Papa Francesco invita ad ascoltare Dio

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Ieri papa Francesco ha concelebrato una messa nella chiesa del Gesù in occasione del l IV centenario della Canonizzazione dei Santi Isidoro l’Agricoltore, Ignazio di Loyola, Francesco Saverio, Teresa di Gesù e Filippo Neri, analizzando i tre verbi usati nel vangelo lucano per descrivere la Trasfigurazione.

Il primo verbo commentato dal papa è ‘prendere su sé’: “E’ Lui che prende i discepoli, ed è Lui che ci ha presi accanto a sé: ci ha amati, scelti e chiamati. All’inizio c’è il mistero di una grazia, di un’elezione. Non siamo stati anzitutto noi a prendere una decisione, ma è stato Lui a chiamarci, senza meriti nostri. Prima di essere quelli che hanno fatto della vita un dono, siamo coloro che hanno ricevuto un dono gratuito: il dono della gratuità dell’amore di Dio”.

Quello del papa è un invito a camminare nella Grazia, che Gesù offre: “Ci ha presi per mano. Per portarci dove? Al suo monte santo, dove già ora ci vede per sempre con Lui, trasfigurati dal suo amore. Lì ci conduce la grazia, questa grazia primaria, primigenia.

Allora, quando proviamo amarezze e delusioni, quando ci sentiamo sminuiti o incompresi, non perdiamoci in rimpianti e nostalgie. Sono tentazioni che paralizzano il cammino, sentieri che non portano da nessuna parte. Prendiamo invece in mano la nostra vita a partire dalla grazia, dalla chiamata. E accogliamo il regalo di vivere ogni giorno come un tratto di strada verso la meta”.

La ‘presa’ di Gesù significa essere parte della Chiesa, senza essere clericali: “Per ripartire ogni giorno, oltre al mistero della nostra elezione, occorre far rivivere la grazia di essere stati presi nella Chiesa, nostra santa Madre gerarchica, e per la Chiesa, nostra sposa. Siamo di Gesù, e lo siamo come Compagnia.

Non stanchiamoci di chiedere la forza di costruire e custodire la comunione, di essere lievito di fraternità per la Chiesa e per il mondo. Non siamo solisti in cerca di ascolto, ma fratelli disposti in coro. Sentiamo con la Chiesa, respingiamo la tentazione di inseguire successi personali e di fare cordate. Non lasciamoci risucchiare dal clericalismo che irrigidisce e dalle ideologie che dividono”.

Il secondo verbo è ‘salire’: “La strada di Gesù non è in discesa, è un’ascesa. La luce della trasfigurazione non arriva in pianura, ma dopo un cammino faticoso. Per seguire Gesù bisogna dunque lasciare le pianure della mediocrità e le discese della comodità; bisogna lasciare le proprie abitudini rassicuranti per compiere un movimento di esodo…

Questa è la strada: dalla croce alla gloria. La tentazione mondana è ricercare la gloria senza passare dalla croce. Noi vorremmo vie note, diritte e spianate, ma per trovare la luce di Gesù occorre continuamente uscire da sé stessi e salire dietro di Lui. Il Signore che, come abbiamo ascoltato, dall’inizio ‘condusse fuori’ Abramo, invita anche noi a uscire e salire”.

Papa Francesco ha messo in guardia dal ‘sentirsi prescelti’: “Il rischio è quello di ritenersi discepoli ‘per bene’, che in realtà non seguono Gesù ma restano fermi, passivi e, come i tre del Vangelo, senza accorgersi si assopiscono e dormono…

Un dramma del nostro tempo è chiudere gli occhi sulla realtà e girarsi dall’altra parte. Santa Teresa ci aiuti a uscire da noi stessi e a salire sul monte con Gesù, per accorgerci che Lui si rivela anche attraverso le piaghe dei fratelli, le fatiche dell’umanità, i segni dei tempi. Non avere paura di toccare le piaghe: sono le piaghe del Signore”.

Il terzo verbo riguarda la preghiera: “La trasfigurazione nasce dalla preghiera. Chiediamoci, magari dopo tanti anni di ministero, che cos’è oggi per noi, che cos’è oggi per me, pregare. Forse la forza dell’abitudine e una certa ritualità ci hanno portati a credere che la preghiera non trasformi l’uomo e la storia. Invece pregare è trasformare la realtà. E’ una missione attiva, un’intercessione continua. Non è distanza dal mondo, ma cambiamento del mondo”.

Il papa ha ricordato l’essenzialità del Vangelo, cioè ascoltare Dio: “Il Vangelo termina riportandoci all’essenziale. Siamo spesso tentati, nella Chiesa e nel mondo, nella spiritualità come nella società, di far diventare primari tanti bisogni secondari.

E’ una tentazione di ogni giorno far diventare primari tanti bisogni secondari. Rischiamo, in altre parole, di concentrarci su usi, abitudini e tradizioni che fissano il cuore su ciò che passa e fanno dimenticare quel che resta. Quanto è importante lavorare sul cuore, perché sappia distinguere ciò che è secondo Dio, e rimane, da quello che è secondo il mondo, e passa!”

(Foto: Santa Sede)

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