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Nulla osta per Medjugorje
Ieri è stata pubblicata stamane la nota ‘La Regina della Pace’ del dicastero per la Dottrina della Fede approvata da papa Francesco circa l’esperienza spirituale di Medjugorje, presentata dal prefetto del dicastero per la Dottrina della Fede, card. Víctor Manuel Fernández, dal segretario per la sezione dottrinale del dicastero per la Dottrina della Fede. Mons. Armando Matteo, e dal direttore editoriale del dicastero per la comunicazione, Andrea Tornielli; nel cui testo si può leggere le motivazioni di questa nota:
“Un effetto immediato attorno ai fenomeni di Medjugorje è stato il grande e crescente numero di devoti in tutto il mondo e le numerose persone che vi si recano in pellegrinaggio dalle più variegate provenienze. I frutti positivi si rivelano soprattutto come la promozione di una sana pratica di vita di fede, d’accordo con quanto presente nella tradizione della Chiesa.
Questo, nel contesto di Medjugorje, riguarda sia coloro che erano lontani dalla fede sia coloro che fino a quel momento avevano praticato la fede in modo superficiale. La specificità del luogo consiste in un gran numero di tali frutti: le abbondanti conversioni, il frequente ritorno alla pratica sacramentale, le numerose vocazioni alla vita presbiterale, religiosa e matrimoniale, l’approfondimento della vita di fede, una più intensa pratica della preghiera, molte riconciliazioni tra coniugi e il rinnovamento della vita matrimoniale e familiare. Occorre menzionare che tali esperienze avvengono soprattutto nel contesto del pellegrinaggio ai luoghi degli eventi originari piuttosto che durante gli incontri con i ‘veggenti’ per presenziare alle presunte apparizioni”.
Presentando il testo il card. Fernández ha narrato la posizione degli ultimi tre papi, spiegando in cosa consiste il ‘nihil obstat’: “Riguardo ad un evento spirituale, i fedeli, tramite il nihil obstat, ‘sono autorizzati a dare ad esso in forma prudente la loro adesione’. Questa determinazione indica che i fedeli possono ricevere uno stimolo positivo per la loro vita cristiana attraverso questa proposta spirituale, e si autorizza pure il culto pubblico, perché ad ogni modo in mezzo ad essa (non a causa dei presunti fenomeni soprannaturali) si sono verificati molti frutti positivi e non si avverte il pericolo che si siano ampiamente diffusi nel Popolo di Dio effetti negativi o rischiosi”.
Il decreto ha evidenziato che la devozione a Medjugorje è molto diffusa nel mondo: “Anche se il decreto viene emanato dal Vescovo locale, in un caso di così tanta diffusione mondiale, il Dicastero è coinvolto in una maniera del tutto speciale. Infatti, al di là dei pellegrinaggi a Medjugorje, la devozione alla Madre di Dio, Regina della Pace, è diffusa in tutto il mondo. In molte nazioni sono sorti tantissimi gruppi di preghiera e devozione mariana, ispirati all’esperienza spirituale di Medjugorje”.
Da questa ‘spiritualità’ sono nate anche molte opere caritatevoli: “Sono nate anche opere di carità legate a diverse comunità e associazioni, in particolare a quelle che si occupano di orfani, tossicodipendenti, alcolisti, disabili e ragazzi con diverse problematiche. Tutto questo non è solo una spiritualità di gruppi ecclesiali, ma è diventato un fenomeno popolare che non tiene conto tanto dei messaggi o delle discussioni sull’origine soprannaturale. Ciò che attira è la Regina della Pace e la presenza della sua immagine che si trova nei posti più diversi”.
Ed ha spiegato che i messaggi della Madonna ai ragazzi di Medjugorje sono molto importanti: “Questi messaggi sono chiarissimi e da tenere in speciale considerazione. Così sembra che, nell’insieme dei messaggi, si mescolino inviti preziosi che hanno il profumo del Vangelo con i comprensibili desideri dei presunti veggenti che sperano che questi appelli vengano ascoltati affinché il mondo ascolti Cristo e cambi. Ecco perché, nello stesso momento in cui appare l’insistenza schiacciante nell’ascoltare i messaggi, sembra che la Madre del cielo si sia fatta strada dicendo: non soffermatevi su questi messaggi, leggete il Vangelo, non concentratevi tanto su queste cose straordinarie, cercate Cristo che è l’unico Salvatore”.
Ed ha concluso che comunque si continuerà a fare discernimento sulle apparizioni: “Perciò la Vergine non comanda che qualcosa venga comunicato necessariamente o immediatamente; non ci usa come burattini o strumenti morti, lascia sempre spazio a un nostro discernimento responsabile, personale ed ecclesiale, circa la convenienza, l’opportunità, la chiarezza di ciò che può essere trasmesso.
Su Medjugorje, il discernimento del Visitatore misurerà l’opportunità. Ci sono già molti messaggi che ripetono molte volte le stesse esortazioni, e ricordiamoci che, come dice papa Francesco, non è consigliabile essere entusiasti di una Vergine postina. In ogni caso, come ha notato anche il Visitatore, la grande maggioranza di pellegrini non va a Medjugorje per cercare i veggenti e ascoltare i loro messaggi, ma per cercare la forza, la pace interiore, la grazia di essere più santi”.
Mentre mons. Matteo ha ripercorse le tappe di questo percorso ed il direttore editoriale, Tornielli, ha riportato alcuni dati statisstici: “Se si interrogano i motori di ricerca sul web circa le presenze di pellegrini a Medjugorje si trova l’indicazione approssimativa di circa un milione di presenze l’anno. Secondo quanto affermato da monsignor Henryk Hoser, all’epoca visitatore apostolico al santuario di Medjugorje, l’afflusso era, prima della pandemia, di circa tre milioni di pellegrini all’anno, con una concentrazione soprattutto d’estate. Una parte consistente di pellegrini proviene dalla Polonia e dall’Italia, ma si contano presenze da circa 80 Paesi del mondo”.
Ed ecco i dati: “Il primo riguarda il numero delle Comunioni distribuite nella parrocchia e nei luoghi legati all’apparizione, che da gennaio 1985 a giugno 2024 sono state 47.413.740. Mentre per quanto riguarda il numero dei sacerdoti che hanno concelebrato a Medjugorje dal dicembre 1986 al giugno 2024 il numero è di un 1.060.799… Le statistiche vengono costantemente aggiornate: il mese scorso, agosto 2024, le comunioni distribuite sono state 325.000 e il numero dei sacerdoti concelebranti 9.582 (309 al giorno)”.
Interessanti sono anche le motivazioni: “Queste le motivazioni che spingono al pellegrinaggio: per il 38% la ricerca di un conforto spirituale, per il 23% la richiesta di grazie per sé o per altri, per l’11,7 % il ringraziamento per grazie ricevute, fino al 17,7% per una necessità di contatto con il sacro o per il 15% a motivo di un invito. I semplici curiosi sono solo il 5,6%. I pellegrini sono credenti che mettono in cima alle priorità ideali quelle legate all’incontro con i bisogni dell’altro (53,3%) e alla difesa e rispetto della vita in tutte le sue forme (51,4%)”.
Ed infine il ‘cambiamento’ di vita: “La grande maggioranza di quelli che fanno ritorno a Medjugorje segnala un cambiamento di vita. Il 48,8% dichiara che ‘qualcosa’ è cambiato dopo la prima visita e che «molto» è cambiato per un ulteriore 30,4%, fino al cambiamento radicale segnalato dal 14,5% dei casi. L’effetto Medjugorje porta a un aumento di frequenza nella pratica religiosa, ai sacramenti e alla preghiera”.
(Foto: Vatican News)
Una famiglia racconta la vacanza carismatica invitando al pellegrinaggio delle famiglie
‘E-state con Gesù’ è stato il titolo della ‘Vacanza Carismatica per Famiglie’ promossa dal Rinnovamento nello Spirito Santo e curata dall’équipe dell’ambito nazionale ‘Evangelizzazione Famiglie’ alla ‘Casa Famiglia di Nazareth’ nello scorso agosto sul tema ‘Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, ed io vi darò ristoro’, tratto dal passo evangelico dell’apostolo san Matteo.
