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Chiamati alla vera felicità: abbracciare il sogno di Dio con Maria Assunta in Cielo
L’ultima giornata del Sinodo Salesiano dei Giovani, commemorativa della Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, a Torino si è aperta con una celebrazione eucaristica nella basilica inferiore del Colle Don Bosco, presieduta dal Rettor Maggiore, il card. Ángel Fernández Artime e concelebrata da numerosi salesiani provenienti da tutto il mondo. Aggiungendo un tocco speciale alla liturgia, i partecipanti provenienti dall’India hanno cantato inni durante la messa, in splendida coincidenza con il giorno dell’Indipendenza dell’India.
Nella sua omelia, don Jose Lorbeth ha riflettuto sulla ricerca universale della felicità, una ricerca che spesso porta le persone a ricercare la realizzazione nella ricchezza materiale e nel successo personale. Tuttavia, ha sottolineato che solo in Dio si trova la vera felicità: una verità vividamente esemplificata dalla festa dell’Assunzione. Nel celebrare l’Assunzione di Maria al Cielo, è ricordato che la felicità ultima ci attende alla presenza divina, dove siamo chiamati a essere pienamente uniti a Dio per l’eternità.
Il messaggio di don Lorbeth invitava i giovani a contemplare la natura della felicità e a considerare fugace la soddisfazione che spesso portano i risultati mondani. Ha condiviso una sorprendente analogia con le Olimpiadi, dove le medaglie di bronzo sono risultate essere le più felici tra i vincitori, non perché avevano raggiunto l’apice del successo, ma perché erano contenti di ciò che avevano ottenuto. Al contrario, le medaglie d’argento, che erano arrivate così vicine alla vittoria dell’oro, spesso lasciavano un senso di insoddisfazione.
La testimonianza di un delegato durante il Sinodo ha ulteriormente illustrato questo punto. Il giovane atleta ha raccontato come la sua ricerca iniziale dell’eccellenza sportiva, guidata dalle aspettative del padre, abbia portato felicità. Tuttavia, fu il loro coinvolgimento nelle attività della chiesa e nel servizio ai compagni giovani a portarli a una realizzazione più profonda e, con loro sorpresa, il padre si rallegrò ancora di più di questa ritrovata dedizione spirituale. Questa storia sottolinea che la vera felicità deriva dall’allineare la propria vita al sogno di Dio, proprio come fece Maria.
L’Assunzione di Maria al Cielo è una potente testimonianza della gioia e della realizzazione che derivano da una vita interamente dedicata a Dio. La vita di Maria è stata un continuo ‘sì’ alla volontà di Dio, una scelta fatta anche di fronte alle difficoltà e all’incertezza. La sua Assunzione, in corpo e anima, al Cielo è un privilegio concessole grazie alla sua fede incrollabile e al completo abbandono al piano di Dio. Ricorda a tutti noi che il paradiso è la ricompensa per coloro che scelgono Dio come fonte ultima di felicità.
Nel pomeriggio il card. Ángel Fernández Artime, Rettor Maggiore, ha dialogato con i giovani delegati di tutto il mondo, offrendo saggezza e orientamento, radicati nella sua proprie esperienze di vita. Sei delegati, in rappresentanza di diverse regioni del mondo, si sono uniti al card. Ángel Fernández Artime sul palco, leggendo domande attentamente selezionate in anticipo.
Nelle sue risposte, il cardinale ha parlato con trasporto dell’importanza di allineare la propria vita alla volontà di Dio. Ha ricordato ai giovani delegati che la vita è intrinsecamente impegnativa, ma con la presenza di Dio queste sfide possono essere affrontate con gioia e resilienza. Ha esortato i partecipanti a non lasciare il Sinodo senza porsi la domanda vitale: ‘Dio, qual è il tuo sogno per me?’ Cedendo il controllo a Dio, ha assicurato loro, si viene condotti a esperienze e luoghi oltre l’immaginazione.
Ai giovani il card. Artime ha dato un consiglio essenziale: ‘Non potete dare ciò che non avete’. Ha sottolineato la necessità di centrare la propria vita in Cristo affinché possano veramente offrirlo ai giovani che servono. Le opere salesiane devono portare a profonde esperienze di vita che avvicinino i giovani a Cristo. Ha avvertito con forza che qualsiasi opera salesiana che provoca burnout dovrebbe essere riconsiderata o addirittura chiusa: “Il cuore della pastorale salesiana è offrire incontri vivificanti che nutrono sia coloro che servono, sia i serviti”.
