Tag Archives: Legalità
Papa Francesco elogia la Guardia di Finanza per la promozione della legalità
In occasione del 250° anniversario della fondazione della Guardia di Finanza papa Francesco ha ricevuto in udienza i militari appartenenti al corpo militare, che ha come motto ‘Nella tradizione, il futuro’: “Questo è il motto del vostro 250° anniversario. Nella tradizione c’è il futuro. Fa riferimento alle radici che hanno portato alla fondazione della Guardia di Finanza e le hanno dato una direzione di crescita”.
Ed ha ricordato la missione di questo Corpo: “Nata come Corpo speciale per il servizio di vigilanza finanziaria e difesa ai confini, ha assunto compiti di polizia tributaria ed economico-finanziaria, di polizia sul mare, con una importante missione nell’ambito del soccorso, sia in mare che in montagna.
Ricordo storico di questo impegno è l’aiuto offerto ai profughi ebrei e ai perseguitati durante i due grandi conflitti mondiali. Un vasto ambito di interventi, dunque, che intende rispondere ai problemi con la concretezza della presenza e dell’azione puntuale, veicolando al contempo un’alternativa culturale ad alcuni mali che rischiano di inquinare la società”.
Il papa li ha ricevuti nella festa del protettore del corpo militare: “Il vostro Patrono è San Matteo (oggi è la festa), apostolo ed evangelista. Egli, infatti, era stato un ‘pubblicano’, cioè un esattore delle tasse, mestiere doppiamente disprezzato al tempo di Gesù, perché asservito al potere imperiale e perché corrotto. A me piace andare alla chiesa dei francesi a vedere quel Caravaggio, ‘La conversione di Matteo’, che simboleggia così profondamente”.
Quindi ha sottolineato che la logica della ricchezza è difficile da cambiare: “Matteo rappresentava una mentalità utilitarista e senza scrupoli, devota solo al ‘dio denaro’. Anche ai nostri giorni una logica simile si ripercuote sulla vita sociale, causando squilibri ed emarginazione: dagli sprechi alimentari (questo è uno scandalo, gli sprechi alimentari, è uno scandalo!) all’esclusione di cittadini dal beneficiare di alcuni loro diritti”.
Le parole del papa sono state chiare quando ha affrontato il tema della finanza: “Anche lo Stato può finire vittima di questo sistema; perfino quegli Stati che, pur disponendo di ingenti risorse, rimangono isolati sul piano finanziario o del mercato globale. Come si spiega la fame nel mondo, oggi, quando ci sono tanti, tanti sprechi nelle società sviluppate? E’ terribile questo. E un’altra cosa: se si fermassero un anno dal fabbricare le armi, finirebbe la fame nel mondo. Meglio le armi che risolvere la fame”.
Il compito della Guardia di Finanza è quello di contribuire alla giustizia ‘economica’: “In questo panorama, voi siete chiamati a contribuire alla giustizia dei rapporti economici, verificando l’osservanza delle norme che disciplinano le attività dei singoli e delle imprese. Perciò vigilate sul dovere di ogni cittadino di contribuire secondo criteri di equità alle necessità dello Stato, senza che vengano privilegiati i più forti, e contrastate l’uso inappropriato di internet e delle reti sociali. Sia riguardo alla riscossione delle imposte, sia nella lotta al lavoro sommerso e sottopagato (questo è un altro scandalo), o comunque lesivo della dignità umana, la vostra azione è di primaria importanza”.
E’ un servizio per il ‘bene comune’: “E tutto questo è il vostro modo concreto e quotidiano di servire il bene comune, di essere vicini alla gente, di contrastare la corruzione e promuovere la legalità. Quella corruzione che si fa sotto il tavolo… Perciò la risposta, l’alternativa non sta solo nelle norme, ma in un ‘nuovo umanesimo’. Rifondare l’umanità”.
Ad un certo punto Matteo cambiò mentalità: “Matteo, in un certo senso, passò dalla logica del profitto a quella dell’equità. Ma, alla scuola di Gesù, egli superò anche l’equità e la giustizia e conobbe la gratuità, il dono di sé che genera solidarietà, condivisione, inclusione. La gratuità non è soltanto una dimensione finanziaria, ma è una dimensione umana. Diventare [persone] al servizio degli altri, gratuitamente, senza cercare il proprio profitto. Perché, se la giustizia è necessaria, essa non è sufficiente a colmare quei vuoti che solo la gratuità, la carità, l’amore può sanare”.