Come aveva sottolineato in apertura il presidente nazionale del Rinnovamento nello Spirito, Giuseppe Contaldo: “Maria e Giuseppe sono un modello di famiglia. Per capire l’importanza della famiglia, partiamo dalla ricerca di figure che possono guidarci come punti di riferimento. Maria e Giuseppe, appunto, rappresentano degli esempi per il loro aspetto umano, la solidità, l’accoglienza, la cura della vita, l’amore per il bene.
La famiglia è un dono di Dio, ma anche una conquista che dobbiamo realizzare e guadagnare giorno dopo giorno. E’ un po’ come la storia della Terra promessa, che è sia un dono che una conquista: Dio ce la dà, ma noi ce la dobbiamo prendere. La famiglia è anche una vocazione, perché parte da un’opera di Dio. Così è la vocazione: Dio ce la consegna, ma noi dobbiamo coltivarla. Ed è in questa prospettiva che si pone la prossima Vacanza Carismatica delle Famiglie che inizierà tra qualche giorno”.
Nel saluto ai partecipanti Fabrizio Fioriti e Ilenia Sabbatini, delegati per l’Evangelizzazione della Famiglia del Rinnovamento nello Spirito, avevano espresso ‘gratitudine’ per la riapertura di questa Casa Famiglia di Nazareth a Loreto: “La vicinanza della Santa Casa rende questo luogo un terreno
sacro dove coniugi, genitori, figli, nonni, single, vedovi si incontrano e sperimentano la fraternità familiare con serenità e semplicità, ispirati dalla Santa Famiglia di Nazareth” .
Ed al termine della settimana ho chiesto loro di raccontarci questa vacanza carismatica dal titolo ‘Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e vi darò ristoro (Mt 11,28)’: “Questa è la Parola di Dio che ha accompagnato la Vacanza Carismatica per famiglie ‘E-state con Gesù’ a ‘Casa Famiglia di Nazareth’ di Loreto dal 4 al 10 agosto proposta dal Rinnovamento nello Spirito.
Un’equipe di sposi ed un sacerdote ha condiviso con 16 famiglie provenienti da varie regioni italiane ed una dalla Germania un’esperienza di comunione e di fraternità con preghiera carismatica comunitaria e dinamica spirituale, svago e fraternità in spiaggia, escursioni e visite turistiche, Santa Messa, Adorazione Eucaristica, teatrino di evangelizzazione, cinema all’aperto e tanto altro. Erano
presenti coniugi di ogni età, genitori e figli piccoli e grandi, una persona separata, nonché due suore, un diacono ed un accolito: il volto bello della Chiesa tutta rappresentata da vocazioni matrimoniali e religiose”.
Sabato 14 settembre in contemporanea a Loreto ed a Pompei si svolgerà il 17^ pellegrinaggio, promosso dal Rinnovamento nello Spirito Santo con tema il passo tratto dal Vangelo di san Giovanni, ‘Qualsiasi cosa vi dica, fatela…’. Perché il Rinnovamento nello Spirito organizza il pellegrinaggio delle famiglie per la famiglia?
“Da 17 anni si rinnova l’appuntamento per radunare le famiglie desiderose di condividere attese e speranze in un clima di Comunione, Festa e Preghiera. Anche quest’anno il Rinnovamento nello Spirito organizza sabato 14 settembre, a partire dalle ore 15 fino alle ore 20:30, il pellegrinaggio che si svolgerà contemporaneamente da Scafati (SA) e dal Centro Giovanni Paolo II di Loreto (AN) sul tema ‘Qualsiasi cosa vi dica, fatela (GV2,5b)’, in collaborazione con le Prelature di Pompei e Loreto, l’Ufficio nazionale della Pastorale Familiare della Cei e del Forum Nazionale delle Associazioni Familiari. Durante il cammino tra canti e riflessioni, si ascolteranno significative testimonianze, si reciterà il Rosario della famiglia e l’atto di affidamento a Maria dei bambini e ragazzi alla Vigilia del Nuovo Anno Scolastico. Il Pellegrinaggio è un gesto corale di preghiera che coinvolge genitori, figli, nonni per riaffermare, con il rosario tra le mani e sotto lo sguardo di Maria, che la famiglia può superare tutto se lascia entrare Gesù e Maria!”
Ritornando al tema di questa vacanza carismatica, in quale modo Gesù dà ristoro?
“Nella Vacanza Carismatica ogni mattina le famiglie si sono riunite intorno Al Pozzo del cortile della Casa, come Gesù con la Samaritana, per ascoltare la Parola di Dio e le riflessioni che hanno rigenerato le relazioni durante le giornate. Ogni sera i partecipanti si sono ritrovati intorno alla
Mensa Eucaristica per ringraziare il Signore Gesù e condividere testimonianze di Vita nuova nello Spirito”.
Quali figure di riferimento possono essere guida alle famiglie?
“I Santi della ‘Porta accanto’ insieme ai familiari, come ci ripete papa Francesco. Solo i testimoni di una santità vissuta con semplicità di valori e fede possono guidare ed accompagnare le nuove generazioni chiamate alla Vocazione matrimoniale”.
Cosa è Casa Famiglia Nazareth a Loreto?
“E’ una Casa di accoglienza affidata al Rinnovamento nello Spirito dall’arcivescovo pro tempore di Loreto, mons Angelo Comastri nel 2001, aperta a giovani, famiglie, religiosi ed a quanti vogliano vivere soggiorni, periodi di riposo, fraternità, convegni e percorsi di formazione umana e spirituale .
E’ una oasi di pace e di ristoro immersa nella natura, sulla meravigliosa Riviera del Conero, sotto lo sguardo materno della Vergine Lauretana. Con 23 camere, può ospitare fino a 77 persone in pensione completa con ogni confort in camere doppie, triple e multiple e per persone con disabilità”.
In quale modo le famiglie possono camminare nella preghiera?
“Le famiglie possono accogliere nella vita quotidiana la presenza dello Spirito Santo che rende Gesù vivo, sperimentando nella semplicità dei gesti e delle parole i sentimenti della Sacra Famiglia di Nazareth; possono imparare ad intercedere gli uni per gli altri e a celebrare intorno alla tavola le
ricorrenze che scandiscono il ritmo domestico. Inoltre possono accogliere in casa piccoli cenacoli di preghiera con altre famiglie nei tempi forti liturgici”.
(Tratto da Aci Stampa)
In cammino verso il Giubileo: la Chiesa ‘pellegrina e testimone di speranza’
“Nel segno della speranza l’apostolo Paolo infonde coraggio alla comunità cristiana di Roma. La speranza è anche il messaggio centrale del prossimo Giubileo, che secondo antica tradizione il Papa indice ogni venticinque anni. Penso a tutti i pellegrini di speranza che giungeranno a Roma per vivere l’Anno Santo e a quanti, non potendo raggiungere la città degli apostoli Pietro e Paolo, lo celebreranno nelle Chiese particolari… Tutti sperano. Nel cuore di ogni persona è racchiusa la speranza come desiderio e attesa del bene, pur non sapendo che cosa il domani porterà con sé”.
Giovedì 9 maggio nella basilica di san Pietro è stata consegnata da ‘papa Francesco la Bolla di indizione del prossimo anno giubilare ‘Spes non confundit’, in cui la Chiesa è chiamata ‘continuamente ad annunciare sempre, ovunque e a tutti Cristo nostra speranza’, ha chiosato il francescano p. Fabio Nardelli, docente di Ecclesiologia all’Istituto Teologico di Assisi ed alla Pontificia Università Antonianum di Roma, nonché assistente alla facoltà di Teologia della Pontificia Università Lateranense di Roma: per quale motivo la Chiesa è ‘pellegrina e testimone di speranza’?
“La Chiesa, in ascolto dei segni dei tempi, è chiamata a vivere da ‘pellegrina’ nella sua dimensione autenticamente dinamica per ricordare all’uomo contemporaneo che tutti sono in ‘cammino verso il Regno’. Il Giubileo del 2025 è una grande opportunità per tutto il Popolo di Dio per ‘rianimare’ la speranza e attraverso parole, gesti e appelli, ricordare che la ‘speranza non delude’ (Rm 5,5). La Chiesa, ‘pellegrina e forestiera’, interpella il mondo circa la bontà della creazione nell’ottica della redenzione”.
