Tag Archives: Rete

Ad Assisi per testimoniare la pace

Sabato 21 settembre circa 4.000 persone hanno partecipato alla marcia della pace e della fraternità lunga 4 km da Santa Maria degli Angeli ad Assisi per una mobilitazione contro la guerra e contro il riarmo, come ha raccontato Flavio Lotti, presidente della Fondazione PerugiAssisi per la Cultura della Pace:

“Siamo tantissimi. Tante persone che hanno lo sguardo aperto sul mondo invece di rimirare il proprio ombelico e che si rendono conto del pericolo enorme che sta avanzando… E’ una marcia della Pace tra le più importanti che abbiamo mai realizzato perché il momento è davvero drammatico. Siamo qui a suonare l’allarme, siamo qui per richiamare la nostra società ad aprire gli occhi sulla gravità del momento, dei pericoli che incombono, sulla necessità di reagire”.

Ed ha dato un appuntamento al prossimo anno: la marcia è solo un anticipo di quella del prossimo 12 ottobre 2025 che, finanziata dall’Unione Europea. si preannuncia come la più grande PerugiAssisi. Alla preparazione di questa lavoreranno per un anno, tra gli altri, i 40 giovani che hanno sorretto lo striscione di apertura corteo.

Nella Giornata internazionale della pace, e alla vigilia del Summit del Futuro dell’Onu, si è quindi avviato questo percorso lungo un anno, con un titolo: ‘Immagina’: un programma frutto di una collaborazione tra soggetti con ruoli diversi: il Coordinamento nazionale enti locali pace diritti umani, la Rete delle scuole di pace, la Rete delle Università italiane per la pace, la Rete delle cattedre Unesco italiane e la Fondazione PerugiAssisi per la cultura della pace.

A partecipare alla tavola rotonda ci sono anche il presidente delle Acli, Emiliano Manfredonia, quello dell’Arci Walter Massa, Alfio Nicotra dell’Associazione Ong Italiane, Sergio Bassoli di Rete italiana pace e disarmo, Luciano Scalettari presidente di ResQ, il comboniano fratel Antonio Soffientini del comitato promotore Arena di pace e Fondazione Nigrizia, il presidente dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo: “E’ emersa da tutti la forte volontà di fare assieme un nuovo passo avanti nell’impegno contro la guerra, su piattaforme e iniziative comuni. Il momento è particolarmente grave”.

Padre Marco Moroni, custode del Sacro Convento, ha salutato i partecipanti con le parole di san Francesco d’Assisi: “Il Signore vi dia la pace… Il cristiano deve dire ‘prima l’altro’. Perché la pace si fa insieme. E con questi presupposti non si potrà dare spazio all’aumento delle spese per le armi e alla risposta militare, ma solo alla diplomazia e al dialogo”.

Mentre p. Enzo Fortunato, direttore della comunicazione della basilica di San Pietro, ha chiesto ai governanti di mettere al primo posto la pace: “Prima di tutto la pace, ma oggi molti governanti preferiscono prima di tutto la guerra, prima di tutto le armi, prima di tutto la morte. Dinanzi a questa deriva siamo chiamati a partire dalle parole di papa Francesco: una nazione che dona il sorriso ai bambini è una nazione che ha futuro.

Ecco perché oggi più che mai ripartire dai più piccoli, dai più fragili significa costruire una società a misura d’uomo. Dinanzi a momenti bui come quelli che stiamo vivendo accendiamo la lampada della pace di Assisi che può orientare il cammino degli uomini di buona volontà”.

Papa Francesco invita gli indonesiani a prendere il largo

“Santa Teresa di Calcutta, della quale oggi celebriamo la memoria e che instancabilmente si è presa cura dei più poveri e si è fatta promotrice di pace e di dialogo, diceva: ‘Quando non abbiamo nulla da dare, diamogli quel nulla. E ricorda: anche se non dovessi raccogliere niente, non stancarti mai di seminare’. Fratello e sorella, non stancarti mai di seminare, perché questo è vita”: nel ricordo di santa Teresa di Calcutta si è conclusa la celebrazione eucaristica di papa Francesco davanti a 60.000 fedeli, chiudendo la terza giornata del viaggio apostolico.