Citando san Giovanni Paolo II, ha esortato i delegati ad abbracciare il coraggio e la fiducia in Dio, anche nei momenti di paura. Ha riconosciuto che la paura è una parte naturale della vita, ma è anche un’opportunità per crescere e approfondire la propria fiducia in Dio. Interrogato sul suo timore più grande per la Congregazione Salesiana, il cardinale ha candidamente espresso che sarebbe molto preoccupato se i Salesiani di Don Bosco e le Figlie di Maria Ausiliatrice si allontanassero mai dall’identità carismatica che a loro ha affidato san Giovanni Bosco:
“Un salesiano consacrato dovrebbe poter affermare quotidianamente che la sua vita è interamente dedicata ai giovani. Anche in età avanzata, quando la partecipazione fisica alla missione può venir meno, il loro cuore deve restare colmo di amore per i giovani”.
Nelle sue ultime parole, il Card. Ángel Fernández Artimel ha ricordato ai giovani delegati l’immenso privilegio che hanno nel far parte di questo storico Sinodo: “Tra i 2.000.000 di giovani impegnati nelle opere salesiane nel mondo, sono stati scelti proprio loro per rappresentarli in questo significativo incontro”.
Mentre nella celebrazione eucaristica di apertura del Sinodo dei giovani il Rettor Maggiore ha sottolineato che lo scopo del Sinodo va ben oltre i giochi e i canti: “Questo incontro è un’opportunità unica per lavorare insieme, ascoltarsi reciprocamente con grande attenzione e impegnarsi in un dialogo significativo sui sogni e le aspirazioni dei giovani di oggi”.
Durante l’omelia, il Rettor Maggiore ha richiamato l’attenzione sul potente messaggio della prima lettura, in cui un angelo parla al profeta Elia, esortandolo ad ‘alzarsi e mangiare’ (1Re 19:5) mentre affronta una disperazione schiacciante per incoraggiare i giovani a non arrendersi di fronte alle sfide. Ha ricordato loro che Dio chiama ogni persona a compiere una missione unica, ed è solo Dio che segnalerà quando la missione è completa.
Riflettendo sulla propria esperienza di salesiano, il Rettor Maggiore ha condiviso un’osservazione. Ha parlato di come le persone spesso si chiedano se sia possibile vivere senza Dio. Ha riconosciuto che, sebbene sia possibile, una vita del genere non è appagante. L’ha paragonata alla perdita dell’amore di una madre: chi ha conosciuto l’amore di una madre non potrà mai sentirsi veramente completo senza di esso, mentre chi non ha mai conosciuto tale amore non può comprendere appieno ciò che gli manca.
Il Sinodo Salesiano dei Giovani è coinciso con il bicentenario del ‘Sogno dei nove anni’ di don Bosco, un momento cruciale che avrebbe ispirato il carisma salesiano. Nel suo caloroso benvenuto, don Jose Lorbeth Vivo, coordinatore dell’evento, ha sottolineato che questo sogno è la ragione stessa per cui i convenuti si sono riuniti a Valdocco: una potente testimonianza dell’influenza duratura dei sogni quando si allineano alla volontà di Dio.
Don Vivo ha sottolineato il significato simbolico del logo del Sinodo, spiegando che l’evento è concepito come un’esperienza coinvolgente di preghiera, comunità, riflessione e dialogo: “Il sinodo onora sia il sogno del giovane Giovanni Bosco, sia le aspirazioni della gioventù salesiana di oggi. Incarna lo spirito salesiano della sinodalità, unendo i giovani sotto il manto protettivo di Maria, simboleggiato dal colore blu nel logo. Questa immagine riflette il loro cammino di discernimento e di preghiera, guidandoli verso Cristo, il Buon Pastore”.
Il tema ‘Guardare il sogno’ ha guidato i partecipanti nelle loro riflessioni, ricordando loro che sono parte di un sogno più grande e divino: “Un sogno che è iniziato ai nove anni di vita di Giovanni Bosco e continua a ispirare milioni di persone in tutto il mondo. Il Sinodo dei Giovani Salesiani 2024 è più di un evento: è un movimento, una celebrazione e una testimonianza del potere dei sogni allineati con la visione di Dio”.