Perché la Chiesa proclama un Giubileo?
“Nel 1300 Papa Bonifacio VIII, con la Bolla Antiquorum habet, istituisce il grande Giubileo come opportunità di perdono e misericordia, concedendo l’indulgenza. E’ un kairos, un’opportunità di grande rinnovamento per tutti i cristiani che, mettendosi in cammino ‘verso Roma’, desiderano ripartire dalla ‘radice comune’, che è il Battesimo, per vivere pienamente da discepoli-missionari. La Chiesa, nell’anno giubilare, offre particolari occasioni per esprimere la prossimità e vicinanza, soprattutto in quelle situazioni ancora controverse della storia, segnate tanto spesso ancora da venti di guerra e di odio. Il Giubileo del prossimo anno è davvero l’occasione per ‘ripartire da Cristo’, vero Dio e vero uomo e unico Salvatore dell’umanità”.
In quale modo vivere questo anno pre-giubilare come ‘una grande sinfonia di preghiera’?
“In ascolto delle indicazioni di Papa Francesco, la Chiesa si sta preparando a questo evento riscoprendo la centralità della preghiera quale dato fondante dell’esistenza cristiana, vissuta nella dimensione ecclesiale, come opportunità di supplica e di intercessione per le situazioni della globalità. Davvero il Popolo di Dio è chiamato a ‘farsi voce’ di un’esistenza nuova che rinnova la società dall’interno, prestando una particolare attenzione alla voce degli ‘scartati’ che si trovano nelle periferie esistenziali delle nostre città. Quindi quest’anno può essere considerato come una grande ‘maratona spirituale’ per allenare il passo, anche attraverso la Scuola di preghiera, al cammino dell’Anno giubilare”.
Come è possibile essere ‘strumento di unità nell’armonia delle diversità’?
“San Paolo, nei suoi scritti, ha utilizzato l’immagine del ‘Corpo di Cristo’, quale principale immagine ecclesiologica, che ha caratterizzato e segnato l’intera riflessione teologica. Il principio della diversità nella riflessione antropologica è sempre stato considerato come ricchezza e ‘valore aggiunto’; nella dinamica ecclesiale, il tema dell’armonia non è questione di uniformità, ma realtà di accoglienza e inclusione. Il Giubileo del 2025, che cade anche nel 1700 anniversario del Concilio ecumenico di Nicea, vuole diventare un’opportunità anche per la Chiesa di ‘camminare insieme’ con chi professa la stessa fede, nell’accoglienza, nel dialogo, nella reciprocità e nella ricerca del bene comune in ottica universale”.
In quale modo il cammino giubilare può aiutare a progredire nella missione di portare a tutti il Vangelo?
“Nella riflessione in merito agli eventi giubilari, la Chiesa innanzitutto è chiamata ad avere come priorità l’annuncio del Vangelo, che inserisce ogni uomo in un cammino di permanente conversione e riconciliazione con Dio, con il prossimo e con il creato. Il tema del Giubileo, ‘Pellegrini di speranza’, vuole offrire un orientamento chiaro alle molteplici iniziative affinché siano un’opportunità di evangelizzazione per tutta la Chiesa, attenta al dialogo con il mondo contemporaneo.
Come afferma papa Francesco, nella Bolla di indizione, ‘La testimonianza credente possa essere nel mondo lievito di genuina speranza, annuncio di cieli nuovi e terra nuova (2Pt 3,13)’, dove abitare nella giustizia e nella concordia tra i popoli, protesi verso il compimento della promessa del Signore”.
(Tratto da Aci Stampa)
Da Macerata a Loreto per preparare il Giubileo del 2025
60.000 al Santuario di Loreto, nel cuore della notte sono stati i fedeli partecipanti al 46^ pellegrinaggio da Macerata a Loreto, aperto la sera precedente dalla celebrazione eucaristica officiata al Centro Fiere di Villa Potenza, che nel 1993 aveva accolto san Giovanni Paolo II, da mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione e delegato di papa Francesco per il Giubileo del prossimo anno, anche se quest’anno il papa non ha telefonato, ma ha inviato, attraverso il segretario di stato vaticano, card. Pietro Parolin, un messaggio in cui ha espresso ‘apprezzamento per l’impegno nella promozione dei valori universali della pace e della solidarietà’, auspicando che il pellegrinaggio “susciti sempre più il desiderio di conoscere Cristo, specialmente attraverso l’incontro cuore a cuore nella preghiera, per testimoniarlo all’uomo contemporaneo”, come domanda la Madonna dopo l’annuncio dell’angelo: ‘Come è possibile tutto questo?’
Ma a Dio tutto è possibile è stata l’esortazione del video messaggio del patriarca di Gerusalemme dei Latini, card. Pierbattista Pizzaballa con il rammarico di non essere presente in quanto non vuole abbandonare il suo popolo in questo momento di grave crisi nel Medio Oriente: “Odio, dolore, sfiducia, chiusure, vengono dalla nostra incapacità di riconoscere l’altro come fratello, come persona che ha la nostra stessa dignità, gli stessi diritti, vengono dalle ideologie dove la propria idea di terra, nazione, Paese, prevale sulle persone che hai di fronte”. Però davanti a questa guerra il patriarca ha rimarcato la forza dei credenti, che credono nella pace:
“C’è un odore di morte che ci sta quasi soffocando, anche nelle relazioni personali, con divisioni e arroccamenti su di sé, quando invece la vita cristiana è un restituire a un ‘Tu’ che è Gesù, che si è fatto nostro fratello. In questi mesi di guerra continuo a incontrare però persone, credenti, non credenti, ebrei, cristiani, musulmani, che hanno voglia di spendere la loro vita per dire che non vogliono rassegnarsi a queste ideologie che fomentano l’odio e la sofferenza. Sono giovani che hanno voglia di mettersi in gioco e che dicono ‘io non voglio vivere in un Paese così’, c’è anche un altro modo, una narrativa inclusiva, siamo qui perché il Signore ci ha messo qui e dobbiamo trovare il modo per una riconciliazione. Ci vorrà molto tempo ma c’è bisogno di qualcuno che la costruisca”.
E c’è stato anche Luca, collaboratore dell’associazione ‘Frontiere di pace’ di Como, che ha raccontato le loro missioni in Ucraina: “Dopo il primo viaggio l’Ucraina, per me, ha cessato di essere un’astratta espressione geografica, ma è diventato il volto di Raissa, 67 anni, a cui hanno ucciso il genero quarantenne davanti agli occhi o quello di Mascia, 7 anni, ucciso da un bombardamento in un centro commerciale. Persone concrete, aiutando le quali si capisce meglio il senso della vita e delle quali si diventa amici.
Così, quando te ne ritorni a casa e li lasci lì, sotto le bombe, hai una stretta al cuore. Ascoltiamo ciò che la gente racconta e ne raccogliamo le storie; portando la nostra testimonianza e sensibilizzando le nostre comunità, le scuole, i gruppi. Costruiamo rapporti di amicizia, solidarietà e vicinanza con le comunità destinatarie delle nostre missioni umanitarie”.
Nell’omelia mons. Rino Fisichella ha sottolineato l’importanza di una ‘casa’ per trasmettere la fede: “Nel Vangelo di Marco la casa ha un ruolo importante perché è il luogo della familiarità, della sicurezza. E’ però anche il luogo dove si trasmette la fede. Ed infatti l’apostolo ci ricorda che ‘ho creduto e per questo ho parlato’ e noi siamo qui perché, con il nostro linguaggio, il nostro cammino, il nostro essere capaci di stare insieme per raggiungere la meta, stiamo dicendo che, non solo abbiamo raccolto la chiamata rispondendo al Signore che ci cerca, perché possiamo essere familiari suoi nella sua casa, ma siamo anche coloro che hanno la responsabilità di trasmettere di generazione in generazione quello che è il nostro incontro con Lui”.