Quindi è stato un invito a ‘prendere il largo’ per essere costruttori di pace: “Questo, fratelli e sorelle, vorrei dire anche a voi, a questa Nazione, a questo meraviglioso e variegato arcipelago: non stancatevi di prendere il largo, non stancatevi di gettare le reti, non stancatevi di sognare, non stancatevi di sognare e costruire ancora una civiltà della pace! Osate sempre il sogno della fraternità, che è un vero tesoro fra voi. Sulla Parola del Signore vi incoraggio a seminare amore, a percorrere fiduciosi la strada del dialogo, a praticare ancora la vostra bontà e gentilezza col sorriso tipico che vi contraddistingue. Vi hanno detto che voi siete un popolo sorridente? Non perdete il sorriso, per favore, e andate avanti! E siate costruttori di pace. Siate costruttori di speranza!”

Iniziando l’omelia il papa ha spiegato il modo concreto per vivere la fede: “L’incontro con Gesù ci chiama a vivere due atteggiamenti fondamentali, che ci permettono di diventare suoi discepoli. Il primo atteggiamento: ascoltare la Parola; il secondo: vivere la Parola. Prima ascoltare, perché tutto nasce dall’ascolto, dall’aprirsi a Lui, dall’accogliere il dono prezioso della sua amicizia.

Ma poi è importante vivere la Parola ricevuta, per non essere ascoltatori vani che illudono sé stessi; per non rischiare di ascoltare soltanto con le orecchie senza che il seme della Parola scenda nel cuore e cambi il nostro modo di pensare, di sentire, di agire, e questo non è buono. La Parola che ci viene donata e che ascoltiamo chiede di diventare vita, di trasformare la vita, di incarnarsi nella nostra vita”.

Il primo ‘atteggiamento’ di vivere la fede è l’ascolto della Parola di Dio, come racconta l’evangelista Luca: “Cercano Lui, hanno fame e sete della Parola del Signore e la sentono risuonare nelle parole di Gesù. Dunque, questa scena, che si ripete tante volte nel Vangelo, ci dice che il cuore dell’uomo è sempre alla ricerca di una verità capace di sfamare e saziare il suo desiderio di felicità; che non possiamo accontentarci delle sole parole umane, dei criteri di questo mondo, dei giudizi terreni; sempre abbiamo bisogno di una luce che venga dall’alto a illuminare i nostri passi, di un’acqua viva che possa dissetare i deserti dell’anima, di una consolazione che non deluda perché proviene dal cielo e non dalle effimere cose di quaggiù. In mezzo allo stordimento e alla vanità delle parole umane, fratelli e sorelle, c’è bisogno della Parola di Dio, l’unica che è bussola per il nostro cammino, l’unica che tra tante ferite e smarrimenti è in grado di ricondurci al significato autentico della vita”.

Quindi è stato un invito all’ascolto della Parola di Dio: “Fratelli e sorelle, non dimentichiamo questo: il primo compito del discepolo (noi tutti siamo discepoli!) non è quello di indossare l’abito di una religiosità esteriormente perfetta, di fare cose straordinarie o impegnarsi in imprese grandiose. No. Il primo compito, il primo passo, invece, consiste nel sapersi mettere in ascolto dell’unica Parola che salva, quella di Gesù, come possiamo vedere nell’episodio evangelico, quando il Maestro sale sulla barca di Pietro per distanziarsi un po’ dalla riva e così predicare meglio alla gente. La nostra vita di fede inizia quando umilmente accogliamo Gesù sulla barca della nostra esistenza, gli facciamo spazio, ci mettiamo in ascolto della sua Parola e da essa ci facciamo interrogare, scuotere e cambiare”.

Dall’ascolto si passa a vivere la Parola di Dio: “Allo stesso tempo, fratelli e sorelle, la Parola del Signore chiede di incarnarsi concretamente in noi: siamo perciò chiamati a vivere la Parola. Ripetere soltanto la Parola, senza viverla, ci fa diventare come pappagalli: sì, la dico, ma non si capisce, non si vive… La Parola del Signore non può restare una bella idea astratta o suscitare soltanto l’emozione di un momento; essa ci chiede di cambiare il nostro sguardo, di lasciarci trasformare il cuore a immagine di quello di Cristo; la Parola ci chiama a gettare con coraggio le reti del Vangelo in mezzo al mare del mondo, ‘correndo il rischio’, sì, correndo il rischio di vivere l’amore che Lui ci ha insegnato e ha vissuto per primo”.