Ed ha elogiato la Guardia di Finanza per i ‘servizi’ svolti: “Voi lo sperimentate ad esempio quando organizzate l’accoglienza e il soccorso ai migranti in pericolo nel Mediterraneo. Grazie di questo, grazie. Oppure negli interventi coraggiosi per le calamità naturali, in Italia e altrove. Ma pensiamo al contrasto alla piaga del traffico di stupefacenti, ai mercanti di morte. Il vostro servizio non si esaurisce nella protezione delle vittime, ma include il tentativo di aiutare la rinascita di chi sbaglia: infatti, agendo con rispetto e integrità morale potete toccare le coscienze, mostrando la possibilità di una vita diversa”.
Ha concluso l’udienza con una riflessione sulla globalizzazione: “Anche in questo modo si può e si deve costruire un’alternativa alla globalizzazione dell’indifferenza, che distrugge con la violenza e la guerra, ma pure trascurando la cura della socialità e dell’ambiente. In effetti, la ricchezza di una Nazione non sta solo nel suo PIL, risiede nel suo patrimonio naturale, artistico, culturale, religioso, e nel sorriso dei suoi abitanti, dei suoi bambini… Serve questo slancio solidale verso l’altro come via per la pace e come speranza di un futuro migliore!”
(Foto: Santa Sede)
A Palermo il card. Parolin invita ad essere testimoni di fede
Il solenne Pontificale per il IV Centenario del ritrovamento delle spoglie mortali di Santa Rosalia a Palermo è stato presieduto dal segretario di stato vaticano, card. Pietro Parolin, che nell’omelia ha ricordato tutti i martiri palermitani: “Rosalia continua ad essere un esempio di fedeltà e coraggio per vivere in comunione con Cristo e per promuovere giustizia e legalità”.
Nell’omelia il segretario di stato vaticano ha ricordato i testimoni della fede: “La testimonianza della fede in Gesù Cristo lega Rosalia agli altri Santi e Sante siciliani: Agata, Lucia, Gerlando, Vito, Alberto degli Abati, per citarne solo alcuni. Questi coraggiosi testimoni di Cristo hanno gettato il seme del Cristianesimo della Chiesa siciliana e noi oggi, frutto di quel seme fecondo, facciamo memoria di una di questi testimoni, la Vergine Rosalia, per venerarne con sentimenti di gratitudine, la testimonianza esemplare ed implorarne la protezione divina sulla Chiesa palermitana.
I santi di ogni tempo e luogo sono infatti modelli di fedeltà e di coraggio per tutti coloro che vogliono vivere secondo il Vangelo di Gesù. Siccome però non abbiamo un insegnamento diretto della nostra Santa siamo invitati ad accogliere l’insegnamento indiretto che ci viene impartito dalle Sacre Scritture che la Liturgia ci propone in occasione della sua festa”.
L’omelia è stato un invito ad ascoltare l’invito che Dio rivolge all’umanità: “Dio invita l’uomo, e quindi ciascuno di noi, a cercare il suo volto e ad ascoltare la sua parola. L’umanità desidera vedere Dio, l’abbiamo detto nel salmo responsoriale, L’umanità desidera vedere Dio, ma anche Dio desidera vedere il volto autentico dell’umanità…
L’umanità deve ascoltare la voce di Dio ma anche Dio ama ascoltare la voce dell’umanità. Comprendiamo bene allora che la santità cui siamo chiamati non è una statica perfezione morale ma una dinamica di relazione, non è solo essere buoni, certamente anche questo è parte fondamentale della santità, ma è soprattutto un’esperienza della vita stessa di Dio che include la dimensione dell’intimità, del silenzio, anche talvolta dell’assurdo che abita la nostra esistenza umana. La santità a cui oggi Rosalia ci richiama è correre il rischio di vivere la trasformazione operata in noi da Cristo, altrimenti la fede diventa una passione inutile”.