E prima della partenza mons. Fisichella ha motivato i pellegrini: “Noi siamo qui perché con il nostro cammino, il nostro essere capaci di stare insieme per raggiungere la meta, stiamo dicendo che non solo abbiamo raccolto la Sua chiamata ma possiamo essere familiari suoi e della sua casa, con la responsabilità di trasmettere alle generazioni future quello che è il nostro incontro con il Signore”.
Prima della celebrazione eucaristica gli abbiamo chiesto se questo pellegrinaggio se questo pellegrinaggio può considerarsi un ‘antipasto’ del prossimo Giubileo: “Il pellegrinaggio da Macerata a Loreto anticipa quello che tra meno di 200 giorni sarà l’inizio del Giubileo, perché i ‘pellegrini di speranza’ sono tutti coloro che si mettono in cammino e sono sempre annunciatori di quella speranza, che non delude, perché nasce dall’amore di Dio. Chi cammina da Macerata a Loreto compie davvero un pellegrinaggio, perché ha una meta davanti a sé, che è la Casa, che secondo la tradizione Gesù vi ha abitato; quindi dà un messaggio fondamentale: si cresce nella speranza e ne diventiamo responsabili per portarla anche agli altri”.
Il pellegrinaggio può essere l’occasione per imparare a camminare con il cuore pieno di stupore?
“Il pellegrinaggio è il simbolo della vita dell’uomo. Mi piace ricordare quanto diceva alla fine della Seconda guerra mondiale un filosofo francese Gabriel Marcel: ‘Homo viator’, l’uomo è in cammino. Questo cammino però deve trasformarsi in un pellegrinaggio, altrimenti potrebbe diventare ‘erranza’, assenza di una meta da raggiungere. Per noi il pellegrinaggio deve essere la riscoperta di noi stessi. Metterci in cammino equivale a ritrovare noi stessi ma davanti alla presenza di Dio, ed è ciò che dà significato alla nostra vita, ciò che consente ad ognuno di noi di vivere questa esperienza con rinnovato entusiasmo e una fede più profonda”.
Allora cosa significa essere ‘pellegrini di speranza’?
“Essere ‘pellegrini di speranza’ significa avere la forza e la convinzione di potere annunciare che la morte è vinta, perché Cristo è risorto. L’apostolo Paolo afferma chiaramente che Cristo è la nostra speranza; non è fuori di noi, ma dentro di noi, in quanto abbiamo sempre bisogno di ‘ricercarlo’. Ecco il motivo per cui il pellegrinaggio è la forma più coerente per poter trovare Dio”.
Quale ruolo possono svolgere i santuari nell’Anno Santo, dedicato alla speranza?
“I santuari svolgono un ruolo fondamentale nella vita della Chiesa perché permettono di realizzare una pastorale che spesso è complementare a quella che viene vissuta nelle nostre comunità parrocchiali. La complementarietà è data appunto dall’essere un luogo particolare di accoglienza, un luogo del tutto speciale per la preghiera, ma anche uno spazio dove i pellegrini si incontrano portando le esperienze più differenti e si ritorna a quello che è l’antico senso del pellegrinaggio che ha toccato poi anche direttamente il Giubileo. Il pellegrinaggio è un cammino che è espressione e simbolo della vita personale di ognuno di noi. Nel pellegrinaggio ci si incontra, nel pellegrinaggio ci si scambia le esperienze”.
Quindi la speranza non delude?
“La speranza cristiana non delude. Sant’Agostino affermava che tutti sperano, tutti credono, tutti amano, ma il contenuto di tutto ciò rende diverse le cose. Siccome il contenuto della nostra speranza è la resurrezione di Cristo è chiaro che non possiamo mai essere delusi, perché la portiamo in noi con la vita nuova del battesimo”.
(Tratto da Aci Stampa)
Monsignor Giancarlo Vecerrica: ‘Il pellegrinaggio è un atto di ringraziamento’
“Non a caso il pellegrinaggio esprime un elemento fondamentale di ogni evento giubilare. Mettersi in cammino è tipico di chi va alla ricerca del senso della vita. Il pellegrinaggio a piedi favorisce molto la riscoperta del valore del silenzio, della fatica, dell’essenzialità. Anche nel prossimo anno i pellegrini di speranza non mancheranno di percorrere vie antiche e moderne per vivere intensamente l’esperienza giubilare”: così papa Francesco ha scritto nella Bolla di indizione del Giubileo del prossimo anno, ‘Spes non confundit’.
Questa definizione si addice al pellegrinaggio che si compie da 46 anni da Macerata a Loreto ad ogni conclusione di anno scolastico ed anche quest’anno si rinnova sabato 8 giugno, perché è un gesto di fede popolare a cui partecipano ogni anno migliaia di persone, soprattutto giovani. Il cammino notturno verso la Santa Casa di Loreto si snoda per 28 chilometri tra le colline marchigiane: la Santa Messa, le testimonianze, i flambeaux per illuminare la notte, la benedizione eucaristica, i fuochi d’artificio, i canti, la recita del Rosario accompagnano il cammino.
Iniziato nel 1978 per iniziativa di don Giancarlo Vecerrica, allora professore di religione negli istituti scolastici superiori ed oggi vescovo emerito della diocesi di Fabriano-Matelica, il Pellegrinaggio a piedi Macerata-Loreto è nato dal desiderio di riproporre una esperienza di vita cristiana, riprendendo una tradizione ancora presente nel ricordo di molti ma quasi del tutto abbandonata.
Il tema di quest’anno riprende la domanda della Madonna all’annuncio dell’arcangelo Gabriele: a mons. Giancarlo Vecerrica chiediamo di raccontarci ‘Come è possibile questo?’: “Per il prossimo 46° Pellegrinaggio a piedi Macerata-Loreto dell’8 giugno prossimo abbiamo proposto questo tema: ‘Come è possibile questo?’ (Lc 1,34). E’ la domanda della Madonna all’Angelo che le aveva annunciato il miracolo straordinario dell’incarnazione di Dio: ‘Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù’. Ci ha sempre affascinato la Santa Casa di Nazareth, che è a Loreto, dove la Madonna ha accolto la presenza di Dio con tanta commozione e gratitudine per questo dono straordinario. Infatti don Luigi Giussani in un suo messaggio ci salutava così: La vicina Santa Casa di Loreto dove tutto ebbe inizio ospiti la vostra gioia come la mia”.
In quale modo l’impossibile accade?
“L’Angelo San Gabriele comunica alla Madonna questo miracolo dell’incarnazione dicendo: ‘Nulla è impossibile a Dio’. Allora l’impossibile accade non per l’opera dell’uomo, ma per l’opera di Dio: chi opera è lo Spirito Santo. A noi è chiesta la disponibilità, dare quel poco o tanto che abbiamo, perché i miracoli poi li compie Dio”.
La Madonna pone una domanda a Dio: è possibile chiedere a Dio?
“Gesù nel Vangelo ci dice: ‘Chiedete e vi sarà dato’. Il Pellegrinaggio è il gesto della domanda a Dio. Impariamo dalla Madonna a presentare al Signore, la nostra vita e le nostre domande. Siamo sempre colpiti dalle innumerevoli intenzioni di preghiera che ogni anno ci vengono inviate e che durante il cammino notturno vengono proclamate”.
In quale modo vivere lo stupore del Pellegrinaggio?
“La sorpresa che ci commuove ogni anno è segnata dalle numerosissime testimonianze su come, attraverso l’intercessione della Madonna, le varie preghiere vengono esaudite. Ecco un esempio. L’anno scorso ha partecipato al Pellegrinaggio un giovane, con la sua famiglia, che aveva perso tutto nell’alluvione accaduta in Romagna. Dopo il Pellegrinaggio il giovane ci ha inviato questa testimonianza: ‘Siamo partiti disperati, siamo arrivati gioiosi’. E quante testimonianze simili continuano ad arrivarci!”
Il Pellegrinaggio è nato come gesto di ringraziamento alla Madonna: quali sono i motivi di ringraziamento?
