Leuca unisce le strade dei Santuari dal Mediterraneo all’Atlantico

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Fino al 16 settembre si è svolto al Santuario di Santa Maria di Leuca il Convegno Internazionale di Studi dal titolo ‘Fede, cultura e pellegrinaggi tra Atlantico e Mediterraneo. Da Finisterre a Santa Maria di Leuca de finibus terrae’, promosso dalla diocesi di Ugento-Santa Maria di Leuca, dall’Università degli Studi di Bari ‘Aldo Moro’, dalla Fondazione ‘De Finibus Terrae’, dal Centro Italiano di Studi Compostellani di Perugia, in collaborazione con la Regione Puglia.

Infatti a Monte Sant’Angelo, in provincia di Foggia, il 9 maggio del 2019 in occasione della II edizione del ‘Festival Michael’, tra Amministrazioni locali e territoriali, Istituzioni religiose, Centri, Associazioni ed Istituti culturali di Puglia e Galizia (Spagna) fu sottoscritto il ‘Patto di Amicizia’ con l’obiettivo di promuovere occasioni di incontro, confronto e scambio di esperienze tra santuari pugliesi ed europei, in particolare san Michele Arcangelo a Monte Sant’Angelo, san Nicola di Bari, Santa Maria di Leuca, Santiago de Compostela e i luoghi di culto nell’area di Finisterre;

di realizzare iniziative comuni (seminari, convegni, corsi, pellegrinaggi) per sostenere la conoscenza e la valorizzazione culturale e turistica del territorio pugliese; di cogliere i motivi di profonda devozione e spiritualità che hanno connotato i rapporti tra il santuario di Compostela e altri luoghi di culto pugliesi o dislocati sulla Via Francigena;

di evidenziare contatti e analogie tra Finisterre e i santuari di Compostela, di Santa Maria di Leuca de finibus terrae, lungo un cammino di religiosità popolare che, attraversando la Spagna, l’Italia e la Puglia, si protende verso l’Oriente e il mondo bizantino; di esaminare le testimonianze del ricco patrimonio di ordine materiale e spirituale che tale itinerario ha lasciato alle popolazioni interessate.

L’incontro ha permesso la conoscenza dei due santuari di Finisterre e Santa Maria de finibus terrae, importanti centri consacrati al culto di san Giacomo Maggiore e della Vergine ed accomunati dalla loro posizione agli estremi dell’Occidente, sull’Oceano Atlantico, e all’estremità orientale della penisola italiana.

Entrambi i santuari, al di là della loro collocazione periferica e strategica tra Occidente e Oriente, accolgono tradizioni, credenze e riti comuni ed hanno da sempre esercitato un fascino straordinario sulle masse dei pellegrini.

Per questo motivo, nel corso dei lavori sono state proposte in maniera innovativa tematiche collegate alla rete viaria e santuariale la quale vede proprio in Santa Maria di Leuca ‘il punto terminale di un lungo itinerario di fede’ attraverso l’Europa, dall’Atlantico al Mediterraneo, legando la Puglia al contesto europeo e al mondo bizantino.

Tutta l’area intorno al santuario di Santa Maria di Leuca, con la montagna che pare sorgere dal mare e protendersi verso il cielo, è un’area ‘naturalmente’ sacra, come dimostrano resti monumentali della prima età del Bronzo e dell’età del Ferro, la presenza dell’antico culto di Minerva e la consolidata tradizione, molto diffusa a livello popolare, ma non supportata da alcuna fonte storica, del passaggio di san Pietro.

Poi, dal XIII-XIV secolo vi è attestato il culto per Santa Maria definita, per la posizione all’estremità orientale dell’Italia, De finibus terrae, un santuario che attirò masse di pellegrini sempre più numerose. In Galizia (Spagna), a partire dal IX secolo, si afferma il culto di san Giacomo Maggiore, che ha fatto registrare un immediato e universale successo, richiamando folle di pellegrini da tutta Europa e divenendo simbolo del pellegrinaggio cristiano.

Nella medesima area galiziana, all’estremo dell’Occidente sull’oceano Atlantico, nell’area costiera contigua a Santiago, detta finisterre, sono dislocati numerosi luoghi di culto. Finisterre e Santa Maria de finibus terrae, al di là della posizione strategica tra Oriente e Occidente, accolgono tradizioni, credenze e riti comuni ed esercitano un fascino straordinario sui pellegrini”.

Nel saluto iniziale mons. Vito Angiuli, vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca, ha affermato che il Santuario è un faro nel mar Mediterraneo: “Il Capo di Leuca ha una missione da compiere sulla base di quanto già avvenuto in passato, e sul fondamento di quei movimenti storici che hanno riproposto ai nostri giorni il mar Mediterraneo come un nuovo e inevitabile punto centrale della storia contemporanea.

In questo scenario, la locuzione de finibus terrae con la quale si suole identificare il promontorio leucano suggerisce l’idea di un panorama e di una prospettiva di largo respiro, più che il senso di un limite o di una linea di confine. La stessa conformazione territoriale si presenta come un ponte naturale che unisce mondi differenti e orienta lo sguardo verso uno sconfinato orizzonte”.

Questa è stata anche la visione di papa Benedetto XVI durante la visita pastorale del 2008: “Su questa visione si è innestata la linea pastorale diocesana. Tra le altre iniziative, abbiamo ideato e organizzato quella che abbiamo chiamato ‘Carta di Leuca’, ossia un meeting internazionale promosso dalla Fondazione di partecipazione Parco Culturale Ecclesiale Terre del Capo di Leuca – de finibus terrae con lo scopo di raccogliere i giovani appartenenti ai diversi paesi che si affacciano sul Mediterraneo e proporre loro di vivere dal 10 al 14 agosto di ogni anno giornate di riflessioni, incontri, laboratori ed esperienze per coltivare la cultura dell’incontro, della fraternità e del reciproco riconoscimento”.

Il mediterraneo è il luogo dell’incontro, ha sottolineato il vescovo citando Giorgio La Pira: “Durante la sua storia, infatti, il Mediterraneo è stato un luogo privilegiato dell’incontro fra Nord e Sud, Est ed Ovest e ha messo in contatto popoli e civiltà diverse, segnandone l’evoluzione attraverso i secoli.

La peculiarità di questo mare consiste nel fatto di essere un vero e proprio ‘mare fra le terre’ attraverso il quale tradizioni, religioni e culture differenti possono interagire ed arricchirsi dal confronto reciproco. È un mare di frontiera nell’accezione più positiva del termine, un confine aperto verso l’altro dove l’esclusività si perde a favore di una contaminazione continua.

Il mar Mediterraneo è un luogo dove si sono sedimentati, nella profondità del suo abisso, schegge di vita, residui di civiltà sepolte, memorie di bellezza antica e sempre nuova. In quanto limen e non solo limes, il Mediterraneo consente di guardare oltre il limite e di conoscere ciò che è dall’altra parte del mare”.

Le giornate di riflessione hanno rappresentato una risposta a quel bisogno innato nell’uomo contemporaneo di mettersi in cammino. Non solo per fare un viaggio, ma per riscoprire i valori della vita e la profondità dell’esistenza, ha concluso mons. Angiuli:

“I cammini uniscono la dimensione antropologica con la valorizzazione del territorio e la tutela della natura. Inoltre costituiscono un incentivo a rimettere a tema le grandi questioni su Dio e sulla vita, diventando un valido strumento di evangelizzazione, che apre l’animo all’ascolto del Vangelo e all’accoglienza del suo messaggio”.

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