Infine ha invitato a promuovere la cultura della legalità, liberando la città dalle ‘pesti’ che la invadono: “Le reliquie di Santa Rosalia nel 1624 furono portate in processione per la città che fu così purificata e liberata da una grave epidemia di peste. Chiediamoci allora, cari fratelli e sorelle, qual è la peste che avvolge ancora la nostra città, che avvolge il mondo, un mondo che ha tanto bisogno di confronto con la verità e con l’esperienza di fede, quindi recuperiamo anche nelle celebrazioni del Festino un forte senso di sobrietà evangelica e di servizio che sono i veri valori incarnati da Rosalia”.
E questo può avvenire attraverso la testimonianza: “La città di Palermo ha perseguito la giustizia attraverso forme di testimonianza altissima, fino al sacrificio della vita. Qui ci sono i martiri della giustizia, tra i quali il caro don Giuseppe Puglisi. Nella memoria di tutti noi è rimasta impressa l’invettiva del cardinale Salvatore Pappalardo: Mentre a Roma si discute, Sagunto è espugnata dai nemici, e questa volta non è Sagunto ma la nostra Palermo. Il clima era cupo in quegli anni ma la città seppe reagire. Dal sangue versato nacquero migliaia di voci e di esperienze sul cammino del cambiamento.
La Chiesa di Palermo continui anche adesso ad essere attenta e sollecita nel favorire processi e percorsi atti a promuovere la cultura della giustizia e della legalità, collaborando con le numerose associazioni che operano tra le maglie del tessuto urbano e che sono presenti sul territorio per aiutare la cittadinanza a superare una mentalità che può rischiare alle volte di essere in contrasto con la legalità”.
E nel messaggio alla città mons. Corrado Lorefice,arcivescovo di Palermo, ha chiesto a chi si vuole lasciare la città: “A questa nuova peste che, sotto i nostri occhi, camuffata di normalità e di ineluttabilità, sta contagiando i nostri giovani, cioè i nostri figli e nipoti, a Ballarò come al Cep, a Bagheria come a Termini Imerese?! Questa tremenda peste entra nelle nostre case, nelle nostre scuole, nei luoghi di ritrovo dei giovani, nei luoghi di divertimento e dello sport. Ci invade sotto i nostri occhi”.
E’ un preciso atto di accusa contro i trafficanti di droga: “Si diffonde come cosa ordinaria il consumo di crack e di altre droghe come il fentanyl, aggiunto all’eroina. Neonati ricoverati per overdose. Giovani piegati o stramazzati a terra. Esaltati, o depressi. A Palermo si abbassa anche l’età dei consumatori di droga. La prima dose si consuma anche a dieci anni. Penso a Ballarò e alle sue stradine, dove vediamo ragazzini e giovani distesi sui marciapiedi con lo sguardo perso, con gli occhi dello sballo da crack. Ragazze costrette a vendere i loro corpi per racimolare il prezzo di una dose. Non sono figli di altri, sono i nostri figli e ne siamo responsabili. Giovani, bambini, adescati per farli diventare dipendenti. Schiavi. Manipolabili. Consumatori”.
E’ un invito a non abbandonare i giovani: “Genitori, educatori, docenti, animatori delle comunità cristiane, rimaniamo accanto ai giovani, facciamo nostre le loro paure, le loro fragilità, le loro incertezze che noi adulti abbiamo provocato. Non li abbandoniamo. Ma stiamo con loro da adulti, non come adolescenti, con sapienza, come loro punti certi di riferimento. Noi adulti siamo sbandati. Depistati anche noi da questa mentalità individualista e da questa cultura che idolatra la soddisfazione illimitata dell’io, il profitto indiscriminato, il consumo sfrenato. Una cultura che crea scarti, emarginazione”.
Infine un invito ad una ‘sana’ indignazione: “Rosalia ci chiede di indignarci come e con lei, a metterci insieme per fare crescere una sensibilità di impegno civile e sociale. Ci chiede di alzarci. Di sbracciarci. Di liberarci da un falso perbenismo e dall’indifferenza. Diamo cibo robusto ai nostri giovani non frivolezze e assenza di presenza significativa. Testimoni di bene. Di vita. Di cura. Di responsabilità e libertà. Mettiamoci insieme per fare alleanze educative e impiantare cantieri educativi”.