“Il Pellegrinaggio a piedi a Loreto è la storia del popolo marchigiano, perché al termine di ogni attività umana, le famiglie insieme andavano a piedi a Loreto per ringraziare la Madonna a Casa sua. Il ringraziamento era sentito fortemente perché la vita è sempre un dono e perciò ogni possibilità umana ci è data come dono. Il metodo migliore per ringraziare il Signore è quello di passare attraverso Mari, che ha saputo accogliere il dono di Dio. Infatti i maceratesi, andando a piedi a Loreto, cantavano: ‘Evviva Maria, Evviva Maria e chi la creò. Senza Maria campar non si può’. Così, ho cercato di fare anch’io, insegnando religione al liceo classico di Macerata: per aiutare i miei studenti a vivere bene gli scrutini e gli esami a conclusione dell’anno scolastico, con meno ansia e più gioia, nel 1978 proposi questa esperienza, che poi si è allargata fino a comprendere giovani e adulti da tutto il mondo”.
A maggio si è aperto l’anno della preghiera, che condurrà all’apertura dell’Anno Santo: perché la preghiera è fondamento della vita del cristiano?
“A presiedere la concelebrazione eucaristica di inizio del pellegrinaggio abbiamo invitato l’arcivescovo mons, Rino Fisichella, che il papa ha incaricato a coordinare le iniziative del prossimo Giubileo 2025. La preghiera è fondamento della vita perché esprime la natura dell’essere umano, che è domanda. La salvezza e la felicità sono doni di chi ci ha creati e salvati. L’uomo per vivere non può non pregare. Infatti Gesù nel vangelo ci rivolge l’invito determinate per la vita: ‘Pregate sempre, perché senza di me non potete fare nulla’. Soprattutto in questo 46° Pellegrinaggio, guidato dalla Fiaccola della Pace, proporremo la preghiera per la pace, perché la pace è dono di Dio, da domandare, accogliere e donare a tutti, perché siamo, come ci ha proposto papa Francesco, Fratelli tutti”.
(Tratto da Aci Stampa)
Presentato il 46° Pellegrinaggio piedi Macerata-Loreto: Come è possibile questo
E’ tutto pronto per la 46ma edizione del Pellegrinaggio a piedi Macerata – Loreto, promosso dal 1978 da Comunione e Liberazione, che si terrà nella notte tra sabato 8 e domenica 9 giugno, con partenza dal Centro Fiere di Macerata (dove fu accolto nel 1993 san Giovanni Paolo II), con la Santa Messa alle ore 20.30, celebrata da mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione e delegato del Papa per il Giubileo del 2025.
Il presidente del Comitato Ermanno Calzolaio ha illustrato le ragioni di questo Pellegrinaggio, che rinnova una tradizione nata dall’intuizione di mons. Giancarlo Vecerrica, che nel 1978 lo propose ai suoi studenti: partirono in 300: “Arriviamo sfiduciati e partiamo pieni di speranza, hanno detto i numerosi pellegrini che lo scorso anno hanno partecipato dalle zone alluvionate. E così molte altre testimonianze. ‘Come è possibile questo?’: la domanda della Madonna di fronte all’annuncio dell’Angelo diventa il tema di questa edizione, a sottolineare che ‘nel Pellegrinaggio accade qualcosa che, io per primo, voglio scoprire per me: cosa rende possibile affrontare ogni circostanza con fiducia, con speranza?”
Le testimonianze che saranno proposte ai pellegrini documenteranno proprio questo, anche dalle situazioni più drammatiche: da Mosca, da Haifa, attraverso la testimonianza di Luca, di Frontiere di Pace, che dall’inizio dell’emergenza si prende cura dei bisogni della popolazione in Ucraina.
Richiesta di aiuto, di reincontrare la speranza per sé e per i propri cari, ma anche desiderio di ringraziare per un bene ricevuto, come accade per Mons. Nazzareno Marconi che compirà il cammino nei suoi 10 anni di nomina a vescovo della diocesi di Macerata.
Mons. Marconi, nel ricordare il nuovo incarico di mons. Rino Fisichella come delegato per il Giubileo 2025, ha sottolineato la scelta del tema ‘Pellegrini nella speranza’. Una sintonia che presenta da un lato l’esperienza di accoglienza, compagnia, riscoperta della fede compiuta dal cammino del Pellegrinaggio di tutti questi anni e dall’altro la valorizzazione dell’esperienza del pellegrinaggio nella vita del popolo cristiano che avverrà proprio durante il Giubileo.
Mons. Vecerrica, ha affermato che il pellegrinaggio è del papa e dei vescovi, ricordando la valorizzazione a partire da san Giovanni Paolo II fino a papa Francesco che ha mostrato sempre la sua vicinanza con una telefonata augurale e benedizione ai pellegrini, fin dalla edizione del 2013, anno della sua elezione. L’attesa vale anche per sabato prossimo. Intanto un messaggio scritto con la benedizione è arrivato da parte del card. Parolin a nome del papa.
In tale occasione Davide Prosperi, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, ha inviato un messaggio, che sarà letto prima della celebrazione eucaristica: “Ecco, il vostro ‘sì’ al gesto del pellegrinaggio è una scelta di libertà totale con la quale ognuno di voi afferma prima di ogni altra cosa, prima di ogni desiderio o aspirazione, prima di ogni urgenza, impegno o responsabilità personali che le circostanze della vita inevitabilmente pongono, l’umiltà della preghiera: ‘Non sia fatta la mia, ma la Tua volontà’. Il vostro ‘sì’ è l’affermazione di un giudizio nuovo e di una speranza possibile. Insieme ai tanti testimoni, a partire da papa Francesco, che instancabilmente continuano a offrire all’umanità i tratti di questa speranza possibile, anche voi nel cammino che vi aspetta rendete, passo dopo passo, la medesima testimonianza”.
E’ un invito ad essere ‘pellegrini di speranza’: “Che le parole del Papa e di don Giussani vi guidino nel cammino insieme. Insieme, perché il vostro ‘sì’ non è solitario, ma il segno concreto dell’appartenenza al ‘Suo popolo’, forma della presenza di Cristo nella storia. Voi nel vostro pellegrinaggio e noi nell’accompagnare i vostri passi e le vostre preghiere, offriamo in un’unica voce alla Madonna il nostro pianto implorante, che è il pianto del mondo, affinché lo affidi a ‘Colui per il quale vale la pena alzarsi al mattino’, ‘per cui è umana anche la sofferenza’. Da qui può sorgere il vero perdono che salva il mondo, la vera pace e la vera speranza”.
Chi non potrà camminare, avrà la possibilità seguire il Pellegrinaggio, a partire dalla celebrazione al Centro Fiere e per tutta la notte, attraverso la diretta sul canale YouTube del Pellegrinaggio e sul sito www.pellegrinaggio.org; le testimonianze e la S. Messa sarà possibile seguirle anche su EmmeTv (canale 89) e su Radio Nuova inBlu.
(Foto: Pellegrinaggio Macerata-Loreto)
L’ascensione di Gesù al cielo
A quaranta giorni dalla festività della Pasqua, la Chiesa celebra l’ascensione di Gesù al cielo: un avvenimento storico cristologico ed ecclesiologico; nasce infatti la Chiesa di Cristo Gesù. Storicamente l’ascensione di Gesù avvenne 40 giorni dopo la Pasqua, il tempo durante il quale Gesù ha dato le prove più eclatanti della sua risurrezione, come aveva predetto: ‘Dopo tre giorni risusciterò’. Dopo aver rassicurato i suoi discepoli, Gesù affida loro il mandato: Testimoniare al mondo la sua risurrezione ed annunciare il Vangelo a tutti i popoli. Il fatto storico dell’ascensione è riccamente rievocato negli Atti degli apostoli.
Gesù porta fuori i suoi discepoli e dice loro: ‘Vado! … se mi amaste, vi rallegreresti perché vado al Padre’. Gesù non solo dice ‘Vado…’, ma assicura: ‘Tornerò da voi’. La partenza di Gesù è solo la conclusione della missione messianica terrena di Gesù, ma la sua opera continua dal cielo, non è perciò una separazione ma la vera nascita della Chiesa. Da qui il significato non solo cristologico della festa ma anche ecclesiologico perché da essa ha inizio la missione della Chiesa nel mondo: ‘Andate in tutto il mondo, dice Gesù ai suoi, proclamate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvato’.
