La Comunità di Sant’Egidio: 55 anni sulla strada della pace

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La Comunità di Sant’Egidio ha compiuto 55 anni, ‘festeggiando’ con una celebrazione eucaristica nella basilica di san Giovanni in Laterano, la cattedrale della diocesi di Roma, la Chiesa che ha generato questa esperienza ecclesiale fondata da Andrea Riccardi sulla scia del Concilio Vaticano II, presieduta dal presidente della Cei, card. Matteo Zuppi, che nell’omelia ha detto che l’Eucarestia è sempre un ringraziamento:

“L’eucarestia è sempre ringraziamento, il più completo perché ci unisce con il Signore e tra noi, riveste le nostre povere persone della luce dell’amore pieno di Dio, della sua presenza nell’incertezza e nella confusione della vita. Oggi sentiamo tutti, sia personalmente sia come comunità la gioia di ringraziare per l’amicizia che ci unisce, per questi anni di amore, legame gratuito e circolare.

Ne godiamo davvero tutti, quelli della prima come quelli dell’ultima ora, anticipo della casa di quel padre che vuole ‘tutto ciò è mio è tuo’. Un caro amico della Comunità, Valdo Vinay, che condivise negli anni della sua vecchiaia il cammino dei nostri inizi, fece sua l’espressione di un giovane: ‘Qui l’amicizia non finisce mai’.

Lo diceva anche per sé e credo che possiamo dirlo ognuno di noi. Non è finita, anzi, si è rafforzata, affrontando da sempre tante pandemie di povertà e sofferenza”.

Ed ha dipinto la Comunità come Arca di Noè, sempre accogliente: “La Comunità si è sempre fatta vicina alle ferite che segnano le persone, i poveri. Iniziò alle baracche del Cinodromo, il primo servizio della Comunità, non smettendo di cercare i tanti e spesso enormi Cinodromo delle città degli uomini, ovunque.

Quante sofferenze, quante lacrime! Il grido di pace di interi popoli ha trovato in questa Arca di Noè ascolto, protezione, compagnia, casa, luce, calore. Non ha mai smesso di cercare una soluzione, ben diversa da compiaciute e facili dichiarazioni e commozioni digitali e da spettacolo. Sant’Egidio, consapevole che la soluzione non dipende mai solo dalla nostra decisione e sforzo, non ha smesso di cercarla con tutto sé stessa.

Gli occhi brillano di luce perché asciugo le lacrime di chi soffre, diceva Madre Teresa. La comunità brilla di amore, perché ha pianto con chi è nel pianto, ma ha anche sentito la consolazione dei tanti sorrisi restituiti, anticipo della beatitudine di Gesù che non finirà. La misura non è mai stata quello che si poteva fare, ma quello che serve fare”.

La celebrazione ha quindi abbracciato il mondo: “La bellezza di questa celebrazione, allora, che raduna non solo i così numerosi presenti ma anche le tante comunità sparse nel mondo, dai piccoli e sperduti villaggi nel Nord del Mozambico o del Congo, segnati dalla violenza alle tante comunità in Ucraina e in Russia che nella tempesta della guerra non hanno smesso di aiutare i più deboli, come rassicurare e sfamare gli anziani soli, chi vive per strada o i bambini delle scuole della pace.

Preghiamo per tutti i nostri fratelli e sorelle che sono in situazioni difficili, di rischio o di minoranza. Li ringraziamo per l’esempio di umanità che offrono nelle loro situazioni mostrando la vita cristiana e lo spirito della Comunità”.

E’ un invito a non disperdere la speranza: “Continuiamo tutti a accendere luci di speranza e a mostrare un mondo migliore quando intorno c’è il buio della violenza, della guerra, ma anche quello della solitudine e dell’insignificanza.

Scegliamo tutti di essere operatori di pace, di conservare un cuore umano di agnello anche quando il mondo diventa lupo, crede solo nelle armi e non sa più trovare umanità. Gettiamo semi di un mondo diverso, per iniziare già oggi nel dove siamo il cessate il fuoco, disarmando le mani e le menti e riempiendole di sentimenti e legami di amore”.

E la Comunità di Sant’Egidio accende la speranza di pace: “Le comunità di sant’Egidio li riaccende, li difende, germoglio di pace che continua a fiorire, anticipo della pace che può fare fiorire la vita. Sant’Egidio tutto è un popolo di operai di pace, perché avvicina i cuori, combatte le barriere, abbatte i muri, costruisce luoghi dove ‘Fratelli tutti’ non è solo una visione grande ma la realtà di comportamenti e parole.

E ringrazio di cuore gli sforzi intelligenti e pazienti per tessere la pace, come quelli in Sud Sudan, a volte tanto lunghi, potremmo dire interminabili come lo sono le guerre! Aveva ragione san Giovanni Paolo II, parlando alla comunità: non vi siete posti altri limiti se non la carità. E la carità è infaticabile non perché non prova stanchezza, ma la vince per l’amore stesso”.

Infine ha chiesto di non dimenticare la Parola di Dio: “E’ la Parola di Dio che continua a chiamare e a mandare che ha custodito la Comunità, perché non smette di renderci sensibili a nuovi aspetti di povertà e anche a capire in modo nuovo e più profondo i vecchi. E’ la parola che permette di vivere ogni incontro come anticipo di quello che ritroveremo pieno in cielo. 

La comunità è sempre piccola, siamo sempre il piccolo gregge, minoranza che non smette di generare vita ma è già oggi un popolo largo. Il passare del tempo non ha fatto crescere il sottile scetticismo o meccanismi sclerotizzati.

Ecco la benedizione e la preghiera di questa sera, come quella che per tanto tempo ha accompagnato le preghiere della sera: Signore nostro Dio, che nella confusione e nella solitudine di questo mondo non cessi di radunare con la tua Parola un popolo santo, da ogni terra, città, paese, perché nella carità renda a te un culto gradito, custodisci il gregge che hai radunato, conservalo nel tuo amore, ora e sempre, nei secoli dei secoli”.

Prima della celebrazione eucaristica il presidente della Comunità di Sant’Egidio, prof. Marco Impagliazzo, ha ringraziato i presenti, tra cui molti membri del corpo diplomatico:

“Tale apertura universale ci ha messo in contatto con tante situazioni di dolore e di povertà: oggi sono lieto di salutare tra noi alcuni dei nostri fratelli e sorelle che ci hanno raggiunto dall’Ucraina, e li ringrazio per la loro resistenza e l’impagabile lavoro umanitario che stanno svolgendo in tante città ucraine da ormai un anno. Dopo un anno di guerra ancora più forte si fa la domanda di pace!

Su orizzonti aperti, negli anni, abbiamo incontrato quel grande continente che è l’Africa con le sue ricchezze, le sue speranze e i suoi dolori. L’Africa è nel cuore della Comunità e la sua storia è diventata la nostra.

Siamo convinti che una visione euro-africana dovrebbe sempre più affermarsi tra i due continenti per avere un futuro migliore per tutti. Trent’anni fa proprio qui a Roma, dopo più di due anni di trattative, venne firmata per opera della nostra Comunità la pace per il Mozambico”.

(Foto: Comunità di Sant’Egidio)

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