Il papa invita ad appassionarsi del malato

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Papa Francesco ieri ha celebrato una messa in occasione del 60° della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore davanti ad oltre 2.000 tra docenti, studenti, personale amministrativo, medici e operatori sanitari della sede di Roma della Cattolica e della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, nonché numerosi degenti dell’ospedale, riuniti nel piazzale antistante la facoltà di Medicina e chirurgia, istituita il 5 novembre 1961, a completamento del progetto di p. Agostino Gemelli di dar vita a un’università che mettesse la persona umana al centro di ogni attività di ricerca e di formazione.

Il papa nell’omelia ha ringraziato per le cure ricevute e raccomandando la compassione per il malato, dopo aver sottolineato la misericordia del Sacro Cuore attraverso tre parole (ricordo, passione e conforto):

“Ri-cordare significa ‘ritornare al cuore, ritornare con il cuore’. Ri-cordare. A che cosa ci fa ritornare il Cuore di Gesù? A quanto ha fatto per noi: il Cuore di Cristo ci mostra Gesù che si offre: è il compendio della sua misericordia”.

Fare memoria di Gesù commuove: “Nella fretta di oggi, tra mille corse e continui affanni, stiamo perdendo la capacità di commuoverci e di provare compassione, perché stiamo smarrendo questo ritorno al cuore, cioè il ricordo, la memoria, il ritorno al cuore. Senza memoria si perdono le radici e senza radici non si cresce.

Ci fa bene alimentare la memoria di chi ci ha amato, ci ha curato, risollevato. Io vorrei rinnovare oggi il mio ‘grazie’ per le cure e l’affetto che ho ricevuto qui. Credo che in questo tempo di pandemia ci faccia bene fare memoria anche dei periodi più sofferti: non per intristirci, ma per non dimenticare, e per orientarci nelle scelte alla luce di un passato molto recente”.

Spesso ci si dimentica ed il Cuore di Gesù giova alla memoria: “Ebbene, il Cuore di Gesù guarisce la nostra memoria perché la riporta all’affetto fondante. La radica sulla base più solida. Ci ricorda che, qualunque cosa ci capiti nella vita, siamo amati. Sì, siamo esseri amati, figli che il Padre ama sempre e comunque, fratelli per i quali il Cuore di Cristo palpita”.

Il papa ha invitato a coltivare la memoria: “Coltiviamo questa memoria, che si rafforza quando stiamo a tu per tu con il Signore, soprattutto quando ci lasciamo guardare e amare da Lui nell’adorazione. Ma possiamo coltivare anche tra di noi l’arte del ricordo, facendo tesoro dei volti che incontriamo”.

E’ un invito a non dimenticare: “Penso alle giornate faticose in ospedale, in università, al lavoro. Rischiamo che tutto passi senza lasciare traccia o che restino addosso solo tanta fatica e stanchezza. Ci fa bene, alla sera, passare in rassegna i volti che abbiamo incontrato, i sorrisi ricevuti, le parole buone. Sono ricordi di amore e aiutano la nostra memoria a ritrovare sé stessa: che la nostra memoria ritrovi sé stessa.

Quanto sono importanti questi ricordi negli ospedali! Possono dare il senso alla giornata di un ammalato. Una parola fraterna, un sorriso, una carezza sul viso: sono ricordi che risanano dentro, fanno bene al cuore. Non dimentichiamo la terapia del ricordo: fa tanto bene!”

La seconda parola è la passione: “Il Cuore di Cristo non è una pia devozione per sentire un po’ di calore dentro, non è un’immaginetta tenera che suscita affetto, no, non è questo. E’ un cuore appassionato, un cuore ferito d’amore, squarciato per noi sulla croce…

Il Sacro Cuore è l’icona della passione: ci mostra la tenerezza viscerale di Dio, la sua passione amorosa per noi, e al contempo, sormontato dalla croce e circondato di spine, fa vedere quanta sofferenza sia costata la nostra salvezza. Nella tenerezza e nel dolore, quel Cuore svela insomma qual è la passione di Dio”.

Dal ricordo e dalla passione scaturisce il conforto: “Gesù, il Dio-con-noi, ci dà questa forza, il suo Cuore dà coraggio nelle avversità. Tante incertezze ci spaventano: in questo tempo di pandemia ci siamo scoperti più piccoli, più fragili. Nonostante tanti meravigliosi progressi, lo si vede anche in campo medico: quante malattie rare e ignote!..

Il Cuore di Gesù batte per noi ritmando sempre quelle parole: ‘Coraggio, coraggio, non avere paura, io sono qui!’ Coraggio sorella, coraggio fratello, non abbatterti, il Signore tuo Dio è più grande dei tuoi mali, ti prende per mano e ti accarezza, ti è vicino, è compassionevole, è tenero. Egli è il tuo conforto”.

Nel suo saluto di benvenuto al papa l’Assistente Ecclesiastico Generale dell’Ateneo, mons. Claudio Giuliodori, che ha concelebrato insieme al segretario della Cei, mons. Stefano Russo, ha espresso  la più profonda gratitudine per aver accettato di presiedere questa Celebrazione Eucaristica:

“Ogni passo, in questi 60 anni di straordinaria crescita, è stato accompagnato dalla premura e dall’incoraggiamento dei pontefici a partire dall’augurio formulato da San Giovanni XXIII il giorno dell’inaugurazione…

Abbiamo ancora bisogno di essere confortati e orientati nella realizzazione dell’affascinante missione, di formare testimoni dell’amore misericordioso di Dio: medici, personale sanitario e amministrativo, che sappiano prendersi cura con le più alte competenze scientifiche e con autentica compassione dei più bisognosi”.

Al termine della celebrazione eucaristica il rettore, Franco Anelli, ha ringraziato il papa: “Santo Padre, in questi tempi difficili siamo costantemente confortati e incoraggiati dal Suo Magistero, dai Suoi gesti e dalle parole che ci hanno accompagnato nei momenti più dolorosi per dirci di guardare al male che ci sfidava come a un’occasione per apprendere e riflettere, crescere e migliorare”.

(Foto: Santa Sede)

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