(Foto: Arcidiocesi di Palermo)
Vittorio Bachelet nel ricordo di Sergio Mattarella
Nei giorni scorsi il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, è intervenuto alla cerimonia per l’intitolazione a Vittorio Bachelet, ucciso nel 1980 dalle Brigate Rosse, della sede del Consiglio Superiore della Magistratura, esortando a mantenere vivo “il ricordo del suo servizio nelle istituzioni e per rinnovare la riconoscenza per il suo impegno. Bachelet, anche quale Vicepresidente del Consiglio Superiore, è stato testimone autentico dei valori della nostra Costituzione. Si adoperava costantemente per la ricerca di prospettive condivise anche in considerazione delle fratture ideologiche che attraversavano il nostro Paese”.
Ed ha sottolineato che era per il dialogo: “Essere ‘uomo del dialogo’ è stata, sin dall’inizio, la caratteristica della sua attività politica e sociale. Già nel 1946, a vent’anni, da studente, dirigente della Fuci, ricercava sempre il confronto dialettico con le altre componenti universitarie in vista della ricostruzione dell’Italia democratica”:
Infatti, ha ricordato il presidente Mattarella, che lui invitava a non essere ‘pigri’ nel dialogare con tutti: “Il dialogo è stato sempre un tratto distintivo del suo impegno nella società profuso lungo l’intero arco della sua vita, nelle organizzazioni cattoliche, nell’insegnamento nelle aule dell’università, nel Consiglio superiore della magistratura, in ogni altra attività pubblica. Il dialogo rappresentava per lui, più che un metodo, l’essenza della democrazia”.
Anche negli anni del terrorismo invitava a non abbandonare la strada della democrazia: “In quegli anni drammatici, Vittorio Bachelet esprimeva la convinzione che il rafforzamento delle istituzioni democratiche si realizzasse non attraverso lo scontro, ma con scelte, per quanto possibile condivise, di piena e coerente attuazione dei principi della nostra Costituzione.
La sera prima del brutale assassinio, accompagnando a casa l’amico Achille Ardigò, aveva con lui discusso della minaccia terroristica, giungendo alla conclusione, condivisa, che il terrorismo andasse combattuto senza rinunciare ai principi della legalità democratica, nel rispetto delle regole costituzionali, senza ricorrere all’arbitrio, in quanto la Repubblica dispone delle risorse capaci di far prevalere i valori della Costituzione anche nei momenti più critici”.
Ed ha ricordato la sua fede: “Da Presidente dell’Azione cattolica, aveva vissuto intensamente gli anni del Concilio, le speranze e le aperture verso la società che cambiava e nei confronti di una generazione che sognava una società sempre migliore. E’ stato protagonista della scelta religiosa di quella organizzazione, che (come ripeteva) non fu mai intesa come una rinuncia, un abbandono dell’impegno pubblico, ma come un ritorno sincero e umile alle origini, una nuova e coinvolgente riproposizione dei valori essenziali.
Vittorio Bachelet non ha mai ostentato la sua fede, anche se ben nota a tutti, ma l’ha tradotta in un’autentica, laica, testimonianza umana e istituzionale in ogni ruolo in cui è stato chiamato a svolgere funzioni pubbliche di alta responsabilità. I valori della collaborazione e della lealtà istituzionale erano evidenti nel suo stile di ascolto e nella sua visione autenticamente aperta al confronto, al punto di vista altrui”.
Per questo fu un uomo dell’unità: “In quel momento della storia repubblicana fu un segno di unità perché, senza rinunciare alle proprie convinzioni, il loro rapporto inalterato assunse un valore cruciale per la salvaguardia di questa istituzione, per il suo funzionamento, la sua credibilità.
Con questo spirito, Vittorio Bachelet ha guidato l’organo di governo autonomo della Magistratura, coniugando fermezza di principi e disponibilità al dialogo nella ricerca di convergenza tra prospettive diverse”.
Fu assassinato perché era ‘sostenitore’ della ricomposizioni delle divisioni: “Nella logica criminale dei suoi assassini, Bachelet rappresentava le istituzioni che contrastavano con determinazione la violenza terroristica utilizzando soltanto gli strumenti costituzionali e, insieme, esprimeva un profondo senso della comunità e della coesione sociale. Questi due elementi (la Costituzione e il senso di comunità per la coesione sociale) hanno sempre sconfitto i tentativi di lacerazione della società e di disarticolazione delle sue istituzioni”.