(Foto: Ans)
Don Bosco in terra d’Islam
‘Ah ecco… una casa che accoglie, una scuola che educa, una parrocchia che evangelizza, un cortile che coltiva amicizia!’ Sono i quattro pilastri del carisma salesiano. Ve li enumera con fare entusiasta padre Alex, salesiano spagnolo, settantenne con l’energia di un ventenne. Il suo sorriso deciso sembra ricordarvi la massima di don Bosco: ‘La gioia è la più bella creatura uscita dalle mani di Dio. Dopo l’amore’. Padre Alex convinto vi aggiunge subito: ‘Tutti e quattro i pilastri si trovano qui, a Kenitra!’
Il Rettor maggiore dei salesiani invita ad essere lievito
‘Don Bosco 2000’: non accaniamoci contro chi salva vite
‘Adesso basta’: è questo il grido d’allarme dell’associazione ‘Don Bosco 2000’, che si ispira al sistema preventivo ed educativo pastorale di don Bosco, sulla vicenda delle Ong che da settimane ormai è protagonista del dibattito politico italiano. L’associazione, attraverso le parole del suo presidente arch. Agostino Sella, ha definito assurdo il dibattito sviluppato in questi mesi sulla necessità di salvare vite nel mar Mediterraneo:
Perugia ricorda 100 anni di presenza salesiana
Don Ivan Maffeis è il nuovo arcivescovo metropolita di Perugia-Città della Pieve e succede al card. Gualtiero Bassetti, diventando il 13^ pastore di questa Chiesa particolare da quando, nel 1882, la diocesi è stata elevata ad arcidiocesi per volere di papa Leone XIII, vescovo di Perugia per 34 anni.
L’impegno dei salesiani in Ucraina con le Missioni Don Bosco
Il salesiano don Daniel Antúnez, presidente delle ‘Missioni Don Bosco’, è rientrato nella scorsa settimana in Italia da un viaggio che l’ha portato a incontrare i salesiani di Slovacchia, Polonia e Ucraina (a Leopoli) e si sta occupando dell’accoglienza a Valdocco di un gruppo di 39 profughi: “Noi vogliamo essere militanti per la pace. Se il papa sarà in condizione di andare di persona, io e tanti altri siamo pronti ad accompagnarlo”.
Mons. Nosiglia ai giovani: la felicità è in Gesù
“La spiritualità salesiana è forte e regge l’urto del tempo perché saldamente connessa a due figure uniche nella storia provvidenziale della Chiesa: San Francesco di Sales e San Giovanni Bosco… Un giorno Don Bosco disse a un gruppo di ragazzi che erano cresciuti con lui: ‘Ci chiameremo Salesiani’. E così iniziò questa affascinante ‘avventura nello Spirito’ che avrebbe dato origine al grande albero che oggi è la Famiglia Salesiana di don Bosco, che ha le sue radici e trae nutrimento dalla spiritualità di Francesco di Sales, letta e praticata con la sensibilità di un altro gigante, Don Bosco”: così ha scritto nelle lettera di inizio anno il Rettor Maggiore dei salesiani.
San Giovanni Bosco e san Francesco di Sales: due santi per i giovani
“Alla vigilia della festa di san Giovanni Bosco, vorrei salutare i salesiani e le salesiane, che tanto bene fanno nella Chiesa. Ho seguito la Messa celebrata nel santuario di Maria Ausiliatrice dal Rettore maggiore Ángel Fernández Artime, ho pregato con lui per tutti. Pensiamo a questo grande Santo, padre e maestro della gioventù. Non si è chiuso in sagrestia, non si è chiuso nelle sue cose. E’ uscito sulla strada a cercare i giovani, con quella creatività che è stata la sua caratteristica. Tanti auguri a tutti i salesiani e le salesiane!”.
Al termine dell’Angelus di ieri papa Francesco ha ricordato l’opera educativa di san Giovanni Bosco, perché viveva un’esperienza di presenza tra i giovani che incontrava: “La presenza amorevole, profonda e reale di don Bosco gli dava un’enorme credibilità rispetto a ciò che credeva, sognava e voleva realizzare. Il suo amore affettivo e attivo gli dava un’immensa attendibilità e autorità”, come ha sottolineato don Gildasio Mendes, consigliere generale per la Comunicazione Sociale.
Mentre nella Strenna per quest’anno, intitolata ‘Sulle spalle di due giganti’, il Rettore maggiore dei Salesiani ha evidenziato l’amore spirituale di don Bosco per san Francesco di Sales: “Per questo parlo di due giganti che ‘reggono’ il carisma salesiano, perché entrambi sono un grande dono nella Chiesa, e perché don Bosco ha saputo tradurre la forza spirituale di Francesco di Sales come nessun altro nell’educazione ed evangelizzazione quotidiana dei suoi ragazzi e, grazie alla sua famiglia, tenerla viva nella Chiesa e nel mondo di oggi”.
