Virginia Kaladich: costruire una scuola senza confini
Nell’ambito del programma formativo 2022-2023, FIDAE (Federazione Istituti di Attività Educative) riparte riproponendo la consolidata esperienza del Campus estivo ‘La scuola senza confini’, iniziativa nata dai temi sviluppati durante il convegno Fidae 2022 e i webinar del progetto ‘#vogliamo fare scuola fase 4’, in programma a Ravenna fino a sabato 22 luglio.
Un’esperienza di formazione realizzata in continuità con i percorsi degli ultimi anni, dedicata a insegnanti e al corpo non docente delle scuole, in quanto “ogni cambiamento ha bisogno di un cammino educativo che coinvolga tutti, per questo è necessario costruire un villaggio dell’educazione dove, nella diversità, si condivida l’impegno di generare una rete di relazioni umane e aperte”.
Alla presidente nazionale, Virginia Kaladich, abbiamo chiesto se è possibile costruire una ‘scuola senza confini’: “Noi ce le metteremo tutta, come ogni anno. Questi momenti formativi, al di fuori del percorso scolastico, sono importanti perché permettono ai partecipanti di approfondire alcuni temi caldi. Inoltre, ed è forse la parte più interessante, c’è un sano confronto di buone pratiche tra colleghi che lavorano nello stesso ambito ma in territori diversi con peculiarità e differenze significative.
E questo è il primo passo per costruire la scuola senza confini di cui parleremo a Ravenna nei prossimi giorni. Tanti gli interventi di relatori di primissimo piano che presenteranno strategie e itinerari per guardare al futuro di una scuola senza confini: Europa, progettazione Erasmus, innovazione finalizzata al benessere e all’armonia in un contesto scolastico e anche delle possibilità che il PNRR apre anche per le scuole paritarie”.
Ma, allora, è possibile costruire un umanesimo della bellezza?
“La bellezza è il faro che ci permette di accedere alla conoscenza e anche alla fede. E per noi, scuole paritarie cattoliche, è fondamentale tracciare un nuovo cammino in questi anni di post pandemia, un evento che ha sconvolto tutti noi e ha cambiato per sempre la scuola.
Si sono aperte infinite possibilità perché finalmente sono entrate, nel vocabolario comune e nell’uso quotidiano, linguaggi e piattaforme online che negli anni passati erano appannaggio di poche categorie o dei nostri giovani che, molto spesso, non le usavano per finalità educative.
Anche in questo settore non bisogna mai perdere di vista che è il bello a muovere gli uomini perché, come ha detto più volte papa Francesco, unisce Dio, l’uomo e il creato in un’unica sinfonia. E’ il bello che facilita la trasmissione del sapere, che aiuta l’apprendimento e anche la formazione del bagaglio culturale di ognuno, perché è la bellezza che salverà il mondo, come afferma il principe Miškin nell’Idiota di Dostoevskij”.
Come progettare una scuola come comunità educante?
“Dobbiamo prima di tutto partire dalla constatazione che la famiglia e la scuola sono le due principali istituzioni votate all’educazione ma non sono le uniche ed in questo senso dobbiamo ragionare sul proverbio africano che tanto spesso viene citato cioè che ‘per educare un bambino serve un intero villaggio’.
Vuol dire tutti devono fare la loro parte: le istituzioni, le parrocchie, i circoli culturali o gli altri soggetti presenti sul territorio, ognuno può e deve mettere un contributo per la formazione di quelli che saranno i futuri cittadini.
La scuola si pone al centro di questo processo, insieme alla famiglia, e diventa di per sé una comunità educante se al suo interno ci sono delle relazioni vere e non dei semplici rapporti tra un docente/lavoratore e un alunno/oggetto del lavoro”.
In tale contesto molte amministrazioni stanno adottando il ‘whistleblowing’ (segnalazione di condotte illecite): per quale motivo la Fidae ritiene importante adottare tale norma?
“E’ una norma di civiltà che rappresenta una garanzia per il bene pubblico quindi per l’interesse dei cittadini. Dispiace vedere con quanta lentezza, talvolta anche nel resto d’Europa, si sia arrivati a recepire le direttive dell’Unione Europea che spesso si sono trasformate anche in richiami. Sono sicura che sarà un modo per far crescere anche tutto il sistema scolastico perché dietro a una segnalazione non c’è la volontà di vedere una punizione ma un cambio di rotta”.
Altro tema ‘caldo’ riguarda la protezione dei minori: in quale modo le scuole cattoliche si attivano in questo campo?
“E’ un tema molto delicato che la FIDAE ha attenzionato già da diversi anni anche grazie al Consiglio Nazionale della Scuola Cattolica della CEI con cui c’è stata una proficua collaborazione. Sono state pubblicate le linee guida che possono aiutare educatori, docenti, personale scolastico senza mai dimenticare che l’educazione integrale della persona, nella prospettiva cristiana, di fatto già contiene in sé i semi di prevenzione e di contrasto ad ogni forma di prevaricazione e abuso, perché è orientata alla piena crescita e al vero bene di ogni persona”.
In quale modo si può instaurare una relazione ‘scuola-famiglia’ per un’alleanza educativa?
“La scuola non può mai essere il posto dove i genitori lasciano i loro figli per andare a lavorare perché è uno spazio (non solo fisico) che appartiene anche alle famiglie e lo deve diventare sempre di più. Il primo consiglio che mi sento di dare è quello di essere il più trasparente possibile, di avere un filo diretto con i genitori dei nostri studenti e di renderli partecipi di tutto ciò che avviene durante l’anno cercando, perché no, anche occasioni per coinvolgerli direttamente. In questo caso è fondamentale stabilire una relazione vera e positiva perché i ragazzi non vedano un muro tra la scuola e la famiglia ma due realtà che dialogano e collaborano con un unico obiettivo”.
Allora cosa significa fare rete nel mondo educativo?
“Significa mettere a disposizione il proprio capitale di competenze, non nascondendolo come fosse un bene prezioso da tutelare ma facendolo girare in modo che ne possa usufruire un pubblico più vasto possibile. Ecco perché, come accennavo prima, oggi nessuno può sentirsi escluso dal grande compito che la scuola ha cercando di lavorare e crescere in rete perché da soli, la pandemia ce lo ha dimostrato, non ci si salva”.
(Tratto da Aci Stampa)