Inoltre ha precisato che gli ‘ostacoli’ ci sono sempre: “Certo, gli ostacoli e le scuse per dire di no non mancano mai; ma guardiamo ancora all’atteggiamento di Pietro: veniva da una notte difficile, in cui non aveva pescato nulla, era arrabbiato, era stanco, era deluso; eppure, invece di rimanere paralizzato in quel vuoto e bloccato dal proprio fallimento, dice: ‘Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti’. Sulla tua parola getterò le reti. E allora accade l’inaudito, il miracolo di una barca che si riempie di pesci fino quasi ad affondare”.

E’ stato un invito a non rimanere chiusi nei propri fallimenti: “Ma con la stessa umiltà e la stessa fede di Pietro, anche a noi è chiesto di non restare prigionieri dei nostri fallimenti. Questa è una cosa molto brutta, perché i fallimenti ci prendono e noi possiamo diventare prigionieri dei fallimenti. No, per favore: non restiamo prigionieri dei nostri fallimenti; invece di rimanere con lo sguardo fisso sulle nostre reti vuote, guardiamo a Gesù e fidiamoci di Lui. Non guardare le tue reti vuote, guarda Gesù, guarda Gesù! Lui ti farà camminare, Lui ti farà andare bene, fidati di Gesù!”

Prima della celebrazione eucaristica papa Francesco aveva incontrato presso la sede della Conferenza Episcopale Indonesiana gli assistiti delle realtà caritative della Chiesa cattolica: “Voi siete piccole stelle luminose nel cielo di questo arcipelago, le membra più preziose di questa Chiesa, i suoi ‘tesori’, come fin dai primi secoli del cristianesimo insegnava il diacono martire san Lorenzo…

Affrontare insieme le difficoltà, fare tutti del nostro meglio portando ognuno il proprio contributo irripetibile, ci arricchisce e ci aiuta a scoprire giorno per giorno quanto vale il nostro stare insieme, nel mondo, nella Chiesa, in famiglia, come ci ha ricordato Andrew, al quale facciamo anche i complimenti per la sua partecipazione ai Giochi Paralimpici: bravo! Facciamo un bell’applauso ad Andrew. E facciamone uno anche a tutti noi, chiamati a diventare insieme campioni dell’amore nelle grandi olimpiadi della vita. Un applauso a tutti noi!”

L’incontro si è concluso con l’invito ad aiutarsi vicendevolmente: “Ci ricorda, poi, quanto il Signore ci vuole bene, a tutti, al di là di qualsiasi limite e difficoltà. Ciascuno di noi è unico ai suoi occhi, agli occhi del Signore, e Lui non si dimentica mai di noi, mai. Ricordiamolo, per tenere viva la nostra speranza e per impegnarci a nostra volta, senza mai stancarci, a fare della nostra vita un dono per gli altri”.

(Foto: Santa Sede)

Dal Meeting di Rimini una mostra per rivitalizzare i borghi d’Italia

“Porsi questa domanda vuol dire misurarsi con la realtà così come essa si pone, in tutti i suoi aspetti, nessuno escluso. Cogliere questa sfida è quindi prima di tutto un invito a riflettere sul nostro modo di educare e di lasciarci educare. Cerchiamo veramente di scoprire il mondo nei suoi significati più profondi e più fondanti, di scoprire noi stessi e il nostro destino?”

