La ‘comunicazione cordiale’ come si esprime in parrocchia?

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‘Parrocchie, tecnologie, cultura digitale’ sono le parole chiave di un articolo che la prof.ssa Alessandra Carenzio, docente di ‘Didattica e Pedagogia speciale’ all’Università Cattolica di Milano, e don Marco Rondonotti, ricercatore al CREMIT (Centro di Ricerca sull’Educazione ai Media all’Innovazione e alla Tecnologia) dell’Università Cattolica di Milano, hanno pubblicato nel primo numero del 2023 di ‘Dizionario di dottrina sociale della Chiesa. Le cose nuove del XXI secolo’, rivista trimestrale online dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (Centro di Ateneo per la dottrina sociale della Chiesa) edita da ‘Vita e Pensiero’.

Attingendo ai lavori del prof. Pier Cesare Rivoltella e della prof.ssa Lucia Boccacin, si fa sostanzialmente il punto sulla relazione tra parrocchie e digitale. Da un lato essa si può esemplificare in base a tre prospettive, dette della pastorale 1.0, 2.0 e 3.0, a seconda che il digitale sia utilizzato solo per informare, o finalizzato a collaborare tra i parrocchiani, o considerato come un ambiente da abitare al di là dei confini territoriali e antropologici.

D’altro lato si possono individuare, in seguito alle analisi (effettuate nel 2020 insieme a WeCa e alla Cei) delle pratiche, cinque profili di comunità: ‘impermeabile’, che rigetta i media; ‘neofita’, che vi si sta approcciando con modalità di tipo strumentale; ‘potenziata’, che attraverso il digitale estende le relazioni; ‘festiva’, che associa i media all’idea celebrativa e conviviale della festa; e infine ‘connessa’, dove le tecnologie sono di casa.

Stimolati dall’articolo e sollecitati dal tema di questa 57^ Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali dal titolo ‘Parlare col cuore. Secondo verità nella carità’, celebrata domenica 21 maggio, in cui papa Francesco ha descritto il significato del ‘parlare con il cuore’, ho chiesto loro di spiegare in quale modo è possibile ‘comunicare cordialmente’:

“Con l’annuale Messaggio per la Giornata mondiale per le Comunicazioni sociali quest’anno il papa ci ha invitati a ‘parlare con il cuore’, sottolineando l’importanza di praticare sempre una comunicazione autentica.

Possiamo dire che per assumere questo atteggiamento è necessario, oltre che il saper rinunciare alla comunicazione strategica, che desidera mantenere una posizione di vantaggio rispetto all’interlocutore, imparare a vivere un autentico dialogo con l’altro.

Ci vuole un po’ di curiosità,  per non essere sempre centrati sulle proprie necessità, ma anche umiltà, per non cadere nella tentazione del giudizio, e un grande allenamento nell’utilizzo di parole non aggressive ma miti. 

Come ogni anno, da 8 anni a questa parte, abbiamo curato, insieme all’Ufficio Comunicazioni Sociali della CEI e a CREMIT, un libro agile a commento del messaggio. Una proposta potrebbe essere quella di partire dai commenti ed usare le schede pastorali, pensate per educatori, genitori, giornalisti e catechisti, per far diventare il messaggio oggetto di confronto nella comunità”.

La parrocchia è ‘attrezzata’ a ‘comunicare cordialmente’?

“La parrocchia ha tante risorse e tra queste spicca decisamente il fatto di essere un’autentica palestra alla fraternità. Il percorso che si sta vivendo come chiesa universale per acquisire uno stile sinodale, con un po’ di coraggio, potrebbe essere un’ottima opportunità”. 

Quali linguaggi digitali utilizza la parrocchia per la pastorale?

“In questi anni ci siamo posti più volte questa domanda. Recentemente, grazie anche uno studio realizzato all’interno della collaborazione tra il CREMIT dell’Università Cattolica e l’Ufficio per le comunicazioni sociali della CEI, abbiamo provato a identificare cinque differenti profili di comunità parrocchiale in relazione all’uso dei media digitali.

Il primo è quello della comunità media-impermeabile, che rifiuta attivamente i media e non li considera parte della propria esperienza; i dati ci dicono che il numero di comunità appartenente a questo primo gruppo è piuttosto rilevante, anche dopo l’esperienza drammatica del distanziamento sociale in tempo di pandemica.

Il secondo è quello della comunità neofita, che si sta avvicinando ai media ma li utilizza in modo limitato per fini pratici. La terza è la comunità potenziata, che utilizza frequentemente i media digitali per estendere le relazioni, oltre i contesti parrocchiali. La quarta è la comunità festiva, che associa i media alla celebrazione e li utilizza per creare connessioni durante le feste. Infine, c’è la comunità connessa, in cui le tecnologie sono ampiamente integrate e favoriscono la partecipazione e l’inclusione di tutti”.

La parrocchia è pronta per una pastorale 3.0?

“Sappiamo bene che parlare di pastorale 3.0 non significa riferirsi al tipo o alla quantità di tecnologia digitale che viene impiegata, quanto all’intenzione che sta alla base dell’azione pastorale. Una pastorale 3.0 è di fatto è una pastorale missionaria; e questo è il tempo per un rinnovato slancio di annuncio del Vangelo”.

Come è cambiato l’annuncio del Vangelo nella parrocchia dopo il lockdown?

“Le trasformazioni sociali e antropologiche che si stanno compiendo nel nostro tempo, anche a causa delle tecnologie, le abbiamo tutte molto bene in mente. Per la verità non mancano i documenti del Magistero che invitano ad approfondire la nostra condizione al tempo del digitale. Le realtà ecclesiali locali, nella maggioranza dei casi, continuano però ad avere un approccio completamente strumentale ai media digitali.

Oggi però va considerata anche la dimensione sociale dei media, il loro ruolo nella produzione della conoscenza e nell’orientamento delle scelte politiche. Per comprendere a fondo la nostra società contemporanea è fondamentale considerare il ruolo del digitale nel nostro modo di vivere; è il primo passo che ci attende per avviare un nuovo processo di inculturazione della fede nel nostro tempo”.

Ed infine raccontano l’esperienza degli influencer cattolici: “Questa strada è quella indicata anche dal Dicastero per le comunicazioni sociali della Santa Sede che, volendo dare continuità a quanto emerso dal recente Sinodo dei vescovi sui giovani, ha scelto di avviare la sperimentazione di una particolare modalità di evangelizzazione del ‘continente digitale’.

In occasione della preghiera per le missioni nello scorso ottobre, per la prima volta ha convocato la partecipazione digitale di influncer cattolici presenti in tutto il mondo; la rete ha risposto in maniera tanto favorevole che l’esperienza è stata ripetuta in occasione del Santo Natale”.

(Tratto da Aci Stampa)

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