Una teologia dei legami familiari per sperimentare l’amore quotidiano
Al termine della preghiera domenicale dell’Angelus di domenica 14 marzo papa Francesco ha ricordato l’imminente appuntamento dell’apertura dell’Anno della Famiglia ‘Famiglia Amoris Laetitia’: “Invito a uno slancio pastorale rinnovato e creativo per mettere la famiglia al centro dell’attenzione della Chiesa e della società. Prego perché ogni famiglia possa sentire nella propria casa la presenza viva della Santa Famiglia di Nazaret, che ricolmi le nostre piccole comunità domestiche di amore sincero e generoso, fonte di gioia pur nelle prove e nelle difficoltà”.
Il convegno, organizzato dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, che coordina le attività dell’Anno ‘Famiglia Amoris Laetitia’, è stato incentrato sul rinnovamento pastorale attraverso l’enciclica ‘Amoris laetitia’, secondo la spiegazione di mons. Pierangelo Sequeri, preside dell’istituto ‘Giovanni Paolo II’, perché il cuore dell’Esortazione post- sinodale, al di là del dibattito infinito sul capitolo VIII, quello sui divorziati risposati, è il IV intitolato ‘L’amore nel matrimonio’, che prende spunto dall’ ‘inno alla carità’ di san Paolo:
“L’evocazione semplice e diretta del focus che caratterizza la riscoperta della teologia dell’amore coniugale di questi decenni… Il brano è un testo fondatore dell’amore evangelico, dell’amore rivelato, dell’amore che lo Spirito riversa nei nostri cuori…
Un nuovo rispetto, una nuova delicatezza, una nuova profondità devono accompagnare la riabilitazione cristiana della parola amore. Questa cura riguarda anche l’amore coniugale, che la grazia del sacramento è destinata a perfezionare”.
Su questa strada il preside dell’istituto per la famiglia ha indicato due piste di approfondimento: “L’amore coniugale va cristianamente concepito, come uno speciale significante esistenziale dell’agape di Dio: un modo e un luogo della sua ospitalità all’interno della condizione umana, nel solco del comandamento creaturale mediante il quale Dio affida all’alleanza dell’uomo e alla donna il mondo e la storia”.
Tali spunti sono stati ripresi da Giuseppina De Simone e Franco Miano, che hanno sottolineato come non ci sia “alcun automatismo nell’amore: nell’amore tra le persone, così come nell’amore di Dio dato a noi, che è il fondamento del nostro amore quotidiano.
E’ in ogni caso alle nostre mani che l’amore è affidato, alla capacità che abbiamo di saperlo riconoscere, di custodirlo, di averne cura, avendo cura gli uni degli altri”.
Quindi l’enciclica del papa segna la fine dell’autoreferenzialità secondo il prof. Vincenzo Rosito, docente di storia e cultura delle istituzioni familiari all’istituto ‘Giovanni Paolo’, che ha sintetizzato nel trittico tematico di ‘eredità’, ‘discernimento’ e ‘comune’, lo snodo attorno al quale si svilupperanno le attività dell’Istituto ‘Giovanni Paolo II’, in collaborazione con il Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, nel corso dell’Anno Famiglia ‘Amoris laetitia’:
“L’amore non coinvolge solo l’ordine della credenza e dell’affezione, ma interessa anche la sfera del ‘saper fare’, riguarda il campo delle abilità pratiche, i luoghi della creazione condivisa, dove anche gli adulti si concedono la libertà di giocare creativamente, progettando imprese comuni…
Le categorie di eredità, discernimento e comune sono state privilegiate per la loro capacità di coinvolgere interlocutori e soggetti di diversa natura. Queste tre parole convocano, creano assemblee potenziali che devono essere opportunamente riconosciute e coordinate… Per troppo tempo abbiamo replicato, talvolta in maniera ossessiva, il modello didattico anche nei processi di trasmissione della fede o negli itinerari catecumenali”.
Ad apertura del convegno Papa Francesco aveva inviato un messaggio, sottolineando il cammino iniziato dall’enciclica: “In questo quinquennio, Amoris laetitia ha tracciato l’inizio di un cammino cercando di incoraggiare un nuovo approccio pastorale nei confronti della realtà familiare.
L’intenzione principale del Documento è quella di comunicare, in un tempo e in una cultura profondamente mutati, che oggi è necessario uno sguardo nuovo sulla famiglia da parte della Chiesa: non basta ribadire il valore e l’importanza della dottrina, se non diventiamo custodi della bellezza della famiglia e se non ci prendiamo cura con compassione delle sue fragilità e delle sue ferite.
Questi due aspetti sono il cuore di ogni pastorale familiare: la franchezza dell’annuncio evangelico e la tenerezza dell’accompagnamento”.
Il papa ne ha tracciato la strada: “Siamo chiamati ad accompagnare, ad ascoltare, a benedire il cammino delle famiglie; non solo a tracciare la direzione, ma a fare il cammino con loro; a entrare nelle case con discrezione e con amore, per dire ai coniugi: la Chiesa è con voi, il Signore vi è vicino, vogliamo aiutarvi a custodire il dono che avete ricevuto.
Annunciare il Vangelo accompagnando le persone e mettendosi al servizio della loro felicità: in questo modo, possiamo aiutare le famiglie a camminare in maniera rispondente alla loro vocazione e missione, consapevoli della bellezza dei legami e del loro fondamento nell’amore di Dio Padre e Figlio e Spirito Santo”.
Il papa ha sottolineato il bisogno di una ‘grammatica delle relazioni familiari’: “Si tratta di un linguaggio fatto non solo di parole, ma anche di modi di essere, di come parliamo, degli sguardi, dei gesti, dei tempi e degli spazi del nostro rapportarci con gli altri. Gli sposi lo sanno bene, i genitori e i figli lo imparano quotidianamente a questa scuola dell’amore che è la famiglia.
Ed in tale ambito avviene anche la trasmissione della fede tra le generazioni: essa passa proprio attraverso il linguaggio delle buone e sane relazioni che si vivono in famiglia ogni giorno, specialmente affrontando insieme i conflitti e le difficoltà”.
Infine ha sottolineato che in questo tempo di pandemia è necessario sostenere la famiglia: “Sosteniamo, dunque, la famiglia! Difendiamola da ciò che ne compromette la bellezza.
Accostiamoci a questo mistero d’amore con stupore, con discrezione e tenerezza. E impegniamoci a custodire i suoi preziosi e delicati legami: figli, genitori, nonni… C’è bisogno di questi legami per vivere e per vivere bene, per rendere l’umanità più fraterna”.