(Foto: Quirinale)
Anche in Emilia-Romagna braccio di ferro sul suicidio medicalmente assistito
“Nascere, vivere, morire: tre verbi che disegnano la traiettoria dell’esistenza. La persona li attraversa, forte della sua dignità che l’accompagna per tutta la vita: quando nasce, cresce, come quando invecchia e si ammala. Sperimenta forza e vulnerabilità, intimità e vita sociale, libertà e condizionamenti. Gli sviluppi della medicina e del benessere consentono oggi cure nuove e un significativo prolungamento dell’esistenza. Si profila così la necessità di modalità di accompagnamento e di assistenza permanente verso le persone anziane e ammalate, anche quando non c’è più la possibilità di guarigione, continuando e incrementando l’ampio orizzonte delle “cure”, cioè di forme di prossimità relazionale e mediche”.
Così inizia il giudizio della Conferenza episcopale dell’Emilia- Romagna sulle ‘Istruzioni tecnico-operative’ con le quali la giunta regionale aveva tracciato lo scorso 9 febbraio il percorso per ottenere il suicidio medicalmente assistito. Nella nota i vescovi hanno sottolineato che procurare la morte contrasta con il valore della vita:
“Alla base di questa esigenza ci sono il valore della vita umana, condizione per usufruire di ogni altro valore, che costruisce la storia e si apre al mistero che la abita, e la dignità della persona, in intrinseca relazione con gli altri e con il mondo che la circonda”.
Per questo il valore della vita impone la difesa delle persone fragili: “Il valore della vita umana si impone da sé in ogni sua fase, specialmente nella fragilità della vecchiaia e della malattia. Proprio lì la società è chiamata ad esprimersi al meglio, nel curare, nel sostenere le famiglie e chi è prossimo ai malati, nell’operare scelte di politiche sanitarie che salvaguardino le persone fragili e indifese, e attuando quanto già è normato circa le cure palliative. Impegno, questo, che qualifica come giusta e democratica la società. Procurare la morte, in forma diretta o tramite il suicidio medicalmente assistito, contrasta radicalmente con il valore della persona, con le finalità dello Stato e con la stessa professione medica”,
Per i vescovi dell’Emilia-Romagna la proposta del ‘suicidio medicalmente assistito’ è sconcertante, proponendo un loro contributo: “Esprimiamo con chiarezza la nostra preoccupazione e il nostro netto rifiuto verso questa scelta di eutanasia, ben consapevoli delle dolorose condizioni delle persone ammalate e sofferenti e di quanti sono loro legati da sincero affetto.
Ma la soluzione non è l’eutanasia, quanto la premurosa vicinanza, la continuazione delle cure ordinarie e proporzionate, la palliazione, e ogni altra cosa che non procuri abbandono, senso di inutilità o di peso a quanti soffrono”.
Tali ragioni possono trovarsi nell’umanità del cristianesimo, che si fonda sulla vita: “Tale prossimità e le ragioni che la generano hanno radici nell’umanità condivisa, nel valore unico della vita, nella dignità della persona, e trovano sorgente, luce e forza ulteriore in Gesù di Nazareth che, proprio sulla Croce, nella fase terminale della esistenza, ci ha redenti e ci ha donato sua madre, scambiando con Lei, con il discepolo amato e con chi condivideva la pena, parole e un testamento di vita unico, irrinunciabile, non dissimili a quelle confidenze che tanti cari ci hanno lasciato sul letto di morte”.
A tale giudizio il governatore dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, è disponibile ad ogni approfondimento, affermando che “le sentenze della Corte Costituzionale si applicano, come prescrive la Costituzione italiana. Possono certamente essere discusse e non condivise, ma non disattese, in ossequio al principio di legalità.
Come noto, la Corte Costituzionale si è pronunciata per colmare un vuoto sulla materia prodotto dall’inerzia prolungata del Parlamento. E lo ha fatto, ancora una volta, chiedendo alle Camere di legiferare, di discutere e approvare una legge nazionale. E questo è anche il mio auspicio”.
