maria parla dei punti di arrivo che diventano punti di partenza, dell’apparente morte di un albero in inverno che si appresta a fiorire in primavera, delle tombe che sono porte di Risurrezione”.

(Foto: Santa Sede)

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