Dott.ssa Vinai: vicinanza della Chiesa verso chi ha subito l’abuso

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Lo scorso giovedì 17 novembre è stato presentato da parte della Cei il primo report sulla rete territoriale per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili nelle diocesi italiane, curato dai proff. Barbara Barabaschi e Paolo Rizzi, docenti all’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Piacenza, in cui è emerso che “l’età delle presunte vittime segnalate nel biennio 2020-2021 si concentra nella fascia d’età 10-18 anni, in particolare il 37,1% tra coloro che hanno età compresa tra i 15 e i 18 anni e il 31,5% tra chi ha un’età compresa tra i 10 e i 14 anni. In misura decisamente inferiore i casi segnalati relativi a presunte vittime over 18 anni (18,0%) (spesso in questi casi si è

trattato di adulti considerati vulnerabili), e a presunte vittime under 10 anni, nello specifico non è stata registrata alcuna segnalazione per presunte vittime nella fascia d’età 0-5 anni, mentre nella fascia d’età 5-10 anni le segnalazioni rappresentano il 13,5% del totale”.

Il report è parte del percorso di riflessione della Cei, che lo scorso anno ha istituito una Giornata nazionale di preghiera della Chiesa italiana per le vittime e i sopravvissuti agli abusi, per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili, che si celebra il 18 novembre, avvenuta dopo l’approvazione delle linee guida per il contrasto agli abusi e il sostegno delle vittime (giugno 2019).

Partendo da tale contesto alla dott.ssa Emanuela Vinai, coordinatrice del Servizio Nazionale per la tutela dei minori della CEI, chiediamo di spiegarci il motivo per cui la Chiesa ha istituito questa Giornata:

“La decisione della Chiesa che è in Italia di sottolineare con una ricorrenza annuale, il 18 novembre, la necessità di un momento comunitario di riflessione, indica la volontà di ribadire e proseguire il percorso di vicinanza e sostegno alle vittime.

Si chiede perdono al Signore per i peccati commessi anche dagli uomini di Chiesa, ma, allo stesso tempo, la Giornata è occasione di sensibilizzazione, affinché possa crescere la coscienza e la responsabilità del popolo di Dio nei confronti dei minori e dei vulnerabili.

Inoltre, la scelta di celebrare la Giornata di preghiera in corrispondenza di una ricorrenza ‘civile’ quale è la Giornata europea per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, istituita dal Consiglio d’Europa, evidenzia il carattere universale della tutela”.

Come avviene la vicinanza alle vittime?

“Nella Chiesa sta emergendo una rinnovata consapevolezza intorno al dolore di chi è stato ferito da suoi membri e al suo interno. Il tema che ha accompagnato questa seconda edizione, ‘Dal dolore alla consolazione. Il Signore risana i cuori affranti e fascia le loro ferite’ (Sal 147,3)’, vuole accentuare l’esigenza di fornire prossimità, accompagnamento, custodia, cura, prevenzione e formazione a tutte le persone ferite dagli abusi.

La consolazione, come è stato scritto nel documento di presentazione della Giornata, non è solo un atto formale e dovuto, ma è un imperativo per la comunità cristiana: non ci può essere guarigione senza la presa in carico del dolore altrui. In tal senso, come emerge anche dal primo Report sulle attività di tutela nelle Diocesi italiane, presentato lo scorso 17 novembre, la rete attivata sui territori si dimostra strumento di ascolto, accoglienza e sostegno.

Oggi i Servizi per la tutela dei minori sono presenti in tutte le 226 diocesi italiane e sono attivi più di 90 Centri di ascolto. Dal Report emerge che le attività di vicinanza e supporto offerte dai Centri di ascolto nei confronti delle presunte vittime sono numerose.

Nel biennio 2020/2021, infatti, oltre a fornire informazioni e aggiornamento sull’iter della pratica (43,9% dei casi), è stata data la possibilità di incontrare l’Ordinario (24,6% dei casi), di seguire un percorso di sostegno psicoterapeutico (14,0%), o ancora di accompagnamento spirituale (12,3%)”.

Quale è la situazione nella Chiesa italiana? In quale modo la Chiesa italiana sta operando per estirpare questo peccato al suo interno?

“La Chiesa che è in Italia sta agendo su numerosi fronti per prevenire, individuare e debellare ogni tipologia di abuso al suo interno. Il primo segno di svolta viene sicuramente dalle rinnovate Linee guida Cei – Cism del 2019, che hanno posto al centro la cura e la protezione dei più piccoli, dove si legge che si deve ‘dare il giusto e dovuto ascolto alle persone che hanno subito un abuso e trovato il coraggio di denunciare’.

Con l’istituzione del Servizio Nazionale per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili, la cui presidenza è affidata a mons. Lorenzo Ghizzoni, arcivescovo di Ravenna-Cervia, si è dato l’impulso per costruire una rete di Servizi territoriali facilmente accessibili da chiunque.

Allo stesso tempo si è lavorato sulle attività di formazione e informazione, anche in tempo di Covid, con incontri e corsi, con l’elaborazione di Sussidi per l’approfondimento, con la presenza strutturata e organizzata di persone competenti e preparate per costruire percorsi di fiducia e giustizia nell’accoglienza delle vittime.

Infine, la recentissima realizzazione e pubblicazione del Primo Report sulle attività di tutela, effettuato da docenti esperti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – sede di Piacenza, evidenzia la volontà di trasparenza e di attenzione, dando attuazione al cammino delineato dalle linee di azione definite dall’Assemblea generale dei vescovi del maggio scorso.

A questo si aggiunge che la Cei, in accordo con il dicastero per la Dottrina della Fede, sta avviando un’indagine sui 613 fascicoli, relativi ad accuse di abuso a carico di chierici, depositati dalle diocesi italiane presso lo stesso dicastero dal 2000 a oggi”.

Quali sono i provvedimenti verso chi compie l’abuso?

“Sempre dalla rilevazione contenuta nel Report, si evidenzia come ai presunti autori degli abusi vengano proposti percorsi di riparazione, responsabilizzazione e conversione, compresi l’inserimento in ‘comunità di accoglienza specializzata’ (un terzo dei casi rilevati) e percorsi di ‘accompagnamento psicoterapeutico’ (circa un quarto dei casi)”.

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