Disegno di legge conto l’omotransfobia: necessario dialogo senza pregiudizi

Ieri si è sbloccato il disegno di legge contro l’omotransfobia al Senato: è stato incardinato nella commissione Giustizia dopo settimane di polemiche, rimpalli pressing e resistenze. Messa ai voti la calendarizzazione, è passata con 13 sì e 11 no.
Ed una nota della Presidenza della CEI ha commentato tale notizia della calendarizzazione in Commissione Giustizia al Senato del dibattito sul disegno di legge, che introdurrebbe nell’ordinamento il reato di omofobia ma che, nello stesso tempo, rischierebbe di fa incorrere in quelli che sono definiti reati di opinione.
La nota riprende il comunicato del 10 giugno scorso, che “nel quadro della visione cristiana della persona umana, ribadisce il sostegno a ogni sforzo teso al riconoscimento dell’originalità di ogni essere umano e del primato della sua coscienza.
Tuttavia, una legge che intende combattere la discriminazione non può e non deve perseguire l’obiettivo con l’intolleranza, mettendo in questione la realtà della differenza tra uomo e donna”.
Tuttavia per i vescovi occorre un dialogo aperto che escluda ogni pregiudizio: “E’ necessario che un testo così importante cresca con il dialogo e non sia uno strumento che fornisca ambiguità interpretative”.
Per questo la Cei invita a scorgere le emarginazioni che la società impone: “Il pensiero va in particolare ai nostri fratelli e sorelle, alle nostre figlie e ai nostri figli, che sappiamo esposti anche in questo tempo a discriminazioni e violenze”.
E riprendendo l’insegnamento di papa Francesco del rispetto ad ogni persona i vescovi sottolineano l’unicità della famiglia: “Alla luce di tutto questo sentiamo il dovere di riaffermare serenamente la singolarità e l’unicità della famiglia, costituita dall’unione dell’uomo e della donna, e riconosciamo anche di doverci lasciar guidare ancora dalla Sacra Scrittura, dalle Scienze umane e dalla vita concreta di ogni persona per discernere sempre meglio la volontà di Dio”.
Per questo i vescovi auspicano un dialogo autentico e sereno: “Auspichiamo quindi che si possa sviluppare nelle sedi proprie un dialogo aperto e non pregiudiziale, in cui anche la voce dei cattolici italiani possa contribuire alla edificazione di una società più giusta e solidale”.
Alcuni giorni fa dalle pagine di Avvenire il prof. Fiorenzo Facchini, docente emerito dell’Università di Bologna, aveva sottolineato la posizione ideologica della legge: “In un passato non lontano il fascismo ha fatto proprie con disposizioni di legge posizioni ideologiche ispirate al razzismo.
Ma questo viene oggi stigmatizzato. Qualcosa di analogo mi pare stia avvenendo per quanto si riferisce alla identità di genere lasciata alla soggettività, una posizione che è chiaramente di tipo ideologico.
In ogni caso, mi chiedo anche come possa accordarsi l’ideologia del ‘gender’ (da cui anche papa Francesco ha messo in guardia più volte) con i principi della nostra Costituzione circa la persona e la famiglia”.
Sempre sul giornale della Cei la prof.ssa Sandra Morano, docente all’Università di Genova, vede alcune ‘derive’ sulla medicina di genere se non fosse rivisto il testo: “Da una legge confusiva possono derivare cambiamenti nel lessico, che non possono non coinvolgere perfino i manuali e gli insegnamenti della medicina…
Intravedo alcune derive inquietanti. La cancellazione della maternità, ad esempio, che per me è il tema centrale dell’identità femminile, quello che ancora è esclusiva delle donne.
Ebbene, se il sesso diventa una percezione fluida di sé, ciascuno può giocare su più campi, un uomo può dirsi donna e reclamare il diritto a un figlio. Anche attraverso la gestazione per altri”.
Anche la regista Cristina Comencini sottolinea che il testo sovrappone il concetto di ‘sesso’ con quello di ‘genere’: “’Non siamo d’accordo nell’accostare la tutela delle donne a quella degli omosessuali e transessuali, così come previsto nella legge Zan…
Il ddl Zan introdurrebbe una sovrapposizione del concetto di ‘sesso’ con quello di ‘genere’, con conseguenze contrarie all’articolo 3 della Costituzione per il quale i diritti vengono riconosciuti in base al sesso e non al genere.
La definizione di ‘genere’ contenuta nel testo crea una forma di indeterminatezza che non è ammessa dal diritto. Inoltre ‘identità di genere’ è l’espressione divenuta il programma politico di chi intende cancellare la differenza sessuale. E’ un articolato che mischia questioni assai diverse fra loro e introduce una confusione antropologica”.
Mentre i firmatari, che si ritrovano nell’area del centro-sinistra, dell’appello per una revisione del testo di legge hanno evidenziato che il disegno di legge è un ‘manifesto ideologico’, che “rischia di mettere in secondo piano l’obiettivo principale e di ridurre pesantemente diritti e gli interessi delle donne e la libertà di espressione.
E’ un testo che va emendato prima di essere approvato, perché una legge scritta male porta a delle interpretazioni ed applicazioni controverse che riducono i diritti e non ne consentono la piena tutela”.
Inoltre nell’appello si sottolinea la difficoltà di definire il ‘genere’ nel diritto: “La definizione di ‘genere’ contenuta nel ddl Zan, che non è accettata dagli altri Paesi, crea una forma di indeterminatezza che non è ammessa dal diritto, che invece ha il dovere di dare certezza alle relazioni giuridiche e di individuare le varie fattispecie…
Un articolato che mischia questioni assai diverse fra loro e introduce una confusione antropologica che preoccupa. Fra le conseguenze vi sono la propaganda di parte, nelle scuole, a favore della maternità surrogata e l’esclusione di ogni visione plurale nei modelli educativi”.