Per i vescovi calabresi la ’ndrangheta è incompatibile con il Vangelo

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“Allo scopo di promuovere e sostenere i tanti movimenti e gesti positivi delle nostre Comunità cristiane nel contrasto della prassi ’ndranghetista contraria al Vangelo e di indicare, con l’annuncio di liberazione da ogni forma di male, i principi etici per il superamento delle tendenze negative, come Vescovi di Calabria siamo già intervenuti in questi anni, a più riprese.

Ci riferiamo alla Nota pastorale sulla ’ndrangheta (Natale 2014), seguita dai precisi Orientamenti sulla purificazione della pietà popolare, affidati ai Pastori per tradurli in norme per la propria diocesi (2015). Alla luce di tali documenti pastorali, nel corso di questi anni, dopo ponderata riflessione collegiale, sono maturate le presenti Linee guida articolate in due parti”.

Così iniziano le Linee guida ‘No ad ogni forma di mafia’ della Conferenza episcopale calabrese in cui si sottolinea l’impegno alla lotta contro ogni forma di mafia:

“Il Vangelo è sempre forza liberante, anche dalle mafie e dalla corruzione. La Chiesa-popolo di Dio, in tutte le sue componenti, non può mai sostituirsi alle Istituzioni civili e politiche. Non siamo chiamati, infatti, a investigare le scelte di prevenzione e repressione, bensì a realizzare prioritariamente il mandato del Signore: ‘Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura’ (Mc 16,15).

Proseguiamo in questo nostro impegno con coraggio, nella consapevolezza prioritaria che, di fronte a qualsiasi genere di male, peccato, strutture di peccato, che le mafie presentano, il popolo cristiano crede che esiste sempre una risorsa dall’alto: la possibilità di scegliere di non arrendersi mai, anche di fronte a ciò che corrode il campo del buon grano del Signore”.

Quindi i vescovi hanno ribadito che ogni trasgressione ai Comandamenti è una trasgressione: “In particolare, la trasgressione deliberata di uno dei dieci comandamenti in materia grave, anche quella che resta racchiusa nell’ambito della vita ‘privata’, o persino quella che rimane nascosta nella sfera delle intenzioni e dei propositi partoriti dal cuore umano, comporta sempre il rifiuto della Signoria di Dio e la consegna dell’uomo al male.

Comporta anche l’autoesclusione dalla comunione con Cristo e con i fratelli, fino a quando non intervenga il pentimento sincero, accompagnato dal proposito di non peccare più, di riparare al male commesso e di ricucire la relazione con Dio e con la Chiesa nel sacramento della Riconciliazione”.

I vescovi hanno chiesto una ‘diversa’ conversione: “Lo scopo ultimo non è sradicare la zizzania dal campo: quest’opera, riservata unicamente al Signore e alla fine dei tempi, non compete né alla Chiesa di Cristo né al singolo cristiano, che è invece chiamato a testimoniare Cristo nel mondo donando, se necessario, anche la vita per i suoi crocifissori.

Il fine del nostro documento, rimane piuttosto quello di suscitare nei soggetti, anche se autoesclusi dalla comunione ecclesiale a motivo dei loro peccati (nello specifico, riconducibili a quelli di mafia), un moto di pentimento, di conversione, di riparazione e di adesione a forme che aiutino a mettere in atto un contro-movimento di ritorno a Cristo e alla sua parola.

Per favorire ciò, è tuttavia necessario aiutare le coscienze anzitutto a prendere atto della profondità e della bruttura del male, che è insito nella gramigna criminale della mentalità e della prassi mafiosa. E’ una rinnovata attenzione evangelizzante la nostra, peraltro in sintonia con quanto ora la Chiesa universale apprezza e incoraggia”.

 Ecco l’invito a non abbassare la ‘guardia’: “Gli uomini e le donne di Chiesa impegnati nella lotta contro le mafie, ormai sanno bene che esse non sono più delle entità sconosciute. Per questo sentano grave il dovere di non abbassare la guardia poiché, nonostante tutta l’opera perseguita dagli organismi preposti alla tutela dell’ordine pubblico e del bene comune, il fenomeno mafioso non è stato ancora debellato.

Nella consapevolezza che, più ancora che le organizzazioni mafiose, purtroppo, è la mafiosità il grande scoglio che ostacola il cammino della comunità cristiana in Calabria, sollecitiamo tutti a prenderne coscienza per agire con coerenza di vita”.

Da qui nasce l’esigenza di costruire un progetto educativo ‘alternativo’alla mafiosità: “Da qui la necessità di generare, come Chiese particolari, in sinergia con le altre agenzie educative territoriali, un grande progetto educativo alternativo, che affronti alla radice la questione e susciti applicazioni concrete.

Occorre ripartire con decisione dalla formazione delle persone fin dalla tenera età, sullo sfondo  dei problemi socio-culturali che rendono ancora possibile la fioritura della criminalità organizzata e la tacita acquiescenza al progetto di ‘regolazione sociale’ da essa indotto.

Il forte radicamento sul territorio è, per la Chiesa, un punto di forza, ma anche una grande responsabilità e dovere di formare le persone alla vita retta, all’impegno civico, alla partecipazione attiva e democratica alla vita sociale, economica e politica”.

E nelle linee guida i vescovi raccomandano di educare i giovani  gli esempi dei martiri della mafia: “In ogni Parrocchia non si tralasci occasione per offrire soprattutto ai più giovani, gli esempi luminosi dei martiri di Cristo, che pur di restare fedeli agli insegnamenti del Vangelo, hanno versato alle mafie il prezzo del sangue (pensiamo in particola[1]re ai beati don Pino Puglisi e Rosario Livatino)”.

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