Mons. Nosiglia ai giovani: la felicità è in Gesù
“La spiritualità salesiana è forte e regge l’urto del tempo perché saldamente connessa a due figure uniche nella storia provvidenziale della Chiesa: San Francesco di Sales e San Giovanni Bosco… Un giorno Don Bosco disse a un gruppo di ragazzi che erano cresciuti con lui: ‘Ci chiameremo Salesiani’. E così iniziò questa affascinante ‘avventura nello Spirito’ che avrebbe dato origine al grande albero che oggi è la Famiglia Salesiana di don Bosco, che ha le sue radici e trae nutrimento dalla spiritualità di Francesco di Sales, letta e praticata con la sensibilità di un altro gigante, Don Bosco”: così ha scritto nelle lettera di inizio anno il Rettor Maggiore dei salesiani.
Mentre nella festa di don Bosco l’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, celebrando l’eucarestia nella basilica di Maria Ausiliatrice, ha sottolineato la sua azione educativa, come fece Gesù con il giovane ricco: “Gesù non illude nessuno, non vuole catturare l’adesione di alcuno e non promette niente di facile.
Chiede il coraggio di scegliere non la via larga e comoda di tutti, ma quella stretta e faticosa che solo pochi percorrono. ‘Se vuoi essere felice, va’, vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi’.
Felicità e rinuncia a ciò che ti apre tutte le porte, come sono i soldi e i beni materiali, come possono andare d’accordo? L’una scaccia l’altra. Molti la pensano così e vedono nella scelta cristiana una serie di ‘no’ a quanto di bello e desiderabile sentono in cuore e vogliono perseguire nella vita”.
Gesù indica la via al giovane: “La parola di Gesù e il suo stile di vita non sono un invito a dire una serie di ‘no’, ma indicano la vera via del ‘sì’, che può realizzare in pienezza anche i sogni impossibili e ritenuti umanamente irraggiungibili. Non tutti i giovani hanno il coraggio di puntare così in alto; ma credo che la voglia ci sia e non venga mai meno, malgrado il peso di quei bagagli inutili che ci portiamo appresso e che impediscono di correre speditamente o di salire con meno fatica la vetta della felicità”.
Però ci sono due condizioni: “Gesù indica al giovane due condizioni per raggiungere quest’obiettivo: l’amore ai poveri, ossia la condivisione con loro di quanto si possiede; la sua sequela, e quindi il vivere come lui è vissuto, uomo povero ma libero e portatore di gioia e di vita per tutti.
E’ infatti il dono di se stessi che diventa fonte di gioia, perché, come testimonia Gesù: ‘C’è più gioia nel dare che ne ricevere’. Questo invito è accompagnato da uno sguardo di amore di Gesù nei confronti del giovane di cui ci parla il vangelo di oggi, un giovane buono e disponibile, ma timoroso di perdere le sicurezze della sua vita. Egli però non accetta. Era venuto pieno di entusiasmo e di gioia e se ne va triste”.
Questo invito di Gesù deve essere accolto anche dalla Chiesa senza pregiudizi: “Bisogna partire dal fatto che i giovani hanno bisogno della Chiesa e questa ha bisogno dei giovani. L’estraneità e l’indifferenza reciproche non giovano a nessuno e lasciano nel cuore dei giovani dei vuoti enormi, che nessun’altra realtà umana, sociale o religiosa può colmare. Ma lasciano anche, nel cuore della Chiesa, un ampio posto vuoto, che impedisce di rinnovarsi e di puntare al futuro con coraggio e speranza”.
La spinta può venire dal Sinodo: “Il Sinodo in corso, che investe anche i giovani delle nostre comunità, li stimola a partecipare attivamente a questa impresa, operando anzitutto nelle parrocchie, nelle associazioni e movimenti, nei gruppi e realtà ecclesiali.
C’è bisogno di lievito nuovo, che solo i giovani sono in grado di portare nel tessuto degli ambienti e delle situazioni di vita delle comunità. Più che mai oggi i giovani, sotto la spinta di papa Francesco, sono chiamati ad essere responsabili di una Chiesa, che intende essere casa e scuola di comunione per tutti”.
Quello dell’arcivescovo è un invito ai giovani di raccontare la loro esperienza cristiana: “Abbiate il coraggio di raccontare con gioia ed entusiasmo ai vostri coetanei l’esperienza cristiana che state facendo, invitandoli a sperimentare l’amicizia in un gruppo alternativo ai tanti che frequentano; un gruppo dove non ci si accontenta di stare insieme per parlare, discutere o organizzare feste, gite e iniziative, ma dove si impara anche a pregare insieme, ad accostare la Bibbia, a celebrare l’Eucaristia, a servire con amore e solidarietà i piccoli, i poveri e sofferenti; un gruppo dove è possibile anche oggi fare esperienza di incontro con Gesù, nella sua comunità”.
Ed infine un invito a non mancare all’incontro dei giovani europei a luglio: “Cari amici, l’incontro con i Frères di Taizé ci ha aiutato e ci aiuterà, quando lo vivremo in modo completo nel luglio prossimo, a sperimentare tutto ciò. Risuoni dunque nel vostro animo questo invito del Signore: ‘Seguimi!’ Egli vuole avere bisogno di ciascuno di voi, cari giovani.
Vi inquieta nei modi e nelle forme più diverse, affinché abbiate il coraggio di dare una risposta, staccandovi dalle molte cose morte che impediscono di rischiare sulla sua Parola, anche quando appare troppo alta e impegnativa, come sono le vocazioni al sacerdozio o alla vita consacrata o al matrimonio. Don Bosco vi aiuti a credere in voi stessi e a puntare in alto nella vostra vita, verso i traguardi inesplorati delle vette della fede e dell’amore”.