Questa è una tra le domande fondamentali, a cui fino al 25 agosto alla fiera di Rimini sono chiamati a riflettere i partecipanti, provocati dal titolo ‘Se non siamo alla ricerca dell’essenziale, allora cosa cerchiamo?’, grazie anche alla mostra ‘Borghi futuri. Volti e storie di una piccola Italia capace di reinventarsi’, a cura di Riccardo Bonacina, Lucio Brunelli, Luca Fiore, Giuseppe Frangi, promossa da Vita Non Profit:

 “Negli ultimi anni si sta manifestando una nuova attenzione all’Italia dei borghi. E’ un’Italia ‘piccola’ che prende coscienza della propria storia, bellezza e identità e investe su questa ricchezza dimostrando di essere risorsa per il Paese e non residuo di un passato da mettere in vetrina… Si raccontano dieci casi in cui il percorso di rinascita vede protagonisti gli stessi residenti dei piccoli centri. In particolare giovani che non si rassegnano all’emigrazione ma, spinti dalla passione per le proprie radici, provano a costruirsi un avvenire che valorizza la storia, i prodotti e la bellezza dei loro paesi. Borghi che valorizzando se stessi trovano anche un rilancio economico e quindi un’attrattiva per i giovani che vi nascono”.

I borghi raccontati nella mostra sono: Polizzi Generosa (Sicilia), Rocca Calascio (Abruzzo), i comuni Val di Taro e Berceto (Emilia), Ulassai (Sardegna), Roseto Capo Spulico (Calabria), Castelpoto (Campania), Cerveno (Lombardia), i comuni dell’Aniene (Lazio), Greccio (Lazio), Borgo Valsugana (Trentino).

Ad uno dei curatori della mostra, Riccardo Bonacina, fondatore della società editoriale e sito non profit ‘Vita’, a cui chiediamo di spiegarci da dove nasce la mostra: “L’ipotesi di lavoro è stata quella di verificare e raccontare, fuori da ogni romanticismo legato alla bellezza e alle storie spesso affascinanti di tanti dei contesti visitati, la capacità di resilienza e di visione di questi piccoli centri, di alcuni sindaci e gruppi di cittadini. La selezione è stata fatta cercando di coprire il territorio nazionale e andando ad intercettare situazioni marginali rispetto ai grandi flussi turistici: questo spiega l’assenza della Toscana e dell’Umbria, regioni dove i borghi sono contesi dai nuovi ceti ricchi italiani o stranieri e quindi trasformati da dinamiche di gentrificazione.

Le situazioni affrontate invece sono situazioni tutte ancora sulla frontiera: la frontiera tra declino e riscatto, tra isolamento e integrazione, tra identità tramandata e identità da reinventare. Non sono insomma belle storie, ma belle scommesse, tutte affrontate con passione e con slancio, ma ancora scommesse aperte. Non sono borghi da cartolina, dunque. Sono borghi che stanno costruendosi un futuro tra senso di appartenenza e proiezione nella modernità ma che devono fare i conti con tante criticità tipiche di tanti comuni delle aree interne (sono oltre 5.000 su 8.000 i comuni con meno di 5.000 abitanti ed in essi vivono più di 13.000.000 di italiani).

In alcuni casi di contesti più popolati la criticità è quella di garantire i servizi essenziali, a partire da quelli sanitari. In altri l’insufficienza o inefficienza di infrastrutture che rendono condizionante l’isolamento geografico. Ma in cima all’elenco delle criticità c’è il tema della connessione, che è per tutti la vera porta verso il futuro”.

In quale modo la mostra si inserisce nel tema del Meeting, dal titolo ‘Se non siamo alla ricerca dell’essenziale, allora cosa cerchiamo’?

“Nel manifesto di questa edizione del Meeting leggiamo: ‘In un mondo dinamico e tecnologicamente avanzato come il nostro, in cui le distrazioni pervadono le nostre vite, sentiamo forte l’urgenza di scoprire ciò che conta veramente nella vita… Cos’è essenziale per essere umani, per rimanere umani, per diventare sempre più umani di fronte alle atrocità che si presentano sulla scena globale, di fonte alle sfide del cambiamento climatico, di fronte agli sviluppi tecnologici nella scienza, nella medicina, nella vita quotidiana, di fronte ad un mondo sempre più invaso dai dati e dall’informazione e tuttavia sempre meno capace di decifrarli?’

Ecco, in un’antropologia postmoderna che orienta le comunità degli uomini a organizzarsi attorno alle esigenze di una vita liquida, fatta di relazioni umane fragili e frequentemente scomponibili, di rapporti virtuali più significativi e costanti di quelli reali e di prossimità, le piccole comunità possono essere ancora la pietra di scandalo del sistema globale e indicare strade e percorsi da percorrere o ripercorrere”.