Alla sua Chiesa assicura la presenza costante dello Spirito santo, che sarà sempre presente ed operante e sosterrà la Chiesa per condurla alla Gerusalemme celeste. La sua partenza non produce turbamento anzi Gesù aggiunge: ‘Vi lascio la pace, vi do la mia pace… non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore’. Ora i suoi discepoli riconoscono in Gesù il Signore vittorioso sulla morte e comprendono il significato profondo della loro missione. Il loro cuore è invaso dallo stupore e dalla lode, in essi non c’è la malinconia dell’addio ma la gioia per la certezza della continua presenza di Gesù in mezzo a loro.
Gesù si sottrae agli occhi fisici per rendersi presente agli occhi del cuore dei suoi discepoli. Si libera dai limiti dello spazio e del tempo per essere presente all’uomo di ogni tempo e di ogni spazio. Gesù così sale al cielo e per gli Apostoli inizia l’impegno ad immergersi nella realtà del mondo e della storia anche se si sentono alquanto impacciati ed incerti sulla via da intraprendere; la meta è una sola: essere testimoni di Cristo risorto in Gerusalemme, in Giudea e nel mondo intero..
Una missione ecclesiologica che non si esaurisce con l’attività dei dodici apostoli, ma una missione che Gesù affida alla Chiesa e durerà sino alla seconda venuta di Gesù come giudice della storia. Gli Atti degli Apostoli annotano che i discepoli stavano ancora fissando il cielo mentre Gesù si allontanava da essi, quando due uomini in bianche vesti si presentarono loro dicendo: ‘Uomini di Galilea, perché state ancora a guardare il cielo? Questo Gesù che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo’.
In altre parole: non c’è più tempo da perdere o di stare a guardare, mettetevi all’opera per realizzare la missione a voi assegnata. Nasce spontanea la domanda: cosa è il cielo?, dove è il cielo? Gesù non è andato in un luogo nuovo ma è entrato nella dimensione dello spirito; il cielo non è un luogo dove si va; il cielo è una dimensione dello spirito; è nuova perché diversa e sconosciuta a noi che abbiamo un corpo. Gesù oggi è accanto a Dio Padre, è accanto a noi nella dimensione dello spirito.
Andare al Padre non significa lasciare la terra, quanto invece essere glorificato, ricevere il trono di gloria acquistato con la passione morte per salvare l’uomo. Oggi è iniziato invece il cammino della Chiesa. La festa dell’Ascensione riaccende i noi una nuova luce; è la presa di coscienza che Gesù, il Vivente è sempre presente in mezzo a noi, presente in ogni uomo, in ogni parte della terra. Gesù diventa così contemporaneo di ogni uomo , di ogni generazione.
La festività di oggi è la certezza del suo aiuto nel pellegrinaggio terreno e stimolo per un impegno sempre più proficuo. Cristo non abbandona mai la sua Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno. Maria, la dolcissima regina del cielo, ci aiuti ad essere sempre testimoni coraggiosi e credibili del Risorto nella situazioni concrete della vita.
Vocazioni e speranza, la testimonianza di Suor Angelita Guerriero
“Ascoltare la chiamata divina, lungi dall’essere un dovere imposto dall’esterno, magari in nome di un’ideale religioso, è invece il modo più sicuro che abbiamo di alimentare il desiderio di felicità che ci portiamo dentro: la nostra vita si realizza e si compie quando scopriamo chi siamo, quali sono le nostre qualità, in quale campo possiamo metterle a frutto, quale strada possiamo percorrere per diventare segno e strumento di amore, di accoglienza, di bellezza e di pace, nei contesti in cui viviamo”: nel messaggio, intitolato ‘Chiamati a seminare la speranza e costruire la pace’, per la giornata per le vocazioni, che si celebra oggi, papa Francesco invita a creare ambienti adeguati nei quali sperimentare il miracolo di una nuova nascita.
Partendo dall’incipit del messaggio papale a suor Angelita Guerriero, madre generale della Congregazione delle Figlie di San Giuseppe di Rivalba, fondata da don Giuseppe Marchisio, abbiamo chiesto di spiegarci in quale modo si può seminare la speranza e costruire la pace: “Prima di tutto mi piace molto questo titolo. Sono colpita dal verbo ‘seminare’. Anche noi due anni fa, dedicando il nostro anno alle Vocazioni abbiamo deciso di utilizzare questo verbo così: seminando il futuro. Il logo che accompagnava questa frase era la figura di Gesù seminatore su un campo che lasciava intravvedere il castello di Rivalba, in provincia di Torino, da dove inizia tutto e parte l’intuizione carismatica del nostro Fondatore, il parroco di questo paese, il Beato Clemente Marchisio. Condivido moltissimo anche i due termini: Speranza e Pace.
Due parole che desidero fortemente scrivere con la lettera maiuscola iniziale, perché mi piace sottolineare che la speranza e la pace sono ispirate da Dio. Tutti noi siamo chiamati in prima linea ad essere seminatori di questo campo molto tormentato, in questo mondo che non sa più far crescere frutti copiosi per il bene dell’umanità. La speranza di pace è un’emergenza prioritaria oggi, in questo 2024 pieno di conflitti, di odio, di bombe e di distruzione. La soluzione a tutto questo è cambiare il nostro atteggiamento quotidiano. Ognuno di noi deve sentirsi investito da grande responsabilità, deve avvertire il ruolo fondamentale di operatore di speranza e di pace.
Non tocca sempre agli altri l’onere di cambiare il mondo. Dobbiamo sentirci protagonisti di questo miracolo di Bene ispirato da Dio. E la conseguenza più bella di questo cambiamento del cuore sta proprio nel far nascere una nuova domanda nelle giovani generazioni, un desiderio di vita ispirata al Vangelo, un’attrazione nei confronti del messaggio di Gesù Cristo. Solo così possiamo contagiare le persone e far nascere nuove vocazioni. I giovani ci seguiranno e doneranno la propria vita solo se saremo credibili e totalmente impegnate a regalare speranza e pace nelle nostre comunità e sulle nostre strade quotidiane”.
Perché la vocazione fa diventare ‘pellegrine di speranza’?
“Questa è una questione fondamentale che deve interrogarci nel profondo. Avverto spesso un po’ di rassegnazione rispetto ai discorsi che si fanno intorno alla pastorale vocazionale. Questo atteggiamento purtroppo non aiuta le tante belle iniziative che possono essere messe sul campo e che possono attrarre l’attenzione dei giovani. Siamo spesso tanto indaffarate nel nostro pellegrinaggio quotidiano.
Gli impegni si moltiplicano e il lavoro a cui siamo chiamate rischia di schiacciarci in un’operatività che travolge completamente i diversi momenti delle nostre giornate. Corriamo tanto e rischiamo di disperdere la Luce che ci guida e che dobbiamo trasmettere alle persone che incontriamo sulla nostra strada.
Questo è il punto nodale: siamo chiamate a rinnovare il nostro pellegrinaggio. Un cammino che, pur restando intenso, deve contenere in sé anche l’attenzione al cuore delle persone che entrano in relazione con noi. Sono convinta che la Speranza si comunica attraverso uno sguardo nuovo, più attento e riflessivo, che inneschi un dialogo personale profondo. Le nostre giovani non ci chiedono di fare tante cose… ma al contrario desiderano essere qualcosa di più. Hanno sete di Dio che si manifesta attraverso un dialogo intenso, frutto di un incontro di cuori e di tempo dedicato. Solo così può nascere una domanda sul senso della propria vita e delle scelte da affrontare.
In questo modo il nostro pellegrinaggio ha le premesse per diventare fecondo. E la Speranza può innescare una scintilla provvidenziale che può cambiare i cuori. Sono convinta che il desiderio di donare sè stesse continui ad esserci ma spesso manca una sintonia, un richiamo efficace che possa smuovere le coscienze tanto distratte e profondamente stordite da una realtà confusa e spesso solo attenta ai bisogni primari”.
Nel messaggio il papa ha parlato di carisma: ed il vostro?
