Don Luca De Santis: nella nuova epoca è necessaria la Dottrina Sociale della Chiesa
‘Nella nuova epoca’ è il titolo e ‘Riflessioni post pandemiche su politica, famiglia e Chiesa’ il sottotitolo dell’ultimo libro di don Luca De Santis, assistente pastorale e docente presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e presso la Pontificia Università Lateranense a Roma; ha conseguito il dottorato in Dottrina sociale della Chiesa alla Pontificia Università Lateranense:
“La pandemia non ha inaugurato l’inizio di una nuova epoca, piuttosto ha manifestato, ancor di più, le caratteristiche positive e negative che contraddistinguono questo nostro tempo. Essa ci ha chiusi nei nostri ‘bunker’, ora che ne stiamo venendo fuori, che tipo di mondo troveremo? Ma soprattutto potremmo continuare lo stile di vita precedente?”.
Il libro, effettuando una riflessione sul ‘900, si avvale del pensiero di Martin Heidegger, Romano Guardini e Jacques Ellul, per poi aprire delle piste di riflessione sull’oggi, in particolar modo il mondo universitario dove attualmente don De Santis lavora, la pastorale svolta in parrocchia e l’osservazione politica su cui lo stesso autore ha riflettuto nelle sue precedenti pubblicazioni, tra cui ‘Autonomismo e persona, Federalismo, autonomia e sociologia del soprannaturale nel pensiero di don Luigi Sturzo’ ed ‘Unire le città per unire le Nazioni, Giorgio La Pira l’idea e la funzione di città’.
A lui chiediamo di spiegarci a quale stile di vita saremo chiamati ‘nella nuova epoca’: “Il primo elemento da cui partire consiste nel comprendere maggiormente il pensiero tecnico che ha conformato l’uomo del ‘900 e del nostro contesto attuale.
Molti adulti rimproverano le nuove generazioni di essere attaccate allo smartphone o al mondo del virtuale, dimenticando che coloro che hanno più di quarant’anni erano accusati dalle generazioni adulte di essere schiavi della televisione, così le generazioni ancora più adulte sono quelle che hanno riempito le loro cucine e case di elettrodomestici, caratterizzate dalla passione per i motori, amanti delle trasmissioni via radio…
I prodotti tecnologici non hanno un pensiero diverso l’uno dall’altro, al contrario sono determinati da un’unica logica che è quella tecnica. Il periodo pandemico volge al termine e da molte parti si evoca il ritorno alla normalità, ma dopo quanto vissuto in questi due anni e passa, cosa intendiamo per normalità? Il fatto che le scuole prima erano vuote e ora le possiamo riempire? Che cosa possiamo uscire da casa senza mascherina?
Vi sono degli aspetti che non vengono ancora analizzati, il fatto ad esempio che i nostri ragazzi in questo tempo non sono stati insieme, non hanno fatto le cose proprie della loro età (vivere l’amicizia, abbracciarsi, giocare), va loro garantito un accompagnamento al ritorno in società che non può essere solo tecnico.
Qual è il ritorno alla normalità per gli anziani che sono stati isolati nelle RSA? Per chi ha vissuto la malattia da solo in ospedale? Per chi non ha potuto piangere sul corpo del proprio caro deceduto? Cosa comporterà un colpo di tosse alle mie spalle mentre sono in coda al supermercato? Cosa uno starnuto in un mezzo pubblico?
Dal punto di vista tecnico è stata data una risposta che è il vaccino, ma la tecnica non può rispondere al mistero che è l’uomo, non c’è nessuna applicazione in grado di fare questo.
Non va poi dimenticato che si è legiferato per la prima volta nella storia, sulle libertà personali della persona: siamo stati chiusi in casa, ci è stato detto quanto potevamo camminare e come vestirci, cose giustissime per affrontare una pandemia, ma da questo punto di vista abbiamo scoperto un vuoto normativo che deve essere colmato, per evitare che decisioni del genere siano imposte per cose meno importanti o arbitrarie”.
Quale ‘identità’ si dovrà recuperare per vivere nella città?
Quando un uomo non ha chiara la propria identità è facilmente manovrabile. Una caratteristica del pensiero tecnico è quella di spingerci verso l’individualismo: i luoghi di aggregazione dalle piazze al cinema si svuotano sempre di più. Tale condizione influisce sull’annullamento della memoria, che va dal non ricordare più i numeri di telefono, sino alla cancellazione degli eventi passati o delle parole dei saggi, come la poesia.
Fare memoria significa essere ben consapevole di chi sono io e fondamentalmente è questo che mi garantisce il non identificarmi con il prodotto tecnologico (da questo punto di vista immaginiamo cosa sarà il metaverso). La memoria è un bagaglio di principi, di virtù, di pensiero che sta alle mie spalle e da cui io sono emerso, la città fondamentalmente è questo.
Dal punto di vista politico si insiste sulle radici ebraico-cristiane dell’Europa, ma ancora oggi l’Unione Europea non ha una costituzione, è priva della sua identità…
Il mondo delle associazioni o dei corpi intermedi sono di profondo aiuto sia alla politica che alla persona nell’aiutare a comprendere il proprio territorio, le problematiche reali ivi presenti, ad avere insomma una chiara identità del luogo in cui si svolge la nostra esistenza”.
La Dottrina Sociale della Chiesa potrà essere un punto di riferimento ‘nella nuova epoca’?
“Anche i cristiani sono figli della loro epoca, la Dottrina Sociale della Chiesa può essere un grande antidoto per comprendere bene quest’epoca, aiutando soprattutto la Chiesa a dialogare maggiormente con gli uomini del nostro tempo tramite i principi e il metodo che sono propri di questa materia”.