In quale modo i borghi possono essere attrattivi?

“I borghi e i piccoli paesi che si trovano spesso a vivere senza paura una condizione di passaggio «tra il non più e il non ancora». Quan- do accade e qualche paese piccolo resiste e continua a vivere reiventandosi, è per merito di giovani istruiti e di gruppi di cittadini organizzati, di amministrazioni attive e con- sapevoli che non voltano le spalle al mondo così com’è adesso. Borghi o non borghi, i paesi possono salvarsi e tornare attrattivi. Non tutti, ma solo così. Cambiare, per restare vivi. Quello che proponiamo nella mostra sono parabole di rinascita dal basso. E’ l’incontro con un’Italia plurale, ricca di diversità, culturali, linguistiche e anche urbanistiche”.

Tra i molti borghi italiani c’è anche il modello ‘Muccia’, nel Maceratese, colpita dal sisma del 2016: in cosa consiste?

“Otto anni sono tanti per una piccola comunità. In otto anni corrono le età di tutti, dagli anziani agli adulti, ai più piccoli. Per chi è nato e cresciuto in un fazzoletto di terra il rischio di sfaldare un’identità è altissimo. Dopo la bomba del terremoto delle Marche del 2016, lo svuotamento dei borghi delle zone colpite dal sisma ha fatto il paio con le lentezze pachidermiche della ricostruzione e con le difficoltà dell’emergenza Covid. In termini concreti vuol dire il lavoro da cercare altrove e un tetto che lontano da qui è più sicuro, con la costante che il terremoto oltre che distruggere le abitazioni disgrega i legami sociali.

Muccia, borgo delle Marche (provincia di Macerata), tra i più colpiti dal sisma è un’eccezione. Ad accendere una speranza, e a farlo prima che fosse troppo tardi, è stata la nuova scuola di istruzione primaria e dell’infanzia ‘Edmondo. De Amicis’, realizzata in 150 giorni grazie ai fondi e alla supervisione di Fondazione Bocelli: 150 giorni, 5 mesi: 

‘Quando Andrea Bocelli Foundation è arrivata a Muccia la situazione del paese e della comunità post sisma era ancora molto grave, spiega Laura Biancalani, direttore generale della fondazione, gran parte della popolazione era sfollata sulla costa adriatica e l’altra parte viveva nei container’. Eppure, riconosce, ‘la comunità che abbiamo trovato era unita e resiliente ed ha accolto la proposta di Abf di rinunciare ai fondi pubblici per la ricostruzione della scuola, per avere una struttura attiva in 150 giorni, una struttura che squarcia la zona rossa tuttora attiva, che ha ripristinato il concetto di piazza con la possibilità di attività comunitarie sia negli spazi antistanti che interni alla scuola’. 

La struttura è stata consegnata al Comune nel 2019, proponendosi come un luogo integrato con la comunità, perché con essa progettata. Il lavoro partecipato sulla scuola, unitamente ad ‘una prospettiva pedagogica innovativa basata su arte, musica e digitale, hanno convinto molte persone a rimanere, sottolinea Biancalani, ed a credere nella ricostruzione in un luogo in cui ancora oggi il centro storico è zona rossa’. La scuola è diventata motore e luogo di feste, festival, summer camp, rianimando tutto il paese”.

Ma i borghi riusciranno a fare ‘rete’?  

“Nella mostra portiamo l’esempio dei comuni della Valle dell’Aniene, un’area dal grande valore naturalistico e storico su cui gravitano ben 31 comuni, che combattono una loro battaglia per trattenere i giovani dall’inevitabile attrazione della metropoli che dista appena 40 chilometri, anche se su quei pochi chilometri pesano le complicazioni di infrastrutture inadeguate e vecchie. La sfida è dunque quella di aprire nuovi percorsi e nuove opportunità. Per questo i Comuni si sono alleati: nel 2022 è stata costituito un ente denominato ‘Vamos’, acronimo che sta per Valle Aniene e Monti Simbruini, al quale hanno aderito 21 comuni e 16 imprese che si sono impegnati intorno a quattro cluster di intervento: turismo outdoor, turismo culturale ed identitario, eventi culturali ed artistici e infine salute, enogastronomia e turismo rurale”.