“Il nostro carisma mette al centro di tutto il Mistero Eucaristico. Gesù Sacramentato è il motore della nostra vita che doniamo per darne testimonianza. Il nostro fondatore, il beato Clemente Marchisio, ci ha indicato un comandamento essenziale: amare e far amare, onorare e far onorare, servire e far servire Dio nel Sacramento dell’Altare. La ‘Figlia di San Giuseppe di Rivalba’ dona la sua vita in totale umiltà e disponibilità al Padre per i fratelli. L’impegno quotidiano è richiamare tutti a dirigere lo sguardo verso il Tabernacolo che assume una centralità non teorica ma fattiva, pratica, che deve risuonare in ogni gesto. Da qui parte tutto.
Il nostro lavoro quotidiano nel produrre le particole che diventeranno il Corpo di Cristo. La nostra cura per i paramenti e la mensa eucaristica nella ricerca del bello non come fatto estetico ma come risonanza di una sacralità che si esprime nell’attenzione di ogni dettaglio nelle celebrazioni eucaristiche. La formazione in parrocchia per condividere e far conoscere la nostra missione tesa a servire il sacerdote celebrante. L’attività parrocchiale nella catechesi e nella animazione di momenti di preghiera e di adorazione eucaristica.
L’accoglienza e la formazione di laici e famiglie che si vogliono consacrare come oblati che affiancano il nostro cammino carismatico nella Chiesa. Una lunga storia che ha radici italiane e che ora crescono anche in Africa (Nigeria) e in America Latina (Brasile, Messico e Argentina). Mi piace ancora ricordare il servizio che si svolge nella Città del Vaticano, dove da 100 anni siamo al servizio della sacrestia di san Pietro. Un lavoro silenzioso che non s’interrompe mai e che svolgiamo con tanta cura e amore per la Chiesa”.
Quanto è importante nella quotidianità l’Eucarestia?
“L’Eucarestia è il vero e unico nutrimento che può cambiare il mondo. Vogliamo comunicarlo a tutti, perché ci si renda conto che l’uomo non può salvare questo pianeta senza il sostegno provvidenziale di Dio. E’ inutile preoccuparci, dobbiamo affidarci! Per questa ragione l’Eucarestia è il richiamo fortissimo ad entrare in una nuova visione della vita che non ci veda al centro dell’universo ma ci regali la consapevolezza di essere creature ad immagine e somiglianza del Creatore. In definitiva dobbiamo passare da io a Dio”.
Nel mese scorso si è aperto un anno dedicato al fondatore: perché è l’Anno del Marchisio?
“L’Anno del Marchisio chiude un triennio molto importante per la nostra congregazione. Siamo partiti con l’Anno Vocazionale avente per slogan ‘Seminando il futuro’. Siamo passati all’Anno dedicato all’Eucarestia: ‘Illuminando il presente’. Lo scorso 19 marzo è iniziato l’Anno dedicato al fondatore, il beato Clemente Marchisio, con la frase che completa il triennio: ‘Rivivendo il passato’.
Desideriamo ritornare alle nostre radici, senza inutili nostalgie, ma con l’impegno di recuperare l’ardore carismatico iniziale che sfida il tempo, i secoli e i cambiamenti di costume. Il Vangelo è l’unica vera notizia che non conosce il passare del tempo. E’ sempre nuova per ciò che stiamo vivendo! Tutto questo ci porterà al 2025 in cui ci saranno le celebrazioni per i 150 anni di fondazione della Congregazione”.
Per quale motivo egli fonda la famiglia delle Figlie di san Giuseppe di Rivalba?
“Il Beato Clemente Marchisio è il parroco di Rivalba, un piccolo paese poco lontano da Torino. E’ un pastore di anime che vive nel cuore dell’Ottocento. Si rende conto della condizione delle donne nella sua comunità di Rivalba e nello stesso tempo vuole contribuire a tenere viva la cura della liturgia in tutti i suoi aspetti. Mette insieme queste due esigenze e fonda una nuova famiglia religiosa femminile che possa avere come centro di vita l’Eucarestia, come valore assoluto a cui riferirsi.
La cura quotidiana di tutto ciò che riguarda il tabernacolo e l’altare (produzione di particole, vino, paramenti religiosi ed ogni aspetto della liturgia e della formazione delle persone che desiderano vivere le diverse celebrazioni nella Chiesa) è il centro della vita di questa congregazione. 150 anni fa coinvolge un primo gruppo di donne a cui affida questi servizi, coinvolgendole, formandole per consacrarle ad un nuovo stile di vita che ancora oggi prosegue il cammino nell’Italia e nel mondo”.
(Tratto da Aci Stampa)
Giubileo: la cultura per respirare spiritualità
“Nel suo diario Zavattini annota: Vorrebbero [che facessi] un film tutto mio, lasciandomi totalmente libero, dico totalmente, purché il film si basi sulla morale cristiana, ma chi non è cristiano? Cristo è alle porte”: con questo pensiero a conclusione della presentazione degli eventi culturali che accompagneranno il Giubileo del 2025 mons. Dario Edoardo Viganò, vice cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze e delle Scienze Sociali, ha presentato la rassegna dei film ‘Volti e controvolti di speranza’ che sarà aperta il 14 aprile al Cinema delle Province, a Roma, con la pellicola ‘La porta del cielo’ (Vittorio De Sica e Cesare Zavattini, 1945), in una copia recentemente restaurata. Si tratta di un lavoro di rete tra Fondazione MAC, il Centro di ricerca Cast di Uninettuno, Officina della Comunicazione, Isacem e Cineteca Nazionale.
Quindi questa rassegna si apre con il film di Vittorio De Sica e Cesare Zavattini: “Nello specifico dell’opera di De Sica-Zavattini, La porta del cielo racconta un pellegrinaggio di malati al santuario di Loreto. Girato, tra il marzo e il giugno del 1944, durante l’occupazione nazifascista della Capitale, le riprese si svolsero a Roma nella Basilica di San Paolo fuori le Mura. Nel processo realizzativo del film fu coinvolto anche Giovanni Battista Montini, il futuro papa Paolo VI, allora sostituto alla Segreteria di Stato”.
Sollecitando le 500 Sale di comunità in Italia a replicare l’iniziativa di quella della diocesi di Roma, mons. Viganò ha citato gli altri film selezionati dalla Fondazione Ente dello Spettacolo: ‘On life’ (2023) di James Hawes, con il premio Oscar Anthony Hopkins, ‘La chimera’ (2023) di Alice Rohrwacher con Josh O’Connor e Isabella Rossellini, ‘Perfect Days’ (2023) di Wim Wenders, ‘Foglie al vento’ (2023) di Aki Kaurismäki., ‘L’intrepido’ (2013) di Gianni Amelio; ‘Silence’ (2016) di Martin Scorsese; ‘Chiara’ (2022) di Susanna Nicchiarelli; ‘Il concerto’ (2009) di Radu Mihăileanu e ‘Cristo proibito’ (1951) di Curzio Malaparte.
Iniziando la conferenza stampa mons. Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, Sezione per le Questioni Fondamentali dell’Evangelizzazione nel Mondo, ha spiegato il motto ‘Pellegrini di speranza’: “Tutti sperano, nessuno escluso. L’esperienza della speranza è radicata nel cuore di ogni persona come attesa di un bene e desiderio che si realizzi. La speranza è oggetto di studio da parte varie scienze: dalla letteratura alla psichiatria; dalla sociologia alla filosofia e teologia… l’esigenza di dare voce alla speranza accomuna i saperi e rende l’umanità più coinvolta in un processo di progresso e benessere”.
Inoltre, mentre ha detto che nel prossimo mese sarà reso pubblico il programma completo, mons. Fisichella ha sottolineato il valore spirituale del Giubileo: “E’ per questo che fin dai primi giorni di progettazione si è dato vita anche a una Commissione culturale con l’intento di trovare le forme più adeguate per dare spessore all’esperienza giubilare. La Commissione è stata in grado di accogliere e valutare tante proposte che sono giunte da differenti parti. Alcune sono già partite mentre altre troveranno attuazione nei prossimi mesi. Mi piace, ad esempio, far riferimento al progetto ‘In Cammino’, un pellegrinaggio moderno tra le 14 maggiori Abbazie d’Europa ideato e promosso da Livia Pomodoro, presidente dell’associazione culturale ‘No’hma – In cammino’.
