Papa Francesco: la preghiera è dialogo con Dio
Nella catechesi dell’udienza generale nel cortile di San Damaso, proseguendo il ciclo di sulla preghiera, con una riflessione sul tema ‘La certezza di essere ascoltati’, papa Francesco ha rassicurato i fedeli affermando che Dio ascolta le preghiere, ma non secondo i nostri voleri:
“Se poi il motivo per cui abbiamo pregato era nobile (come può essere l’intercessione per la salute di un malato, o perché cessi una guerra), il non esaudimento ci appare scandaloso… Ma se Dio è Padre, perché non ci ascolta? Lui che ha assicurato di dare cose buone ai figli che gliele chiedono, perché non risponde alle nostre richieste?
Tutti noi abbiamo esperienza di questo: abbiamo pregato, pregato, per la malattia di questo amico, di questo papà, di questa mamma e poi se ne sono andati, Dio non ci ha esauditi. E’ un’esperienza di tutti noi”.
Riprendendo il Catechismo della Chiesa cattolica il papa ha sottolineato che la preghiera non è magia: “Ci mette in guardia dal rischio di non vivere un’autentica esperienza di fede, ma di trasformare la relazione con Dio in qualcosa di magico. La preghiera non è una bacchetta magica: è un dialogo con il Signore.
In effetti, quando preghiamo possiamo cadere nel rischio di non essere noi a servire Dio, ma di pretendere che sia Lui a servire noi… Gesù invece ha avuto una grande sapienza mettendoci sulle labbra il ‘Padre nostro’. E’ una preghiera di sole domande, come sappiamo, ma le prime che pronunciamo sono tutte dalla parte di Dio”.
Mentre san Paolo invita a pregare non principalmente solo per le nostre ‘esigenze’: “Paolo ci dice: noi neppure sappiamo cosa è conveniente chiedere. Quando preghiamo dobbiamo essere umili: questo è il primo atteggiamento per andare a pregare.
Così come c’è l’abitudine in tanti posti che per andare a pregare in chiesa, le donne si mettono il velo o si prende l’acqua benedetta per iniziare a pregare, così dobbiamo dirci, prima della preghiera, ciò che sia più conveniente, che Dio mi dia quello che conviene di più: Lui sa”.
Ed il papa ha di nuovo insistito sulla necessità di umiltà nella preghiera: “Quando preghiamo dobbiamo essere umili, perché le nostre parole siano effettivamente delle preghiere e non un vaniloquio che Dio respinge. Si può anche pregare per motivi sbagliati: ad esempio, per sconfiggere il nemico in guerra, senza domandarsi che cosa pensa Dio di quella guerra…
Nella preghiera, è Dio che deve convertire noi, non siamo noi che dobbiamo convertire Dio. E’ l’umiltà. Io vado a pregare ma Tu, Signore, converti il mio cuore perché chieda quello che è conveniente, chieda quello che sarà meglio per la mia salute spirituale”.
Commentando il passo evangelico riguardante la guarigione della figlia di Giairo il papa ha chiesto di aver fede nella preghiera: “E infatti, Gesù risveglierà quella bambina dal sonno della morte. Ma per un certo tempo, Giairo ha dovuto camminare nel buio, con la sola fiammella della fede.
Signore, dammi la fede! Che la mia fede cresca! Chiedere questa grazia, di avere fede. Gesù, nel Vangelo, dice che la fede sposta le montagne. Ma, avere la fede sul serio. Gesù, davanti alla fede dei suoi poveri, dei suoi uomini, cade vinto, sente una tenerezza speciale, davanti a quella fede. E ascolta”.
Quindi l’invito del papa è quello di non ‘demordere’, in quanto anche la preghiera di Gesù al Padre nel Getsemani sembra non essere ascoltata: “Ma il Sabato Santo non è il capitolo finale, perché il terzo giorno, cioè la domenica, c’è la risurrezione.
Il male è signore del penultimo giorno: ricordate bene questo. Il male mai è un signore dell’ultimo giorno, no: del penultimo, il momento dove è più buia la notte, proprio prima dell’aurora… Perché quello appartiene solo a Dio, ed è il giorno in cui si compiranno tutti gli aneliti umani di salvezza.
Impariamo questa pazienza umile di aspettare la grazia del Signore, aspettare l’ultimo giorno. Tante volte, il penultimo giorno è molto brutto, perché le sofferenze umane sono brutte. Ma il Signore c’è e all’ultimo giorno Lui risolve tutto”.
(Foto: Santa Sede)