(Tratto da Aci Stampa)

La presidente di Azione Cattolica di Macerata, Stefania Sagripanti: abbracciare il territorio

A fine maggio Giuseppe Notarstefano è stato confermato presidente nazionale dell’Azione cattolica italiana per il triennio 2024-27, che ha espresso gratitudine per la riconferma nel ricordo dell’incontro svoltosi il 25 aprile scorso con papa Francesco: “In questo cammino ci sia sempre di sostegno l’insegnamento e l’esempio di papa Francesco. E’ vivissimo nel cuore di tutti i ragazzi, i giovani e gli adulti di Ac il ricordo del bellissimo Incontro nazionale dello scorso 25 aprile in piazza san Pietro, che ha visto decine di migliaia di soci e amici dell’Ac cingere in un unico grande abbraccio il Santo Padre. La nostra casa è una casa aperta a tutti; è la casa dell’Evangelii gaudium e della Fratelli tutti”.

Ed ha richiamato la vocazione dell’associazione nella vita sociale: “Mentre muove i primi passi questo nuovo triennio della vita associativa, nel solco di quanto indicato dai lavori della XVIII Assemblea nazionale dell’Ac, l’Associazione vuole essere ancora di più uno spazio di amicizia e di condivisione della vita di tutti. Per promuovere stili e pratiche di vita di cura e per contribuire nella tessitura di alleanze per il bene di tutti, attraverso l’educazione alla responsabilità personale, all’impegno pubblico, al senso delle istituzioni, alla partecipazione, alla democrazia e, mi piace sottolinearlo nell’anniversario della strage di Capaci, alla legalità.

Come amava dire Vittorio Bachelet, l’Azione cattolica vuole aiutare tutti ad amare Dio e gli uomini, vivendo responsabilmente la vita della Chiesa, delle nostre comunità, ricucendo le ferite del vivere, dentro una complessità che non manca mai di rivelare la Speranza”.

Partendo dalle parole del prof. Notarstefano abbiamo incontrato la neo presidente dell’Azione Cattolica della diocesi di Macerata, Stefania Sagripanti, che racconta le giornate ‘romane’:

“Tutto è cominciato la mattina del 25 aprile, quando, insieme a 120 giovani e adulti della nostra diocesi, siamo partiti per l’incontro nazionale ‘A braccia aperte’, in piazza San Pietro, sostenuti dalla preghiera degli altrettanti che ci seguivano da casa.

Una mattinata densa di racconti, testimonianze, musica, insieme a circa altri ottanta mila aderenti all’AC. Preghiera, ricordo dei tanti studenti e lavoratori, laici e religiosi, di AC e FUCI, caduti nella Resistenza contro il fascismo. Sorrisi e, come ci ha ricordato papa Francesco, tanti abbracci”.

Quale ‘stimolo’ è scaturito dall’assemblea?

“Il presidente Notarstefano ci ha stimolato a ‘scegliere la strada, non facile, del pensare e della sana dialettica argomentativa, per cercare e trovare soluzioni altre ed alte. Come cristiani e come aderenti all’Azione Cattolica siamo chiamati a trovare la capacità di affrontare insieme le difficoltà recuperando uno stile contemplativo delle iniziative e una promozione evangelica dell’altro’.

L’adempimento burocratico è stato quello di modificare e approvare, insieme ai centinaia di delegati da tutta Italia, il nuovo documento assembleare, che traccia la linea per i prossimi tre anni. Come ci ha detto il papa, non un adempimento formale, ma un vero e proprio segno come laici cristiani, e come molte volte è stato sottolineato, una scuola di democrazia e di corresponsabilità”.

In quale modo l’Azione Cattolica può abbracciare il territorio?

“Ci siamo sentiti dire che l’Azione Cattolica è la rete che tesse dialoghi nelle parrocchie, nelle diocesi, come cammino sinodale, in ogni realtà. Forse, il messaggio più importante da non dimenticare mai e poi mai è proprio l’abbraccio che salva di cui ci ha parlato papa Francesco. La Parola scelta per questa assemblea nazionale, tratta dagli Atti degli Apostoli, dice così: ‘Sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone. Egli è il Signore di tutti. E noi siamo testimoni di tutte le cose da Lui compiute’.

