Il card. Semeraro ha aperto l’anno giubilare di san Tommaso d’Aquino: studio e preghiera per il viaggio verso Dio

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“Il 18 luglio di settecento anni or sono, ad Avignone, con la bolla ‘Redemptionem misit’ il papa Giovanni XXII proclamò la canonizzazione di fr. Tommaso d’Aquino. E’ l’evento che noi oggi stiamo ricordando e celebrando. Egli era morto qui a Fossanova, in questa antica abbazia, all’alba del 7 marzo 1274, ossia appena cinquant’anni prima; la fama della sua santità, però, si era già diffusa e questo, si direbbe, più ancora della fama della sua sapienza. Ed ecco che il Papa, più che diffondersi sull’opera intellettuale, nel documento si dilungò sulla memoria dei miracoli compiuti dal nuovo santo”: così l’omelia del prefetto del Dicastero delle cause dei santi, card. Marcello Semeraro ha aperto l’anno giubilare dell’aquinate.

Soprattutto sulla sua attitudine allo studio ed alla preghiera si è soffermato il cardinale: “La circostanza odierna è solenne e per essa il Santo Padre ha inviato ai vescovi Mariano Crociata, Gerardo Antonazzo e Ambrogio Spreafico una Lettera con la quale raccomanda alle Chiese di cui sono pastori e da egli stesso denominate Chiese ‘aquinati’ di custodire la memoria viva del Doctor communis il quale, peraltro, è ‘un bene prezioso per la Chiesa di oggi e del domani’ e questo sui tre fronti: della dimensione comunitaria della Chiesa, dell’apertura alla verità e dell’attenzione alle sfide della Storia”.

E’ un invito ad ascoltare la Parola di Dio: “San Tommaso ne diede una spiegazione esemplare quando, probabilmente nella Quaresima del 1273, predicò a Napoli la preghiera del Pater. Qui egli spiegò subito che il divino Maestro non insegnò a dire soltanto: Padre bensì Padre nostro, precisando che questa preghiera il cristiano la recita non a nome proprio, ma in persona Ecclesiae, a nome della Chiesa.

Chi rende possibile tutto questo è lo Spirito del Risorto. E’ lo Spirito la fonte che fa rifluire nel corpo la grazia di Cristo Capo ed è sempre lo Spirito il principio di connessione di tutte le membra tra loro”.

Per questo l’aquinate è Dottore della Chiesa: “Tommaso d’Aquino non è solo un santo: la Chiesa lo onora pure quale dottore; questo, però, non esclude, anzi implica che egli si è sempre fatto alunno del Maestro interiore. Nella Lettera con la quale per questa occasione mi ha ufficialmente nominato suo Inviato speciale, il papa scrive subito che Tommaso, da Dio ripieno dello Spirito d’intelligenza, mentre con la ragione indagava umilmente i divini misteri, li contemplava con una fede ardente. Studio e contemplazione, dunque: non due operazioni distaccate, ma un solo atto dove convergono intelligenza e amore”.

Così è testimoniato nel processo di canonizzazione: “Anche su questo i testimoni al processo napoletano, che si svolse dal 21 luglio al 18 settembre 1319, i testimoni furono unanimi: fr. Tommaso fu un uomo di grande contemplazione e orazione, dissero.

Veramente non c’è santo di cui questo non sia stato detto; per Tommaso, però, questo dobbiamo riferirlo direttamente al suo lavoro intellettuale… Un episodio che descrive bene questa consuetudine è abbastanza noto ed è collocato a Napoli, all’epoca in cui Tommaso scriveva per la Summa di Teologia le questioni sulla passione e risurrezione del Signore.

Come di solito, al mattino molto presto, egli sta pregando nella cappella di san Nicola. Non è solo. Ad osservarlo c’è Domenico di Caserta, il sacrestano che lo spia e lo vede in levitazione, mentre una voce che viene dal crocifisso dice: ‘Hai parlato bene di me, Tommaso, quale ricompensa vuoi?’ ‘Voglio te solo, Signore’, è la sua risposta. Sono le parole di un innamorato”.

E concludendo l’omelia ha richiamato il pensiero di san Tommaso sull’eucarestia: “Nello stile di vita di san Tommaso abbiamo un segno concreto dell’unione stretta vigente in lui fra studio e contemplazione; meglio: studii contemplatione, come dirà Guglielmo di Tocco; letteralmente: la contemplazione dello studio!

Questo segno è la sua rinomata e usuale abstractio mentis, il suo apparente essere distratto, silenzioso; quasi, diremo noi, con la ‘testa fra le nuvole’, al punto da costringere i superiori a mettergli accanto uno che lo riportasse nella realtà…

Carissimi, qui a Fossanova e in questo momento, che ci dispone alla liturgia eucaristica, la mia riflessione non può chiudersi senza un richiamo alle ultime parole di san Tommaso. Ricevendo l’Eucaristia ed essendo ormai in fin di vita, Tommaso dice: ‘Io ti ricevo prezzo della redenzione della mia anima; io ti ricevo viatico del mio pellegrinaggio, per l’amore del quale ho studiato, vegliato, sofferto; ho predicato te, ho insegnato te…’.

Possiamo capire, a questo punto, il senso più vero, più profondo; la perla nascosta nell’espressione: ‘Tutto mi sembra paglia’. Consapevole di essere giunto alla meta del cammino terreno, Tommaso abbandona tutto”.

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