Nel frattempo la regione ha disposto le modalità di accesso all’istituto del suicidio medicalmente assistito: “E lo ha fatto perché ciò è dovuto in uno Stato di diritto, scongiurando viceversa quanto altrove già accaduto e ancora rischia di accadere: che un paziente, peraltro in condizioni drammatiche, debba ricorrere al giudice ordinario per vedersi riconosciuto quello che, va ribadito, è un diritto ora sancito dalla Corte costituzionale. Sono certo che sul principio di legalità anche la Conferenza Episcopale dell’Emilia-Romagna non possa che convenire”.
Card. Zuppi: cattolici sono minoranza creativa
“Prima di entrare in medias res, mi sia consentito un ricordo doveroso ma cordiale del Presidente Giorgio Napolitano. In particolare negli anni della sua presidenza della Repubblica, dal 2006 al 2015, ha dimostrato grande sapienza non soltanto nella gestione delle crisi, ma anche nell’impegno ordinario a far dialogare le varie componenti della politica italiana e a dare alle discussioni un respiro almeno europeo, se non mondiale. Questo sforzo per il dialogo costante e per un allargamento degli orizzonti resta un esempio significativo e molto attuale”.
Da Manfredonia mons. Moscone ha invitato ad una buona festa
“La notizia della caduta dell’Amministrazione Rotice e del Consiglio comunale di Manfredonia preoccupa e sconcerta la maggior parte dei cittadini con i quali desidero condividere qualche sentimento, approfondimento e provocazione che il momento suggerisce. Soprattutto spero che questo momento non sia caricato di retorica, di inutili disquisizioni speculative o di enfasi, cose che danno adito a sole chiacchiere, ma intendo aiutare a porre uno sguardo sulla città fatto di concretezza”.
Nel ricordo degli attentati della mafia contro la Chiesa, solidarietà a don Luigi Ciotti
“Che sia concordia! Questa concordia, questa pace a cui aspira ogni popolo e ogni persona umana e ogni famiglia! Dopo tanti tempi di sofferenze avete finalmente un diritto a vivere nella pace. E questi che sono colpevoli di disturbare questa pace, questi che portano sulle loro coscienze tante vittime umane, devono capire, devono capire che non si permette uccidere innocenti! Dio ha detto una volta: ‘Non uccidere’: non può uomo, qualsiasi, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio!”: queste parole furono pronunciate domenica 9 maggio 1993 da san Giovanni Paolo II al termine della celebrazione eucaristica nella Valle dei Templi ad Agrigento con l’invocazione del ‘giudizio di Dio’ sui mafiosi.
Papa Francesco premia il presidente della Repubblica Sergio Mattarella
Il Presidente della Repubblica italiana è ‘maestro’ e ‘testimone coerente e garbato di servizio e responsabilità’, secondo papa Francesco che ha consegnato al Capo dello Stato italiano, Sergio Mattarella, il Premio ‘Paolo VI’ da parte dell’Istituto Paolo VI di Brescia, che si è detto ‘grato e commosso’ del gesto, devolvendo la somma del Premio alla Comunità Giovanni XXIII, che nella recente alluvione ha subito ingenti danni in alcune sue strutture; a cui è seguito un ringraziamento da parte del neo presidente, Matteo Fadda:
Per non dimenticare Capaci
“Non possiamo nascondere che il clientelismo se non persino la corruzione o il solo cattivo funzionamento nella amministrazione pubblica costituiscono una piaga, che impedisce di fatto alla comunità civile di vivere in pace. Papa Francesco ha più volte sottolineato la gravità dei ‘peccati sociali’. Al contempo, apprezziamo e sosteniamo l’impegno di quanti svolgono il proprio dovere istituzionale con rigore e, a volte, con grande sacrificio personale. I recenti successi dello Stato nei confronti delle mafie sono da salutare con grande compiacimento”.
Da Milano a Casal di Principe: le mafie si possono sconfiggere
“Caro don Luigi Ciotti, signore e signori dell’associazione Libera contro le mafie, benvenute e benvenuti a Milano. L’occasione è particolare e importante: la XXVIII giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti della mafia. Libera da tanti anni conduce una battaglia indefessa e coraggiosa contro la mafia, contro l’organizzazione criminale, ma anche contro le connivenze politiche che talvolta si registrano e contro gli interessi economici che si nascondono e proliferano dietro l’attività criminosa”.