Torniamo nella nostra diocesi dopo quest’Assemblea con la meraviglia nel cuore per la bellezza di fede testimoniata da tanti laici e sacerdoti incontrati e con il desiderio di poter camminare in questo triennio proprio con questo stile di accoglienza attiva, facendo circolare talenti e competenze e consentendo a tutti di dare il meglio di sé: Coraggio, riprendiamo il largo!”

Pier Giorgio Frassati sarà proclamato santo nel prossimo anno: in quale modo può essere proposto ai giovani?

“Pier Giorgio è stato un giovane ‘come tutti gli altri’, e come tutti i giovani amava la vita; anzi era, come lo definisce un suo amico, ‘una valanga di vita’, di una vitalità prorompente, tanto che era soprannominato ‘Fracassati’, proprio per la sua risata fragorosa che scoppiava all’improvviso nei corridoi del Politecnico, annunciandone l’arrivo, con il suo seguito di goliardia sfrenata.

Pier Giorgio Frassati era un giovane che ‘non voleva vivacchiare ma vivere’! Oggi si direbbe, citando l’espressione di papa Francesco, non voleva essere un ‘giovane-divano’, ma vivere in pienezza la propria esistenza! Vivere in pienezza voleva dire per lui assumersi prima di tutto le proprie responsabilità di cittadino.

Pier Giorgio Frassati ci ricorda che l’amore profondo per Cristo muove verso le altezze, non in un cammino solitario, improvvisato, occasionale, ma comunitario, costante, perseverante con i fratelli, nel rispetto dei diversi passi di ciascuno. Le opere silenziose di Pier Giorgio Frassati sono state semi produttivi in ogni terreno della sua vita e di quella degli altri e la sua testimonianza ha aiutato a moltiplicare azioni volte verso il bene”.

Bando ‘Oratori a sostegno della formazione’: il COR finanzia progetti per reti di oratori a Roma

Dopo la positiva esperienza nel 2021, il Centro Oratori Romani ha recentemente lanciato un nuovo Bando in favore degli oratori di Roma per finanziare progetti di formazione per catechisti, educatori e animatori. Entro il 19 aprile prossimo sarà possibile presentare le domande di partecipazione da parte di reti di oratori (con la presenza minima di 2 comunità coinvolte) tramite il form presente nella pagina dedicata del sito dell’associazione, che da quasi 80 anni promuovere la pastorale oratoriana a Roma seguendo il carisma del fondatore il Venerabile Arnaldo Canepa. Tutti i dettagli sono già disponibili insieme ai modelli da compilare e caricare. (https://www.centrooratoriromani.org/bando-oratori.html).

“Investire sul lavoro di rete avviato nei territori significa anche sostenere, in ogni modo, e supportare il cammino dei catechisti, ha sottolineato il Presidente del COR, Stefano Pichierri. La richiesta spesso è quella di formazione, per affrontare sempre meglio le difficili sfide educative di oggi. Per questo vogliamo fare in modo che non sia l’assenza di risorse a bloccare la ricerca di una formazione di qualità, anche mettendo insieme gli operatori di un territorio e delle parrocchie. Il Cor ci crede e offre questa ottima opportunità per crescere insieme”.

Il Bando ha l’obiettivo di finanziare iniziative formative rivolte agli animatori ed educatori degli oratori della Diocesi di Roma, ma anche di promuovere la cooperazione tra oratori dello stesso territorio con il fine di incoraggiare iniziative in un’ottica di percorso sinodale che ogni comunità è chiamata a compiere uscendo fuori dal proprio contesto di riferimento. La dotazione complessiva del Bando ammonta a € 10.000,00 e trova copertura grazie alle risorse messe in campo dal COR. La quota di finanziamento per i progetti presentati da reti di oratori ammonta al limite massimo di € 2.000,00. L’associazione si riserva di stanziare ulteriori risorse per il finanziamento del Bando stesso.  Ogni oratorio e rete di oratori potrà partecipare ad un solo progetto. I progetti saranno valutati da un’apposita Commissione e quelli che risulteranno idonei e comprensivi della documentazione completa potranno partecipare alla selezione.