Il Pellegrinaggio, partito dall’Abbazia di Canterbury nel luglio del 2023, attraversa sette Paesi europei per giungere poi fino a Roma nel 2025. Lo scopo principale di questa iniziativa è quello di proporre, come spiegano gli organizzatori, un vero e proprio percorso del cuore e della mente, che riunisce in sé ragione e fede, riscoperta e rispetto dell’ambiente all’insegna della speranza”.
Inoltre don Alessio Geretti, collaboratore esterno del Dicastero per l’Evangelizzazione, ha illustrato la mostra di icone che è esposta per tutto l’anno alla chiesa di Sant’Agnese in Agone, in sacrestia, ‘un luogo di grande accessibilità per tutti’: saranno esposte una ventina di opere, di tradizione russa, ucraina, siriana, con la speciale collaborazione tra il dicastero per l’Evangelizzazione ed i Musei Vaticani: le icone nel contesto dell’arte bizantina saranno particolarmente adatte a entrare nell’Anno Santo.
All’inizio 2025 (tra novembre 2024 e gennaio 2025) ed entro l’estate di quest’anno ci saranno due eventi su Salvador Dalì e Marc Chagall, che proviene da una tradizione ebraica e sviluppatore di una mistica della quotidianità, nutrito di Sacra Scrittura, grande fonte di ispirazione per lui, come ha detto don Geretti: “Forse uno dei pochissimi del mondo ebraico che ha esplicitamente riconosciuto il fascino di Cristo, che poteva sintetizzare ai suoi occhi la sua fede e che ci offre una importante chiave di lettura anche per l’oggi”.
E per quanto riguarda Salvador Dalì don Geretti ha sottolineato il suo percorso di fede: “Dalì trovò religiosamente interessantissima, inoltre, la radice di fede delle scienze quantistiche: la materia, sosteneva, è l’antefatto dello Spirito. In Dalì troviamo che la bellezza della forma risveglia la tensione verso la vita nello Spirito”.
(Foto: Vatican News)
Colletta per la Terra Santa: fate sentire il cuore solidale della Chiesa
‘E ora i nostri piedi si fermano alle tue porte, Gerusalemme’: con queste parole tratte dal salmo 122 il prefetto del dicastero per le Chiese orientali, card. Claudio Gugerotti, ha scritto una lettera ai cattolici per esortarli a partecipare alla ‘Colletta pro Terra Sancta’, che si svolge nel Venerdì Santo, nata dalla volontà dei papi di mantenere forte il legame tra i cristiani e quelli dei Luoghi Santi:
“In tutto il mondo risuona il rombo delle armi portatrici di morte. E non si vede tregua, anche se Dio ci ha assicurato che ‘Ogni calzatura di soldato nella mischia e ogni mantello macchiato di sangue sarà bruciato, sarà esca del fuoco’. Questa è la profezia di Isaia. Abbiamo visto e vediamo uomini in armi spargere sangue e uccidere la vita stessa. Eppure nel versetto successivo Isaia annunciava che ‘un bimbo ci è stato donato… il Principe della pace’. Per noi Cristiani quel bimbo è Gesù, il Cristo, il Dio fatto uomo, il Dio con noi”.
Ed ha ricordato il significato del pellegrinaggio a Gerusalemme per i cristiani: “Il pellegrinaggio a Gerusalemme ha una storia antica quanto il cristianesimo, e non solo per i Cattolici. Questo è reso ancora oggi possibile dall’opera generosa dei Francescani della Custodia di Terra Santa e dalle Chiese Orientali ivi presenti. Essi mantengono e animano i santuari, segni della memoria dei passi e delle azioni di Gesù, testimoni materiali di un Dio che assunse la materia per salvare noi, fango animato dal soffio dello Spirito. Per la loro dedizione in quei luoghi si continua a pregare incessantemente per il mondo intero”.
Da tale pellegrinaggio è nata la solidarietà con i cristiani della Terra Santa; “Fin dalle sue origini la Chiesa ha coltivato ininterrottamente e con passione la solidarietà con la Chiesa di Gerusalemme. In epoca tardo-medievale e moderna, più volte i Sommi Pontefici intervennero per promuovere e regolamentare la colletta a favore del Luoghi Santi. L’ultima volta fu riformata dal santo papa Paolo VI nel 1974 attraverso l’Esortazione Apostolica ‘Nobis in Animo’. Anche papa Francesco ha spesso sottolineato l’importanza di questo gesto ecclesiale”.
Ed ha spiegato perché la Colletta per la Terra Santa è un ‘obbligo’: “Cari fratelli e sorelle, non si tratta di una pia tradizione per pochi. Ovunque nella Chiesa Cattolica si fa obbligo ai fedeli di offrire il loro aiuto nella cosiddetta Colletta Pontificia per la Terra Santa che si raccoglie il Venerdì Santo o, per alcune aree, in un altro giorno dell’anno. Lo faremo anche quest’anno, sperando in una vostra particolare generosità.
E sapete perché? Perché, oltre alla custodia dei Luoghi Santi che hanno visto Gesù, ci sono, ancora viventi e operanti pur fra mille tragedie e difficoltà spesso causate dall’egoismo dei grandi della terra, i cristiani della Terra Santa. Molti nella storia sono morti martiri per non veder recise le radici della loro antichissima cristianità. Le loro Chiese sono parte integrante della storia e della cultura d’Oriente.
Ma oggi molti di loro non ce la fanno più e abbandonano i luoghi dove i loro padri e le loro madri hanno pregato e testimoniato il Vangelo. Lasciano tutto e fuggono perché non vedono speranza. E lupi rapaci si dividono le loro spoglie”.
Con tale Colletta si aiuta tutti i cristiani della Terra Santa, dal Libano alla Siria: “Io mi rivolgo a voi perché il loro grido non resti inascoltato e il Santo Padre possa sostenere le Chiese locali a trovare nuove vie, occasioni di abitazione, di lavoro, di formazione scolastica e professionale, perché rimangano e non si perdano nel mondo sconosciuto di un Occidente, così diverso dal loro sentire e dal loro modo di testimoniare la fede. Se partiranno, se a Gerusalemme e in Palestina lasceranno i loro piccoli commerci destinati ai pellegrini che non vi si recano più, l’Oriente perderà parte della sua anima, forse per sempre. Fate che sentano il cuore solidale della Chiesa!”
La Custodia Francescana attraverso la ‘Colletta pro Terra Sancta’ può sostenere l’importante missione a cui è chiamata: custodire i Luoghi Santi, le pietre della memoria, e favorire la presenza cristiana, le pietre vive di Terra Santa, attraverso tante attività di solidarietà, come ad esempio il mantenimento delle strutture pastorali, educative, assistenziali, sanitarie e sociali.
I territori che beneficiano sotto diverse forme di un sostegno proveniente dalla Colletta sono i seguenti: Gerusalemme, Palestina, Israele, Giordania, Cipro, Siria, Libano, Egitto, Etiopia, Eritrea, Turchia, Iran e Iraq.
Di norma, la Custodia di Terra Santa riceve il 65% della Colletta, mentre il restante 35% va al Dicastero per le Chiese Orientali, che lo utilizza per la formazione dei candidati al sacerdozio, il sostentamento del clero, l’attività scolastica, la formazione culturale e i sussidi alle diverse circoscrizioni ecclesiastiche in Medio Oriente.
La Colletta per la Terra Santa, grazie all’opera della Custodia Francescana, è “la fonte principale per il sostentamento della vita che si svolge intorno ai Luoghi Santi e lo strumento che la Chiesa si è data per mettersi a fianco delle comunità ecclesiali del Medio Oriente”.
Le attività di solidarietà portate avanti grazie alla Colletta, vanno dal mantenimento delle strutture pastorali, a quelle educative, assistenziali, sanitarie e sociali, nei territori di Gerusalemme, Palestina, Israele, Giordania, Cipro, Siria, Libano, Egitto, Etiopia, Eritrea, Turchia, Iran e Iraq. In totale, le offerte arrivate nel 2023 per la Colletta di Terra Santa hanno raggiunto € 6.571.893,96 che riusciranno anche a sostenere giovani seminaristi e sacerdoti, religiosi e religiose e, compatibilmente con i fondi disponibili, alcuni laici.