Sono diventati santi grazie anche all’educazione materna: “Francesco di Sales e Giovanni Bosco hanno molte cose in comune, fin dalla culla. Francesco di Sales è nato sotto il cielo savoiardo che corona le valli attraversate da torrenti che nascono dalle cime più alte delle Alpi. Come non pensare che anche Giovanni Bosco era savoiardo. Non nato in un castello, ma con lo stesso dono di Francesco: una mamma dolcemente piena di fede.
Françoise de Boisy, era giovanissima quando attendeva il suo primo figlio e, ad Annecy, davanti alla Sacra Sindone, che gli parlava della passione del Figlio benedetto di Dio, commossa, fece una promessa: quel bambino doveva appartenere a Gesù per sempre.
Un giorno Mamma Margherita dirà al suo Giovanni: ‘Quando sei venuto al mondo, ti ho consacrato alla Beata Vergine’. Davanti alla stessa Sindone, si inginocchierà anche don Bosco a Torino. Le madri cristiane generano santi. In un castello, come Francesco, o in una malandata casa di campagna, come Giovanni”.
Per il rettore maggiore è opera di Dio il grande cuore di questi due santi: “E su Francesco e su Giovanni il buon Dio vegliava. E a tutti e due donò un cuore grande. Francesco studiò a Parigi e a Padova, nelle più celebri università del mondo. Giovanni studiava a lume di candela nella nicchia di un’osteria. Ma lo Spirito non è fermato dalle piccole cose umane.
I due erano destinati ad incontrarsi. L’acqua dei torrenti di Savoia, come lo spirito che maturerà Francesco di Sales, arriverà a Torino e poi in tutto il mondo. Dopo 400 anni la proposta di vita cristiana, il metodo di accompagnamento spirituale e la visione umanista della relazione dell’essere umano con Dio di san Francesco di Sales sono ancora vivi e attuali. E don Bosco, come nessun altro, ha saputo interpretarli”.
E quest’anno offre 12 mesi di ‘grazia’: “Come augurio per il nuovo anno vi invito ad assaporare quella freschezza profondamente umana e spirituale che scorre come un grande fiume nella spiritualità salesiana che da Francesco di Sales arriva a don Bosco. E questo fiume porta in sé una grande forza che troviamo in questi pensieri ‘salesiani’ che vengono dal cuore stesso di San Francesco e che Don Bosco fece suoi nella sua vita con i suoi giovani”.
Ed ha scelto dodici pensieri per far riflettere i giovani, invitandoli a pregare: “Sia Francesco di Sales che don Bosco fanno della vita quotidiana un’espressione dell’amore di Dio, che viene ricevuto e anche ricambiato. I nostri santi hanno voluto avvicinare la relazione con Dio alla vita e la vita alla relazione con Dio…
E’ bene trovare dei momenti per ritirarsi nel proprio cuore, lontano dal trambusto e dall’attivismo, e avere una conversazione cuore a cuore con Dio. In Maria vediamo ciò che Dio è pronto a fare con il suo amore, quando trova cuori disponibili come quello della giovane di Nazareth. Svuotandosi, riceve la pienezza di Dio. Rimanendo disponibile a Dio, Egli compie in lei grandi cose”.
‘Un Padre, una famiglia’: un libro racconta l’impegno dei Salesiani contro il covid-19
Nella festa di don Bosco era stato pubblicato in inglese ‘Un padre, una famiglia’ (a breve anche in italiano) dal Rettor maggiore dei salesiani, don Ángel Fernández Artime, libro che raccoglie fotografie e testi che raccontano il grande lavoro svolto dalla Famiglia Salesiana di tutto il mondo, in risposta alla pandemia di coronavirus:
I Salesiani sono mossi dalla Speranza
“La risposta del Signore è un modello di proposta di vita e di proposta vocazionale: ‘Venite e vedete’. E così i due discepoli sono andati e sono rimasti con Lui, inizialmente per un giorno e poi per tutta la vita. Gesù ha dato un senso alla loro vita. Tutto ciò è molto bello: Gesù ha dato pienezza alla loro vita, riempiendola di significato. Che cosa ha detto loro? Che cosa li ha resi entusiasti della persona di Gesù? Che cosa hanno visto? Non saprei dare una risposta. Tuttavia, penso che Gesù abbia soddisfatto la loro sete di significato, la loro ricerca”.