Sarà necessario indicare un oratorio capofila che svolgerà la figura di responsabile di tutte le fasi del progetto sia gestionali che di rendicontazione a conclusione. Sono rendicontabili spese inerenti a prestazioni professionali da parte di docenti o formatori. È permesso, inoltre, l’acquisto di materiali didattici, promozionali e accessori purché sia chiaramente indicata nel progetto la specifica correlazione alle attività educative e formative previste. I progetti ammessi al finanziamento dovranno essere presentati dagli oratori in un incontro organizzato dal COR con lo scopo di far conoscere e divulgare le idee progettuali a tutti gli oratori partecipanti al bando e dare evidenza ai risultati raggiunti.

Il Centro Oratori Romani è una associazione di laici fondata nel secondo dopoguerra dal Servo di Dio Arnaldo Canepa. Da quasi 80 anni promuove la pastorale oratoriana della Diocesi di Roma seguendo un proprio metodo originale, investendo sulla formazione degli animatori, in gran parte adolescenti e giovani, e operando nei territori per favorire la crescita degli oratori parrocchiali e la loro messa in rete. Attualmente associa una quarantina di realtà sparse in molti quartieri, soprattutto delle periferie, dove operano qualche centinaio di animatori e catechisti. Il COR collabora attivamente con l’Ufficio di Pastorale Giovanile diocesano e con il Forum degli Oratori Italiani (FOI).

Safer Internet Day: in diminuzione l’età media del primo accesso in rete e il tempo trascorso online

Oggi in occasione della Giornata mondiale per la sicurezza in Rete (Safer Internet Day), istituita e promossa dall’Unione Europea per riflettere sull’uso consapevole degli strumenti tecnologici e sul ruolo attivo che possono avere i giovani utilizzando la rete, l’ong ‘Save the Children’ sottolinea l’urgenza di creare ambienti digitali sicuri per bambine, bambini e adolescenti e di affrontare opportunità e rischi della rivoluzione in atto, evidenziando la necessità di prestare la massima attenzione ai trend di abbassamento dell’età media nell’utilizzo delle tecnologie digitali e all’aumento del tempo medio trascorso on line da parte dei più giovani, soprattutto dopo la pandemia:

Mariella Matera: l’Intelligenza Artificiale apre alla pace

“La Sacra Scrittura attesta che Dio ha donato agli uomini il suo Spirito affinché abbiano ‘saggezza, intelligenza e scienza in ogni genere di lavoro’… La scienza e la tecnologia manifestano in modo particolare tale qualità fondamentalmente relazionale dell’intelligenza umana: sono prodotti straordinari del suo potenziale creativo”.

Papa Francesco invita a promuovere una rete di incontro

Sabato scorso papa Francesco ha ricevuto la delegazione per il conferimento del premio ‘E’ Giornalismo’, mettendo in guardia dai ‘peccati del giornalismo, che riguardano la disinformazione, la calunnia, la diffamazione e la coprofilia, mettendo a rischio la libertà, se manca la speranza:

Mons. Brambilla: la carità è educativa

A fine giugno il vescovo di Novara, mons. Franco Giulio Brambilla, ha presentato nel Santuario di Boca la sua lettera pastorale per l’anno 2023-2024 dal titolo ‘Chi è il mio prossimo? La sapienza della Carità evangelica’, che offre una meditazione sulla parabola del ‘Buon Samaritano’ del Vangelo di Luca per leggere e comprendere, attraverso uno dei racconti più belli del Vangelo, le sfide che si propongono alla comunità cristiana chiamata all’attenzione e alla vicinanza ai poveri e a chi vive le diverse forme di fragilità odierne:

Papa Francesco: nella Chiesa c’è spazio per tutti

Papa Francesco ha concluso la prima giornata portoghese, partecipando nel Mosteiro dos Jerónimos alla recita dei Vespri con vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose, seminaristi e operatori pastorali, salutato da mons. Mons. José Ornelas Carvalho, vescovo di Leiria-Fatima e presidente della Conferenza Episcopale Portoghese:

151.11.48.50